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Autore: Sarah Collins    21/11/2012    2 recensioni
Mi chiamo Cassidy e vivo in California.
Da bambina avevo un amico immaginario; Misha.
E' stato con me per anni, riempiendo il vuoto lasciato da mio padre.
Credevo in lui ma più passava il tempo più cambiava.
Era diverso, stanco, distante.
Non riuscivo più a guardare i suoi occhi.
Non riuscivo più a toccarlo.
E alla fine mi lasciò sola.
***
Sono passati sei anni e adesso devo ritornare in quella villa.
Il mio primo sguardo fu verso la finestra della mia vecchia camera.
Lo cerco, pregando di non vederlo.
Ma so che è lì.
So che non se ne è mai andato veramente.
So anche che ho paura ma tutto questo è solo l'inizio.
Genere: Fantasy, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sotto le lenzuola.
2


Mia madre era così indaffarata che fece cadere alcuni scatoloni durante il trasloco.
Mentre quelli per i traslochi scaricavano le nostre cose in quella casa, io rimasi in macchina per più tempo ma quando mia madre mi urlò di sbrigarmi, scesi immediatamente.
Non che cambiò poi molto le cose dato che rimango bloccata lì come un'allocca.
Le persone con i berretti mi passavano frettolosamente accanto e alcuni mi mandavano cenni e occhiolini disgustosi.
Carol è il nome di mia madre mentre quello di mio padre era Constantine.
Essì, siamo la banda dei nomi che iniziano per C, è molto banale ma credo sia dovuto alla loro giovane età: quando mi concepirono.
Mia madre ha sedici anni più di me, mi fece praticamente da bambina e questo fu a mio favore per tanto tempo.
Lei ha sempre capito le mie esigenze durante la mia entrata nell'adolescenza; mio padre invece no, per niente.
Ci rido un sacco di volte perché lui sapeva cosa vogliono i ragazzi a quell'età, certo, non vogliono mica un figlio come è accauto a lui.
Parliamone.
Mio padre mi amava e anche tanto, ma credo amasse più mia madre e questo mi faceva sempre piacere.
Sarà perché tifo per l'amore con sesso e rock n'roll senza figli.. Credo.
Insomma tutta questa roba era per dirvi che all'interno del montante in legno della porta d'ingresso, sono incisi i nostri tre nomi.

Ma quella porta non volevo varcarla nonostante tutti quei bei ricordi perché ce ne era uno che avrei voluto dimenticare, ma a quanto pare è impossibile.
Mi si gelano le vene al solo istinto di guardare in alto, alla mia finestra.
Ma prendo forza e lo faccio. Sì l'ho fatto!
Niente, c'è una tenda bianca e non ho visto niente, meglio così..
"Cass entra dentro!" Mi ulra mia madre.
Io respiro profondamente e con tre falcate entro in casa; bella, grande e rustica.
E' rimasta perfettamente come quando la lasciammo anni fa.
Faccio il giro della casa perennemente col naso all'insù e, girovagando, con la coda dell'occhio notai il viso di mia madre diniegare e spiacersi per la mia deficienza.
Notai anche le scale, allora abbasso la testa e conto con lo sguardo scalino dopo scalino ripercorrendole.
Ingoio e faccio il primo passo per salire le scale..
"LE SCARPE!!" Urla mia madre con tutta l'aria che ha in corpo.
Io salto, zompo all'indietro e mi sembra di morire per lo spavento; perciò la maledico con amore e mi faccio grande con le spalle, impettisco il petto e alzo il mento.
Faccio il primo scalino, bene è stato facile, faccio il secondo e noto il tappeto morbido.
Dall'undicesimo già mi sento male perché riesco a vedere la porta della mia camera. Aperta, socchiusa, accostata.
Vedo la luce del sole provenire dall'interno e velocemente corro verso la porta e la spalanco.
Mi dimenticai di ingoiare e di respirare perciò mi strozzai ma mi riprendo subito e con lo sguardo controllo che non ci sia niente di strano.
Tocco il letto, la sedia della scrivania e la toiletta bianca.
La luce penetrava proprio forte! Infatti mi giro verso la finestra e..
E dov'è la tenda che ho visto poco fa? Dove diavolo è finita?

Corro più veloce che posso al piano di sotto e con l'affanno aiuto mia madre a disfare i bagagli.
Lei mi guarda di sbieco perché ero sempre troppo apatica per aiutarla e ora ero addirittura accorsa a darle una mano.
Purtroppo era pomeriggio inoltrato e nessuna delle due aveva fame, questo voleva dire solo che dovevamo andare nelle nostre stanze a dormire.
Lei mi saluta e mi da' la buonanotte con un bacio e io ricambio; la vedo salire le scale e girare a sinistra fino in fondo mentre io dovevo andare sì a sinistra, ma praticamente di fronte alle scale.
Non volevo andarci ma dovevo pur dormire.

Entro con calma nella stanza e mi ritrovo le coperte nuove e un profumo di fresco pulito amor del bambino! Non ha senso ma è la canzoncina della pubblicità di un detersivo che adoro.
Sono stanca e questo profumo mi rilassa, mi tolgo la maglia e jeans neri e mi slaccio i capelli dalla coda.
Li stendo a ventaglio sopra il cuscino candido e mi sdraio a stella.
Chiudo gli occhi e appena mi ritorna in mente della tenda subito ritiro le braccia e le gambe e le stringo più vicino al mio busto.
Mi faccio piccola piccola e mi rassicuro sotto il mio lenzuolo di cotone dannatamente ghiacciato.
Il tepore del mio respiro e del mio corpo riscalda tutto il letto e io mi rilasso completamente.
Sento però i piedi ghiacciati e ora le gambe, le ginocchia, le coscie e il petto.
Apro gli occhi e senza notare nessuno mi sento svenire, sento un'aurea che mi avvolge ed è fredda ma è una bella sensazione.
Sento una presenza che mi ama, che non so come ma riesce a toccarmi nel profondo.
Sento un profumo a me vagamente familiare e miei occhi si chiudono, si stringono e si rilassano subito dopo.
Li spalanco e mi libero delle coperte, le getto al vento e seduta sul letto osservo la stanza e penso.
Mi aggiusto i capelli e mi sento in qualche modo violata, toccata e sporca.
"Misha, sei tu?"
La finestra si apre ed entrano milioni di foglie gialle.
Tante, tantissime foglie che sovrastano e ricoprono tutto, me compresa.
Urlo a squarcia gola e mi dimeno con ferocia e apro gli occhi.
Guardo il soffitto e tutto è tranquillo, un incubo forse, niente foglie o finestre o fantasmi.
Tento di rimettere bene le coperte ma noto che sono al loro posto, il risvolto c'è e qualcuno le ha fermate sotto i miei fianchi.
Chi mi ha rimboccato le coperte?
  
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