Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Ellies    26/11/2012    2 recensioni
Perchè, alla fine, le storie d'amore si assomigliano tutte un po'.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Albus Severus Potter, Lorcan Scamandro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Some tragedies have an happy ending.


Lorcan era comodamente seduto sul divano, un libro sulle ginocchia e una tazza di the fumante sul tavolino accanto. 
Adorava quei momenti di pace, soprattutto in vista del Natale, quando poteva godersi la tranquillità della casa, senza che nessuno lo disturbasse. Stava per fare un sorso dalla tazza, quando nel salotto irruppe una figura, che sventolava con aria soddisfatta un plico decisamente grande di fogli.
Lorcan posò lentamente la tazza di the di nuovo sul tavolino, e altrettanto lentamente si alzò, come a volersi contrapporre scherzosamente all’euforia del suo ragazzo.
Quando finalmente arrivò davanti a lui, che lo guardava con gli occhi smeraldini spalancati e luminosi, gli stampò un bacio sulle labbra, sfoggiando poi il suo più luminoso sorriso, che Albus interpretò come un invito a parlare.

“Indovina chi ha trovato un teatro in cui si svolgerà una tragedia, qualche settimana fa? Indovina chi ha scovato un teatro dove rappresentano Romeo and Juliet? E indovina chi sarà il protagonista maschile?”

Gli occhi del ragazzo si contorsero in un’espressione confusa, poi stupita, ed infine meravigliata.

Albus e le sue stramberie Babbane...

“Una tragedia? Tu... Romeo?” La cosa gli sembrava sempre più assurda. Da quando Albus faveva parte di una compagnia teatrale? 

Decise di lasciar perdere e, Merlino, assecondarlo.

“Lo sai che Romeo muore, alla fine?” Borbottò, sedendosi sulla poltrona preferita di Albus -sulla quale riusciva a raggomitolarsi come un gatto ogni sera- guardandolo negli occhi.

“Muore per amore, Lorcan. Non la trovi una cosa estremamente romantica?”

“Romantica? È una strage di sangue inutile!”

“Lui ha lottato per lei fino alla fine, e ha preferito morire che non averla con sè! È un gesto d’amore immenso.”

Roteò gli occhi, tirandoselo sulle ginocchia e facendo cadere il plico a terra.

“E così bacerai un’altra Giulietta. Devo essere geloso?”

Mormorò sulle sue labbra, facendo un sorrisino che celava un certo divertimento, in effetti, ma anche una sorta di gelosia ingiustificata. Non c’era motivo di essere gelosi di una perfetta sconosciuta, con cui Albus avrebbe avuto un rapporto puramente professionale. Eppure... Albus aveva ragione, quella tragedia era una delle più belle mai messe in scena -dopotutto era sempre di Shakespeare-. E se questo avesse influito? 

Merlino, Lorcan, niente pensieri stupidi. Avevi giurato anni fa che non avresti più pensato queste cose, mantieni le promesse.

Si accorse che Albus lo stava guardando, con un’espressione corrucciata e quasi preoccupata. Fece un sorriso, perdendo l’espressione concentrata di poco prima, e Albus ripetè le parole che il suo ragazzo, perso nella contemplazione di un futuro funesto che non ci sarebbe mai stato, non aveva udito.

“La bacerò, sì. Ma penserò a te, e ci metterò amore, perchè l’unico che me lo sa dare sei tu, Lorcan.”

E si alzò, annunciando a bassa voce che sarebbe andato a fare una doccia, lasciandolo seduto sulla poltrona, con le ginocchia sfiorate da una brezza fredda che corrispondeva alla mancanza del calore di Albus. 
Come al solito Al aveva capito tutto, ma aveva preferito non infierire ulteriormente, sapendo dell’estrema -e facile- gelosia del suo ragazzo. E se ne era andato. 
Questo tipo di solitudine davvero non gli piaceva.
 

-

 
Lorcan era ai fornelli, come ogni giorno, mescolando debolmente i chicchi di riso nella pentola –rigorosamente in senso orario-, che man mano stavano diventando sempre più morbidi. Si portò il cucchiaio alle labbra, aggiustando il sale e prendendo il piatto sul quale erano stati tagliati in piccoli pezzetti alcuni funghi freschi, facendolo adagiare, con un gesto secco del coltello, sulla superficie perlacea del riso.

Diede un’ulteriore mescolata e si allontanò per qualche secondo, andando nel salotto e guardando le scale, chiedendosi perchè Albus ci mettesse così tanto per scendere.

Diede una veloce occhiata alla stanza, in cerca di eventuali soprammobili fuori posto e il suo sguardo cadde sul tavolo, sul quale giaceva il copione della tragedia. Lo sfogliò velocemente, soffermandosi sul secondo atto, quello più conosciuto, quello più significativo. Albus aveva sottolineato meticolosamente tutte le sue battute, facendosi anche dei piccoli appunti sul margine. 

Lo sta preparando da diverso tempo. E non ne sapevi nulla. 

Sembrava che ci tenesse tanto, a quella cosa. Forse era stato ingiusto, a dubitarne, facendo gli credere che per lui fosse una cosa inutile, addirittura stupida.

Anzi, Romeo and Juliet era una delle sue opere preferite, e nemmeno ci aveva pensato, al momento.

Sentì il rumore della porta che si chiudeva e si affrettò a rimettere a posto i fogli, tornando in cucina, per terminare la preparazione della cena. Aggiunse un piccolo cubetto di burro e lo fece sciogliere, sorridendo in direzione del frigorifero, dove si era silenziosamente appoggiato Albus. A tradirlo era stato l’odore inconfondibile del bagnoschiuma alla lavanda, lo stesso da quando erano a Hogwarts insieme, diventato ormai il profumo che associava alla sua felicità.

Chissà come faceva a dimenticarlo, a volte, che Albus lo rendeva felice da così tanto tempo.

“C’è un buon profumo.” La voce di Albus lo raggiunse vicinissima, e il ragazzo cercò di rubare una cucchiaiata dalla pentola. “Risotto?”

“Niente anticipazioni! Fila a tavola, e fa' il bravo.” Gli disse, con un cipiglio severo, afferrando due piatti dalla credenza, per poi dargli una pacca sul sedere e mandarlo a sedere con una risata. 

Dopo pochi secondi comparve nel salotto, appoggiando il piatto davanti ad Albus e sussurrargli Un 'buon appetito', prima di essersi davanti a lui.

Guardò per un momento il ragazzo davanti a lui, aspettando che facesse un commento sulla cena. Era diventato come un rito, ormai. Da quando avevano cominciato a vivere insieme, Lorcan cucinava, e prima di mangiare aspettava che Albus desse un giudizio, che nemmeno quella volta tardò ad arrivare.

“Delizioso, come al solito.” Disse, con un sorriso, portando si una seconda forchettata di riso alle labbra, tenendo gli occhi fissi sul piatto.

Lorcan ricambiò il sorriso, cominciando a mangiare in religioso silenzio. Infilzò forse con troppa forza un fungo, e ci indugiò troppo, prima di portarlo alle labbra, masticandolo con movimenti troppo lenti.

“Ho letto il copione, prima.” Si interruppe un momento, approfittando del fatto che avesse le labbra occupate per riordinare i pensieri. Non era un tipo con la risposta pronta, al contrario di quanto si potesse pensare. “Mi dispiace di aver reagito in quel modo. Mi piace molto come idea, ecco. Non sapevo ti piacesse recitare.”

“Passione recente di qualche decennio.”

“Puoi non tenermi il muso, per favore ?”

“Volevo fosse una sorpresa.”

“Sorpresa ? ”

“Si. Per... La prima è il 23. Volevo farlo... Per te. Perchè era una cosa... Romantica, va bene? Avrei pensato di essere il tuo Romeo, su quel palco, di stare recitando per te, di urlarti il mio amore con le parole di un poeta.” 

Il cuore di Lorcan si fermò per un secondo, e rimase in silenzio per altrettanto tempo, in cerca di qualcosa da dire. Il 23 dicembre era esattamente un anno della loro convivenza insieme, tutt’altro che facile, piena di incomprensioni e litigi. Ma tuttavia era stata... Felice. Perchè erano insieme.

Quando erano a scuola, Lorcan poteva già vederlo, come un miraggio, il loro futuro davanti a lui. Insieme. Una casa –già acquistata da Lorcan-, qualche gatto -che sarebbero diventati ben di più, data la loro passione per quegli animali-, colori caldi sulle pareti e la sensazione di essere davvero a casa, con la persona amata. E con Albus sarebbe stato tutto perfetto.

“È una cosa meravigliosa da parte tua, piccolo.” 

Sleale, Lorcan. Sleale, a utilizzare la carta dei nomignoli.

“Davvero, mi dispiace. Adoro Romeo and Juliet, sarà bello vederti recitare per me.” Continuò, abbozzando un sorriso e nascondendolo in una nuova forchettata, alla vista delle guance appena tinte di rosso del compagno.

Era sempre stato così romantico, Albus. Sapeva regalarti quei piccoli gesti che erano in grado di farti sciogliere. Aveva una visione distorta del mondo, e Lorcan sospettava molto spesso che ogni tanto vedesse dei cuoricini spuntare fuori dalle persone. Era la persona più dolce che potesse conquistare un ragazzo allegro, sì, ma dal cuore freddo, e pragmatico come Lorcan, attento alla perfezione. Era semplicemente la sua anima gemella, e lo amava. Lo amava più di ogni altra cosa.
 

-

 
Lorcan stava sparecchiando la tavola, mentre Albus era già seduto sulla sua poltrona, davanti al camino, che scoppiettava allegramente e diffondeva un delizioso calore nell’intera stanza. Le ombre sulle pareti erano distorte, e incombevano minacciose su di lui, che chiuse gli occhi, stringendosi nelle spalle.

Il biondo lanciò uno sguardo oltre la cucina, guardando la figura del proprio ragazzo nel salotto, e con un tocco di bacchetta mise tutto al suo posto.
Non usava quasi mai la magia in casa, fatta eccezione per le faccende domestiche, che entrambi odiavano fare.

Ma di certo Lorcan non avrebbe mai permesso che Albus mangiasse qualcosa che non fosse prodotto dalle sue mani.
Presuntuoso.

Si avvicinò silenziosamente a lui, appoggiandosi sullo stipite della porta, osservandolo.
Lo sguardo gli cadde inavvertitamente di nuovo sul tavolo, e afferrò il copione, sfogliandolo velocemente. 

Si schiarì debolmente la voce, leggendo quelle parole tanto famose che, come per magia, scivolarono fuori dalle labbra socchiuse, come se non avessero aspettato che quel momento, per uscire. Si infransero nel silenzio come vetro, andando a colpire con le sue schegge tutto ciò che lo circondava.

Romeo, Romeo! Perchè sei tu Romeo? Ah, rinnega tuo padre, ricusa il tuo casato! O, se proprio non vuoi, giurami amore, ed io non sarò più una Capuleti!

Albus, nascosto dalla poltrona, spalancò gli occhi, al suono della voce del ragazzo, rimanendo senza parole per un secondo. Lorcan continuò a parlare, incurante di quel silenzio, che poteva significare che era ancora arrabbiato, o troppo stanco per assecondarlo, non potendo vedere la reazione che quel comportamento aveva provocato nel ragazzo.

Il tuo nome soltanto m'è nemico; ma tu saresti tu, sempre Romeo per me, quand’anche non fosti un Montecchi. Che è infatti Montecchi?... Non è una mano, né un piede, né un braccio, né una faccia, né nessun’altra parte che possa dirsi appartenere a un uomo.

Albus si alzò, senza ancora dire nulla, solamente avvicinandosi a Lorcan, guardandolo mentre recitava quelle parole come se già le conoscesse a memoria.

Ah, perchè tu non porti un altro nome! Ma poi, che cos'è un nome?... Forse che quella che chiamiamo rosa cesserebbe d’avere il suo profumo se la chiamassimo con altro nome? Così s'anche Romeo non si dovesse più chiamar Romeo, chi può dire che non conserverebbe la cara perfezione ch'è la sua? Rinuncia dunque, Romeo, al tuo nome, che non è parte della tua persona, e in cambio prenditi tutta la mia.

E aprì gli occhi, incrociando le iridi smeraldine a pochi centimetri dalle sue, sentendo il respiro battere debolmente contro i suoi capelli corvini, mentre finiva di recitare la sua battuta. E, come fosse stato programmato, Albus cominciò la successiva, fissandolo negli occhi e restando immobili, come una sfida di parole. Parole d’amore.

Io ti prendo in parola! D’ora in avanti tu chiamami “Amore”, ed io sarò per te non più Romeo, perché m’avrai così ribattezzato.” 

Oh, qual uomo sei tu, che protetto dal buio della notte, vieni a inciampar così sui miei pensieri?

Dirtelo con un nome, non saprei; il mio nome, cara santa, è odioso a me perché è nemico a te. Lo straccerei, se lo portassi scritto.

L’orecchio mio non ha bevuto ancora cento parole dalla voce tua, che ne conosco il suono: non sei Romeo tu, ed un Montecchi?

Si muovevano, controllando il tono della voce, adattandolo, selezionando i gesti e le espressioni, come se la loro casa fosse sparita, come se fossero sul palco in quel momento, e il loro futuro dipendesse da quell’ attimo di complicità. 
Gli occhi brillanti, le labbra tese e secche, per il parlare tanto studiato e intenso. L’uno era diventato lo specchio dell’altro, intenti a coinvolgersi, a gettarsi in quel momento di follia.

No, nessuno dei due, bella fanciulla, se nessuno dei due è a te gradito.

Ma come hai fatto a penetrar qui dentro? Dimmi come, e perché. Erti e scoscesi sono i muri dell’orto da scalare, e se alcuno dei miei ti sorprendesse, sapendo chi sei, t'ucciderebbe.

Ho scavalcato il muro sovra l'ali leggere dell'amore; amor non teme ostacoli di pietra, e tutto quello che amore può fare trova sempre l’ardire di tentare. Perciò i parenti tuoi non rappresentano per me un ostacolo.

Ma se ti trovan qui, ti uccideranno!

Spalancò gli occhi color del cielo, e Albus quasi si dimenticò di ribattere, talmente era stato catturato da quegli occhi, occhi che l’avevano fatto innamorare, occhi che riuscivano sempre a intrappolarlo, fregarlo, ammaliarlo, in un modo o nell’altro.
Con un piccolo sorriso, cosciente di ciò che avrebbe dovuto dire, mosse le labbra, parlando con voce morbida, con una nota di malinconia di sottofondo.

Ahimè, c’è più pericolo per me negli occhi tuoi che in cento loro spade: basta che tu mi guardi con dolcezza, perch’io mi senta come corazzato...” E si avvicinarono, gli occhi ancora uniti, le labbra senza più freni, incapaci di parlare, e in grado solamente di utilizzare le ultime forze per giungere incontro alle gemelle, tanto agognate. “...contro l’odio di tutti i tuoi parenti.

E finalmente, finalmente si incontrarono, si unirono in un dolce e morbido bacio, scaturito dall’alone e di mistero e poesia che gravava attorno a loro, avvolgendoli in una stretta di cui loro erano stati inconsapevoli, fino a quel momento.

Si separarono dopo quelli che furono pochi secondi, ma che sembravano l’infinito, e ancora non era abbastanza.

Con il respiro caldo che faceva rabbrividire la pelle umida e bollente, Lorcan gli sussurrò sulle labbra.

“Spero che ogni volta non mi serva una grande opera per rubarti un bacio, mio Romeo.”

“Ti basterebbe chiedere, e ti sarebbe dato, mio Amore.”

“Allora dammi tutto te stesso, per sempre.”

“Credi di riuscire a sopportarmi per tanto tempo?”

“Fino a che Morte non ci separi.”

Un sorrisetto increspò le loro labbra.

“Oltre la Morte, per l’eternità.”

“Lo prometto.”




Ripostiglio (?) dell'autrice. 

Non vi libererete mai di me, muhahahahaha- 
No, okay, facciamo le persone serie.
Dopo millenni ce l'ho fatta a pubblicare sta storiucciola, che mi ha preso via un sacco di tempo, ma mi posso ritener soddisfatta. u.u
Facciamo le solite dedicuzze, che poi son sempre le stesse, ahaha.

Allora, per prima, ringrazio 
Depa  (Non avete ancora letto le sue storie? Andateci subito!) , che mi ha sopportata nella creazione e nella pubblicazione di sta FF, che è stata un vero travaglio, o meglio "Le sette fatiche delle Alburcan."  Le avevo promesso la storia felice, e storia felice sia! *w*
Allo stesso modo, ringrazio anche 
Liechsley. un'altra che sopporta i miei scleri, e mi picchia quando non sono convinta prrrroprio di nulla.

E infine, tutte queste storie sono saltate fuori grazie al "mio Albus" che mi permetto di chiamare così, o perlomeno quello del mio Lorcan,  Albus. E' grazie alla sua meravigliosa real se mi escono queste idee tantocarineedolciadhgerh.

Eeee ora vi lascio, prima che mi tiriate delle angurie, e spero che vi sia piaciuta anche sta cosetta. u.u

Alla prossima,

fish and chips,

El. 


   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Ellies