Scusate se è corto, ma non avevo davvero idee oggi e questo è tutto quello che sono riuscita a tirare fuori dalla mia mente malata.
Prometto che il capitolo su Hate sarà più lungo (e di sicuro mi ucciderete…)
Buona lettura!


Capitolo 10: PERDITION

Appena aprii gli occhi, mi accorsi di essere sospesa nel vuoto, il vento fra i capelli e le rondini che mi passavano vicine.
Stavo volando.
Dalle mie braccia emergevano delle splendide ali bianche, in contrasto col vestito che avevo indosso: nero.
Sotto di me si apriva una distesa arida, nessun essere vivente nei paraggi.
Uno sì.
Mi fece cenno di scendere, e, visto che c’ero solo io nel suo angolo di campo, atterrai a pochi passi da lui.
-Perdition. Questo sarà il tuo nome d’ora in poi-
-Perché Perdition?-
-Lo capirai. Ora va a Central City, là c’è l’altra tua metà che ti aspetta. Senza lui non sei nulla-
Dispiegai le ali e partii alla volta della città.
Senza sapere come, conoscevo benissimo la strada da fare, perché io ero nata in quella città.
Poi mi ero trasferita nell’est, ed è lì che lo conobbi…

Non sei un po’ troppo giovane per essere un militare, ragazzina?

Io mi impegno solennemente a proteggerla in ogni circostanza, signore!

Ne ero più che sicura, dovevo ritrovarlo.
Lui era la mia metà mancante, quel sentimento che mi avrebbe completata.
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Verso sera mi rifugiai in un paesino sulla mia strada.
Sebbene fosse meglio viaggiare di notte, con quelle tenebre, se fossi arrivata a Central City, mi avrebbero attaccata di sicuro, e di certo non dovevo dare dell’occhio così presto.
Le ali vennero assorbite nella pelle senza lasciare traccia della loro comparsa.
Mi aggiustai i capelli ed entrai in una locanda.
Avevo bisogno di un posto dove riposarmi, (anche x un homunculus dev’essere faticoso volare   nd>v<) e restare in attesa dell’alba.
Ma purtroppo non riuscii a riposarmi.
Quella sera a quanto pare, c’era qualcuno che aveva voglia di divertirsi: mi affacciai dalla finestra della mia stanza, e vidi alcuni ragazzi, due in auto e quattro in moto, che facevano chiasso nella piazza di fronte alla locanda.
Dopo due ore non ne potevo davvero più, e non capivo come facessero le altre persone a stare tranquille.
Scesi in piazza.
-Guarda guarda, ma chi abbiamo qua?-
-Ehi, capo! Vieni a vedere che pollastrella!-
Un tizio dai capelli viola si affacciò dall’auto e iniziò a squadrarmi. Si tolse gli occhiali da sole che indossava e sorrise.
-Ehi, bambola, che ne dici di fare un giretto?-
Per tutta risposta io sbuffai e feci per tornare in camera.
Non la prese tanto bene, così spinse sull’acceleratore e mi venne addosso, prendendomi in pieno.
Chissà come mai in quel momento la gente cominciò ad affacciarsi incuriosita.
Ormai ero stufa di quell’andazzo, e le risate beffarde di quegli individui mi irritavano ancora di più. Mi rialzai sotto i loro sguardi impietriti e mi rigenerai, mi veniva voglia di ucciderli, ma non potevo combinare guai, non ancora.
Ma gli esseri umani sanno essere così stupidi a volte…
Il capo dei ribelli, assistendo alla scena, si impaurì in tal maniera, che cercò di investirmi nuovamente, questa volta dispiegai le ali e mi librai in volo per evitarla.
Non potevo più restare in quel posto, e una volta in quota di sicurezza me ne andai diretta a Central City.
Non mi importava se sarei stata avvistata o meno, sarei tornata in vita dopotutto, e visto che quella persona contava su di me, non mi avrebbe fatto morire di certo.
Mentre volavo, ripensavo al mio passato, e alla persona che dovevo trovare. Qualcosa mi legava a lui, ma non per il fatto che come homunculus io e lui ci saremmo completati.
Già prima, nelle nostre precedenti vite, io e lui eravamo legati, però non ce lo siamo mai dichiarato l’un l’altro.
Eravamo innamorati, io di lui e lui di me, ma allora perché quel silenzio?
Eravamo militari, e mischiare la vita privata con il lavoro non era cosa da farsi. In più io avevo promesso di proteggerlo a sangue freddo, se gli avessi aperto il mio cuore non avrei potuto difenderlo a dovere.
E lui doveva arrivare al vertice, non aveva bisogno dell’amore, e se anche avesse voluto anche solo una donna, con uno sguardo ne poteva far innamorare a migliaia.
A cosa gli servivo io?
Eppure…

Tu sei la mia maledizione Hawkeye. Se ti guardo mi perdo, come fai a rapirmi così?
Se la perdizione fatta donna…

Guardai in basso, e fra gli alberi qualcuno stava passeggiando.
Eccolo.
Alzò la testa e mi vide, così decisi di atterrargli davanti, per gustarmi la sua reazione.
-Con quelle ali sei ancora più intrigante, Riza Hawkeye!-
Arrogante come in passato.
-Fai meno lo spiritoso Roy Mustang… no… qual è il tuo nome adesso?-
-Pleasure cara mia, ed il tuo?-
Il mio nome? Sei stato tu a darmelo in quel giorno. Non dicevi che ero la più bella maledizione che ti era mai capitata? Non dicevi che se io ero con te il mondo poteva anche esplodere? Sei stato tu a chiamarmi in quel modo, e in modo passivo a dichiarare i tuoi sentimenti per me, anzi… per Riza Hawkeye.
-Perdition-
-Io e te ci intenderemo subito…-
Mi strinse fra le sue braccia e mi baciò intensamente.
Io e lui.
Due sentimenti d’amore che portano alla rovina, alla disfatta… alla morte. La nascita dell’odio.
Una sola passione.


Finisce uguale, lo so, ma ve l’ ho detto… diciamo che quei due sono, ecco… in simbiosi!
Ah, sentite, la bara è meglio nera, bianca o marrone chiaro? Sapete, devo organizzare il mio funerale… tanto lo so che domani muoio se leggerete il capitolo!!!
Vabbè, grazie a tutti quelli che mi seguono!
Baci Kissosi
ADUAH! >v<