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Autore: Queen_Of_Ice    21/11/2012    0 recensioni
Aveva si e no due anni quando il destino le porto via tutto ciò che aveva: una famiglia, un luogo sicuro, delle persone che le volevano bene... Dovevo fare qualcosa, non potevo abbandonarla!
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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° Un Freddo Inizio °

Nevicava quel giorno di gennaio a Stoccarda, dei piccoli e canditi fiocchi di neve rimanevano incastonati nei nostri capelli, fermi sui nostri volti, non volevano sciogliersi come i fiocchi che sfioravano le altre persone, troppo calde anche al freddo per essere scambiati come loro, troppo freddi anche al caldo. Ero insieme ai miei compagni lontani da casa, lontani dal nostro abituale territorio Italiano,volevamo assaporare il gusto delle persone fredde del luogo, stanchi della nostra nazione. Le persone in Italia ci riempivano la bocca velocemente, andava bene cosi ma in quel mese avevamo voglia di cambiare il nostro comune menu.
Quella sera era una delle più fredde, lo avvertivamo attraverso i lamenti delle persone che dopo giornate di lavoro tornavano a casa, tranquilli loro coccolati e rassicurati dal calore della loro famiglia, credendo che niente potrà fare loro del male. Era una sera tranquilla come tutte le altre, monotona, insignificante, Jay per cambiare sbagliò di proposito strada, scegliendo a caso un quartiere, a caso una abitazione. Negligenti ci avvicinammo alla casa, ma uno strano e fastidioso odore ci assalì chiudendoci lo stomaco, qualcosa di nero, gigantesco e con minacciosi occhi rossi, sfavillanti come rubini, ci sbarrò la strada con delle alte fiamme nere, dando volutamente fuoco anche alla casa. Le persone all'interno dormivano inconsapevoli di ciò che accadeva intorno a loro, li uccidevano nel sonno, i pochi svegli urlavano straziati in una lenta e dolorosa morte. Sentivamo stringerci il petto, la scena una vera e propria tortura,  li sentivamo gridare, implorare aiuto, pregare il loro dio, ma non potevamo aiutarli nemmeno volendo, l'abitazione era circondata da quelle fiamme nere che pian piano la divoravano.

«Ray, andiamocene» 

mi consigliò Jay, scossi la testa, volevo rimanere, ma no per saziarmi di quel  dolore, ero impietrito, non riuscivo a muovermi, sdegnato. sadici cuocevano le loro prede fino a ridurle in cenere, divorando le loro anime attirandole verso di se come calamite aspirando quel strano vapore nelle loro fauci nere con avidità, qualcuno si azzannava per l'anima più grossa, più succulenta. Una vita si salvò da quello sterminio di famiglia, si allontanò da quella calda e continua strage.
I miei compagni diedero le spalle a quella scena straziante, spettatori di un film obbligati a vedere contro la loro volontà, si allontanarono silenziosi con la loro sete non placata, ma non ne avevano più, erano disgustati come me a quella veduta di fiamme assassine. Rimasi ancora li dopo il loro spostamento, qualcosa mi ordinava di farlo, mi ordinava di rimanere, dovevo essere ancora quello spettatore silente ed impotente. Fortuna che nel nostro gruppo non c'era un capo che guidasse la nostra armata, le nostre scelte, tutti volevamo essere liberi di fare ciò che ci pareva, c'erano solo poche regole da rispettare, poche ma buone, dove tutti erano d'accordo. Chi voleva prendere le redini veniva cacciato, se no ucciso se tentava con sporchi trucchi di prendere il potere e controllo su ognuno di noi. Quando mi ripresi dal mio pensare, fortunatamente per le mie orecchie e per la mia mente, le urla finirono anche se sapevo cosa significasse quel costante disagio in me non svanì, le ombre e le fiamme alate dopo il loro sanguinario pasto volarono via, non le contai, erano un tutt'uno e si fondevano con le nuvole nere di fumo che si erano elevate in cielo coprendo le normali nubi grigi della notte viola e blu, che lentamente si facevano trasportare dal vento invernale.
Uno scricciolo mi si avvicinò, era lento, scalzo, calpestava la neve gelida e stranamente bianca, le sue braccine erano tese verso di me, in cerca di un riparo forse, i suoi occhi mielati, piccoli e tondi mi chiedevano conforto nel loro essere spaventanti, sofferenti e vuoti. Lo presi imbraccio accorgendomi che era una bambina dalla camicetta che indossava, rosa, leggera per la casa e sopra stilizzati dei cuoricini, le sorrisi per tranquillizzarla prendendole la manina, era fredda, ma la mia la superava.  la portai dagli altri dando finalmente anche io le spalle a quello scempio inumano.

« Signori vi presento la nostra mascotte»

fu cosi che la presentai a loro, a tono tranquillo, non temevo che non la accettassero, io la volevo con me, dovevo assicurarmi che sarebbe vissuta, che non avrebbe sofferto per la sua incosciente perdita. Strofinai il mio naso freddo contro quello piccolo della bambina, molto delicatamente, iniziò a ridere scaldando i nostri cuori, eravamo dispiaciuti per lei, non s'accorgeva di ciò  che le stava accadendo, e per un certo senso era un bene.

« Come si chiama?»

mi chiesero in coro Susan e Jay avvicinandosi per osservarla. cercai qualche bracciale o un ciondolo, trovando di mia sorpresa una targhetta che indossano i militari in addestramento, per segnalare il nome, l'età e il numero di matricola. Sulla sua c'era scritto il suo nome. lei sembrava soddisfatta del suo gioiello, una moda adolescenziale ma lei la teneva perché le piaceva sinceramente.

« penso che sia Vivienne»

risposi un po’ indeciso dato che non sapevo se lo fosse davvero o no. la piccola mi guardò sorridendo, come se volesse dirmi -che c'e? mi hai chiamata?-. la osservai studiandola, memorizzando subito il suo tenero faccino tondo, pallido e chiaro come se fatto di porcellana bianca, fredda anche lei come la neve che aveva calpestato, i suoi capelli di sottili fili neri pece, nere come le ombre che l'avevano risparmiata senza accorgersene, leggermente lunghi, legati in due graziosi codini, i suoi occhi che fino a qualche attimo prima sembravano sull'orlo di piangere, ora ridevano tra le mie braccia, il suo mielato che cambiava di densità diventando più scuro o più chiaro a seconda delle sue emozioni. Aveva si e no due anni quando il destino le porto via tutto ciò  che aveva: una famiglia, un luogo sicuro, delle persone che le volevano bene... Dovevo fare qualcosa, non potevo abbandonarla!
Ma i miei simili erano contrari ad una adozione, pur volendo non potevo farla diventare come me, troppo piccola ed innocente, era contro le nostre regole farlo.
Non potevamo trasformare in vampiro una persona contro la sua volontà, solo se lo chiedesse lei oppure che fosse in fin di vita potevamo cambiarla. Ma io non avevo nessuna intenzione di farlo.

«Ray che intendi fare con questa mocciosa?»

mi chiese Rafael leccandosi le labbra assetato, arricciai il naso sdegnato dal suo comportamento fulminandolo velocemente, senza pensarci troppo.

«Vivienne farà parte di noi anche se non è come noi! »

chiarì subito accarezzandole la testolina corvina mentre la poggiava sulla mia spalla, stanca, si addormentò subito. Gli inizi furono ardui, non fu semplice far accettare la bambina con noi. Presi una decisione, per niente azzardata, ci pensai allungo e come mi aspettavo solo Susan e Jay mi appoggiarono, il mio intento era quello di creare un ambiente normale e sociale per Vivi, che potesse vivere come una bambina normale, che potesse essere felice nonostante tutto.
  
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