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Autore: Queen_Of_Ice    25/11/2012    0 recensioni
Aveva si e no due anni quando il destino le porto via tutto ciò che aveva: una famiglia, un luogo sicuro, delle persone che le volevano bene... Dovevo fare qualcosa, non potevo abbandonarla!
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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°° 2- Una Piacevole Monotonia °°

Aprii piano gli occhi, sentivo l'odore del caffè penetrare in camera mia riempiva lentamente la mia stanza e i miei polmoni.
Mi chiesi assonnata che ora fosse mentre mi rigiravo tra le coperte, non volevo ancora svegliarmi, non volevo ancora iniziare la mia giornata, non volevo andare a scuola, come sempre tra l'altro. Stare sotto le coperte a sognare i miei genitori, a sognare la mia pubertà con Ray, che mi sembrava sempre lo stesso, che sembrava non invecchiare mai, il mio bellissimo fratellone dai capelli rossi, avevamo solo gli occhi in comune, un bel miele, quasi raro dato la limpidità delle iridi e del giallognolo fuso con l'ocra. Volevo starmene ancora un Po al buio, a riprendere a dormire o semplicemente star li a fare nulla. Iniziavo ad abituarmi al monotono aroma del caffè mattutino, non era poi cosi male, era rilassante, fastidioso e inopportuno erano i tenui raggi del sole che si infiltravano persiana della mia finestra, illuminando leggermente la stanza passando dal mio letto dato che era messo sotto al muro sotto la finestra, Ray l'apriva puntuale accertandosi che ero sveglia prima di uscire dalla mia camera per ottimare i suoi piccoli lavoretti domestici.
Sbuffai nel scrutarlo assonnata, andava avanti e indietro preparandomi tutto, cartella, merenda per la ricreazione, le scarpe adatte per il tempo. Si preoccupava sempre molto per me, in ogni momento, credeva che fossi cosi fragile, delicata come un fiocco di neve che si appresta a scendere sul ciglio di un vulcano. Sorrisi davanti alla realtà di zio Jay,su quanto avesse ragione sul fatto che mio fratello Ray mi viziasse troppo su tutto, trattandomi di tanto in tanto ancora come una bambina, eppure mi avevano insegnato tutto, l'educazione, come difendermi, come comportarmi fuori casa senza loro, tutto. Il rosso si sedette sul mio letto, prendeva fiato sospirando allungo, mi dava le spalle passandosi la mano chiara, porcellana quasi, tra i lisci e corti capelli rossi ben curati, fece un altro sospiro prima di accorgersi che ero del tutto sveglia. Decisi di alzarmi, fui lenta nell'abbracciargli le spalle, appoggiando il mio petto sulla sua schiena, baciandogli una guancia.
"Ci sono problemi fratello?"
gli chiesi con un filo di voce, leggermente roca e ancora stanca, avevo ancora troppo sonno per tenere gli occhi aperti. Sorrise amaro mostrandomi una fila di denti bianchissimi, voltandosi leggermente
"certo che no, piccola"
cercò di rassicurarmi sincero, alzandosi mi baciò la fronte scompigliandomi i capelli, mi trasformava in un tenero leone bianco dalla criniera nera arruffata.
Uscì dalla mia camera chiudendo la porta dietro di se dirigendosi in cucina per badare al caffè ormai salito, lasciandomi sola con la mia intimità per vestirmi e prepararmi abbastanza velocemente, ero abbastanza grande per farlo benissimo da sola, sarebbe stato piuttosto imbarazzante per entrambi dati i miei vicini diciassette anni. Col passare del tempo poi diventavo sempre più agile, veloce, abile e coraggiosa sotto gli insegnamenti di zio Jay e Ray, i miei unici parenti nei dintorni. Zio mi raccontava spesso e volentieri, anche se vago, che gli altri familiari erano una specie di girovaghi a cui piaceva viaggiare, odiavano fermarsi in un luogo per più tempo, non era da loro stabilirsi e crearsi una vita da fermi, amavano il movimento e gli imprevisti che si presentano lungo un viaggio di cui non si conosce ancora la meta, Ray confermava, ogni qual volta senza aggiungere niente, si limitava ad annuire con fare seccato.
Inspirai mentre mi allacciavo le scarpe, quelle grandi comode per andare in skate, abbastanza pesanti, bianche, concepii che fuori doveva fare freddo, non me ne accorsi solo dalla scelta delle scarpe da parte del rosso ma anche guardando al di fuori della piccola finestra presente in camera mia, il vento soffiava lento sugli alberi che sembravano non volersi piegare al cospetto del soffio invernale, ma danzavano per farlo contento lasciando che trasportasse via qualche loro foglia secca e ingiallita sul suolo. Mi sfregai le mani dirigendomi in cucina prendendo dal corridoio la mia giacca nera in pelle imbottita, da motociclista, Ray era seduto a tavolo, al suo posto con davanti una tazza di caffelatte, leggeva ogni mattina il giornale per tenersi aggiornato su cosa succedesse in giro e nel mondo, la mia squadra del cuore aveva nuovamente vinto contro la sua, toccava a lui ripulire la casa per qualche settimana dopo il lavoro, ma gli avrei dato comunque una mano di nascosto, non avrei mai avuto il coraggio di lasciargli fare tutto da solo, nonostante la casa era piccola e noi solo in due.
"Passo a prenderti fuori la scuola. Fatti trovare davanti al bar e non metterti nei casini. Capito Vivi?"
spiegava sbirciando dietro il giornale per assicurasi che lo ascoltavo mentre facevo colazione con un bicchiere di latte e cacao dolce con pochi biscotti sempre al cacao, era sottointeso e abituale che venisse lui dopo scuola a prendermi, almeno che non avesse problemi a lavoro, il suo datore era un vero tiranno che odiava i bambini, persino i ragazzi della mia età, mi veniva un nervoso ogni volta! Quando dovevo stare con lui al ristorante dove faceva da cameriere non c'era momento che il proprietario veniva a infastidirmi, restavo spesso e volentieri sola a casa per non dargli ulteriori problemi dato che anche lui non lo sopportava. Annuii baciandogli una guancia, addentai un altro biscotto mentre mi scompigliò ancora una volta i miei capelli, fortuna che essendo corti si sistemavano subito, era divertito dal mio fare sarcastico e ironico in ogni evenienza. Uscendo di casa e chiudendomi la porta alle spalle pensavo a quanto fossi stata fortunata nella mia sfortuna, non avevo i genitori ma mi era rimasto un fratello d'oro e uno zio sempre ben disposto.
Non conobbi mai i miei genitori, non ricordavo ne i loro volti, ne le loro voci ne tanto meno i loro nomi, mi faceva male non averli avuti, vedevo i bambini per strada giocare con le loro mamme e i loro papà, mentre io giocai solo con mio fratello e con mio zio. Susan mi ripeteva sempre che erano troppo lontani per raggiungerli ma troppo vicini per sentirli, io li sentivo, sentivo il loro amore per me, capii quella frase a soli quindici anni, mi raccontarono che erano morti in un incidente stradale mentre tornavano a casa da un servizio fuori casa, niente dettagli, erano ancora vaghi, parlava zio Jay e Susan, Ray puntualmente in silenzio. Susan era l'ex ragazza di mio fratello, molto carina se devo essere sincera, anche lei chiara di carnagione, dai capelli ricci, mori e lunghi, facevano invidia alle ragazze che facevano alla corte a mio fratello, dei stupendi occhi neri, la pupilla non si distingueva, anzi la pupilla era più chiara del colore dell'iride. Abitò per qualche anno insieme a noi, convivendo con Ray, poi partì all'improvviso, mi dissero che avevano litigato per delle incomprensioni di coppia, mi tirò leggermente la guancia affettuosa prima di sparire. La mattina, puntualmente toccava a mio zio Jay accompagnarmi a scuola dato che lui lavorava come medico di fronte alla mia scuola, che fortuna eh? Conosceva tutto del mio istituto e di quello accanto, sapeva cosa succedeva e sapeva le principali persone che dovevo evitare per non avere guai, tra questi un professore che insegnava matematica al quarto anno del mio indirizzo di studio.
Entrai in auto, una Skoda Fabia Cabriolet rossa fuoco, lucida e sfavillante come appena uscita da una concessionaria di nuove autovetture, iniziai a studiare zio mentre aspettavo che mi dicesse qualcosa, aveva il solito colorito dei capelli, nemmeno un capello bianco tra i suoi capelli mori, ben ordinati, sempre perfettamente composti al contrario dei miei, i suoi occhi erano intriganti di uno strano nocciola, di tanto in tanto cambiavano diventando di un rosso rubino, denso come il colore del sangue scuro. Anche a Ray di tanto in tanto succedeva, per giorni restavo davanti allo specchio per controllare se questa particolarità l'avessi anche io ma niente, era sinistra e spaventosa per chi non li conoscesse, mi sentivo quasi fortunata a non avere questa caratteristica. Zio Jay sorrise sghembo mentre aggiustava il specchietto retrovisore tenendomi d'occhio attraverso questo nonostante io fossi seduta alla sua destra sul sedile anteriore.
" Allora Vivienne. Oggi si va a scuola o a zonzo?"
mi proponeva ogni volta, amava mettermi alla prova tentando ogni mattina, io mi limitavo a dargli corda anche se la destinazione era sempre l'edificio scolastico. Gli sorridevo beffarda, come se per un attimo pensassi la sua stessa cosa, un giorno di riposo, di spacco da quella monotonia al quanto piacevole, io l'amavo, non avrei mai voluto cambiarla. Mi allacciai la cintura di sicurezza sistemandomi al meglio sul sedile
" Andiamo a pattinare"
proposi io a sguardo chiuso, preparandomi a numerose sue reazioni, zio era una persona imprevedibile come me. Si finse offeso tenendo entrambe le mani sul volante
" E che scuola sia..."
rispose abituale, si fermò pochi istanti confuso, ci pensò qualche minuto prima di sorridere entusiasta, potevo vedere la nocciola diventare chiara per l'entusiasmo
"Davvero?"
mi domandò in cerca di conferma, sapeva quale fosse la mia risposta ma volle esserne sicuro.
" No signore! Si va a fare il nostro dovere dottor Jay!"
esclamai spegnendo il suo finto entusiasmo mentre scoppiavo a ridere. Mise in moto per accompagnare entrambi ai nostri abituali compiti.
  
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