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Autore: Preussen Gloria    26/11/2012    7 recensioni
"Cresce. Assomiglia a te."
C'è ancora una storia che Odino non ha raccontato.
"A chi? Al principe delle illusioni o al re dei mostri?"
Riguarda il suo primogenito. Riguarda il figlio che ha adottato.
"Al giovane con gli occhi verdi e i capelli corvini che una volta conoscevo"
Riguarda i due principi che sono venuti prima di loro.
"Non è mai esistita quella persona, Odino."
Riguarda leggende che non sono mai state scritte.
"Non puoi dirmi questo! Non mentre mi guardi con gli stessi occhi di mio figlio"
E verità che sono sempre state taciute.
"Non è tuo figlio! Non lo è mai stato. È nato nell'inganno, vive nell'inganno, le bugie sono l'unica cosa che possiede..."
Thor e Loki hanno sempre saputo di essere nati sul finire di una guerra.
"... E un giorno, forse, ne diverrà il principe."
Ma nessuno ha mia raccontato loro l'inizio di quella storia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Frigga, Laufey, Loki, Odino, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Mpreg
Capitoli:
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VI
Somiglianza

[Asgard, oggi.]


Fa male…
“Avanti, piccolo principe. Perché non urli?”
Fa dannatamente male!
“Che fai? Piangi? E tu dovresti essere il figlio di Odino?”
Buio, buio, buio. C’è solo buio.
“Vediamo cosa succede se ti tocco qui…”
Non devo urlare! Non devo urlare! Non devo urlare!
“Non era una punizione per le tue debolezze ciò che volevi?”
La morte doveva essere la mia punizione.
“Non volevi espiare il peccato della tua nascita e della vita che non eri destinato a vivere?”
Solo io posso avere potere su me stesso, solo io posso decidere la mia condanna! Io! Io! Solo io!
“Ti stiamo solo facendo un favore, principe Loki.”
Nessuno deve permettersi di decidere per me! Nessuno!
“Toglimi una curiosità. Cos’è che fa più male? Il dolore dell’anima o quello della carne?”
Buio. C’è solo buio.
Eppure il dolore tinge ogni cosa di scarlatto…

“Qualcosa turba il sonno di tuo fratello.”
Thor allontanò lo sguardo dal paesaggio oltre la finestra per posarlo sulla figura di sua madre intenta a pettinarsi i lunghi capelli biondi, “che cosa te lo fa pensare?”
“Piccoli cambiamenti,” Frigga gli rivolse un sorriso dal riflesso nello specchio, “una madre se ne accorge.”
Thor attraversò la stanza con ampi passi, “parlamene,” domandò sedendosi accanto alla regina.
“Dovrebbe migliorare,” commentò Frigga, “faccio tutto il necessario perché il suo corpo si rafforzi, perché la febbre sparisca. Eppure, ogni volta che penso di rivedere un po’ di colorito sulle sue guance, succede qualcosa. Non so dire cosa sia, ma ha difficoltà a farsi toccare persino da me quando succede.”
“Temi che qualcosa infesti i suoi sogni?” Domandò Thor e Frigga annuì, “sì, tesoro, è una possibilità ma non lo scopriremo mai se lo lasciamo solo ogni notte.”
“Il re non ci permette di visitarlo senza la luce del sole.”
“E guarda che cosa è successo la notte scorsa!” Esclamò la regina sarcastica, “penso che dovremmo smettere di andare a lamentarci da tuo padre e ignorare le sue disposizioni senza troppi indugi.”
Thor inarcò un sopracciglio squadrando la madre con eccessiva attenzione.
“Qualcosa non va, tesoro?” Chiese lei guardandolo negli occhi.
“Niente,” Thor scosse la testa ed abbassò lo sguardo, sapeva che se sua madre avesse studiato la sua espressione si sarebbe accorta che qualcosa non andava, che c’era qualcosa che le teneva nascosto. Se ne accorgeva sempre, se n’era sempre accorta, anche quando non lo dava a vedere.
“Vorrei che passassi la notte con Loki, Thor.”
Il principe rivolse al pavimento un’occhiata confusa, “come hai detto, madre?”
“Stai con lui,” Frigga riprese a spazzolarsi una lunga ciocca di capelli dorati, “osservalo da vicino, cerca di capire cosa gli fa del male.”
“In tutta sincerità, madre, temo che la lista potrebbe essere lunga…”
“Mi riferisco a qualcosa di specifico, Thor,” spiegò la regina con pazienza, “c’è qualcosa che sistematicamente impedisce a tuo fratello di migliorare le sue condizioni fisiche. Penso che accada di notte perché è l’unico momento in cui né io né te siamo accanto a lui. Me ne accorgerei se qualche maleficio stesse torturando dall’interno mio figlio, se lo vedessi accadere di fronte a me.”
“Maleficio?” Domandò Thor terrorizzato. Frigga annuì, “hanno avvelenato le sue ferite affinché non si rimarginassero, non mi sorprenderei se avessero fatto qualcosa anche alla sua mente.”
Buio, freddo. Tanto freddo.
Allungo una mano. È la mia? È troppo piccola per essere la mia.
Neve. No, in quel lurido posto non c’era la neve, eppure sta nevicando.
Qualcuno piange? Un bambino… Sono io?
Fa freddo, tanto freddo.
“Che cosa stai facendo?”
Di chi è questa voce?
“Ti rendi conto di cosa stavi per fare?”

Io la conosco questa voce…
“Shhh… Calmo, sono qui. Va tutto bene, adesso.”
Calore. È familiare questo calore.
“Andrà tutto bene. Starai bene.”
Perché stai mentendo? Perché so che stai mentendo?
“Staremo bene, insieme. Te lo prometto.”
Sei sempre stato uno stupido sentimentale…

“… Thor?”
Loki sapeva che le sue labbra si erano mosse, ma non vi era uscito alcun suono, alcun nome. Gli occhi verdi scrutarono il luogo buio in cui si trovava. Tremava, aveva freddo.
Buio. Freddo.
Un sensazione di morte gli artigliò il cuore. L’immagine di un neonato che giaceva tra il ghiaccio e la neve gridando perché qualcuno lo raccogliesse, lo stringesse con amore e lo confortasse. Qualcuno, chiunque… L’abbandono, la consapevolezza che il prossimo abbraccio che avrebbe ricevuto sarebbe stato quello della morte. Si può odiare un bambino appena nato fino a questo punto? Ci si può vergognare di qualcosa di tanto piccolo e fragile al punto da volerlo eliminare nel modo più lento e doloroso possibile?
Quale peccato poteva aver mai commesso quella creatura venendo al mondo? Quale?
Non conosceva la risposta, non ancora.
Urlò.

[Asgard, secoli fa.]


“Loki è con suo fratello. Sarò io a farti compagnia, oggi.”
Nàl ne era felice in cuor suo. L’intesa tra lui e il gattino adorante del principe sembrava aver raggiunto una certa stabilità, al punto da divenire quasi un rapporto piacevole. Tuttavia, se Loki era con Odino, Nàl poteva star certo che il principe avesse abbastanza con cui essere occupato da dimenticarsi momentaneamente della sua presenza a corte. “Ehi, Nàl! Che cosa ti piacerebbe fare?” Domandò Frigga con un sorrisetto pieno di luce.
“Fare qualcosa che vada contro l’etichetta di corte è permesso?” Chiese con un velo di sarcasmo che la fanciulla sembrò apprezzare, “felice di sapere che le formalità inutili ti annoiano. Abbiamo qualcosa in comune con cui poter cominciare.”
A Frigga non piacevano troppo gli spazi chiusi, come non piacevano a Nàl. Lei non vedeva come si potesse perdere tempo all’interno del palazzo in una bella giornata di sole come quella e lui era perfettamente d’accordo. Si era lasciato guidare nei dei giardini reali, quelli che, in passato, erano stati gli ambienti privati della regina e, sebbene non potessero eguagliare l’atmosfera del laghetto nella foresta, Nàl dovette ammettere che erano incantevoli.
“Spero che Odino continui a comportarsi con te gentilmente,” si premurò Frigga sfiorando con le dita la superficie dell’acqua della fontana. Erano entrambi seduti sul bordo allietati da niente altro che non fosse la quiete intorno a loro e la compagnia l’uno dell’altra.
Nàl sospirò annoiato alla domanda, “non si può dire che il vostro principe si scoraggi facilmente.”
Frigga rise con contegno, “lo so. Se decide di starti tra i piedi, non c’è modo di liberarsene. Mi raccomando, se provasse a fare qualcosa di troppo, come dire… Sfacciato, non esitare a venire da me.”
Nàl le sorrise, “sei una strana fanciulla, se mi è concesso dirlo.”
“Lo prendo come un complimento.”
“Lo è,” il giovane Jotun annuì, “nell’ultimo mese ho visto solo frivolezze nelle altre giovani. Tu non sei così.”
“Ti ringrazio per averlo notato,” dall’espressione di lei, Nàl capì che era sincera, “ho notato anche molta invidia nei tuoi riguardi, se posso confidartelo.”
“Quella è un’altra cosa che abbiamo in comune, credimi.”
Nàl la guardò confuso e Frigga sorrise, “io potrò essere vicina al principe Odino sin dall’infanzia, ma... È te che guarda con desiderio per nulla celato. Le ragazze si accorgono di cose simili quando ce l’hanno sotto gli occhi e devo ammettere che è divertente vederle gonfiarsi d’invidia davanti ad un bellissimo fanciullo. È una bella novità!”
Nàl arrossì appena ed abbassò lo sguardo per nascondere il suo imbarazzo, “quindi, tutte le donne di corte mi ridono dietro.”
“No, no e no!” Esclamò Frigga agitando l’indice della mano destra nella sua direzione, “non osare provare vergogna per te stesso solo perché un moccioso viziato non sa tenersi un’emozione per sè.”
Nàl sorrise amaramente, “come potrei?” Domandò con un filo di acidità, “per tutta la vita sono rimasto chiuso in una campana di vetro, sai?  Non sono abituato ad essere guardato liberamente o essere al centro dell’attenzione. È una cosa che mi disturba moltissimo.”
Frigga annuì, “penso di capire,” concordò, “io ci sono cresciuta. Ho conosciuto Odino quando ero una bambina e, sebbene lui fosse il principe ereditario già allora, non mi è mai stato possibile considerarlo interamente come tale, capisci?”
Nàl annuì. In un certo senso tra lui e Fàrbauti era lo stesso. Erano cresciuti insieme, quando erano da soli il titolo di principe era come se non gli appartenesse. Non voleva che gli appartenesse…
“Ma crescendo, mi sono resa conta che essere così vicina ad un principe ha il suo prezzo,” continuò Frigga, “non ho amiche all’interno della corte, non posso averne. Sono tutte talmente occupate a morire dietro ad Oden che, un legame con una qualunque di loro, significherebbe solo veleno ed interesse. Troppe volte hanno provato ad usarmi per attirare l’attenzione del principe.”
Nàl storse il naso, “ignobile a dir poco.”
“Penso che tu possa immaginare come si sentono ora che il loro bel principe è completamente perso per te.”
Il giovane roteò gli occhi verdi, “Odino è invaghito di me, niente di più.”
“Lo credevo anche io, sai?” Frigga si fece più vicino, “l’unica volta che Odino si è interessato a qualcuno per un periodo che fosse più di un paio di notti è stato con Jӧrd.”
“Loki non me ne ha mai parlato.”
“Perché è molto difficile vederla a corte,” spiegò Frigga, “è una selvaggia, una guerriera in un certo senso. Non vuole legami, non vuole restrizioni. È il perfetto contrario della maggior parte delle fanciulle di Asgard.”
“Allora perché ne parli come se fosse la peggior donna sulla faccia dell’intero universo?”
Frigga rise, “è così chiaro?”
Nàl sorrise ed annuì.
“La disprezzo,” confessò Frigga senza troppe remore, “tra lei e Odino c’è solo sesso. Anche se non ho idea di quanti amanti abbia contemporaneamente, non che il nostro principe sia da meno, certo. Quello che mi disturba non è la loro relazione passionale,” fece una smorfia mentre lo disse, “è il sospetto che Oden ne uscirà incastrato.”
Nàl inarcò un sopracciglio, “che intendi dire?”
“Mio caro Nàl, il nostro principe gioca a fare il grand’uomo ma è un bambino ingenuo quando si tratta del gentil sesso. Pensa di avere il controllo totale della situazione e con le ragazzine della corte potrebbe anche essere vero, ma Jӧrd è una donna risoluta, che sa quello che vuole e non si fa scrupoli per ottenerlo. Se Oden fosse stato solo un amante con cui appagarsi carnalmente, lo avrebbe rimpiazzato da un pezzo.”
“Vuole il trono…” Intuì Nàl.
“Vedo che mi segui,” commentò Frigga soddisfatta, “sono certa che non vuole legami e sono certa che non vuole restrizioni, ma una donna tanto ambiziosa non rinuncerebbe mai alla possibilità di diventare regina.”
“Vuole concepire un figlio con Odino e avanzare delle pretese di una certa importanza, è questo che pensi?”
Frigga annuì vigorosamente, “tutte le fanciulle ben istruite vengono iniziate alle arti magiche e curative, almeno quelle più elementari e ci sono metodi semplici per evitare incidenti. Jӧrd conosce questi metodi ed Odino ha totale fiducia in questo.”
Nàl rise, “che ingenuità!”
“È la stessa cosa che dico anche io!” Esclamò Frigga con enfasi, “ma credo che i suoi piani salteranno.”
“Perché?” Domandò il giovane Jotun confuso, “credevo fossi preoccupata.”
“Lo ero prima che il mio caro Oden si prendesse una vera e propria cotta per un certo bel fanciullo dagli occhi verdi.”
Nàl sbuffò, “ti prego, non tu…”
Frigga rise, “perdonami, ma conosco Oden da tutta la vita e come ti ho messo in guardia appena sei arrivato, mi trovo costretto ad avvisarti anche ora.”
“Di cosa?”
“Del fatto che sei l’unico nella storia, Nàl,” Frigga gli passò una mano tra i capelli corvini, “Oden al massimo ti sfiora, non ti toglie gli occhi di dosso, non si sfoga con qualcun altro per eliminare il suo desiderio. Aspetta te, vuole te.”
Nàl la guardò per un minuto intero, poi fece una smorfia, “quante sciocchezze…”
“Fidati del mio intuito femminile!”
“Non so cosa sia e non credo di volermene fidare,” confidò Nàl ora irritato che la discussione avesse preso una simile piega. “Nàl…” Lo Jotun fu costretto a guardarla di nuovo, “quelle fanciulle saranno anche delle cosine frivole da collezionare, ma sanno riconoscere una minaccia quando la vedono e né io né Jӧrd lo siamo mai state.”
“E di Loki che mi dici? Lui l’ha notato nessuno?” Domandò con acidità, “Odino non lo vede o fa finta di non vederlo?”
Il sorriso di Frigga sparì nel giro di un istante, “come l’hai saputo?” Domandò preoccupata.
“Me l’ha detto lui,” la tranquillizzò Nàl, “non esplicitamente ma… Gli ho fatto presente che avevo avuto un’intuizione e, a modo suo, l’ha confermata. Tu invece quando l’hai scoperto?”
Frigga abbassò gli occhi tristemente, “era un ragazzino quando me l’ha confidato in lacrime. Non è successo molti anni fa, a dire il vero. Era disperato, non sapeva che fare…”
Nàl annuì, “Odino lo sa?”
“No,” Frigga scosse la testa “e se l’ha intuito, non me l’ha mai detto.”
“Tu dici di essere felice di vedere il tuo principe seriamente interessato a me, ammesso che sia vero. Ogni volta che mi guarda di fronte a Loki in quel modo, avrei voglia di fracassargli la testa contro il muro.”
“No, no, no…” Frigga gli posò una mano sulla spalla, “Odino non deve sapere, non deve capire.”
“Perché no?!” Esclamò Nàl, “non sono fratelli! Sono due mocciosi che hanno giocato con un rituale senza nemmeno sapere quel che stavano facendo!”
Nemmeno io sapevo cosa stavo facendo quando da bambino ho deciso di giocare solo con Fàrbauti, piuttosto che con gli altri bambini. Nemmeno io sapevo quel che stava succedendo quando il mio compagno mi ha bloccato a terra e mi ha costretto a…
Frigga sospirò tristemente, “è stato un patto di sangue sugellato con la magia, Nàl. Non si può spezzare, nemmeno il re ha potuto e avrebbe fatto qualsiasi cosa per allontanare quello Jotun da suo figlio. Una relazione che non sia fraterna tra loro, sarebbe un crimine di fronte ad Asgard.”
“Io, al suo posto, morirei ogni giorno…”
“Anche io,” confessò Frigga sinceramente, “non fraintendere le mie parole. Loki di sicuro soffre ogni volta che Odino passa il suo tempo con una giovane dama e, forse, soffre ancora di più nel vedere che non demorde con te. Forse, Loki guarda te e pensa che potrebbe essere al tuo posto. Ma ti confido una cosa, Nàl. Loki ha sempre voluto che Odino s’innamorasse di qualcuno.”
Nàl spalancò gli occhi verdi guardando la fanciulla con espressione incredula.
“Se Odino s’innamorasse sul serio di qualcuno, Loki smetterebbe di sperare, capisci?”


Odino non si era mai accorto di niente.
“Era da un po’ che non passavamo del tempo insieme, io e te,” commentò il principe giocando con una ciocca corvina dei capelli del fratello. “Nàl ci ha occupati fin troppo entrambi,” commentò Loki continuando a fissare il tetto smeraldino che le foglie degli alberi costruivano sopra le loro teste. “Cosa ne pensi di lui?” Domandò Odino con sincera curiosità alzandosi su un gomito per guardare l’altro dall’alto in basso.
“Penso che siamo arrivati ad un’intesa,” ammise Loki ed era sincero. Sapeva che ci sarebbe voluto molto più tempo per far sì che Nàl sapesse muoversi all’interno della corte in totale autonomia, ma i loro dialoghi erano diventati quasi piacevoli nel corso di quel primo mese trascorso insieme.
“Questo mi rende molto felice!” Esclamò Odino con un gran sorriso. Loki si voltò a guardarlo con estrema intensità, “è la prima volta che t’interessi della mia opinione nei riguardi di un tuo amante.”
“Ma Nàl non è un mio amante.”
“Lo so,” Loki annuì appena, “quello che non so, è come poterlo definire.”
Il sorriso di Odino si ridimensionò notevolmente, “vuoi che ti dia qualche giustificazione in merito a qualche mio comportamento, fratello?”
“Non sei obbligato…” Mormorò Loki, “vorrei solo capire le tue intenzioni e guidarti, se mi sarà possibile.”
Odino strinse le labbra, “non voglio che nessuno s’intrometta in questa… cosa.
Loki rise appena, “nemmeno tu sai di cosa si tratta, capisco.”
“Lo so bene, invece!” Esclamò Odino puerilmente indignato.
“Prova a spiegarmelo, mio principe,” lo esortò il giovane Jotun scrutando l’erede di Asgard con quegli splendidi occhi scuri che ad Odino sembrò potessero leggergli dentro. Dopotutto, erano ben poche le cose che poteva nascondere a Loki… E a Frigga, sì, ma quella era una questione completamente diversa.
“Certe volte mi sembra d’impazzire, sai?” Confidò il principe con una serietà tale, che Loki non seppe come interpretare quelle parole, “ogni volta che ti vedo parlare con qualcuno, ogni volta che vedo Frig intrattenersi con un fanciullo un secondo di troppo. Ogni volta che mi ricordo che non mi appartenete completamente, come la parte peggiore di me vorrebbe.”
Loki non replicò, decise che sarebbe rimasto in silenzio ad ascoltare fino alla fine.
“So che non siete degli oggetti, so che avete dei desideri, so che potete prendere delle decisioni indipendentemente da me e so che non dovete per forza comportarvi in modo da rendermi felice ma… So anche che non saprei cosa fare, se vi perdessi, Loki. E non so se mi spaventi di più ammettere una debolezza tanto vergognosa o prendere in considerazione l’ipotesi che una tale eventualità possa verificarsi.”
“Ma tu non mi perderai mai, Odino,” replicò Loki con una spontaneità che lo spaventò, “nulla potrebbe dividermi da te, soltanto la morte e la tua volontà.”
Odino rise amorevolmente, “abbiamo l’eternità davanti a noi, Loki. Temo che siano davvero poche le cose di cui possiamo essere certi per tutto questo tempo…”
Loki scosse la testa ed afferrò la mano del fratello in un gesto improvviso, “vuoi che sia solo tuo?”
Prendimi, Odino. Prendimi! Sono già tuo, devi solo saperlo vedere.
“E allora chiedimelo, Odino,” sembrava quasi una preghiera la sua, “vuoi che non rivolga più la mia parola a nessuno? Lo farò. Vuoi che nessuno incroci mio sguardo? Va bene, avrò occhi solo per te. Devi solo chiedermelo, mio principe, solo questo.”
Odino inarcò un sopracciglio confuso, poi afferrò con gentilezza Loki per le spalle spingendolo a sedersi sull’erba di fronte a lui, prese quel bel faccino pallido tra le mani e appoggiò la fronte contro quella del fratello minore, “non permettere mai a nessuno di farti una cosa del genere, perché annullarti in una maniera simile per qualcun altro è il peggior crimine che potresti fare a te stesso.”
“Fratello…”
“Non devi permetterlo a me e non devi permetterlo a nessuno altro, Loki, “ insistette Odino con più fermezza, “e giuro qui davanti a te, che se qualcuno mai oserà forzarti a fare una cosa del genere, lo ucciderò con le mie stesse mani.”
“Pensi di essere l’unico che abbia paura di perdere qualcuno?” Replicò Loki sull’orlo della disperazione. Odino sorrise, sospirò e gli baciò la fronte, “è destino che stiamo insieme, Loki. È destino che io abbia incontrato te e ti abbia reso mio fratello. È destino che io possa contare su Frigga fin da quando ho memoria. Anche se temo che l’eternità potrebbe allontanarci, voglio credere che per noi esista un destino in cui possiamo restare insieme. Voglio lottare per questo.”
Loki accennò un timido sorriso, “sì, è destino che restiamo insieme…” Mormorò appoggiando le proprie mani su quelle appoggiate sulle sue guance. E se sia il destino che l’eternità avessero voluto fermarsi lì, sì, proprio lì, con Odino accanto a lui. Loki lo avrebbe accettato senza ulteriori pretese.
“E penso che il destino abbia in serbo qualcosa di speciale per me e Nàl.”
Loki gelò. Ah, già, Laufey… Stavamo parlando di Laufey.
Odino si allontanò da lui e Loki lo guardò mentre tornava a sorridergli in quel modo spontaneo e solare che lo faceva impazzire, “Nàl è destinato a me ed io lo sono a lui. Non chiedermi come faccio a saperlo! L’ho capito fin dal primo momento in cui l’ho visto, come per i miei genitori! Mia madre soleva dire che quando vide mio padre semplicemente seppe che doveva essere lui.”
“I tuoi genitori si sono sposati per un matrimonio combinato, Odino…”
Ma il principe non lo ascoltava, “io pensavo fosse una sciocchezza!”
“Lo è!”
“No, Loki!” Esclamò Odino, “sai, ho fatto un sogno la notte in cui ho trovato Nàl. Ho sognato due bellissimi bambini che mi chiamavano papà e Frigga mi ha preso in giro per tutto il giorno seguente ma non è questa la parte importante. Erano due maschietti, il più grande era identico a me… Ma che dico? Era anche più bello! Indovina come si chiamava? Thor, sì, Thor! Il mio nome preferito sin da quando ero bambino…”
Loki cominciò ad annuire meccanicamente alla fine di ogni frase che Odino pronunciava con emozione crescente, senza realmente capire metà dei dettagli che il fratello gli stava illustrando con cura quasi maniacale. “E sai com’era il bambino più piccolo?” Domandò Odino facendo una breve pausa, “aveva i capelli nerissimi e due meravigliosi occhi verdi. Quando mi sono svegliato non ho capito, ma… Poi lo stesso sogno si è ripetuto ancora, ancora e ancora. La notte in cui ho giaciuto con la guaritrice che mi ha curato la gamba, li ho sognati per la seconda volta. Poi c’è stato quel pomeriggio al lago…”
“Il lago? Quale lago?”
“Ed è successo di nuovo. Non appena mi sono addormentato, ho rivisto quei due bambini,” Odino si lasciò andare ad una breve risata, “ho rivisto i figli miei e di Nàl.”
E per la prima volta da quando il suo adorato principe lo aveva salvato dalle crudeltà di Jotunheim, Loki desiderò profondamente di morire.

[Asgard, oggi]

 
Thor ci mise un po’ prima di realizzarlo.
La consapevolezza lo colse di sorpresa un tardo pomeriggio, mentre reggeva il diario tra le mani e Loki se ne stava seduto davanti a lui ad osservare il fuocherello scoppiettante nel piccolo camino con sguardo assente. Thor si era ritrovato a fissarlo senza neanche rendersene conto: aveva abbandonato la lettura sul finire di una descrizione del giovane Jotun chiamato Nàl, l’ennesima che suo padre si era premurato d’inserire e l’associazione era stata talmente spontanea, che Thor non aveva potuto fare a meno di spostare automaticamente gli occhi sulla figura di Loki.
“Posso essere chiunque tu vuoi che io sia, per degli occhi come i tuoi.”
Loki dovette avvertire la pressione del suo sguardo insistente, perché si voltò a guardarlo con quelle iridi tanto verdi da non sembrare reali.
“È un rischio che sono disposto a correre, per due occhi come i tuoi”
Che vuoi?
Suo fratello non aveva parlato ma quella domanda era scritta a chiare lettera nei tratti della sua espressione annoiata. “Vi assomigliate molto,” spiegò Thor con totale sincerità, “tu e loro, intendo.”
Loki lo fissò per un lungo istante in cui Thor capì di aver per detto, per l’ennesima volta, la cosa sbagliata.
“Voglio dire… Nostra nonna, il fratello di nostro padre, Nàl, hanno tutti i capelli neri. Tutti! Solo gli occhi sono diversi… Solo quelli di Nàl erano verdi come i tuoi… Cioè, non credo possibile che fossero come i tuoi! È impossibile avere due occhi così… Credo…”
Loki strinse le labbra fino a che non divennero una linea sottile. Thor scosse la testa avvicinandosi a lui, “non so se sia un caso, ma tutti gli Jotun che nostro padre ha amato si assomigliavano un po’ tra loro,” Thor si sedette sul pavimento accanto al fratello aprendo il diario sull’ultima pagina che aveva letto, “leggendo le sue parole, mi sembra quasi di vedere te.”
Loki scrollò le spalle: il principe di Asgard poteva recitare il ruolo del sentimentale quanto voleva ma sbagliava, se pensava che l’avrebbe assecondato. Aveva accettato la compagnia di Thor solo perché non poteva rischiare che quelle pagine preziose andassero perdute e, nella sua attuale posizione, non aveva altro modo per ottenere le rispose che cercava. Le risposte che, dopo gli avvenimenti degli ultimi due anni, pensava di non volere più.
“Non ti vogliono, non ti hanno mai voluto.”
Poteva ancora sentirle quelle voci strisciare come viscidi serpenti dentro la sua testa.
“Guarda alla tua vita, Loki. Vuoi davvero finirla qui? Vuoi togliere il disturbo senza lasciare che loro si ricordino di te?”
Perché non era morto quando lo aveva desiderato?
“Che cosa sei? Chi sei?”
Perché non era morto fin dal principio?
“Non conosci la risposta, vero?”
“Loki?” L’interpellato sobbalzò quando una mano calda gli sfiorò il viso e Thor ritrasse il braccio istintivamente, “a cosa stavi pensando?”
Loki scrollò le spalle e scosse la testa ma Thor non demorse così facilmente, “nostra madre è molto preoccupata per te,” disse il principe ereditario, sperando che questo potesse toccare l’interesse del fratello minore, “pensa che tu abbia difficoltà a dormire o qualcosa del genere.”
Loki non scollò gli occhi dal pavimento che aveva deciso di fissare con sguardo impassibile.
“Ogni qual volta che vede segni di miglioramento in te, il giorno dopo è come se non fossero mai esistiti.”
Ancora silenzio.
“Loki,” Thor gli posò una mano alla base dal collo affondando le dita tra le lunghe ciocche corvine, “siamo entrambi consapevoli che nulla potrebbe toccarti intimamente, senza che tu ne sia completamente consapevole. I tuoi poteri sono molto forti, per tanto, quel che ti fa male dovrebbe esserlo ancora di più.”
Loki sbuffò e prese il diario dalle mani di suo fratello, Thor sorrise, “nostro padre ci vedeva nei suoi sogni, ci credi? Ci vedeva moltissimo tempo prima della nostra nascita. Ci vedeva insieme, ci vedeva solo e sempre insieme.”
Loki roteò gli occhi annoiato.
“Lui lo vedeva come un segno che lui e Nàl erano destinati a finire insieme. Logico considerando la vostra somiglianza, ma entrambi sappiamo che la storia è andata ben diversamente,” Thor mosse le dita per sentire quei ciuffi d’ebano scivolare sul palmo della sua mano, “io la vedo in modo diverso. Penso che quei sogni siano la prova che…” Rifletté ancora un istante prima di dirlo, “io e te eravamo destinati ad essere insieme.”
Loki sbuffò sonoramente. Sei un visionario, Thor, come tuo padre prima di te.
Thor gli afferrò la mano tanto improvvisamente che il diario gli cadde di mano. Loki fu costretto a guardarlo negli occhi e non gli piacque la speranza che vide in quelle iridi blu, “siamo predestinati, Loki,” mormorò Thor, “siamo nati l’uno per l’altro.”
Loki rimase in silenzio, mentre il dio del tuono gli baciava il dorso della mano dolcemente.
“E se l’eternità ha diviso nostro padre dalle persone che amava, io morirò prima di permettere a qualcosa di separarmi di nuovo da te.”
Il principe degli inganni liberò la propria mano dalla stretta del fratello con aria disgustata.
“Anche se dovesse nascondersi nei tuoi sogni, Loki.”

[Asgard, secoli fa.]

Loki era stranamente silenzioso quella sera, mentre aiutava Nàl a togliersi i vestiti per il bagno caldo che segnava la fine di ogni giornata che il principe di Jotunheim passava alla corte di Asgard. Per più di un mese avevano continuato con quel rituale e Nàl doveva ammettere che il suo corpo reagiva al calore con meno difficoltà di volta in volta. A dispetto dei momenti di tensione che c’erano stati tra loro, Loki e Nàl parlavano…Parlavano molto, ma quella sera il fratello del principe non era con lui, nonostante gli fosse fisicamente accanto.
“Qualcosa non va?” Chiese Nàl, prima che Loki avesse modo di passargli una mano umida d’acqua tra i capelli corvini ancora asciutti. L’altro Jotun scosse la testa fin troppo velocemente perché potesse passare come un gesto sincero.
“Loki…” Chiamò di nuovo il principe di Jotunheim.
“Non sono dell’umore per essere di compagnia questa sera, mi dispiace,” tentò di giustificarsi l’altro.
“Frigga mi ha detto che hai passato l’intera giornata con Odino.”
“Oh, ti sei trovato bene con lei?”
Nàl annuì ma non abboccò al tentativo dell’altro di cambiare argomento, “è successo qualcosa?” Domandò, “l’idiota ti ha detto qualcosa di sbagliato senza nemmeno rendersene conto?”
Loki contrasse le dita tra i suoi capelli tirandoglieli appena ma Nàl non se la prese e non oppose resistenza quando l’altro Jotun lo spinse a voltarsi per guardarlo negli occhi. C’era solo un’incredibile tristezza nelle iridi scure di Loki. Anche il più superficiale dei villani che frequentavano quella corte sarebbe stato in grado di scorgere la ferita che faceva sanguinare il suo cuore.
Nàl continuò a fissarlo aspettando che facesse o dicesse qualcosa. Loki gli sistemò solo una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio percorrendo con la punta delle dita la linea del suo zigomo destro, “hanno ragione a temerti, proprio come Odino ha ragione a desiderarti. Molti guerrieri di Asgard, anche i più virtuosi, sarebbero pronti a morire per degli occhi come i tuoi, lo sai?”
Nàl inarcò la sopracciglia, “non comincerai anche tu con questo ritornello, ora, vero? Sai bene che è solo un artifizio, un’illusione.”
Loki sorrise amaramente, “non è un ritornello. È un dono, Laufey. Non ci scegliamo l’aspetto che abbiamo come Aesir, proprio come nessuno può scegliersi il proprio alla nascita. Il nostro aspetto in questa forma è quello che avremmo avuto se fossimo nati in questo mondo. Non è un artifizio, non è un’illusione, questi sono i tuoi occhi come Aesir e li hai solo tu. E, forse, un giorno, li avrà anche vostro figlio…”
Il copioso schizzo d’acqua che gli arrivò in pieno viso lo costrinse a tacere a chiudere gli occhi.
“Vedi di tornare in te o non resisterò in questo posto un minuto di più,” Loki sentì la voce rabbiosa di Nàl ancor prima di vedere la sua espressione iraconda, “dimmi cos’è successo e questo è un ordine, LokI!”
“Un ordine,” ripeté Loki scostandosi la frangia bagnata da davanti agli occhi, “già, tu sei un principe. Odino è un principe.”
“Congratulazioni per questa tua conclusione!” Esclamò l’altro sarcastico.
“No, tu non capisci!” Il sorriso di Loki gli illuminava il viso di una luce quasi malsana, “mio fratello vede i vostri figli nei suoi sogni. Vede un bambino biondo con gli occhi azzurri ed uno coi capelli corvini e gli occhi verdi. Vede gli eredi di Jotunheim ed Asgard, tutto ha un senso da questa prospettiva.”
Nàl lo guardò allibito, “stai delirando…”
“Sua madre aveva la stessa capacità! Vedeva nei suoi sogni il destino di chi amava…”
“Lo so! Mi è stato raccontato, non è poi così raro in creature che nascono con la magia nel sangue.”
Loki gli prese il viso tra le mani in un gesto improvviso e disperato, “vai da lui…”
“Cosa?”
“Va’ da lui!” Esclamò Loki sull’orlo delle lacrime, “dagli una possibilità! Permettigli di amarti, permettiti di amarlo, perché ti assicuro che prima o poi t’innamorerai di lui…”
Nàl allontanò le mani di Loki dal suo viso e le strinse tra le sue, “ti ascolti mentre parli? Non sei tu!”
“Lui è tutto ciò che non è mai stato Fàrbauti.”
Nàl s’irrigidì come un pezzo di marmo ed indietreggiò nell’acqua di mezzo metro, “stai superando il limite, Loki.”
“Odino è dolce come amante, Laufey,” continuò Loki imperterrito, “io non l’ho mai provato ma… Lo so. Se tiene a te come dice, sarà con te come non è stato con nessun altro. Ed è di questo che hai bisogno vero? Calore, dolcezza… E mio fratello è tutto questo.”
“Smettila immediatamente, Loki!”
“Odino non tradirebbe mai la tua fiducia per una stupida tradizione, Laufey.”
“Smettila, ho detto!”
“Portamelo via!” Gridò Loki alla fine e Nàl sentì l’ira scivolargli addosso velocemente, mentre l’altro nascondeva il viso tra le proprie mani scoppiando a piangere, “portamelo via, ti prego Laufey, portamelo via… Siete predestinati l’uno per l’altro…”
Nàl sospirò pesantemente avvicinandosi di nuovo allo Jotun singhiozzante, “tu pensi che, vedendolo felice con qualcun altro, ti passerà?”
“Sì!” Esclamò Loki guardandolo dritto negli occhi, “ho quasi perso il controllo oggi e non ho idea di quello che potrebbe accaderci se lo facessi di nuovo in presenza di qualcun altro.”
“Anche un sentimento può essere un crimine qui?”
“Sì, se si tratta di un amore incestuoso nei confronti del principe ereditario.”
“Non è tuo fratello, maledizione!”
“Per la legge di Asgard lo è, per la legge magica dei nove regni lo è! Sono più fratello io di quanto non lo siano i due figli minori del re!”
Nàl afferrò i polsi di Loki con gentilezza, “io non sono predestinato ad Odino. Io sono predestinato ad un’altra persona, lo sai questo.”
Loki scosse appena la testa, “c’è qualcosa che non mi porta in quello che dici, lo sai?” Commentò, “sei scappato di casa, dici di odiare tuo padre, dici di disprezzare Jotunheim e le sue leggi assurde ma Fàrbauti… Il compagno che ti ha stuprato quando, probabilmente, eri poco più di un bambino… Lui continui a difenderlo.”
“Te l’ho già detto!” Esclamò Nàl esasperato, “è la tradizione, non è…”
“Allora perché sei qui?!” Urlò Loki, “per tutti i nove regni, Laufey! Se Fàrbauti è l’amore di cui parli, se lui è il compagno che il destino vuole che tu abbia, perché sei qui? Perché vedi, se Odino ricambiasse i miei sentimenti, non ci sarebbe odio o ragion di stato che potrebbero tenermi lontano da lui!”
Ragion di stato… Ragione di stato…Ragion di stato…
Nàl abbassò lo sguardo lasciando andare la presa su Loki.
“Vieni con me?”
“Non posso e lo sai.”
Si morse il labbro inferiore con forza, fino a farlo quasi sanguinare.
“Possiamo farlo insieme, non dobbiamo separarci.”
“Gli ordini del re sono chiari.”
“Io sto andando a rischiare la mia vita, te ne rendi conto, vero?”
“Lo so…”
“Non ti sei opposto alla decisione del re, nonostante potessi. Lasci che mi mandi a morire e non provi nemmeno ad insistere per venire con me?”
“La parola del re è legge, Laufey. Il bene di Jotunheim viene prima di qualsiasi cosa.”

Gli sfuggì un singhiozzo.
“Sì, il bene di Jotunheim prima di qualsiasi cosa.”
“Laufey?” Era Loki quello con lo sguardo allibito ora, “non volevo. Scusami, non volevo…” Il fratello del principe tentò di toccare il viso dell’altro Jotun che, invece, abbassò lo sguardo per nascondere le lacrime rabbiose che gli rigavano le guance.
“Lasciami solo…” Sibilò.
“Laufey…”
“Vattene!” Urlò il principe di Jotunheim e Loki non poté fare altro che chinare la testa ed ubbidire.

[Asgard, oggi.]

Il sogno non era mai uguale ma era sempre lo stesso.
Alle volte, gli capitava di essere protagonista della scena. Altre volte, ne era mero spettatore.
Questa era una di quelle volte.
Nevicava fuori dalle grandi finestre della camera dei suoi genitori. Sì, riconosceva quel posto. Durante l’infanzia, aveva creduto fosse il luogo più sicuro al mondo.
“Ti piace la neve, vero?” Non sapeva a chi appartenesse quella voce, eppure sapeva di conoscerla, “la neve fa parte di te tanto quanto il sole, amore mio.”
Avanzò senza realmente volerlo, fino a che non poté scorgere tra i tendaggi il sontuoso letto matrimoniale.
Non riuscì ad andare oltre.
Un giovane dai capelli corvini e la pelle candida se ne stava seduto contro i cuscini stringendo tra le braccia un fagottino verde incredibilmente piccolo. Il giovane sorrideva, di un sorriso innamorato che vagamente gli ricordò quello che sua madre rivolgeva a lui e suo fratello durante l’infanzia.
Il neonato starnutì e scoppiò a piangere.
“No, no, no…” Mormorò il giovane appoggiando la testolina corvina del piccolo contro la spalla cullandolo per rassicurarlo.
Si sentì morire dentro: le manine del neonate strinsero con forza la tunica del genitore e fu impossibile non notare che erano di un sinistro colore bluastro.
Un moto di panico lo spinse a muovere un passo indietro troppo velocemente, fece rumore ed attirò l’attenzione del giovane sul letto.
Questi alzò immediatamente gli occhi verdi nella sua direzione e, solo per un momento, gli parve quasi di rivedere se stesso. L’espressione allarmata dell’altro svanì nella luce di un sorriso.
Non capì ma non si mosse quando il giovane dai capelli corvini si alzò dal letto per andargli incontro.
“Non sapevo che fossi qui, mi hai colto di sorpresa…”
Scosse la testa senza capire.
“Volevo far addormentare il bambino, ma quando cambia forma è difficile indurlo a rilassarsi.”
Il giovane allontanò il corpicino dal proprio petto sorreggendolo con entrambe le mani.
“Forse tu sarai più fortunato, nessuno lo conosce come te, in fin dei conti.”
Voleva voltarsi e scappare ma non aveva più il controllo delle proprie gambe. Abbassò gli occhi sul neonato sospeso tra di loro che, perduta la protezione dell’abbraccio del genitore, aveva cercato di assumere una posizione fetale. Lo fissò per un lungo istante, studiò la pelle blu e seguì le linee che percorrevano quel corpicino fragile e tremante. Un pugnetto era premuto contro la piccola bocca e due grandi occhi scarlatti lo guardavano implorandogli di accettare l’offerta che gli era stata fatta.
Non indugiò oltre. Prese il piccolo tra le braccia e lo strinse contro il suo petto ignorando il disgusto che il suo aspetto gli provocava: non appena avesse smesso si di singhiozzare, lo avrebbe restituito al legittimo proprietario e se ne sarebbe andato. Avrebbe voluto staccargli gli occhi di dosso ma non ci riuscì.
“Eri bellissimo, vero?”
Inarcò un sopracciglio guardando il giovane con espressione confusa.
“Non ti riconosci?” Chiese l’altro con un sorriso.
Guardò con ribrezzo la cosa tra le sue braccia, “io non sono così…”
“Lo dici come se fosse una cosa orribile.”
Avrebbe voluto dire che lo era, che non c’era niente di più mostruoso nell’intero universo. Poi, però, abbassò lo sguardo e vide che il neonato gli sorrideva. Il piccolo pugnetto era ancora premuto contro la bocca sdentata ma le pieghe che quei lineamenti infantili avevano assunto parlavano da soli. Lo sollevò per squadrarlo meglio e il piccolo allungò una mano per taccargli il viso: era caldo.
Il blu su quel faccino paffuto scomparve lentamente sostituito dalla pelle candida e completamente liscia di un bambino Aesir. Non poté evitare di sorridere a sua volta mentre il piccino lo fissava con quei meravigliosi occhi ora verdi.
Ne baciò una guancia: era caldo, morbido e odorava di buono.
Il giovane di fronte a lui sorrise, “era impossibile non innamorarsi di te.”
Scosse la testa con un sorriso amaro, “nessuno mi ha amato… Nessuno…”
Il giovane scosse la testa alzando una mano per accarezzare una delle guance morbide del piccino e, quando alzò di nuovo gli occhi su di lui, le iridi smeraldine che gli erano sembrate tanto simili alle sue avevano lasciato il posto a due demoniaci occhi color sangue, “avresti dovuto essere solo mio…”

“Thor!”
Sapeva che quel nome non era mai uscito dalla sua bocca, eppure le sue labbra l’avevano pronunciato in silenzio lo stesso. Quando si era addormentato? Perché l’avevano lasciato dormire? Dov’era Thor? Thor… Thor… Thor!
Una mano calda s’infilò tra i capelli corvini che gli coprivano la nuca e Loki sobbalzò. “Ehi…” Due preoccupati occhi blu lo accolsero con amore, “era un incubo?”
Quando si erano spostati sul letto?
“Cos’è che ti tortura, Loki?” L’interpellato abbassò lo sguardo, l’espressione terrorizzata sostituita dalla maschera di ghiaccio che usava portare in pubblico, “di che incubo si trattava? Parlami, ti prego.”
Loki scosse la testa ma Thor gli prese il viso con entrambe le mani costringendolo a guardarlo, “non posso sopportare che qualcuno ti faccia del male, lo capisci?” Chiese con una nota di rabbia a cui il fratello rispose con una smorfia sarcastica, “saresti capace di lasciarti morire nel più lento e doloroso dei modi pur di continuare a punirmi, vero?”
Loki rise, una risata priva di gioia, ebbra di tutta la sua disperazione che lo faceva barcollare sul baratro della follia. Sì, sì e sì, l’avrebbe fatto. Allontanò le mani di Thor da sé con forza, poi si coricò di nuovo, in modo da dare le spalle al fratello maggiore.
Thor non si mosse, rimase al suo posto accanto a lui, il diario ancora tra le mani.
Riprese a leggere.

[Asgard, secoli fa.]

Odino saltò la cena quella sera: suo padre gli aveva comunicato che sarebbe stato presente, un motivo più che valido per farsi passare l’appetito. La sua corte avrebbe pensato a fargli onore e piacere, i suoi fratelli non si sarebbero sottratti ad un tale compito e Odino… Odino poteva benissimo lasciare che il bagliore di Asgard lo abbandonasse per una notte permettendogli di nascondersi tra le ombre del palazzo reale, come un ladro, come un intruso, come un escapista che, pur signore della realtà che lo circonda, a volte, ha bisogno di una pausa da tutto e tutti.
I giardini fu il luogo in cui pensò di nascondersi, non vi andava mai nessuno durante il banchetto serale e a lui ricordavano sua madre. Di quel piccolo luogo di pace e silenzio, Odino aveva fatto un suo personale tempio commemorativo, dove era libero di crogiolarsi nel tiepido ricordo di un’infanzia perduta alla larga da occhi indiscreti.
“Penso di averlo trovato, madre,” mormorò al cielo stellato, mentre scendeva le scale di pietra e si lasciava avvolgere dalla brezza della notte, “il compagno a cui sono predestinato. È un figlio di Jotunheim come te, ha i capelli corvini come i tuoi, ha il tuo stesso orgoglio, la tua stessa bellezza…”
Il silenzio fu l’unica risposta che ricevette, ma lo accettò con un sorriso amaro.
“Vorrei che lo avessi conosciuto. Vorrei lui avesse potuto conoscere te.”
Ma sua madre non aveva avuto occasione di conoscere nessuna delle persone più importanti della sua vita. Aveva cominciato a giocare con Frigga solo dopo la sua morte, aveva incontrato Loki anni dopo, la prima volta che disubbidì a suo padre. E ora Nàl… Nàl che era arrivato senza che Odino lo aspettasse. Nàl che aveva incrociato il suo cammino, senza che Odino dovesse cercarlo.
Nàl, Nàl, Nàl…
Stava diventando un pensiero fisso. Un’ossessione. Quante volte Odino si era sorpreso a sognarlo anche ad occhi aperti, in pieno giorno? Il principe libero e ribelle legato ad una persona che si rifiutava persino d’incrociare il suo sguardo. Era terrorizzante e gli piaceva proprio per questo.

Nàl non sapeva perché si era andato a rifugiare lì. Era stato in quel posto per la prima volta solo quella mattina, ma vi aveva trovato una pace e una familiarità che non sapeva in che altro luogo andare a cercare. Forse lo aiutava il pensiero che un luogo simile era appartenuto ad una figlia di Jotunheim abbandonata anche lei in un mondo tanto estraneo per ragioni di stato più grandi di qualsiasi altra cosa. Più della vita e della dignità di qualcuno.
Era stata felice Bestla in quel regno dorato dalle mille sfumature oscure? Era stata felice pur portando nel cuore la consapevolezza che era stata venduta dal suo popolo per una ragion di stato?
“Valevi meno di una ragion di stato per tuo padre?” Chiese Nàl alla notte silenziosa, “io valgo meno di molte cose per il mio ma…”
“E se non ce la facessi?”
“Ce la farai.”
“E se non ce la facessi?”
“Ce la farai, Laufey.”
Era stato talmente terrorizzato dall’idea di farlo, era stato talmente orgoglioso da non aver mostrato alcun segno d’incertezza di fronte a suo padre.
“Se non ce la facessi più, verresti a prendermi?”
Ma a Fàrbauti aveva aperto il cuore, con tutte le sue paure e le sue debolezze.
“Se chiamassi il tuo nome, verresti da me?”
Perché con chi altri avrebbe potuto farlo, se non con il compagno della sua vita?
“Fàr…” Singhiozzò incapace di arginare le lacrime che da più di un’ora gli rigavano le guance, “Fàr?” Sapeva che lo sentiva. Era nato come un gioco, un modo per esercitare i suoi poteri, per sentire il suo compagno vicino a lui quando l’addestramento aveva cominciato ad allontanarli più del dovuto.
“Fàr!”
Aveva sempre funzionato.
“Fàr…”
Fino a quel giorno. Nàl guardò il proprio riflesso sulla superficie dell’acqua della fontana. Vide il bel fanciullo con i capelli corvini e gli occhi verdi, vide il se stesso che non sentiva se stesso. Vide qualcosa di completamente sbagliato. E Fàrbauti non c’era, Fàrbauti che non aveva mai promesso di venirlo a prendere perché nemmeno per lui valeva più di Jotunheim, nemmeno per lui veniva prima di qualunque altra cosa.
Nascose il viso tra le mani piangendo silenziosamente, perché tanto nessuno avrebbe ascoltato la sua voce.
Nessuno. Nessuno…
“Laufey,” avrebbe dato tutto pur di sentire la voce di Fàrbauti pronunciare il suo nome.
“Nàl?” Ma fu la voce di Odino quella che rispose alla sua muta preghiera.
Il principe di Jotunheim alzò gli occhi lentamente fino a che non incontrò le iridi blu dell’erede di Asgard. “Nàl…” Chiamò Odino preoccupato estinguendo velocemente la distanza tra loro e sedendosi sul bordo della fontana accanto a lui, “che cosa è successo?”
Nàl non poté fare altro che guardarlo con fare smarrito.
“Ehi…” Odino gli prese il viso tra le mani, “che cos’hai che non va? Stai male? Qualcuno ti ha offeso o infastidito in alcuno modo? Perché altrimenti posso…”
Nàl scosse la testa senza togliere gli occhi di dosso al principe ereditario.
“Ehi,” Odino fece un sorriso forzato, “non mi parli nemmeno più ora?”
Il giovane Jotun lo squadrò ancora per qualche istante, “tu mi ami?”
Odino aprì la bocca, poi la richiuse, poi la riaprì e restò lì a boccheggiare come un pesce fuor d’acqua per un interminabile ed imbarazzante minuto, “non… Non lo so…” Ammise infine. Nàl fece una smorfia, “no, certo che no. Come potresti? Non sai nulla di me.”
Fece per alzarsi ma Odino gli afferrò un polso costringendolo a rimanere seduto, “se non ti ricordassi, sei tu che continui a respingermi!”
Nàl si lasciò andare ad una risata sarcastica, “scusa se non è nei miei piani futuri diventare la tua puttana ufficiale.
“Modera i termini…”
“Moderare?” Nàl scosse la testa, “tuo fratello viene dirmi che vedi nei tuoi sogni i nostri figli e mi dici di moderare?!”
Odino sbarrò gli occhi, “Loki ti ha parlato di…”
“Loki mi dice un sacco di cose,” lo interruppe Nàl,”ma tu… Tu non t’illudere nemmeno per un istante che mi avrai. Nessuno può avermi, se chi scelgo io non mi vuole, se non sono abbastanza nemmeno per chi decido di amare, allora…”
“Chi ha detto che non sei abbastanza?” Domandò Odino confuso, “non capisco una parola di quello che mi stai dicendo.”
“Volevo essere di qualcuno, Odino, volevo esserlo ma quel qualcuno non mi vuole abbastanza.”
Che stai dicendo, Laufey?
“Chi mai potrebbe non volerti,” chiese il principe di Asgard seriamente incredulo, “quando mi fai perdere il respiro con uno sguardo? Io… Io che potrei avere tutte le fanciulle ed i fanciulli dei nove regni, non riesco a fare meno di pensare a te.”
Nàl si alzò in piedi guardandolo dall’alto al basso, “patetico…”
“No,” Odino scosse la testa, “chiunque abbia il coraggio di metterti al secondo posto pur avendo il tuo amore è patetico.”
“Non ti permettere…”
“Non mi permetto?” Ripeté Odino sarcastico alzandosi a sua volta, “io sono qui che muoio per te. Io che non ho mai provato attaccamento per nessuno che non fosse il fratello che mi sono scelto e la sola amica che ho. Io che provo vergogna per il mio stesso padre e che a stento conosco i miei fratelli di sangue. Ho scoperto troppo presto come può essere facile perdere qualcuno che si ama con tutto il cuore, per questo ho deciso di prendere solo il piacere e lasciare a marcire i sentimenti.”
“Codardo…”
“Sì,” Odino gli afferrò entrambe le mani, “sì, Nàl sono un dannato codardo e non hai idea di quanto mi terrorizzi questo legame senza nome che continua a stringermi a te. È l’arroganza che ho per natura che mi fa insistere, solo quella.”
Nàl scosse la testa, “ti rendi conto che è assurdo, vero? Tu nemmeno mi conosci.”
“Come non conoscevo tutte le altre…”
Odino gli prese di nuovo il viso tra le mani obbligando i loro occhi a rimanere incollati, “sei pazzo, principe di Asgard…”
“Chi è il vero pazzo? Io che sto per baciarti o l’uomo che ti ha lasciato permettendomi di farlo?”
“Odin…” La sua voce scemò fino ad estinguersi d’improvviso. Odino gli aveva avvolto le braccia calde intorno al corpo e aveva incollato con forza le loro labbra. Nàl rimase immobile per alcuni istanti, pietrificato dalla sorpresa e dall’incertezza di un contatto tanto intimo e completamente estraneo. Nessuno l’aveva mai toccato così. Fàrbauti non l’aveva mai toccato così.
La lingua di Odino lo accarezzò sulla soglia delle labbra chiedendogli di lasciarla entrare. Si arrese poco a poco, senza pensarci, senza nemmeno rendersene conto abbassando le difese, schiudendo le porte del suo orgoglio, assecondando la sete di calore. Quel calore che gli avevano imparato a temere e a cui ora si aggrappava come se fosse aria.
Si abbandonarono entrambi all’ebrezza del bacio. Odino scoprì di averne avuto bisogno come mai aveva avuto bisogno di qualcos’altro prima. Aveva desiderato farlo dal momento stesso in cui aveva visto Nàl su Jotunheim, sotto la neve, bello e proibito come il più peccaminoso dei sogni e ora che lo stava finalmente stringendo come non aveva desiderato fare con nessun altro, niente sembrava più giusto, più sensato.
E per la prima volta, c’era quel sciocco e puerile desiderio nella sua testa. Quello che aveva sempre considerato una stupida frase dell’innamoramento, quello da cui si era sempre sentito immune.
Quello che finiva con le parole per sempre.

Il destino aveva giocato bene le sue carte.

[Asgard, oggi.]


Il sogno non era mai uguale ma era sempre lo stesso.
La camera da letto dei suoi genitori era sempre uguale ma insolitamente fredda e, suo malgrado, si ritrovò a rabbrividire spiacevolmente muovendo qualche passo in avanti per identificare il proprietario della voce gentile che continuava a parlare sottovoce.
La vocetta di un neonato gli arrivò chiaramente alle orecchie ed esaurì la distanza che lo separava dalla scena in atto con passo più spedito.
Due meravigliosi occhi verdi incrociarono i suoi e non poté fare a meno di sorridere al bel faccino paffuto del neonato disteso in mezzo al grande letto. Era adorabile, a dir poco adorabile con quel pugnetto premuto contro la bocca ed i corti ciuffetti neri in disordine. C’era qualcuno chino sul piccino, un giovane dai capelli corvini…
“Lok…”
S’interruppe quando l’altro alzò lo sguardo per incrociare il suo. Gli stessi occhi verdi del neonato, gli stessi occhi verdi di suo fratello. “Tu che cosa ci fai qui?” Chiese sorpreso prendendo il bambino tra le braccia con fare protettivo. “Assomigli a qualcuno che conosco…” Mormorò.
“Che cosa ci fai qui?” Insistette di nuovo l’altro.
“Non lo so…”
Una brezza fredda entrò dalla finestra aperta e investì il neonato che starnutì improvvisamente scoppiando a piangere. Rimase impietrito ad osservare mentre le piccole membra pallide si coloravano di blu seguite dal faccino paffuto. “No, no, va tutto bene,” mormorò amorevolmente il giovane stringendo il bambino al petto, “non devi aver paura del freddo, piccolo mio. Non può farti del male.”
Non chiese perché quell’individuo si trovasse nella camera dei suoi genitori e perché sembrasse tanto a suo agio. Non chiese il suo nome, sapeva che non gliel’avrebbe mai detto. “Come si chiama?” Domandò invece indicando il bambino. L’altro guardò la creatura tra le sue braccia,* aveva smesso di strillare ma non sembrava sul punto di rilassarsi contro il suo petto tanto presto, “tu lo conosci bene il suo nome.”
Fece qualche passo in avanti e il neonato lo guardò con due occhioni scarlatti pieni di lacrime, mentre si succhiava un pollice per rassicurarsi, “posso tenerlo?”
Il giovane lo guardò sospettoso, “non sei disgustato dall’idea di toccare un mostro?”
“Un mostro?” Domandò sfiorando con un dito una guancia fredda del piccolo, “io vedo solo un adorabile bambino.”
Il giovane sembrò sinceramente sorpreso, esitò ma alla fine concedette all’altro il privilegio di stringere il proprio piccolo tra le braccia. “Ehi…” Mormorò cullando il fagottino goffamente, “ciao piccolino.”
Il bambino sorrise accoccolandosi contro di lui, “il tuo bambino è bellissimo.”
Il giovane scosse la testa con un sorriso amaro che era identico a quello di suo fratello, “no, non è mio. Loki è tuo… È sempre stato tuo, io e tuo padre l’abbiamo saputo fin dal principio.”
Lo guardò pietrificato, “tu conosci mio fratello?”
L’altro rise, “l’ho conosciuto prima di chiunque altro.”
“Ma chi sei? Qual è il tuo nome?”
“Non è un tuo diritto saperlo…”
“Ti prego,” implorò, “io ho bisogno di aiutare, Loki. C’è qualcosa che gli fa del male, tu sai di cosa si tratta?”
“Nulla sta facendo del male a Loki.”
“Invece sì, qualcosa infesta i suoi sogni…”
“Se qualcuno stesse invadendo i suoi sogni me ne sarei accorto.”
“Ma tu chi sei?!” Quasi urlò. “Chi sei? Chi sei?!”
“Papà!”
Si voltò, due occhi blu identici ai suoi lo fissarono dal basso. Il bambino biondo corse verso di loro avvolgendo le piccole braccia intorno ad una gambe del giovane dai capelli corvini. Questi guardò il bambino amorevolmente accarezzandogli i capelli lentamente, ma, quando spostò lo sguardo di nuovo su di lui, gli occhi verdi erano scomparsi, “sono qualcuno che avrebbe dovuto avervi entrambi…”
Vide solo rosso.

Thor scattò a sedere sul letto, il fiato corto, la fronte umida di sudore. Si guardò intorno velocemente per capire dove si trovava: non era la sua camera, non era la camera dei suoi genitori. Si voltò e vide il corpo rannicchiato accanto a sé. Si calmò.
Loki era al sicuro.
Loki era accanto a lui.
“Era solo un sogno…” Mormorò a se stesso.
Loki era lì, vicino a lui. Loki dormiva sereno e Thor decise che non si sarebbe mosso dalla sua stanza per molto, molto tempo.
“Era solo un sogno…”
No, non lo era, lo sapeva bene, ma era meglio convincersene fino all’alba. Al mattino avrebbe saputo a chi rivolgere le sue domande e non sarebbe stato divertente.
Asgard meritava almeno un’ultima notte di tranquillità. 

***
Varie ed eventuali note:
Che dire? Qualsiasi cosa da questo momenti in poi potrebbe risultare drammaticamente come uno spoiler.

Quindi, rinnoviamo i ringraziamenti per i recensori ed i lettori che continuano a seguire fiduciosi questo dramma familiare (siamo onesti, è un drammone familiare!), ma per tutti quelli che aspettavano la grande svolta Odino\Laufey non cantate vittoria, mentre il principe dorato vaneggia sul destino, l'altro ha ancora un orgoglio di ferro da difendere. In compenso, il riscaldamento è ufficialmente finito e con la prossima entrata in scena del vecchio Odino nelle scene del "presente" ve ne renderete conto anche voi.

Ovviamente ipotesi e supposizioni da parte vostra sono come aria per me, quindi sentitevi liberi di esplorle insieme ad eventuali commenti\critiche!

Alla prossima!
  
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