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Autore: Sarah Collins    26/11/2012    3 recensioni
Mi chiamo Cassidy e vivo in California.
Da bambina avevo un amico immaginario; Misha.
E' stato con me per anni, riempiendo il vuoto lasciato da mio padre.
Credevo in lui ma più passava il tempo più cambiava.
Era diverso, stanco, distante.
Non riuscivo più a guardare i suoi occhi.
Non riuscivo più a toccarlo.
E alla fine mi lasciò sola.
***
Sono passati sei anni e adesso devo ritornare in quella villa.
Il mio primo sguardo fu verso la finestra della mia vecchia camera.
Lo cerco, pregando di non vederlo.
Ma so che è lì.
So che non se ne è mai andato veramente.
So anche che ho paura ma tutto questo è solo l'inizio.
Genere: Fantasy, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Veste bianca.
3


Inzuppo distrattamente il biscotto nella mia tazza blu piena di latte e caffè, sento la testa pesante ma il pugno la sostiene per bene, fortunatamente.
Mia madre gira, cammina, corre, passa e se ne va' alla velocità della luce.
In realtà non la vedo, non riesco a distinguerla dal muro, per quanto è veloce; sta mettendo a posto tutti i nostri vestiti e sbatte i tappeti, le coperte.
Per me può fare quello che vuole, penso, perché ieri notte ho avuto troppa paura e non riesco a pensare ad altro.
Ho finito la scuola, un bel diploma decorato e bordato di rosso; adesso sono un tecnico della moda con la lode.
Fantastico, ma me lo sbatto in faccia dato che ho sempre desiderato andare nello spazio.
Mi vengono in mente le stelle; quelle fluorescenti che Carol aveva attaccato sopra il mio letto. Erano belle anche se ogni tanto cadevano e mi colpivano spesso mentre dormivo, facendomi sobbalzare.
Poca roba; c'era Misha con me e non avevo paura di niente se c'era lui.
Il latte mi sta distruggendo lo stomaco e lo butto nel lavandimo con forza, rimango ad osservare la strada dalla finestra e mi sento toccare la schiena da dietro.
"Cass, vado a fare un po' di spesa, che vuoi venire?" Mi dice mia madre.
"No." Le rispondo, per poi riprendere "E' meglio che io rimanga a casa, dovesse arrivare qualcuno, giusto?"
"Hai ragione." Conferma lei baciandomi la fronte.
Sento il tintinnio delle sue chiavi e con lo sguardo la seguo mentre chiude la porta, esce ed entra in macchina, uscendo sgommando dal viale.

Sento delle voci provenire dal salone e mi accorgo che Carol ha lasciato la Tv accesa, mi incammino a testa bassa provando un senso di disagio ma lascio stare.
Faccio finta di niente ma prima di spegnere la televisione, penso che forse non è una buona idea rimanere nel silenzio più assoluto.
Mi va di respirare a pieni polmoni e apro le finestre che davano sul giardino.
Esco fuori e porto la giacca rossa con me, dovessi ammalarmi..
Noto con piacere la presenza di una sedia da giardino e ci muoio sopra; distendo le gambe come un bradipo esausto e guardo le nuvole.
Non ce la faccio, non posso, non riesco a non guardare la finestra che dava sul corridoio del piano superiore.
La guardo in modo insistente e compulsivo anche si mi sto mettendo suggestione da sola, sento i brividi di freddo ma devo guardarla.
La guardo uno, tre, cinqui minuti senza distogliere lo sguardo; ho una terribile paura di vedere qualcosa e infatti...
Mi appiattisco sulla sedia e la saliva che ingoio è pesante, il cuore accellera fino ad asplodere nel mio petto e mi sento morire.
La porta della mia stanza si è spalancata all'improvviso.

Non mi interessa se ho paura.
Corro veloce dentro lasciando tutto aperto.
Tiro su col naso e mi aggrappo al corrimano delle scale e le salgo velocemente.
Con l'affanno vedo l'interno della mia camera ed entro, ci sono, sono al centro del tappeto e mi guardo intorno.
Non ho affatto paura.
"Ti prego, Misha, fatti guardare."
Non ho paura.
"Per favore, ritorna da me."
No, non ho paura.
"Misha, vattene altrimenti."
Non ho paura, non ho paura, non ho pau-
"Cassidy".

Mi si gelano i muscoli, le mani non me le sento e i miei occhi bruciano.
Fanno male, fa tutto male.
Mi giro di scatto e lo vedo.
Le lacrime incombono e riempiono i miei occhi, cadendo sul mio viso appesantite dal loro stesso peso.
Mi sta guardando dentro, lo vedo, riesco a vedere i suoi occhi luminosi e penetranti.
E' bellissimo esattamente come lo ricordavo, forse anche di più.
"Ciao Cassidy."
Non riesco a rispondere a quella voce tanto profonda, non ce la faccio a parlare con un fantasma.
"Sono una sensitiva o cosa?" Riesco a pronunciare ironica ma scossa.
"Io sono reale."
"NON TOCCARMI." Urlo forte.
In un attimo stava cercando di toccarmi ma mi ritraggo, ho paura adesso, come sempre.
"Non mi devi toccare." Gli ripeto con più calma.
Le sue palpebre non sbattono, le sue pupille non si ingrandiscono e mi fissano, mi fissano sempre.
Con passi che non fanno rumore si avvicina, un passo dopo l'altro me lo ritrovo sempre più vicino.
Indietreggio alla stessa velocità e sbatto sul letto, sedendomi.
Mi spavento e chiudo gli occhi, li strizzo fortissimo e con le mani mi copro il viso sperando che Misha se ne vada.
Respiro con la bocca e avverto una presenza troppo vicina.
"Profumi ancora di latte." Mi dice a dieci centimetri dalle mie labbra.
Gli stavo respirando addosso e apro gli occhi; lo guardo e smetto di piangere.
"Te ne sei andato, cosa sei?"
Lui comincia a camminare per la stanza sfiorando ogni cosa che gli capita a tiro. Comincio a guardare i suoi capelli bianchissimi e il suo vestito bianco.
Tutto di lui era bianco, anche la pelle ma non gli occhi; quelli erano azzurri.
Quando si gira i capelli si muovono leggeri e niente dimostra il suo essere astratto, sembra così reale..
"Io dovevo andare via, era finito il mio tempo." Dice abbassando il mento assumendo uno sguardo molto serio.
"Ero una bambina." Dico io commossa.
"Il mio tempo, bambina, era finito. Devo ripetertelo?"
"Non mi rispondere in questo modo!"
All'improvviso vedo che getta la testa all'indietro e si porta una mano alla pancia, cominciando a ridere.
"Non sei cambiata affatto, non ti piace proprio essere.."
"Non stiamo facendo amicizia." Lo interrompo io. "Devi andartene adesso."
"Mi è impossibile."
"Che significa?"
"Se ci sei tu, ci sono anche io. E' complicato."
"Cerca di spiegarmelo allora!" Dico alzandomi e avvicinandomi a lui.
Cosa ho appena fatto? Mi sono avvicinata ad un fantasma?

Mi ritraggo vicino allo specchio mentre lui rimane a fissarmi vicino alla finestra, sfiorandone la cornice.
"Non devi avere paura di me. Guardami nello specchio."
Non ho voglia di alzare lo sguardo ma il suo tono assomigliava ad un ordine.
"Non prendo ordini da un fantasma."
"Alza lo sguardo e guardami, Cass."
Stringo i pugni e alzo il mio maledettissimo sguardo e lo vedo; riesco a vederlo riflesso nello specchio ma lui sta guardando me.
Non ha mai sbattuto le palpebre in tutto questo tempo e mi fissa constantemente.
Vedo i suoi capelli che si muovono lentamente per gli spifferi che entrano dalla finestra.
Vedo le sue pupille nere e le vedo anche quando chiudo gli occhi, sempre.
"Sbatti le palpebre, ti prego."
Le sbatte un paio di volte velocemente e per un attimo mi sono sentita attratta da lui.
Mi avvicino e tendo una mano per toccare il suo petto.
Il suo viso è fermo e con una mano mi blocca.
Prende la mia mano con fare sofferente; la sua pelle di ghiaccio mi graffia e ritirandola, lui scompare davanti ai miei occhi.
  
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