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Autore: AyaCere    13/06/2007    14 recensioni
- Mi... mi hai colto di sorpresa. - riuscì a sbiascicare con la poca lucidità rimasta. - Non è leale. -
Trattenne il fiato sentendo Pai ridacchiare. Lui rilassò i muscoli del petto e delle braccia, la stretta intorno a lei si fece più gentile... possessiva, quasi.
Evidentemente nemmeno Pai era più molto lucido, perché lo sentì sfiorare la sua fronte con le labbra. E poi più giù, sulle palpebre, sul naso, sulle guance...
- In amore ed in guerra tutto è lecito. -
... sulle sue labbra, finalmente...
One-shot sulla coppia Pai/Retasu. Da non leggere se amate gli happy end...
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Pai Ikisatashi, Retasu Midorikawa/Lory
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una Stupida Storia d'Amore

Ci credete se vi dico che ci ho messo un mese prima di finire di scrivere questa one-shot? Quanto me la prendo comoda xD oltretutto, non ero sicura se pubblicarla o meno perché non è venuta proprio come volevo. Sinceramente a me sembra patetica, soprattutto nel finale (sono sicura che mi tirerete dietro i pomodori =_=''')... comunque ditemi che ne pensate, nel bene e nel male. Accetto di tutto, ma che sia costruttivo!

Attenzione: questa storia presenta, come ho già detto, la coppia Pai/Retasu. Se la cosa non vi piace chiudere la pagina. Se un personaggio non vi piace chiudete la pagina. Se siete per le storie stile "E vissero tutti felici e contenti" chiudete la pagina.

Se siete disposti a leggere, vi auguro buona lettura... anche se sarà difficile ^^'''

 

 

Declaimers: Tokyo Mew Mew non appartiene a me, ma a Mia Ikumi e Reiko Yoshida. Non ne possiedo i diritti, quindi la storia non ha scopo di lucro e non è serializzata.

 

Una Stupida Storia d'Amore

 

Capitolo Unico - Una Stupida Storia d’Amore

 

Tokyo di notte era uno spettacolo stupendo.

Le piacevano tantissimo le strade affollate di gente, le luci dei megaschermi e l’atmosfera vivace della folla che riempiva le strade della città. Tutto questo la faceva sentire affascinata, avvolta da una totale libertà.

Tuttavia, quella notte niente di tutto questo sembrava entusiasmarla. Si muoveva con passo spedito tra la folla, gettando ogni tanto occhiate inquiete dietro le spalle, quasi volesse accertarsi che nessuno la seguisse. Se le capitava di incontrare lo sguardo di qualcuno subito abbassava il capo, nascondendo il volto dietro la chioma smeraldina che aveva lasciato libera di scorrere sulle spalle, come una bambina che aveva appena combinato un guaio; ma questo accadeva rarissime volte, perché non era una ragazza che attirava particolarmente l'attenzione della gente.

Era alta, anche troppo per il suo fisico esile; portava dei semplici blu jeans ed una camicetta bianca, in coordinato con delle ballerine dello stesso colore. A tracolla aveva una piccola borsetta nera, di quelle in cui non ci sta mai niente ma che tanto piacciono alle ragazze, ed il trucco sul viso era praticamente acqua e sapone.

Si chiamava Retasu Midorikawa ed aveva un inconfessabile segreto. Un segreto che non avrebbe mai, mai e poi mai raccontato ad anima viva.

 

Retasu girò l’angolo, infilandosi in una stradina meno affollata della precedente. Lo sguardo oltremare vagò incerto percorrendo l'intera via, fino a posarsi su una figura in particolare. Era un uomo alto, appoggiato al muro di un bar di dubbia fama. Indossava un giaccone grigio cenere ed un cappello che non lasciava vedere nulla suo volto. Se qualcuno l'avesse visto da qualunque altra parte di certo avrebbe pensato che fosse una persona poco raccomandabile; ma loro si trovavano nel quartiere di Shinjuku* e lì di tipi così se ne poteva trovare a centinaia, forse anche peggiori...

La stretta delle mani di lei attorno alla tracolla della borsa si strinse convulsamente ed il suo cuore prese a pompare più forte, ma il passo non accennò a fermarsi. Si incamminò spedita verso l’uomo, fermandosi solo quando si trovò di fronte a lui.

L’uomo la notò subito e alzò la testa posando lo sguardo violaceo su di lei; aveva una carnagione pallida e tratti fini e delicati.

    - Sei in ritardo. - disse semplicemente lui. Aveva una voce profonda e seria, ma non sembrava arrabbiato.

    - Scusa, ma mamma sta cominciando a sospettare qualcosa. Credo che ormai non creda più alla scusa di andare a studiare da Meiko… - fece un piccolo inchino, dispiaciuta. Lui scosse semplicemente la testa, sospirando, e l’avvicinò a sé afferrandola dolcemente per un braccio. Retasu alzò lo sguardo verso il suo viso, arrossendo per la vicinanza, ma non si scostò.

    - Non importa. - disse con lo stesso tono. Per un attimo però sembrò titubante. - Mi sei mancata. - mormorò poi, con la faccia di chi avrebbe preferito morire schiacciato sotto un’incudine piuttosto che pronunciare quelle parole sdolcinate, ma che neppure avrebbe potuto tenerle dentro ancora a lungo. Retasu comunque non sembrò dispiaciuta, anzi sorrise imbarazzatissima.

    - Anche tu, tantissimo… - sospirò prima di alzarsi in punta di piedi e raggiungere le labbra di Pai.

Pai Ikisatashi. L’Alieno a capo della spedizione di Deep Blue, il nemico delle Mew Mew e della Terra stessa. Colui che avrebbe dovuto combattere con tutta la sua forza.

Pai.

Il suo piccolo, grandissimo segreto…

 

 

Quand’è che era iniziato tutto?

Retasu non lo sapeva. Forse quando lei aveva cominciato a chiedersi se non esistessero alternative alla guerra, ed aveva cercato di far ragionare quell'Alieno dall'aria imperturbabile e glaciale per trovare una soluzione che non includesse né vincitori né vinti. O forse quando lui aveva cominciato a perdere speranze in Deep Blue e la sua fedeltà aveva cominciato a vacillare, tormentata proprio dai discorsi di Retasu.

O magari quando avevano cominciato ad osservarsi l’un l’altro, duranti le battaglie, e si erano ritrovati a pensare a quanto fosse tutto così stupido, perché in fondo le differenze tra loro erano così poche che non bastavano davvero per far scoppiare quella guerra che combattevano ormai da mesi.

No... probabilmente tutto era iniziato quel pomeriggio di Marzo.

 

La scuola per Retasu era finita da un pezzo, ma il sole splendeva ancora nel cielo e lei non aveva voluto andare subito al caffè. Aveva preso la strada più lunga che passava per un piccolo parco in periferia solitamente deserto e si era lasciata cadere su un’altalena traballante, sicura che nessuno l’avrebbe disturbata. E sarebbe stato così, se Pai non avesse scelto proprio quel parco per architettare l’ennesimo dei suoi piani.

    - Tu non ti riposi mai, vero? -

Gli insoliti rumori avevano insospettito Retasu, che si era avvicinata tanto abbastanza da vedere un’insolita figura fluttuare al di sopra di un ponte. Per qualche strano motivo, notare che non fosse né Kisshu né Taruto l’aveva indotta a non praticare subito la metamorfosi.

    - E tu non ti fai mai i fatti tuoi. - aveva sbottato l'Alieno voltandosi scocciato e sorpreso verso la sua esile figura. Nemmeno lui, vedendola, aveva alzato il suo Raisen** per attaccarla, forse perché lei non aveva approfittato dell'effetto sorpresa.

 

Retasu alzò le spalle, facendosi indifferente. Le trecce verde foglia ondeggiavano sulla stoffa della sua divisa, mentre i ciuffi più corti danzavano sulle sua guance. Rimase zitta qualche secondo, squadrandolo da capo a piedi.

    - Non hai freddo? -

Dall'espressione che fece, era evidente che Pai si sarebbe aspettato tutto meno che una domanda del genere. Accennò ad un sorriso sarcastico che però morì sul nascere, sostituito dalla solita maschera di freddezza.

    - Adesso ti importa di come mi sento? -

    - Non dovrei? - ribatté lei con una candezza disarmante, che però non impressionò più di tanto l'Alieno.

    - Non l'hai mai fatto-- non dovresti e basta. -

    - Per quale motivo? -

Pai la squadrò a sua volta, chiedendosi cosa esattamente la rendesse così diversa dalle sue compagne. Ichigo e le altre non esitavano un attimo ad attaccarli. Forse era incredibilmente ingenua e nutriva davvero la speranza che un giorno Alieni ed umani avrebbero potuto spegnere le rivalità e cercare insieme una cura per il pianeta di Pai. O forse era incredibilmente intelligente e nutriva davvero la speranza che un giorno Alieni ed umani avrebbero potuto spegnere le rivalità e cercare insieme una cura per il pianeta di Pai.

Sì, beh... che differenza c'era?

Scrollò la testa. Quei pensieri non aiutavano di certo, soprattutto in quel periodo in cui la ribellione di Kisshu lo aveva portato a ripensare a tutto ciò che aveva e stava facendo. Abbandonò il suo piccolo esperimento, che si smaterializzò con un pop leggero, e fluttuò fino ad arrivare di fronte a Retasu. Sebbene sfiorasse con i piedi il cemento dell'asfalto, lei gli arrivava quasi al mento. Non si era mai accorto che fosse così alta.

    - Perché siamo nemici. -

Quella risposta secca provocò uno strano disagio nella ragazza. Retasu distolse lo sguardo da quello di Pai, adombrandosi.

    - Perché la fai così facile? Anche se siamo di pianeti diversi non è necessario per forza essere l'uno contro l'altro. -

    - Forse non ti è ancora chiaro il concetto. - ribatté seccamente Pai, al limite della pazienza. Il suo sguardo violaceo ora era duro come acciaio. - Sul mio pianeta la gente muore ogni giorno. Abbiamo bisogno della Terra, ed io sono stato scelto per aiutare Deep Blue in questa missione. Collaborare sarebbe come tradire la mia patria. - nel dirlo, tutti i dubbi che lo assillavano da giorni sparirono come neve al sole. Lo faceva per la sua gente, maledizione, come aveva potuto anche solo pensare di provare pietà per la fine degli umani? - Non non potremo mai essere nient'altro che nemici. -

Retasu alzò lo sguardo oltremare, a disagio. Aprì bocca per parlare ma scoprì non avere niente da ribattere. Mugugnò qualcosa di indefinibile, poi abbassò il capo sconfitta.

    - Lo capisco... -

    - Bene. Mi fa piacere che tu finalmente abbia aperto gli occhi. Come si dice... meglio tardi che mai. -

Retasu non rispose, immobile, e Pai pensò che quella breve conversazione si fosse conclusa; senza nemmeno salutare (come se lui lo facesse mai) si diede una leggera spinta coi piedi e prese a fluttuare, diretto da qualche altra parte di Tokyo, ma un'intensa luce smeraldina lo costrinse a voltarsi. Purtroppo, ancora prima che potesse formulare un qualsiasi pensiero, un potente calcio alla schiena lo spinse violentemente contro uno scivolo per bambini.

    - Nh... - si lamentò strizzando gli occhi: era riuscito a diminuire l'attrito facendo leva sulla sua capacità di volare, ma l'impatto era comunque stato forte ed braccio sinistro era tutto un formicolio dolorante. Si costrinse a non pensarci ed aprì piano gli occhi, guardingo. Retasu, nel suo scintillante abito verde da MewMew, lo osservava immobile a pochi metri di distanza. Sul volto aveva un'espressione che non le aveva mai visto addosso: non era fredda, e nemmeno piena di odio... sembrava rabbiosa. Ed in effetti, doveva essere molto contrariata per averlo attaccato alle spalle e senza preavviso. Non giocava mai sporco, lei.

    - Avanti, rialzati! - sbottò, la voce carica d'emozione. - Hai detto che siamo rivali, no? E allora combattiamo! -

Retasu richiamò le sue nacchere, facendole materializzare nei palmi. Pai non ci rifletté più di tanto: si smaterializzò subito, evitando così per un pelo un micidiale getto d'acqua che finì per dare il colpo di grazia alla povera altalena. La ragazza indietreggiò di alcuni passi per evitare le schegge e sbuffò quando si rese conto di non aver colpito il suo reale bersaglio. Alzò lo sguardo al cielo, vuoto ed carico di nuvole nere ma sgombro da Alieni volanti; allora prese ad osservarsi intorno, mentre la rabbia si mischiava ad irritazione. Pai sembrava sparito. Magari se ne era veramente andato via, pensando che non valeva la pena di combattere contro di lei.

    - Vieni fuori, vigliacco! - urlò al massimo dell'indignazione, e fece per aggiungere qualche altra parolina poco gentile quando la stretta improvvisa del braccio di Pai intorno al suo collo la immobilizzò. Sentì la guancia ruvida di barba non fatta contro la tempia destra e si sentì improvvisamente spaventata. Era in trappola e Pai avrebbe potuto finirla con un semplice colpo. Cercò di divincolarsi, ma inutilmente: la sua forza non era nemmeno lontanamente paragonabile a quella dell'altro.

    - Che cazzo ti prende ora?! - sbottò lui al orecchio, senza capire il perché di quel comportamento.

    - Che mi prende?! - rispose lei nello stesso tono, cercando di stare quanto più distaccata da lui e sempre più a disagio. - Siamo nemici o hai già cambiato idea?! -

    - Questo non giustifica il tuo comportamento sleale! -

Sleale? Io?

E cosa c'è di leale nel tacere ciò che si provava dentro?

    - In amore ed in guerra tutto è lecito! -

Pai rimase interdetto da quella battuta, ma anche se fosse riuscito a trovare qualcosa da ribattere non ne avrebbe avuto il tempo, perché l'improvviso stretta delle dita di Retasu intorno al suo braccio, insieme alle sue unghie, lo costrinse a lasciare la morsa intorno al collo della ragazza; in meno di uno due secondi la MewMew se n'era già balzata via, fulminea, ed era corsa via sciogliendo la trasformazione.

Pai non provò nemmeno a seguirla. La osservò impassibile mentre svoltava l'angolo del parco sparendo dalla sua vista e si smaterializzò, senza pensare a nulla.

 

 

Certo, quel breve scontro non avrebbe davvero potuto definirsi la nascita di un amore, però aveva lasciato strane sensazioni, strani pensieri a cui nessuno dei due riusciva a dare un posto nella mente.

Retasu non sapeva bene perché si era comportata in quella maniera.

Odiava la violenza e l'inganno, li aveva provati sulla propria pelle. Quando combatteva spesso lasciava all'altro la prima mossa e ricorreva alle proprie armi solo per difendersi, ma preferiva le parole. Forse era per quello che alla fine il suo avversario principale era sempre Pai... beh, ma alla fine che le importava? Aveva capito che non sarebbe servito a niente continuare con quei discorsi, per lui erano solo parole al vento. Aveva creduto che prima o poi sarebbe riuscita a farlo ragionare, invece si era rivelato come tutti gli altri, ottusi fino all'inverosimile. Per loro esisteva solo la guerra e nessun'altra alternativa.

Forse era lei che sbagliava... già, forse era così. In effetti il suo era un bel sogno, un'utopia; non si sarebbe mai realizzato, non poteva realizzarsi. Alla fine si era arresa all'evidenza: loro non sarebbero stati nient'altro che nemici.

Nient'altro.

Però... cos'era quella stretta dolorosa all'altezza del cuore che provava ogni volta che ci pensava? Ed i singhiozzi che la scuotevano ogni volta che ci pensava?

Loro erano nemici, avversari.

Perché le faceva così male ripeterselo ogni mattina?

Non lo sapeva... non riusciva a capire. Ogni tanto uno strano pensiero si faceva spazio nella sua mente, dava una risposta semplice quanto spaventosa, ed ogni volta Retasu si ritrovava senza fiato per la paura.

Amore.

No, non poteva essere così. Non poteva e basta.

Perché Pai era un Alieno.

Perché sicuramente non la considerava.

Perché lei era innamorata di Ryo.

Perché era troppo debole per affrontare una verità del genere.

Perché c'era una guerra importante da combattere.

Perché le sue amiche non l'avrebbero mai sostenuta.

Perché sarebbe stato tutto così difficile.

Perché sarebbe stato come tradire la Terra e la fiducia che i Ryo e Kei avevano riposto in lei.

Perché... perché erano nemici. Semplicemente.

E fine, punto, stop.

 

D'altra parte, nemmeno per Pai era una situazione semplice.

Nemmeno lui riusciva a capire cosa fosse preso alla solita tranquilla MewMew che combatteva solo perché costretta. Non capiva quel cambiamento repentino, quello sguardo inquietante, quella rabbia furiosa. Era certo di essere stato lui ad innescare quella "bomba", non era così ingenuo da non arrivarci. Però non capiva perché; e se la sarebbe potuta cavare con un semplice Le donne sono impossibili da capire per tornare a fare il menefreghista freddo e duro di sempre, invece... stava di fatto che quei pensieri lo tormentavano ogni secondo.

E subentrava una sensazione di gelo, di solitudine.

Adesso ti importa di come mi sento?

Non lo avrebbe mai ammesso, mai, nemmeno sotto tortura, però in fondo -molto in fondo- il fatto che lei si preoccupasse di lui gli faceva piacere. Era una bel pensiero. Ed era normale che lo fosse perché, si diceva ogni volta, per chi non lo era?

Però non Retasu. Non lei. Non poteva davvero abbandonarsi a certi pensieri. Non lui, non adesso, non con lei.

Perché lui era Pai Ikisatashi.

Perché il suo pianeta urlava di dolore e chiedeva disperatamente un aiuto.

Perché Deep Blue contava su di lui.

Perché Taruto e Kisshu lo avrebbero guardato come se non fosse più veramente Pai.

Perché lei -se n'era accorto benissimo- era attratta da quel ragazzo biondo che stava sempre con il suo gruppo.

Perché aveva delle responsabilità enormi sulle spalle.

Perché non valeva la pena di buttare al vento la fiducia della sua gente per amore.

Perché era stupido.

Perché... perché erano nemici. Semplicemente.

Ed anche per lui fine, punto, stop.

 

 

Una volta, in uno dei loro incontri segreti nel vecchio bar di Shinjuku, avevano parlato riguardo a questo. Era strano come due persone così apparentemente diverse come loro avessero avuto reazioni del tutto simili: entrambi avevano deciso di continuare di far finta di nulla e reprimere quelle sensazioni per il bene per cui combattevano.

Retasu aveva scherzato dicendo che, forse, era stato proprio il destino a volerlo. Pai, razionale come sempre, aveva ribattuto che probabilmente chiunque avrebbe deciso di comportarsi così.

E probabilmente avrebbero continuato a nasconderlo, se una sera Taruto non avesse avuto la geniale idea di lasciar libero un chimero per la baia di Miho.

 

 

Erano passati ben tre mesi da quell'incontro.

Era Giugno ed un sole assurdamente caldo splendeva su Tokyo. Dato che le scuole erano finite ed al caffè venivano pochissimi clienti Ryo e Keiichiiro avevano deciso di chiuderlo per andare in vacanza nella piccola villa a Miho che si era scoperto essere una delle tante eredità del ragazzo. Ichigo, in uno dei suoi soliti bisticci con il biondo, aveva preteso che anche le ragazze andassero con loro come ricompensa per il loro buon operato: lui alla fine aveva acconsentito, più per metterla a tacere che per altro.

Era strano, ma Retasu non ne era rimasta così entusiasta. Il che era assurdo se si pensava che quella vacanza significava poter stare con Ryo ventiquattro ore su ventiquattro: nemmeno dei suoi sogni aveva mai sperato tanto. Eppure, stranamente, la sua mente era sempre altrove... e non era solo una sua impressione, perché persino Ryo se ne accorse.

 

    - Che cos'hai? -

Retasu voltò di scatto, distogliendo lo sguardo dalla vista del mare. Ryo guidava tenendo lo sguardo fisso davanti a sé, ma si capiva che la domanda era rivolta a lei perché nell'auto erano soli.

Era un mercoledì pomeriggio come tanti. Quella mattina si era svegliata prestissimo per raggiungere Miho assieme a Ryo, che era rimasto al caffè appositamente per aspettare lei che a differenza delle altre aveva finito di frequentare le lezioni solo il giorno prima. Keiichiiro ed il resto del gruppo erano già alla villa da una settimana; Ichigo e Purin l'avevano chiamata tante volte pregandola di raggiungerle al più presto, dato che si stavano divertendo tantissimo e non vedevano l'ora di essere tutte insieme.

Ora erano quasi arrivati a destinazione, dopo ben tre ore di viaggio dove le uniche voci erano state quelle della radio in sottofondo.

    - Io... - balbettò arrossendo, pensando che Ryo si fosse spazientito del suo silenzio. Non che l'avesse fatto apposta; aveva preso ad osservare il panorama e si era imbambolata, persa in chissà quali pensieri.

    - E' da un po' che sei strana. - sentenziò lui senza aspettare una risposta. Retasu abbassò la testa, dispiaciuta.

    - ... scusa. -

Ryo le rivolse un'occhiata indifferente.

    - Non ti devi scusare. Però mi chiedevo cosa ti rendesse così... - e lasciò la frase in sospeso, invitandola ad aprirsi. Retasu sospirò, prendendo a tormentarsi le mani. All'improvviso si sentiva fuori posto.

Ryo si stava preoccupando per lei... in genere era il contrario; era sempre lei a cercare di capire i suoi problemi. Questo avrebbe dovuto farla arrossire, emozionare, lusingarla... ed invece niente. Il nulla più totale. Niente rossore -se non quello dovuto alla vergogna-, niente battito a mille, niente pensieri romantici sullo svolgersi di quel discorso. Niente. Ed era una cosa che si ripeteva già da un po', ultimamente.

Aveva capito da alcuni mesi che qualcosa non andava in lei. Non le capitava più di balbettare o arrossire quando gli parlava. Non le sudavano i palmi delle mani quando gli stava vicino. Nemmeno i suoi sogni erano più popolati da lui. Forse, senza nemmeno rendersene conto, la sua cotta per Ryo s'era affievolita fino a ridursi ad un grande affetto per un amico e nient'altro... ma come?

No, non poteva essere. Insomma, non funzionava così. Non ci si innamorava perdutamente di un ragazzo per oltre un anno e poi, da un momento all'altro, lo si scopriva solo un amico. Cioè, non c'era logica! O almeno non ci sarebbe stata se non ci fosse stato qualcun'altro a cui pensare... ma non c'era, no?

   - Ti sei imbambolata di nuovo. -

Retasu alzò di scatto la testa, incrociando lo sguardo frustrato del ragazzo. Oddio, si stava comportando malissimo nei suoi confronti. Lui ogni tanto si apriva con lei -per quando possibile, data la natura schiva di Ryo- ed invece ora non faceva altro che ignorarlo...

   - Scusa, scusa davvero, però... mi sento così confusa in questo periodo che... -

Che... non sapeva più come continuare. Con un'espressione mortificata lasciò cadere il discorso. Ryo continuò ad osservarla per alcuni attimi, poi tornò a fissare la strada in silenzio. Non dissero più nulla fino a quando arrivarono a destinazione.

 

La villa di Ryo non era molto sfarzosa, però era abbastanza grande e pulita; inoltre era circondata da un'enorme pineta che continuava per oltre tre chilometri di lungomare.

Il posto era bellissimo, il mare cristallino ed i ragazzi del luogo simpatici e carini: di fronte alla prospettiva di restare lì con le sue più care amiche l'aveva fatta sentire leggera, spensierata; così le prime giornate erano passate a prendere il sole, giocare a beachvolley e chiacchierare di cose inutili con il gruppo, il tutto lontano dal pensiero della guerra o dei propri sentimenti.

Poi però era successo. Era successo, travolgente e affascinante come una tempesta estiva... e da lì niente era stato più come prima.

 

 

Il sole era appena calato all'orizzonte. Avevano appena finito di cenare: Keiichiiro, Purin e Ichigo stavano facendo una gara a chi mangiava più gelato; Mint e Zakuro leggevano una rivista di moda; Ryo se ne stava stravaccato sul divano a guardare la TV.

Lei era sul terrazzo a godere la brezza marina che le scompigliava i capelli. Stava così bene lì, in pace col mondo. Chiudeva gli occhi e niente più esisteva, se non il fragore lontano delle onde.

Poi c'era stato un botto improvviso, e la voce squillante di Taruto l'aveva riportata alla realtà.

 

    - Vi abbiamo trovate! -

Retasu alzò di scatto la testa, trovandosi di fronte il piccolo Alieno. Fluttuava a mezz'aria a pochi metri dal terrazzo con i palmi delle mani rivolti verso l'altro: su di essi teneva due chimeri gelatinosi. Non ebbe nemmeno il tempo di aprire bocca che il bambino scaraventò un chimero verso di lei. Con un impulso dettato dalla sua parte neofocena scartò a lato, e mentre rotolava a terra il chimero esplose nello stesso posto dove poco prima osservava l'oceano. Lo schianto fu così forte da far tremare tutta la villetta.

   - Cosa... - provò a ragionare, confusa, mentre si rialzava da terra. Le sue compagne erano giunte di corsa, preoccupate per il botto. Retasu vide Zakuro e Mint trasformarsi appena inquadrarono la pallida figura di Taruto, mentre Ichigo e Purin si avvicinavano a lei.

   - Sto bene. - sbottò prima che una di loro potesse chiederglielo e si alzò definitivamente da terra. Rivolse lo sguardo al cielo, cercando gli altri due Alieni: Kisshu fluttuava molti metri più su del fratello ed a quanto riusciva a vedere stava urlando qualcosa nella loro direzione. Sembrava contrariato, forse Taruto non aveva detto niente riguardo all'attacco... le importava poco.

Ma dov'era Pai?

Continuò a cercarlo nel cielo per alcuni secondi mentre le sue amiche combattevano contro i due Alieni, prima di rendersi conto di ciò che stava facendo. Perché le importava tanto sapere dov'era Pai? Ok, era il suo eterno avversario, però... si sentiva stupidamente confusa. Più stupida che confusa, e per qualche assurda ragione arrossì.

   - Retasu! -

Alzò la testa di scatto quando Zakuro la chiamò. La mew lupo stava in perfetto equilibrio sulla ringhiera della terrazza, e stava trattenendo con la frusta un chimero che Mint e Ichigo si preparavano ad attaccare. Con un cenno del viso le indicò un punto indefinito della pineta a destra della villa. A Retasu bastò osservare meglio per individuare la figura di Purin seguire quella di Taruto fin dentro la boscaglia... siamo alle solite, pensò frustrata: per Purin le battaglie erano un gioco, era ancora troppo infantile per capire i reali pericoli che poteva costituire Taruto (per quanto anche lui non fosse da meno, a livello di maturità). Annuì a Zakuro, quindi si trasformò e prese a correre nella stessa direzione dei due, per dare una mano a Purin.

Il bosco era fitto e tetro, molto differente da come l'aveva visto l'ultima volta che ci era passata con le ragazze. L'eco della battaglia si sentiva fin lì e nella solitudine della pineta era anche peggio che dal vivo. Retasu cercò di non pensarci, mentre correva e si guardava intorno. Di Purin e Taruto nemmeno l'ombra: si sentivano le loro voci, lontane, ma tutto intorno a lei era immobile e scuro, niente a che fare con i due esagitati bambini.

Era sul punto di tornare indietro per dare una mano alle altre, quando una voce -quella voce che da mesi non le sembrava più fredda e distaccata, ma calda ed in qualche modo famigliare- la immobilizzò.

   - Non è una cosa saggia girare sole solette in luoghi così isolati. - non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi. Un lieve fruscio da'aria e Raisen era appoggiato al suo collo, col suo tocco solleticante e letale. - Soprattutto se in giro ci sono dei brutti ceffi come noi. -

Era Pai. Pai. Pai.

Era alle sue spalle e l'aveva braccata senza lasciarle via di scampo.

Avrebbe dovuto essere immobilizzata dal terrore, dalla paura di un suo attacco; invece sorrise, rossa d'emozione perché -era illogico, patetico, eppure era così- lui era lì, a pochissimo dal toccare le sue spalle. Perché -ancor più assurdo- erano soli, come quella volta nel parco. Perché -e qui si sfiorava il ridicolo- nella voce di Pai c'era una nota strana, quasi ironica.

Retasu si sentiva... strana, leggera; qualcosa alla bocca dello stomaco svolazzava e le provocava brividi lungo la schiena.

   - Non è leale colpire alle spalle. - disse con lo stesso tono usato dall'Alieno. Trattenne il fiato quando sentì Pai chinarsi veloce su di lei e sfiorarle i capelli con la guancia.

   - Io non ti ho ancora attaccato. - esalò lui a pochissimo dal suo orecchio. Retasu era sicura che non ci fosse malizia né altro in quel comportamento, non era affatto da Pai; eppure ciò le risparmiò un mezzo infarto. La mente era piena solo del suono della voce dell'Alieno. Non riusciva a formulare pensieri coerenti e avrebbe volentieri chiuso gli occhi per abbandonarsi a quelle sensazioni, sennonché una vocina -quella della coscienza o della ragione, forse- le urlò che lei era in presenza del suo peggior nemico e che doveva provare a scappare se non ci voleva rimettere la pelle.

Con uno scatto veloce a destra cercò di sfuggire al Raisen, ma Pai fu fulmineo. Una mano fredda le strinse il braccio, costringendola a voltarsi; poi un corpo molto più pesante e grande di lei la schiacciò contro qualcosa di duro, frastornandola.

E fu così che si ritrovò addossata al tronco di un albero, con Pai che con una mano le stringeva il polso sinistro e con il braccio libero le cingeva le spalle, avvicinando il volto di lei al suo collo. L'Alieno le era completamente addosso; sentiva il suo fiato caldo sui capelli e la sulla fronte. Non aveva vie d'uscita.

Era completamente, inevitabilmente in trappola.

Il cuore non ne voleva sapere di smettere di martellare incontrollato nel petto.

   - Ti ho catturato. - mormorò Pai, questa volta serio. La sua voce era qualcosa di terribilmente affascinante. - Ora sei mia. -

Chiudere gli occhi per perdersi nei possibili significati di quelle parole questa volta fu inevitabile.

   - Mi... mi hai colto di sorpresa. - riuscì a sbiascicare con la poca lucidità rimasta. - Non è leale. -

Trattenne il fiato sentendo Pai ridacchiare. Lui rilassò i muscoli del petto e delle braccia, la stretta intorno a lei si fece più gentile... possessiva, quasi.

Evidentemente nemmeno Pai era più molto lucido, perché lo sentì sfiorare la sua fronte con le labbra. E poi più giù, sulle palpebre, sul naso, sulle guance...

   - In amore ed in guerra tutto è lecito. -

... sulle sue labbra, finalmente...

 

 

I baci di Pai erano sempre dolci, timidi, da ragazzini inesperti. Erano molto diversi da quelli passionali dei romanzi rosa che raccontavano di storie segrete come la loro. Eppure, per quanto a volte la voglia di oltrepassare il confine (cosa che Pai si rifiutava di fare, per qualche motivo contorto) fosse così forte da sembrare frustrante, Retasu amava questo suo modo di fare. Beh... alla fine amava un po' tutto di lui.

Amava il suo essere riflessivo e opportuno sempre e comunque.

Amava i lunghi discorsi con lui, che trattassero di stupidaggini o argomenti seri.

Amava quando arrossiva se lei lo punzecchiava con domande imbarazzanti, o quando per gioco faceva la maliziosa.

Amava il suo sguardo violaceo, con tutti sempre così gelido ma con lei così... dolce, indefinibile.

Amava cercare di capire i suoi ragionamenti contorti e la sua psiche tormentata.

Amava le espressioni buffe che faceva ogni volta che lei gli spiegava il funzionamento degli oggetti di tutti i giorni.

Amava il modo in cui l'abbracciava, gentile come se fosse stata di cristallo, eppure possessivo come se la vedesse fuggire via ogni secondo.

Amava... era una lista così lunga. Semplicemente amava Pai, punto. Totalmente, inevitabilmente, incondizionatamente.

 

Quanto a Pai... beh, era la prima volta che provava qualcosa di simile, e ne era felice, anche se non lo avrebbe mai ammesso pubblicamente. Era sempre stato per natura una persona razionale, una di quelle che ci pensa tre volte prima di fare qualcosa; ma quel bacio nella pineta, il primo di un lunga serie, era stato dettato da un impulso così forte da superare la ragione. Sapeva che avrebbe dovuto maledirsi di quel gesto, che non era da lui, che non era illogico e tutte quelle menate lì; ma se provava a stare lontano da Retasu un po' più del possibile la sua mente ed il suo corpo protestavano con una violenza tale da renderglielo impossibile. Starle lontano ormai era un dolore fisico.

Era... così imbarazzante pensarlo, eppure doveva ammetterlo. L'amava.

Amava le sue guance rosse d'imbarazzo quando l'abbracciava, e la sensazione delle sue labbra soffici quando la baciava.

Amava il suo comportamento goffo ed impacciato.

Amava come lei riuscisse a farlo sentire felice e spensierato con il semplice suono della sua risata.

Amava quando le sfilava -con la forza, perché lei non se ne separava volentieri- gli occhiali per osservare i suoi grandi occhi blu.

Amava osservare il cambiamento repentino delle sue espressioni del viso.

Amava il suo essere lunatica e tenera e altruista.

Amava la sensazione della sua pelle calda a contatto con la sua, gelida.

Amava... la lista era veramente lunga anche per lui. Semplicemente amava Retasu, punto. E, per quanto la parte razionale di sé gli urlasse che tutto ciò aveva niente di buono, non poteva farci assolutamente niente.

Perché rinunciare a lei gli era semplicemente impossibile, a quel punto...

 

 

Eppure, per quanto idilliaco e romantico e bla bla bla potesse essere la loro storia, c'era un Ma. Un Ma pure bello grosso, che entrambi cercavano disperatamente di ignorare.

Non parlavano mai della guerra quand'erano insieme. Mai.

Mano a mano che la storia andava avanti, trovare il tempo per incontrarsi -di nascosto, per di più- diventava sempre più difficile ed era un peccato sprecare le poche ore a disposizione per parlare di cose spiacevoli. Cercavano di non pensarci, di ignorare i loro rispettivi compiti e godere soltanto della sensazione di stare insieme come un ragazzo ed una ragazza.

Però quel pensiero era sempre presente in un angolo delle loro menti e provocava un disagio quasi soffocante.

E poi, tutte quelle bugie raccontate per nascondere la loro storia. Retasu era per natura una ragazza onesta -anche troppo- e mentire alle sue amiche, a Ryo, ai suoi genitori, a tutti la faceva sentire con la coscienza sporca. Per Pai non era questo il problema più grande, controllare le emozioni era così facile per lui, ma nemmeno l'Alieno si sentiva meglio.

Era stato scelto tra centinaia di coetanei per quella missione ed aveva accettato il suo compito con orgoglio... ed ora eccolo lì, che disonorava tutto ciò in cui aveva creduto per una stupida storia d'amore.

Ignorare il senso di colpa era possibile fino ad un certo punto. Entrambi sapevano che prima o poi sarebbe arrivato il momento i cui tutto sarebbe stato così pesante da dover mollare.

Infine il momento era arrivato. Quella sera, con quelle parole.

 

 

    - Noi dobbiamo parlare. -

Pai rimase interdetto a quelle parole. Evidentemente, il 'dobbiamo parlare' era un sinonimo di disgrazie anche per gli extraterrestri.

Cercò con lo sguardo quello di Retasu, ma lei osservava un punto indefinito del pavimento e la cortina di capelli le copriva il volto. Evidentemente non aveva il coraggio di guardarlo in faccia, come lui non aveva il coraggio di risponderle.

Improvvisamente si sentiva... pesante, forse. In precario equilibrio come qualcuno che cerca di stare su un filo di seta, e sa che sotto di lui c'è solo il vuoto...

    - Ti ascolto. - riuscì a reagire, sforzandosi di apparire impassibile. Ma gli occhi lucidi di Retasu, quando alzò il volto, bastò per far crollare la sua maschera.

    - Io non ce la faccio più a mentire a tutti. - sbiascicò con voce rotta mentre i lucciconi minacciavano di rigarle le guance. - Non ce la faccio... non è colpa tua, io ti voglio così bene ma... -

    - Retasu... -

    - ... non ce la faccio più, scusa... -

Era strano, forse anche irreale. Aveva sempre visto le coppie rompere a suon di urla, di schiaffi, di tremende litigate. Aveva sempre pensato che quando sarebbe accaduto a lui, a loro, si sarebbe sentito malissimo. Aveva sempre creduto a tante cose, invece niente di ciò stava accadendo.

Mentre Retasu piangeva, in silenzio, Pai non poteva fare altro che guardarla senza vederla affatto. Non si sentiva male... non sentiva niente. Era vuoto, ecco. Aveva un buco dentro il petto, una voragine.

Avrebbe voluto abbracciare Retasu, mormorarle parole di conforto, dirle che tutto si sarebbe sistemato in un modo o nell'altro -anche se sapeva che era un'altra bugia- ma non ne aveva la forza. Era giusto che si lasciassero. Non avrebbe dovuto nemmeno iniziare tra loro.

Erano nemici.

Non avrebbero potuto essere nient'altro che nemici.

Avrebbe dovuto rinunciare a lei e tornare a condurre la solita vita come subordinato di Deep Blue. Avrebbe dovuto rinunciare ai suoi baci, alle sue risate, al suo amore che lo faceva sentire così bene.

Quel pensiero lo scosse e fu sul punto di prenderle le spalle e scrollarla, con veemenza, e urlarle che non poteva finire così, che non voleva, che l'amava... ma nel guardarla di nuovo, con il volto rosso rigato di lacrime e le spalle sconvolte dai singhiozzi, realizzò che tutto quel dolore era colpa sua. Farle del male era l'ultima cosa che voleva... ma ribellarsi alla sua decisione significava solo prolungare il suo dolore.

Un sorriso amaro si dipinse sulle sue labbra.

L'amava, e per questo l'avrebbe lasciata...

    - Così è finita. Ti auguro di trovare qualcun'altro che ti possa far felice... al contrario di me... - mormorò infine, distrutto. Sentì Retasu singhiozzare più forte e si alzò di scatto, dandole le spalle. Non aveva la forza di continuare con quel discorso. Chissà, forse avrebbe dovuto darle un ultimo bacio d'addio come succedeva nei film d'amore che avevano visto insieme-- non doveva pensarci, accidenti!

Non si voltò nemmeno. Se lo avesse fatto non l'avrebbe più lasciata, lo sapeva. E non poteva succedere.

Non avrebbero potuto essere nient'altro che nemici.

    - Addio. -

Poi se ne andò, lasciando Retasu sola nel locale buio e pieno di gente, a piangere sul dolce ricordo della loro stupida storia d'amore ormai finita.

 

*

 

*Shinjuku: quartiere a luci rosse di Tokyo, dove le signorine di buona famiglia come Retasu & Company non dovrebbero mai andare... xD

**Raisen: è il nome del ventaglio di Pai. Non ricordo da dove l'ho preso, sono anche andata a cercare su Wikipeidia delle informazioni al riguardo, ma niente...

  
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