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Autore: _zia cla_    26/11/2012    4 recensioni
Anni '30. Broadway.
dal testo:
14 Gennaio 1947 Westerville, Tenuta Smythe
Carissimo,
è stato un piacere ricevere la tua lettera.
Devo dire che il tuo desiderio di conoscere la mia storia mi stupisce e, in un certo senso, mi onora. Hai ragione, la mia vita è stata …interessante.
Ho sempre amato immaginarla come un musical! Sicuramente c’è stata molta musica…
E come tutti i migliori musical, questa storia parla d’amore.
Hai mai conosciuto l’amore, quello vero?
Io l’ho fatto. E non parlo dell’amore da romanzo rosa, dove tutto finisce bene, dove tutto è fin troppo facile.
No, nulla è mai stato semplice…per noi.

AU nata durante l'ascolto della discografia di Cole Porter e dalla mia immagine mentale di Sebastian Smythe in doppiopetto.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Nuovo personaggio, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Incompiuta, Triangolo
Capitoli:
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 I’ve got you under my skin- Capitolo VI
 
 







Quando arrivò all’auto, Sebastian aveva sul volto ancora un ampio sorriso; salutò il suo autista personale, che gli aprì lo sportello posteriore, ed entrò in macchina, accasciandosi sui sedili.
Chiuse gli occhi e si lasciò sfuggire un lungo sospiro: solitamente, a fine di una giornata di prove, si sentiva esausto; si concedeva qualche minuto per sé solo quando era protetto all’interno della sua automobile, lontano da occhi indiscreti.
Non permetteva mai a nessuno di vedere le sue debolezze, forse solo a Evelyne, ma anche con lei, dopo la depressione, aveva imparato a trattenersi.
Quella sera però non si sentiva poi così stanco, sentiva ancora l’adrenalina in circolo, le prove erano state più eccitanti ed interessanti del solito.
Testare il livello di rossore al quale poteva arrivare il suo piccolo primo attore, lo divertiva. Sapeva di metterlo in difficoltà, facendo quei commenti così palesi sulla sua omosessualità, quando qualcuno avrebbe potuto sentire. Perché sì, aveva capito i gusti di Blaine dal primo sguardo, o forse ci aveva solo sperato molto.
L’incontro con il ragazzo androgino fuori dal teatro, quella sera, era stata la conferma assoluta.
In realtà, non avrebbe mai pensato che un ragazzo così timido e riservato sulla sua natura, fosse un tipo così sconsiderato da praticare la monogamia.
Stranamente, per un omosessuale non avere un solo amante, era più sicuro che averne uno. L’amore complicava sempre tutto, rendeva vulnerabili, perciò, più facilmente, individuabili.
Certo, capiva perché il cerbiatto dalla pelle chiarissima non lasciasse andare il brunetto sexy:
era affascinante, bellissimo, aveva un fisico piccolo ma compatto, da possedere ogni volta che ne avesse voglia, senza stancarsene mai.
Lo desiderava anche lui, era ovvio.
Era un pensiero fisso; alzarsi la mattina era più facile se sapeva che avrebbe potuto parlargli, sfiorarlo o anche dargli degli ordini, imitando una parvenza di sottomissione.
Sentirlo ridere, cantare con quella voce da sogno che l’aveva rapito fin da subito, osservando il movimento di quelle labbra carnose che avrebbe voluto più e più volte catturare tra le sue.
Sorrise, ripensando allo sguardo di Blaine; quegli occhi color miele nascondevano il balsamo per eludere i sogni. 
Riaprì gli occhi all’improvviso, scacciando quell’immagine dalla mente.
 
Desiderava Blaine, lo voleva e lo avrebbe avuto. Probabilmente poi, sarebbe diventato uno dei tanti, ma sarebbe stato divertente distrarlo dalla sua passione per la monogamia. In fin dei conti, non lo avrebbe fatto solo per un rendiconto personale, avrebbe anche aiutato il moretto a salvarsi.
Se la sarebbe giocata con calma, avrebbe pazientato e, durante le prove, avrebbe preparato il terreno di gioco, infine avrebbe agito. Non doveva strafare, non avrebbe dovuto distrarsi, né distrarre Blaine dallo spettacolo: il suo sogno di rivalsa.
 
Ora però aveva un problema primario da risolvere. Si voltò a guardare fuori dal finestrino, la città scorreva sotto i suoi occhi; riconobbe la sagoma di un palazzo con un’insegna che indicava fosse un hotel. Conosceva quel posto, soprattutto conosceva il locale che occupava il pianterreno.
 
‘’Fermati.’’
 
L’autista frenò l’auto, permettendo a Sebastian di scendere.
 
‘’Torna pure a casa, Alfred.’’ Disse Sebastian, abbassandosi a guardare l’autista dallo sportello ancora aperto.
 
‘’E lei, signore?’’ chiese atono il conducente.
 
‘’Ho altro da fare. Non è necessario che mi aspetti.’’ Tagliò corto l’autore. Stava già per chiudersi lo sportello alle spalle, quando la voce incerta di Alfred lo raggiunse nuovamente.
 
‘’Cosa devo dire alla signora, se mi chiedesse dov’è?’’
 
Sebastian sviò per un attimo lo sguardo e ghignò.
 
‘’Dille che non era nei nostri accordi.’’
 
 

*

 
 

‘’Cosa mi dici dello spettacolo di tuo marito, come procedono le prove?’’ chiese distrattamente Quinn, mentre provava il suo quinto paio di guanti.
Lei ed Evelyne erano entrate in quel negozio per cercare delle stoffe per l’abito che la signora Smythe avrebbe indossato durante la prima del musical. Era da mezz’ora che erano lì, e dato l’apparente disinteresse di Evelyne, Quinn ne aveva approfittato per far impazzire il commesso che, pazientemente, assecondava le sue richieste.
 
Evelyne alzò lo sguardo dall’espositore delle stoffe per rivolgere alla sua amica un sorriso sghembo.
‘’Non ne ho idea.’’ Disse tranquillamente.
 
Quinn si voltò a guardarla confusa: ‘’Non ne parlate?’’
 
‘’Lui non mi racconta niente e dunque, io non gli chiedo nulla... Probabilmente è nervoso e non vuole farmi preoccupare.’’ Disse noncurante la donna bruna.
 
La verità era che erano giorni che non lo vedeva.
Dopo un momento di preoccupazione, aveva rinunciato a stare in pena per lui, perché sapeva con sicurezza che ogni giorno andava in teatro; aveva mandato Alfred a controllare.
Probabilmente aveva preso una stanza in qualche hotel, nel quartiere gay; alternando, ogni giorno, il lavoro allo svago.
 
Sospirò pesantemente, come se volesse scostarsi un macigno dal petto.
 
‘’Perché non gli fai un’improvvisata?’’ le chiese con un sorriso Quinn.
 
‘’Come?’’
 
‘’Perché non vai a trovarlo in teatro, andate a pranzo assieme e ne parlate. Si vede che ti manca.’’
 
Evelyne sorrise alla donna, annuendo. Non era una cattiva idea. Era vero dopotutto, le mancava parlare con lui, passare del tempo insieme.
 
Nonostante gli impegni di Sebastian e la sua continua ascesa nel mondo dello spettacolo, i due erano sempre riusciti a ritagliarsi dei momenti da passare insieme da soli, magari raggomitolati sulle poltrone del salotto, come due ragazzini, mentre parlavano di tutto e di niente, prendendosi gioco del mondo.
Certo, le cose erano cambiate rispetto ai tempi di Parigi, Evelyne ne era consapevole. Fin da quando gli aveva chiesto si sposarla, sapeva che non ci sarebbe stato più molto tempo, né tanto meno dedizione, per il loro rapporto.
A lei però bastavano le chiacchiere a tavola, i commenti cinici a sfavore di qualche conoscente comune o le sue dita intrecciate tra quelle di Sebastian, quando le teneva dolcemente la mano durante i party.
 
La faceva comunque soffrire il fatto che si fosse disinteressato assolutamente di come potesse sentirsi, quando parecchie sere prima non era tornato a casa con l’autista. Quella frase poi, era così da lui! Scrollarsi di dosso ogni responsabilità, nascondendosi dietro l’accondiscendenza di Evelyne, faceva infuriare non poco la donna. Dopotutto però, era stata colpa sua; gli aveva dato un dito e lui, giustamente, si era preso tutto il braccio.
Dovevano parlare. Al più presto.
E l’unico modo per farlo, era tendergli un’imboscata nell’unico luogo dove non sarebbe potuto scappare.
 

 

*

 
 

Puckerman avrebbe tanto voluto conoscere il genio che aveva montato quella stramaledetta botola di centro, dargli un premio per la sua acutezza nell’averla montata al contrario.
Erano giorni che combatteva con cerniere, bordi e incastri, ma niente da fare. Se avesse mai incontrato quel figlio di un cane, gli avrebbe volentieri staccato la testa.
Era un lavoro duro il suo ma, certamente, non mancava di momenti piacevoli.
 
‘’Ho paura che sarai costretto a smontare le assi.’’ Disse una voce in tono divertito.
 
Puckerman alzò leggermente lo sguardo verso la figura che ora gli si stagliava davanti, a pochi centimetri dal suo viso.
Si soffermò volentieri su quel paio di gambe snelle, avvolte in fini calze di seta. Era davvero un bel vedere, e ne sorrise compiaciuto.
‘’E’ sempre un piacere vederla, signora Smythe.’’
 
‘’Allora dovresti alzare la testa, Noah. Io sono qui su.’’
 
Puckerman si alzò dalla sua posizione in ginocchio e rivolse, alla giovane donna, il suo tipico sorriso sornione.
‘’Non può biasimarmi se adoro le cose ben fatte, e le sue gambe rientrano tra le dieci meraviglie di madre natura. Neanche il mio falegname Hank avrebbe potuto fare di meglio con la sua donna manichino!’’ le disse baciandole goffamente la mano.
 
‘’Stai cercando di sedurmi, Puckerman? Ti ricordo che sono una donna sposata.’’ Sorrise maliziosa Evelyne.
 
‘’Se me lo chiama matrimonio, il suo.’’
 
Il sorriso di Evelyne le morì in viso, per dare spazio ad un sospiro frustrato.
 
‘’Ne abbiamo già parlato un milione di volte, Noah. Non ho intenzione di rispiegarti le mie ragioni.’’ Disse fredda.
 
Puckerman la guardò indispettito. Quel discorso lo infastidiva tutte le volte. Lui però non poteva farci niente, non sarebbe stato lui ad evitare a quella meravigliosa donna di essere infelice per tutta la vita, proprio come voleva lei.
Si limitò a sorriderle con poca convinzione e a cambiare discorso.
 
‘’Come desidera… Beh, la signorina Fabray non è con lei, oggi?’’
 
‘’No, l’ho lasciata poco fa. E comunque, è la signora Hurt ora, lo sai.’’
 
‘’Non quando è in mia compagnia…’’ sospirò languido il servo di scena.
 
Evelyne lo guardò di sottecchi, per poi scoppiare in una leggera risata. Lo guardò scuotendo leggermente la testa.
 
‘’Siete due pazzi! Meritate, però, tutto il mio rispetto. E’ bello sapere che c’è almeno qualcuno che non ha paura di affrontare i propri sentimenti.’’
 
Sorrise, ma di un sorriso amaro, pieno di auto-risentimento.
Fu allora che Puckerman prese parola, più per spezzare quel silenzio pesante come acciaio, che perché avesse davvero qualcosa da dire.
 
‘’E’ qui per qualche motivo particolare?’’
 
Evelyne si ridestò, scacciando via la malinconia di poco prima con un sorriso tirato.
‘’Non vedo mio marito da un po’, volevo invitarlo a pranzo.’’
 
‘’Non è tornato a casa, ieri?’’ chiese il servo di scena, alzando un sopracciglio.
Dalla smorfia che fece la donna, Puckerman capì che probabilmente non era tornato a casa né la sera prima, né quell’altra, né l’altra ancora. Grugnì di disappunto, ma quando alzò lo sguardo, rivolse ad Evelyne un sorriso neutro.
‘’Mm… Beh, mi dispiace Mrs ma ho paura che sia già andato a pranzo con il piccoletto zoppo. Probabilmente lo potrà trovare al locale di fronte al teatro.’’
 
Evelyne annuì in silenzio: ‘’Grazie, Noah.’’
Il servo di scena stava già per tornare alla sua botola, quando la voce di Evelyne lo richiamò.
‘’Noah senti, mi son resa conto di non averti mai ringraziato come si deve.’’
 
‘’Per cosa?’’ chiese il servo, leggermente confuso.
 
‘’Per la tua comprensione e… per il tuo silenzio.’’
 
Puckerman le rivolse un sorriso dolce, prima di lasciarla andare con un semplice: ‘’Dovere, Mrs.’’
 
 

*

 


Quando Evelyne entrò nel locale, fu investita da un caos indescrivibile: rumori di stoviglie e vociare indistinto.
Ma dove l’aveva mandata Noah?!
In quel posto c’era troppa confusione perché Sebastian potesse minimamente decidere di pranzare con il suo regista, non avrebbero mai potuto parlare di dettagli importanti sullo spettacolo. Inoltre quel posto, nonostante fosse molto carino, era fin troppo umile per i gusti di suo marito.
Si guardò intorno, mentre pensava se valesse la pena di tornare indietro a chiedere spiegazioni a Noah. Ad un tratto una voce attirò la sua attenzione.
 
‘’Mi dispiace Miss, siamo al completo purtroppo.’’
 
Evelyne sbattè le palpebre, guardando la giovane ragazza che indossava un grembiule, chiaramente doveva essere una cameriera.
 
‘’No, guar…’’
 
‘’Charlie! La signorina può sedersi qui, l’altro posto è libero.’’ Disse un giovane uomo bruno, seduto al tavolino di fianco, che stava indicando la sedia libera di fronte a lui.
Evelyne lo osservò incuriosita, le guardava con un sorriso genuino e i suoi occhi erano chiari e cristallini. Rimase per qualche istante rapita da quel viso che, nonostante presentasse lineamenti decisi, sembrava far trasparire l’innocenza di un bambino.
Si sedette al posto indicatole quasi senza accorgersene, i suoi occhi incatenati allo sguardo dell’uomo che le stava rivolgendo un sorriso gentile.
 
‘’Blaine, forse la signorina non vuole pranzare seduta allo stesso tavolo di uno sconosciuto.’’ Disse la cameriera, il cui tono sembrò un tantino scontroso per Evelyne, come se la sua presenza le desse fastidio. ‘’C’è un ristorante molto più elegante all’angolo della strada, le troveranno certamente un tavolo Miss.’’
 
‘’Oh no… Charlie. A me non dispiace affatto, sono molto meno snob di quanto sembri.’’ Le rivolse un mezzo sorriso. ‘’Grazie, comunque.’’
 
La ragazza guardò interrogativa Blaine, che le rivolse un sorriso rassicurante, poi sospirò un po’ troppo pesantemente. Porse bruscamente il menù alla donna con un Tenga! secco e se ne andò con passo deciso.
 
‘’Le ho fatto qualche torto?’’ chiese Evelyne con un sopracciglio alzato, rivolgendosi al ragazzo.
 
Blaine le rispose con una leggera risata.
Aveva un bellissimo sorriso, pensò Evelyne.
 
‘’Ho paura che sia un tantino gelosa… Non so se si è accorta che si sono voltati tutti quando è entrata.’’
 
‘’Certo, solo che ci ho fatto l’abitudine ormai.’’ Disse Evelyne con un sorriso compiaciuto. ‘’E lei?! Si è voltato anche lei a guardarmi, o sbaglio…’’ Evelyne glielo disse con uno sguardo languido. Sorrise quando vide che arrossiva in un modo assolutamente adorabile.
 
La divertiva un mondo flirtare con gli uomini, infondo non infrangeva nessun patto; si limitava a innocenti provocazioni, godendosi le reazioni più svariate. Quella che osservava di fronte a sé era la più incredibile: quale uomo arrossisce ad una domanda così innocente?
 
‘’Beh… E’ molto affascinante, attira facilmente l’attenzione. Non è americana, vero? Dall’accento sembrerebbe… francese?!’’ tentò di indovinare timidamente, Blaine.
 
‘’Complimenti, signor…?’’
 
‘’Anderson. Blaine Anderson.’’ Affermò l’uomo.
 
‘’Beh, caro Blaine Anderson, si da’ il caso che neanche lei sia tanto male, e io penso che questo pranzo potrebbe essere l’inizio di una piacevole amicizia.’’ Disse maliziosa, mentre si sfilava i guanti.
 
All’improvviso, l’attenzione di Blaine fu attratta da un piccolo cerchietto d’oro intorno all’anulare della donna.
 
‘’Oh! Ma lei è sposata! Mi dispiace, sono stato inopportuno, si senta libera di andarsene. Non è il caso che lei pranzi con uno sconosciuto, no davvero.’’
 
‘’Si calmi la prego!’’ rise Evelyne ‘’Non c’è alcun problema… in realtà mio marito non è affatto geloso…’’
 
‘’Cos..?! Senta, non volevo che fraintendesse il mio gesto, volevo solo essere gentile.’’ Disse Blaine, corrugando la fronte.
 
‘’Oh. Beh, non posso dire che questa sua ammissione mi faccia piacere, però… Pazienza, tanto non tradirei mai mio marito.’’ Sorrise Evelyne, mentre riponeva i guanti nella borsetta e ne ricacciava il porta-sigarette.
 
‘’… allora, il suo comportamento di poco fa?!’’ chiese confuso il moro.
 
Evelyne fece spallucce, prima di accendersi una sigaretta.
‘’Cosa vuole che le dica, è il mio modo di ammazzare la noia! Mi perdoni se mi sono presa un po’ gioco di lei.’’ Sorrise e sbuffò una voluta di fumo.
 
Blaine la guardò incredulo, poi si poggiò allo schienale della sua sedia e rise.
‘’Lei mi ricorda una persona che conosco… Incredibile!’’
 
‘’Deve essere una persona in gamba! Chi è?’’ chiese incuriosita.
 
‘’… il … diciamo, il mio capo.’’ Disse, apostrofando la parola capo con le dita.
 
‘’E chi è questo fantomatico uomo? ’’ Chiese Evelyne, aspirando dalla sua sigaretta.
 
‘’E’ Sebastian Smythe. L’autore di musical.’’
 
Evelyne trattenne a stento la risata che le stava nascendo sulle labbra. Se Sebastian avesse saputo che aveva flirtato nuovamente con uno dei suoi attori, l’avrebbe rilegata in casa a vita.
 
‘’Sei un attore, Blaine.’’ Disse in un tono che sembrò più un’affermazione che una domanda. ‘’E per conoscere caratterialmente l’autore, dovresti essere a stretto contatto con lui.’’ Disse, mentre lo scrutava, celando il suo sguardo indagatore dietro un sorriso appena accennato.
 
‘’In realtà sono il protagonista della sua ultima opera.’’ Rivelò timidamente, Blaine.
 
Tipico. Era tipico di Sebastian scegliere, come attore principale, uomini estremamente affascinanti. Fortunatamente, li sceglieva anche molto talentuosi e ricchi d’esperienza.
 
‘’E dimmi un po’, ha già cominciato a punzecchiarti? Sai, tipo battute di significato ambiguo, piccoli gesti …’’ chiese la donna con tono saccente, mentre si poggiava comodamente allo schienale.
 
Blaine la guardò esterrefatto e sentì il terrore invaderlo. Si schiarì la voce, nervoso.
 
‘’Chi… chi è lei, mi scusi?’’ chiese, mentre prendeva un bicchiere d’acqua. La gola gli si era improvvisamente seccata.
 
‘’Sono Evelyne Alfieri… Smythe.’’
 
Blaine quasi si strozzò con l’acqua che stava bevendo. Cominciò a tossire convulsamente, battendosi il petto,  scatenando un sorriso, a metà tra il divertito e il compiaciuto, sul volto della donna di fronte a sé.
 
Evelyne inizialmente rimase a godersi la scena, ma poi, mossa da pietà, stava per alzarsi ad aiutarlo; fu bruciata sul tempo dalla giovane cameriera di poco prima, che corse in soccorso di Blaine.
 
‘’Tira in su la testa Blaine. Così bravo, respira piano.’’ Gli comandava Charlie, mentre gli dava dei colpetti dietro la schiena. ‘’Cosa gli ha detto di tanto inappropriato?’’ la cameriera si rivolse a Evelyne, con tono di rimprovero. ‘’E’ un ragazzo talmente timido, non ci vuole nulla per sconvolgerlo!’’
 
Blaine le rivolse un’occhiata torva, mentre, ancora paonazzo in viso, cercava di riprendere a respirare.
Evelyne scoppiò a ridere, divertita da quel teatrino. Poi vide lo sguardo della cameriera saettare sulla sua mano sinistra.
 
‘’Lei è sposata!’’ esclamò Charlie con un tono misto di stupore e gioia.
 
‘’E’ … la moglie di … Sebastian Smythe.’’ Disse a fatica e con voce ancora roca, Blaine.
 
Charlie sgranò gli occhi e la indicò con un dito: ‘’Lei è la moglie di Sebasian Smythe?! Quel Sebastian Smythe?! Il tuo capo, l’autore musicale… Quel dio sceso in terra, è suo marito?!’’
 
Entrambi i due seduti al tavolo le rivolsero uno sguardo interdetto.
 
‘’Oh. Mi scusi signora Smythe. A volte parlo troppo, ma praticamente lei è la donna più invidiata da tutte le cameriere di questo locale. Non conosco una sola delle mie colleghe che non aspetti qualche minuto in più, finito il turno serale, per vedere suo marito uscire dal teatro.’’
 
Evelyne le rivolse un grande sorriso, inarcando le sopracciglia.
 
‘’…E forse dovrei tacere ora. Mia madre me lo dice sempre che parlo troppo, do voce per dare aria alla bocca e finisco per dire cose inappropriate. Io cerco di essere una signorina da bene, ma non riesco a non dire quello che mi passa per la testa e…’’ si accorse che i due la guardavano a bocca aperta, quasi spaventati. Abbassò la testa e sospirò un flebile ‘’Scusatemi.’’
 
Evelyne le sorrise dolcemente e le sollevò il mento con le dita.
‘’Non preoccuparti Charlotte, a me non sono mai piaciute le brave ragazze.’’ Ammiccò complice.
‘’Ora se non ti dispiace, potrei ordinare? Sto morendo di fame.’’ Disse con una smorfia comica.
 
Charlie annuì con un sorriso e, prendendole il menù dalle mani, le consigliò la zuppa del giorno.
‘’Il cuoco l’ha appena cucinata, quindi ancora non ci ha fatto cadere qualcosa di strano dentro!’’
 
Evelyne alzò un sopracciglio, non molto convinta delle norme igieniche di quel posto, ma si fidò comunque del parere di Charlie.
La cameriera, prima di abbandonare il loro tavolo, si avvicinò a Blaine e gli sussurrò qualcosa dolcemente, carezzandogli una spalla. Evelyne vide il ragazzo annuire con un sorriso e poi la cameriera si allontanò verso la cucina.
 
‘’E’ simpatica … Siete molto carini insieme.’’ Disse la donna.
 
‘’Come?’’ chiese Blaine, sgranando gli occhi. ‘’No, no. Lei è solo la mia vicina di casa. Ha una specie di cotta per me, ma non c’è nulla tra noi.’’
 
‘’Allora, vivi da solo?!’’
 
Blaine indugiò un po’ troppo, indeciso sulla risposta da dare.
 
‘’Blaine, non sono nessuno per giudicarti. Se vivi con una donna al di fuori del matrimonio, a me non importa affatto.’’ Cercò di rassicurarlo Evelyne, pensando che il motivo del suo silenzio fosse una relazione illecita.
 
‘’No, nessuna donna. Divido un appartamento con mio cugino.’’
 
E forse, a tal proposito, non si sbagliava.
 
Cugino… certo.
 
Ad un tratto, nella mente di Evelyne, tutti i pezzi del puzzle cominciarono a trovare il loro posto:
la straordinaria bellezza del primo attore e il suo carattere timido, la fuga di suo marito, il suo comportamento scostante.
Evelyne non poté evitare il ghigno consapevole che si creò sul suo viso.
 
Blaine socchiuse gli occhi, curioso di sapere perché quell’improvviso cambiamento sul volto della donna; non poté indagare oltre perché una voce dalla porta del locale lo chiamò.
 
‘’Anderson, ti aspettano in teatro. La pausa è finita da cinque minuti e manchi solo tu.’’ Gridò Noah Puckerman, con il suo solito tono sciatto.
 
Blaine raccolse velocemente il suo cappotto, lasciò i soldi del suo conto sul tavolo, salutò in fretta Evelyne, che gli rispose con un cenno distratto del capo, e uscì dal locale.
Seguendo con lo sguardo Blaine, Evelyne incontrò Puckerman; si guardarono seri, prima che Noah decidesse di sparire dalla sua visuale.
Improvvisamente un altro dettaglio riaffiorò nella mente di Evelyne. Non aveva mai visto Blaine prima, le sarebbe rimasto impresso se l’avesse notato in qualche spettacolo.
 
‘’Charlie…’’ chiamò piano la cameriera che le aveva portato il suo ordine.
 
‘’Sì, Mrs.’’
 
‘’Blaine, è molto che lo conosci vero?! Ha mai avuto una parte importante in qualche spettacolo prima d’ora?’’
 
‘’No, signora Smythe. Questo è il suo primo ruolo da protagonista. Siamo tutti così orgogliosi di lui!’’ affermò la cameriera con un sorriso.
 
Un dilettante…
 
Evelyne chiuse gli occhi mentre con una mano stringeva la tovaglia, così forte da far diventare le nocche bianche.
 
Doveva vedere suo marito. Non si trattava più solo di irrispetto nei suoi confronti, la cosa si era rivelata ben più grave.
Avrebbe parlato a Sebastian quella sera stessa, anche se avesse significato cercarlo in tutti gli hotel di New York.
Doveva parlargli, chiedergli spiegazioni, dargli anche il  beneficio del dubbio, ma doveva sapere.
Ne valeva della carriera di Sebastian e forse della sua vita.
 
 
 
 
 

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Angolo della _zia_ :
 
Due settimane! Faccio progressi… ;)
Beh, non c’è molto da dire su questo capitolo, tranne che spero che il distacco tra i tre paragrafi non strida troppo.
Me la sto prendendo un po’ comoda con l’evoluzione della trama, lo ammetto… Ma l’incontro del secolo doveva pur avvenire! xD
Inutile dire che le cameriere del locale di fronte al teatro, che fangirlizzano per Sebastian Smythe, siamo tutte noi…
Beh, grazie per aver letto fin qui… Se volete lasciare un commento, è sempre gradito.
Per aggiornamenti, notizie e varie ed eventuali, potete trovarmi qui
------> http://www.facebook.com/ZiaClaefp?ref=hl#!/ZiaClaefp

Un bacione immenso a tutti/e ... Al prossimo capitolo! ;)

  
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