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Autore: Blusshi    26/11/2012    0 recensioni
Estratto dal capitolo 1~
Kate- la fronte inondata di sudore- spingeva e gridava; percepiva i movimenti del bambino che si faceva strada nel canale del parto. Si augurò che andasse tutto bene e che finisse in fretta; si sentiva come una bambina spaventata anche se ormai, a venticinque anni e con due gemelli in arrivo più che imminente, una bambina non era più.
Sapeva che quella nascita stava presentando complicazioni: i dottori le stavano dicendo che il primo dei due bambini non riusciva a uscire e che di conseguenza l’altro stava soffrendo.
Ho fatto una scelta originale, narrando la storia dei due protagonisti a partire da un punto che in genere non viene scelto. Spero, davvero, di non doverla pagare troppo cara questa mia originalità :) ~ Blusshi
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: 17, 18, Altri, Dr. Gelo, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Alice, 12 anni compiuti da un pezzo, si preparò ad entrare nel centro commerciale insieme ai suoi amici.
La mamma non era tanto contenta che lei ed Eric avessero iniziato a frequentare quella compagnia: erano tutti ragazzi più grandi di loro, alcuni già noti ai poliziotti.
“Insomma, sembrano avanzi di galera! Non voglio che vi facciano diventare teppisti…” diceva Kate preoccupata.
“Oh mamma, che noiosa! Vorrei vedere tu cosa avresti fatto se io fossi stata al tuo posto e ti avessi detto che tutto quello che facevi era sbagliato” rispondeva Alice annoiata.
Sembrava più grande: il seno acerbo sporgeva dalla canotta scollatissima che le lasciava scoperti pancia e fianchi. Si sentiva bene con gli anfibi e la minigonna di jeans chiaro, si sentiva più bella e più sicura di sé.
Uno dei ragazzi della brigata cominciò a parlare: “Ok gente, ora ci sparpaglieremo. Io e Jack cominceremo con l’intasare tutti gli scarichi dei bagni!”
Jack, un diciottenne assente e perennemente appisolato, fece un blando cenno di assenso.
“Io faccio gli allarmi!” rise Alice, saltellando e battendo le mani.
Poco dopo lei e una robusta ragazzona di colore entrarono nel  reparto di elettronica del centro commerciale.
Alice ancheggiava, rivolgendo sorrisini maliziosi a quelli che la osservavano.
“Posso esserti di aiuto?” le chiese un commesso.
“Certo” disse lei gentile “c’è un mio amico che ha bisogno d’aiuto. È laggiù! Mi aveva detto di mandargli assistenza” indicò al commesso un punto lontano del reparto.
Questi si fidò e seguì l’indicazione. Alice fece un segnale e in breve tempo la ragazzona l’aiutò a seminare scompiglio. Buttarono giù dagli scaffali i prodotti ancora confezionati, fecero scattare tutti gli allarmi. Nel reparto c’era un baccano infernale.
Alice se la filò con passo aggraziato da gazzella. Se la rideva piegandosi in due, seguita dalla complice.
Si allontanarono più che poterono.
“Hahahaha Alice, hai visto che tonto? Ci è cascato!” le disse ridendo la ragazzona.
Lei la guardò altezzosa e sorrise: “Sì. Adesso andiamo Sarah, abbiamo da fare”.
Prese Sarah per un braccio e se la trascinò via, verso i negozi di abbigliamento. Fecero un bel giro, provando e guardando tutto quello che poteva piacere loro.
“Andiamo in bagno” disse perentoria Alice.
Come aveva promesso il ragazzo del suo gruppo, tutti i bagni erano stati intasati, ma non se ne curò. Appoggiò il borsone vicino ai lavandini e si ravviò i lunghissimi capelli biondi, lisci e docili.
“Guarda che cosa ti ho preso!” disse entusiasta, frugando nella sua borsa e porgendo a Sarah un mascara nuovo di zecca.
“Oh! Ma come hai fatto?! Non ti ho manco vista!”
Alice ammiccò maliziosa e le mostrò il contenuto della sacca: vestiti di ogni genere, scarpe, accessori, trucchi, un reggiseno imbottito (il primo!), cose da mangiare…
“Ma…sei un genio del male! Io non me ne ero nemmeno accorta!” sussurrò Sarah con gli occhi resi enormi dalla sorpresa.
“Beh, sono una professionista io!” sbuffò Alice, iniziando a truccarsi pesantemente.
“La mamma storie anche perché mi trucco…che noia…non si fa una vita”.
Sarah la guardava.
“E mettiti quel mascara! L’ho rubato per te!” la sgridò la bionda.
“Va bene, scusa!”
Sarah restò a guardare il mascara, poi fissò l’amica che faceva smorfie nello specchio: “Alice, a me non piace tanto quello che stiamo facendo…quando eravamo piccole era un gioco, adesso stiamo diventando dei delinquenti…”
Alice la raggelò con lo sguardo: “Fa’ come ti pare, sei libera. Non ti tratterrò certo dal momento che stai diventando noiosa come mia mamma…non vuole nemmeno che io e Eric dormiamo insieme! Dice che ormai non siamo più bambini!”
Sarah rise.
“Io dormo con chi voglio! E poi Eric è il mio essere speciale, solo stando con lui mi sento bene…”
“Che bello” commentò Sarah “tu hai un bel rapporto con tuo fratello…io con i miei litigo dal due al tre”.
Alice sorrise divertita: “Eric è ancora un bambino e certe cose non le capisce, ma solo lui sa perfettamente cosa provo io nel mio cuore…allo stesso modo in  cui io so cosa prova lui dentro di sé”.
Sarah annuì: “A proposito, dov’è?”
Alice fece spallucce: “Che ne so? Sarà a staccare qualche pezzo di ricambio…scemo…”
 
 
 
 
Quando tornò a casa, Alice si fiondò fra le braccia di Kate, che la strinse e le diede un bacio sui capelli.
“Dove sei stata? Mi hai fatta preoccupare…”
Alice guardò innocentemente verso l’alto: “Ero…a fare un giro nei negozi”.
Kate annuì: “Non hai comprato niente?”
“No no!”
“E come mai la tua borsa è piena? Aprila un po’”
Alice sospirò, mostrando alla madre il contenuto della borsa.
Kate non parlò, gli occhi glaciali erano eloquenti.
“Io…le ho trovate, le cose”.
Kate scosse la testa: “Bambina mia, così non va: cosa pensi, che io sia così povera o così cattiva da non comprarti i vestiti?”
“Certo che no mamma”.
“E allora? Perché rubi? E perché stai con quei ragazzi di periferia? Io in quell’ambiente non ti ci voglio, stai diventando una malvivente!”
Alice rise nervosa: “Addirittura?”
In quel momento entrò Eric, la giubba da moto già slacciata, del casco nemmeno l’ombra.
“Tesoro, dov’è il casco?” chiese Kate con garbo.
Eric rimase interdetto.
“Gliel’hanno rubato! Vedi mamma, i veri malviventi rubano cose di vitale importanza come i caschi delle moto! Povero Eric, vero che ti è dispiaciuto tanto?” Alice ammiccò al gemello e subito saltò al suo fianco.
“Sì”.
Kate sospirò, due contro uno: quando si coalizzavano non c’era nulla da fare, niente e nessuno li smuoveva.
La sera, Eric si strinse alla sorella sotto le coperte: “Ali, ma c’è stata mai una volta in cui non abbiamo fatto squadra?”
Lei ci pensò: “Sì, una volta! La mamma ha detto che quando siamo nati io non uscivo mai e di conseguenza nemmeno tu”.
Lui spalancò gli occhi: “Davvero?”
“Sì. Potevamo essere morti se fossimo stati in un paese povero senza ospedali” asserì lei.
“Io dico una cosa: avrei preferito morire con te che stare da solo senza  conoscerti” sorrise Eric.
 
Solo una volta non erano stati d’accordo.
Quando Alice aveva voluto a tutti i costi tingersi di rosso le punte dei capelli.
“Io dico che non ti sta bene…” diceva scocciato lui.
“E chi lo dice? Sta’ un po’ a vedere, che sai tutto tu…”
“IO lo dico, perché LO SO!” Eric l’aveva lasciata da sola e se era andato.
Poi Alice non aveva avuto il coraggio di andare a piangere da lui quando si era dovuta tagliare più della metà della sua lunghissima chioma perché Eric, maledizione, aveva ragione.
“Tu allora perché li fai sparati in su? Mi sembrano già un po’ troppo lunghi per questo, sai?” gli aveva detto, osservando la cresta di capelli neri e lucidi di suo fratello. E poi, secondo lei, stava molto meglio quando li lasciava giù.
 
 
 
 
 
Bruno era un ragazzo ventenne di colore. Alice, quattordicenne dalla pelle diafana, la sua ragazza.
“Guarda un po’” le disse lui.
Alice si accostò a lui, che le porse una confezione di profilattici.
“Bravissimo!” esclamò, con gli occhi che brillavano come cristalli di ghiaccio al sole “così stasera ci divertiamo”.
Alice non aveva detto niente a sua mamma, né della sua relazione con Bruno, né delle loro intenzioni.
Anche Eric, dopotutto, andava in giro usando la macchina di Kate (senza chiederglielo) e la polizia lo conosceva fin troppo bene grazie alle varie multe per eccesso di velocità che alla fine Kate doveva pagare.
Lei si rendeva conto che qualcosa non andava: niente era cambiato nel rapporto fra lei e i suoi figli e nemmeno fra di loro. Anzi, più crescevano, più diventavano inseparabili.
Era cambiato il loro rapporto con il mondo: furti e vandalismo insieme al resto della gang erano diventati pane quotidiano, un pane che per Kate era un boccone amarissimo.
Lei pregava e si torturava nel dubbio: “Cosa ho sbagliato? Perché sono due ragazzi così difficili? Signore, se ci sei, dà loro un occhio, te ne prego”.
Una volta Alice aveva rubato un motorino che aveva visto li in strada e che il proprietario di era dimenticato di chiudere, per andare con Sarah a fare un “giro” nei negozi; poi l’aveva tranquillamente messo al suo posto, come se niente fosse.
“Noi non l’abbiamo rubato, l’abbiamo preso in prestito” disse Alice a Sarah.
“No, tu…” provò a difendersi la ragazzona.
Alice la guardò algida: “No. NOI. Noi l’abbiamo preso in prestito”.
 
   
 
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