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Autore: pollama    26/11/2012    1 recensioni
E se Ron e Hermione si fossero conosciuti nell'epoca romana? E se ci fosse stato qualcuno pronto a separarli? Cosa sarebbe successo?
E' una storia di passione, amore e intrighi tutto immerso nell'antica Roma.
Vi auguro buona lettura. Spero di leggere le vostre opinioni.
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Questa ff partecipa al contest: Gold!#AU Contest di nisipulchra.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ron Weasley, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Ron/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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L’uomo si voltò con aria folle nello sguardo e prendendo per la tunica il ragazzo gli disse: «Come osi parlare così in casa mia? La casa del generale delle truppe di Cesare»
«Padre» sussurrò Hermione, ma l’uomo la spinse chiedendole di farsi da parte.
«Se pensi di essere degno di essere il futuro marito di mia figlia, combatti nell’arena contro i gladiatori di Roma»
«Gla- Gladiatori?»
Si sapeva che i gladiatori non abbastanza forti, nell’arena, facevano una brutta fine.
«Un codardo… come immaginavo»
“Codardo?” pensò. Lui non era codardo, e fu in quell’istante che sentì il cuore gonfiarsi d’orgoglio e infuocarsi di coraggio.
«Non sono codardo. Accetto la sfida» 
«Ottima scelta. Sposerai Hermione solo se riuscirai a trionfare nell’arena. Domani mattina. Cesare adora i gladiatori mattinieri»
Hermione sgranò gli occhi, non sapeva se essere più sconvolta dalla scelta di Ron o dalla freddezza che portava nel cuore suo padre.
«Ron, non puoi»
«Sì, Hermione. Non posso lasciarti nelle braccia di quel maiale» indicò il ragazzo che parlava con il padre sogghignando e con l’aria da “sono io il più bravo e bello”.
«Ron, morirai»
«Questa è la considerazione che hai di me?»
Hermione non rispose, sentiva che la paura stava per prendere il sopravvento, così diede in fretta la buona notte a Ron e andò a stendersi sul suo letto.
Le lacrime iniziarono a scendere copiose sulle guance che andavano a bagnare le coperte rosse.
Pianse talmente tanto che si addormentò sfinita tra le coperte, che quella notte, non le davano il minimo calore.
 

§§§

 
I galli che dovevano essere venduti al mercato iniziarono a cantare il loro chicchirichì del mattino. Ron non aveva chiuso occhio e si sentiva agitato.
Non aveva mai combattuto come un gladiatore e di punto in bianco veniva mandato in arena ad abbracciare la sua probabile morte.
Però gli venne in mente Hermione e capì che se voleva farla vivere felice doveva combattere e vincere.
Sua madre e suo padre non sapevano nulla di ciò. Non voleva farli preoccupare a causa della sua testa calda. Suo padre d’altronde lo aveva messo in guardia mesi prima, così, senza soffermarsi su quella considerazione, uscì dalla casupola con l’ansia che gli attanagliava il petto avviandosi all’arena a capo basso.
Il vociare degli spettatori si udiva già da fuori le mura solide. E attraversando una decina di archi si ritrovò in una stanza dove c’era il padre di Hermione che lo aspettava.
«Eccoti qui. Questi li devi indossare e questo è il gladio che devi destreggiare. E dimostra di essere uomo» sghignazzò e iniziò a salire gli spalti per andare a sedersi accanto alla figlia.
Ron guardò la sua immagine riflessa sul grosso elmo. Vedeva le grosse  gocce di sudore scendere lungo le tempie e deglutendo si affrettò a togliersi la tunica per poi infilare il gonnellino di lino. Si strinse forte la cintura di pelle alla vita ed infilato l’elmo, impugnò lo scudo di rame ed il gladio. Lentamente si avviò nell’arena, mentre sentiva la pelle scoperta fremere da tremiti nervosi.
«Ecco a voi un ragazzo che si crede uomo. Oggi qui davanti a noi potrà dimostrarlo» gridava il generale da uno dei primi spalti.
Ron sentì applausi e fischi levarsi su quella massa di gente che stentava a vedere. Cercava con frenesia il viso di Hermione ma non riusciva a scorgerlo, fino a quando un fascio di luce non lo colpì negli occhi.
Il ragazzo voltò lo sguardo per vedere l’origine di quel raggio e capì che era stata Hermione che lo aveva chiamato a sé, grazie al suo bracciale d’oro che rifletteva la luce.
I due si guardarono intensamente negli occhi, ma ciò non sfuggì al generale che con fretta fece segno di far iniziare la sfida.
I cancelli ai lati dell’arena si aprirono producendo un suono di ferro arrugginito, stridulo e agghiacciate.
Ron vide fuoriuscire da quell’entrate buie cinque uomini, tutti il doppio di lui.
«Oh, miseriaccia!» sussurrò impugnando ancora più stretto lo scudo, mentre i gladiatori venivano incitati dal pubblico.
«Pivello, che ci fai qui?» disse con voce roca uno dei rivali, ma lui non rispose. Sentiva l’agitazione salirgli fino alla testa, le braccia iniziarono a tremare, si sentiva debole e non lo poteva negare.
Appena gli spettatori iniziarono a battere ad un ritmo insensato le mani, i cinque gladiatori si abbatterono con violenza su Ron, che velocemente si parò dietro il grosso scudo.
Il crocchiare della ferraglia echeggiò nell’arena mandando in visibilio il pubblico.
Gli attacchi dei rivali si susseguivano senza pause e Ron cercava di affondare qualche colpo, almeno per ferire.
Lui sapeva che se si veniva feriti si optava per la benevolenza dell’imperatore, era lui a decidere le tue sorti a quel punto.
Sapeva a cosa andava incontro lo sapeva fin da quando aveva posato per la prima volta le sue labbra su quelle di Hermione.
Lui era lì per lei e avrebbe vinto.
Continuava a scappare cercando di colpire al momento giusto, ma fino a quel momento era riuscito a ricevere un paio di calci e un paio di ferite superficiali. L’elmo era stato sbalzato via da un colpo di spada, che per fortuna non era riuscito a decapitarlo.
Dopo un quarto d’ora la stanchezza si stava facendo sentire, le braccia facevano male e le gambe tremavano.
I rivali si stavano facendo fuori a vicenda; era divenuta una battaglia tutti contro tutti: doveva rimanere solo un gladiatore nell’arena.
All’improvviso, un urlo uscì prorompente dalla gola di Ron «Siamo come il rame di questo scudo e il ferro di questa spada. Se ci uniremo diventeremo una lega indissolubile. Hermione, sposami»
Lo stupore fu tale che il pubblico si ammutolì, tutti si voltarono a guardare lei che annuiva commossa.
Ron la guardava orgoglioso e sorridente, ma sentì un dolore acuto percorrergli il fianco,che lo costrinse a far sparire il riso dal suo volto e guardandosi l’ addome vide le tre punte del tridente di uno dei gladiatori conficcate nella carne.
Le gambe gli cedettero e riuscì a vedere solo il viso impaurito di Hermione prima di accasciarsi a terra.
Sentiva sulle labbra il sapore amaro del terriccio e il respiro corto, ma senza badare al dolore alzò il braccio in alto.
Si voleva affidare alla volontà del pubblico e dell’imperatore, era ferito ed era suo diritto provare a salvarsi in quel modo.
La gente, appena videro il suo braccio sollevarsi, applaudì e quasi tutti posero il pollice all’insù.
Hermione, con le mani sul viso, si voltò a guardare l’imperatore ed aspettava il suo verdetto speranzosa.
Quegli attimi risultarono pesanti come macigni ardenti e quando l’imperatore si alzò puntando il pollice in alto, l’anfiteatro scoppiò di gridi e acclamazioni.

§§§
 

«Come stai?» chiese Hermione entrando nella stanza sul retro degli spalti.
«Leggermente… frastornato» scherzò il ragazzo, mentre un uomo gli fasciava la ferita.
Hermione gli passò le dita ancora tremanti per l’agitazione tra i capelli rossi. Sperando che si sarebbe ripreso presto per tornare a passeggiare tra i giardini sul Tevere e ancor di più per sposarlo.
  
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