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Autore: _Fener    27/11/2012    1 recensioni
[Titolo modificato, inizialmente era "The Dark Side"]
Non tutto iniziò con Sora.
Non tutto iniziò con Ventus, Terra e Aqua.
A loro è stato insegnato, in qualità di Custodi, la salvaguardia della Luce... e di combattere l'Oscurità. Ma quasi un secolo prima di Sora, un'altro Maestro del Keyblade decise di abbandonare la via della Luce, alla ricerca del potere e della conoscenza... alla ricerca del leggendario Kingdom Hearts.
Un uomo dalle origini e dal passato sconosciuto, dalle risorse illimitate: Xehanort.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Xehanort
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Questo mondo… è troppo piccolo.
Era questo il pensiero che mi ossessionava da giorni. Dopo quella notte, non passò ora, minuto, secondo, nel quale la mia mente non fosse percorsa da questa frase. Qualunque cosa io facessi, il mio unico pensiero era quello: andare via, oltre le stelle. Ma… come?
Spesso ripetevo questa frase anche tra me e me, ad alta voce… soprattutto quando guardavo l’orizzonte.
 
Dopo quella notte, tornai più volte su quella spiaggia, a qualsiasi ora del giorno. Fosse l’alba o il tramonto, in pieno giorno o nelle profondità della notte, appena potevo mi piazzavo lì, immobile, sulla riva.. ad ammirare l’orizzonte.
Il momento della giornata che preferivo di più, su quella spiaggia, era il tramonto. La luce che va a spegnersi in mezzo al mare, mentre cominciano ad apparire, qua e là, le prime stelle della notte... il sole calante che dona quel colore arancione, caldo e rasserenante, a tutto ciò che illumina… e il rumore del mare, lieve, che va a scontrarsi dolcemente lungo la costa… che spettacolo…
 
Ma quella vista… mi metteva ancora più rabbia nella vene. Da quella spiaggia, con i piedi quasi nell’acqua, guardavo il sole avidamente. Volevo raggiungerlo, volevo toccarlo: ma quel maledetto oceano mi separava da esso, si estendeva davanti a me come un muro invalicabile, impossibile da abbattere, impossibile da oltrepassare.
 
E credo che fu proprio l’ambizione, il desiderio, la mia forza di volontà, a risvegliare quell’antica forza pulsante dentro di me. Quella forza che sentii pulsare tempo addietro, quella fatidica notte nel quale tutto ebbe inizio. La rabbia… il furore…  cominciarono a crescere lentamente, giorno dopo giorno.
 
Finché una mattina, accadde qualcosa che non mi sarei mai aspettato.
 
Ero lì, sulla battigia, immerso nei pensieri, intento a trovare un modo per raggiungere le stelle. Una mattina come tutte le altre: sole alto nel cielo, gabbiani qua e là che starnazzano e litigano per qualche pesce, mare calmo e silenzioso… niente di particolare, insomma.
Prendevo in considerazione qualunque idea, anche la più assurda: avevo persino considerato di costruire… una zattera di legno! Chi lo sa, magari avrebbe funzionato… anche se ne dubitavo fortemente…
Poi, improvvisamente, sentii qualcosa.
 
Sentii una scossa fortissima dentro di me.
Credevo di essermi sentito male o qualcosa di simile: come se un’energia sconosciuta fosse arrivata all’improvviso lì, accanto a me, e io l’avessi avvertita. Barcollai un attimo, per riprendermi... stava succedendo qualcosa di strano. C’era qualcosa di diverso da prima, nell’aria… cominciai a sentire una grande forza pulsare dentro me, la stessa forza al quale, tempo prima, non diedi considerazione. Era di nuovo lì, la percepivo, da qualche parte tra quelle grandi radici. Ed era fortissima.
Mi voltai di scatto, cercando con lo sguardo l’origine di tutta quella forza… e rimasi impietrito.
 
Proprio dietro di me, alle mie spalle, era comparsa una strana figura.
A primo impatto, non seppi dire se fosse stato un uomo o qualcos’altro. Indossava un saio marrone, che gli arrivava fino ai piedi e avvolgeva completamente il suo corpo. Sul suo petto si incrociavano due fasce rosse; il viso, incappucciato, era completamente oscurato. Sembrava quasi… non avere un volto.
Ma sentivo comunque la sua attenzione puntata su di me. I suoi occhi, sempre se c’erano, mi stavano scrutando nella mia interezza; mi stava studiando.
Per diversi attimi, che a me parvero un’eternità, ci studiammo a vicenda. Immobili. Cercavo di scorgere in quell’essere qualcosa di interessante, senza che fosse necessario parlare… ma avevo quasi perso la mia lucidità. Quell’energia che sentivo era arrivata a picchi elevatissimi, mi sentivo scoppiare; inoltre, quella figura riusciva a infondere dentro di me.. ansia. Preoccupazione.
Nessuno dei due faceva la prima mossa. Ci scrutavamo. Non volevo chiedergli chi fosse, qualcosa in me mi impediva di farlo. Ma.. non ebbi scelta.
 
“Tu… chi sei..?”
La figura rimase immobile, nella stessa posizione, e non fiatò. Continuava ad osservarmi. Voleva qualcosa da me, questo l’avevo capito… ma non riuscivo a capire cosa.
Poi, dopo qualche istante, sentii provenire da sotto quel cappuccio una voce forte e profonda. Non so ben dire se fosse una voce reale, o se da quel cappuccio non venne emanato suono… fatto sta che mi parlò.
 
…Non importa chi sia io… l’importante è… chi sei tu.
 
Rimasi più impietrito di prima. Non potevo crederci.
A quelle parole, la mia mente tornò indietro nel tempo in un istante.  Il mio primo ricordo: la grande vetrata. Le prime parole di quell’ombra. Come faceva a sapere? Chi era quell’essere?!
 
E se lui fosse stato… quell’ombra?
Improvvisamente, come in quel luogo, cominciai a provare… odio profondo. Sentii nuovamente quella terribile forza fuoriuscire da ogni parte del mio corpo. Volevo prendere quell’essere, afferrarlo, fargli del male! Non riesco a spiegare perché volessi farlo, ma DOVEVO farlo!
 
In preda a quella profonda ira, senza che io volessi, sentii quell’energia condensarsi nella mia mano destra… finché non si tramutò in qualcosa di reale.
Per un attimo, la sorpresa prese il posto dell’odio: dopo tutto quel tempo, nella mia mano era riapparsa di nuovo quella strana arma. Il Keyblade.
 
Dopo un attimo di sgomento, concentrai di nuovo la mia attenzione verso l’essere. Era ancora immobile, continuava a fissarmi. Quella sua calma, quel suo autocontrollo… mi irritavano sempre di più.
 
Mi lanciai contro di lui, impugnando saldamente quell’arma nella mia mano… ma il colpo non andò a segno. Non so come, ma… era scomparso!
Mi voltai, cercandolo con lo sguardo… e me lo ritrovai ad un centimetro dal mio viso.
E disse…
 
Vieni con me.
Dopo quelle parole, cominciai a sentirmi strano. Non capii.. se era il buio che c’era sotto quel cappuccio ad avvicinarsi a me.. o se ero io che venivo risucchiato da esso. Fatto sta che dopo qualche istante… il buio mi circondò.
 
 
 
 
Quando riaprii gli occhi… mi resi conto di non essere più sull’isola. O almeno.. credo.
Ero sul bordo di un grande pezzo di terra, sospeso a mezz’aria in mezzo ad una tremenda tempesta nera. Sopra di me, un enorme sfera oscura risucchiava tutto ciò che poteva. Sradicava alberi dal suolo, cespugli, assi di legno;  attirava tutto dentro di se, facendo scomparire qualsiasi cosa come in un enorme buco nero.
Mi guardai intorno sbalordito, impugnando il mio keyblade nella mano destra. Poi focalizzai l’attenzione su colui che mi aveva portato in quel luogo: quell’essere.
 
Era lì, dall’altro lato dell’isola fluttuante. Stava aspettando la mia mossa.
 
Prova a colpirmi… se ci riesci.
 
Furibondo, strinsi ancora di più la morsa sul keyblade e mi lanciai su di lui. Sferrai il primo colpo, ma lo schivò con grande agilità, posizionandosi dietro di me. Mi voltai nuovamente per cercare di colpirlo, ma dal suo cappuccio fuoriuscì un alone che mi stordì per qualche istante.
L’essere colse l’occasione per prepararsi all’offensiva. Si allontanò e, immobilizzandosi, cominciò ad emanare uno strano bagliore violastro. Intorno a lui, cominciarono a comparire dal terreno delle piccole creature antropomorfe, dal colore degli occhi giallo intenso: ancora non sapevo cosa fossero. Era la prima volta che le vedevo…
Dopo qualche secondo, nel quale la figura incappucciata sembrava comunicare silenziosamente con le sue creature, queste cominciarono a muoversi in gruppo verso di me.
Mi preparai, deciso più che mai a farle fuori una dopo l’altra. Sapevo benissimo che il mio obiettivo non erano loro… ma lui.
Mi assalirono in gruppo, ma con qualche fendente riuscii comunque a farne fuori la maggioranza. Uno mi sorprese: mentre stavo per colpirlo, si nascose sottoterra… per poi riemergere alle mie spalle: fu lì che sentii quanto fossero affilati gli artigli di quelle creature.
Ma anche con quest’ultimo, non ebbi problemi. Rivolsi nuovamente lo sguardo con l’incappucciato, ma non feci in tempo ad accorgermene che ne aveva evocati molti altri che questi mi saltarono addosso, ammucchiandosi su di me.
 
Rimasi per qualche secondo sepolto sotto quella valanga di mostriciattoli. Poi, deciso più che mai a liberarmi e pervaso da quella rabbia istintiva, diedi fondo al mio potere: scatenai una fortissima onda d’urto che scaraventò le creature fuori dal campo di battaglia, nel tornado. L’onda d’urto raggiunse anche l’essere, che rimase stordito da essa.
Quello fu il momento giusto. Corsi verso di lui… e cominciai a massacrarlo di fendenti e stoccate. Rimasi anche io colpito dall’agilità con il quale maneggiavo quell’arma: nonostante l’avessi utilizzata solo una volta fino a quel momento, riuscivo comunque a maneggiarla in modo impeccabile.
 
Ma… dopo qualche colpo… cominciai ad accorgermi che il mio corpo stava soffrendo. Ad ogni colpo che infliggevo al mio nemico, ero io a soffrire.
 
E se… tutti quei colpi… si stessero ripercuotendo su di me?
 
Dopo aver incassato numerosi colpi, la figura era ancora in piedi. Ero stremato dal dolore; ma la rabbia animava sempre di più la mia voglia di colpire quell’essere, e la sua volontà di rimanere ancora in piedi, di non sottomettersi a me… era un affronto.
Corsi verso di lui per colpirlo ancora, ma, quando feci per colpirlo, si volatilizzò. Ma lo sentivo: era dietro di me.
Mi girai lentamente… e lui era lì. Con quella sua aria di indifferenza, che continuava a darmi sempre più sui nervi. In preda alla collera, gridai: “CHI SEI?!”
 
Credo sia giunto il momento di finirla con questa pagliacciata.
Io… sono ciò che sarai. Sono il tuo futuro.
  
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