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Autore: Nymphna    28/11/2012    6 recensioni
[Disney]1-Jasmine~ “Voglio volare” bisbigliò. Il vecchio Joe scoppiò in una risata strana, sguaiata, che sembrava l’abbaiare di un cane.
2-Cindy~ Lui l’aveva riconosciuta. L’aveva cercata. Ma, soprattutto, l’aveva trovata.
3-Ariel~ Quel ragazzo meraviglioso con la risata contagiosa e il viso impertinente l’aveva appena baciata.
4-Belle~ E lei voleva un’avventura? Lei chiedeva di avere qualcosa in più? Proprio lei, che non aveva mai fatto niente.
5-Esmeralda~ Prese un Tennessee Wisky e ne ingollò due grandi sorsi. Poi ripensò a Febo e la preoccupazione prese il sopravvento.
6-Aurora~ “Perché sorridi?” domandò la mora. “Ora ti racconto” disse Aurora, i capelli sciolti che si muovevano al vento “Anch’io ho trovato l’amore”
7-Jane~ "Io non voglio perdere la libertà. Ma soprattutto non voglio perdere papà. E nemmeno te."
8-Meg~ "Sei veramente … fantastica. Una forza” “No. Sono tremendamente sola”
9-Blanche~ "Ma quella sera il baco si era aperto e ne era uscita una meravigliosa farfalla.
10-A Whole New World~ Fine.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6, Aurora.
(da mercoledì 30 giugno a sabato 10 luglio)

 


Era in un corridoio molto lungo e soprattutto spoglio. Non c’era luce, ma era luminoso. C’erano solo porte a dire la verità, molte porte sulla destra e sulla sinistra, ma lei proseguiva dritta, sapendo con certezza che avrebbe trovato qualcosa, laggiù. Forse un’altra porta, forse delle scale o forse sarebbe solamente uscita. Non sapeva dire se fosse ciò che voleva veramente, ma in quel momento si sentiva talmente in apatia da non comprendere il suo volere. Si sentiva solamente un po’ confusa, con un leggero mal di testa e le membra pesanti. In ogni caso, continuò a camminare. Ne sentiva il bisogno e il dovere, come se fosse un ordine che le era stato dato e che lei approvava. Ogni tanto sentiva delle voci di sottofondo, ma non erano così chiare da poter capire che cosa stessero dicendo. Una volta le era sembrato di udire la voce di sua madre ma poi solo un leggero brusio. Non sapeva da quanto tempo fosse lì che camminava lentamente, ma sembrava che non importasse e che non ci fosse uno scorrere di secondi, minuti, ore. All’improvviso, però, le sembrò di sentire una folata d’aria fresca muoverle i capelli, un profumo conosciuto e antico e sorpresa si voltò cercando di trovarne la fonte. Dietro di lei il corridoio era buio anche se non le sembrava di essere mai stata in un posto con così poca luce, eppure era sicura di aver camminato per tanto. Improvvisamente sentì anche qualcosa che la richiamava indietro, come se fosse una voce, ma era solo una sensazione. Si fermò indecisa. Da una parte la luce la chiamava verso di sé ed era curiosa di andare lì. D’altro canto voleva tornare indietro e sentire di nuovo quella folata fresca con odore di montagna. Fece un passo dalla parte opposta alla luce. Le costò un’enorme fatica, ma improvvisamente sentì di nuovo il cuore pieno di emozione, di determinazione, di voglia di vivere. Continuò a camminare. E quando fu nel buio più assoluto… le sembrò di non trovare più terreno sotto i piedi e si sentì cadere giù, giù…


Aurora Reale si svegliò di soprassalto, urlando. Sentiva goccioline di sudore gelido scenderle dalla fronte e ci mise un po’ a calmare il respiro affannoso. Poi girò la testa e si guardò intorno. Era in camera sua. Le tende semi trasparenti di colore rosa erano drappeggiate davanti alle finestre per non far entrare la luce del tramonto, ma la sua vista fu attirata da qualcosa che vide con la coda dell’occhio. Si trattava di uno strano marchingegno bianco che emetteva strani suoni. Bip… bip… bip. Lo guardò meglio e con terrore si rese conto che serviva a misurare i battiti del suo cuore. Non fece in tempo ad accorgersi di altro che, fragorosamente, i suoi genitori e le sue tre zie irruppero nella sua stanza sbattendo la porta.
“Aurora!” esclamò suo padre, correndo verso di lei e baciandole la fronte “Sei sveglia!” venne spostato bruscamente dalla madre, Regina, una bellissima donna che dimostrava la metà dei suoi anni, con lunghi capelli biondi a boccoli che la guardò per qualche secondo con le ciglia impregnate di lacrime. Aurora la guardò sentendosi in colpa per qualunque cosa avesse fatto.
“Mamma” gracchiò con una voce che non riconosceva aver mai avuto.
“Oh, tesoro!” esclamò sua madre abbracciandola forte. La strinse per molto tempo, finchè la ragazza non riuscì a divincolarsi con un sorriso. La guardò un momento.
“Mamma, non sono più una bambina” disse infine. Il padre si stava asciugando le lacrime con la punta di un lungo dito e la madre lo abbracciò scoppiando a piangere sulla spalla del marito. Si fecero avanti le tre zie, l’una con l’aria colpevole, l’altra sciolta in lacrime e l’ultima furiosa.
“Stai bene piccola mia? Non dovevamo permetterti di organizzare quella festa, non dovevamo proprio” sbottò Flora, la più anziana delle tre, stretta nel suo abito rosa shocking. Aurora la guardò senza capire. Festa? Quale festa? Ricordava di doverne organizzare una con Ariel e Jasmine, ma non era certo già passata. Mancava sicuramente ancora quasi una settimana e si ricordava bene che proprio quel giorno ne avevano parlato insieme.
“Massì, tesoro!” esclamò Fauna, abbracciandola e bagnandole la camicia da notte di lacrime “La festa a cui volevi invitare quasi tutta la scuola!”
“Non puoi certo non ricordare!” strillò Serena “Hai rischiato la vita!”
“Ma certo, ma certo” balbettò Regina scostandosi dal marito e asciugandosi le guance “Ragazze, andate per favore, il medico ha detto che avrebbe potuto dimenticare qualcosa… siamo già fortunatissimi perché si è risvegliata. Andate a riposare” Serena cercò di opporsi, ma Flora la afferrò per la cintura che le strizzava la vita e la trascinò fuori dalla porta.
“Mamma, non capisco…” mormorò la ragazza.
“Chiamo subito il dottore!” esclamò imperioso Stefano, il padre di Aurora, uscendo dalla stanza. Regina si accomodò sul letto vicino a lei e le appoggiò una mano sulla gamba.
“Tesoro, qual è l’ultima cosa che ricordi?” le domandò con dolcezza.
“Io ricordo che era l’ultima settimana di scuola e io, Ariel e Jasmine ci stavamo mettendo d’accordo per organizzare…” si fermò un momento, ricordandosi che i suoi genitori non dovevano sapere niente, abbassò la testa arrossendo violentemente.
“Non ti preoccupare tesoro, sappiamo della festa” disse la madre “Continua, fidati di tua mamma, come da piccola” Aurora ci pensò un po’, ma se sua madre sapeva che stava organizzando la festa, allora non c’era bisogno di nascondere la verità.
“Va bene… stavo organizzando una festa, ho pensato che dal momento che tu e papà eravate dall’altra parte d’America per andare a prendere quei vostri amici, e Ariel voleva diventare popolare, avrei potuto organizzare una grande festa per lei” spiegò, con la sensazione di togliersi un macigno dal cuore e di tradire qualcuno “Ma non è ancora il giorno della festa, no? Manca ancora una settimana” Regina le prese una mano fra le sue, delicatamente, e la guardò tristemente per un momento, si accostò ancora un po’ a lei e sospirò profondamente.
“In realtà, tesoro, oggi è il mercoledì dopo la festa.” Aurora scosse la testa senza capire. La madre le posò con delicatezza due dita sulle labbra “Ascoltami piccola mia. La scuola è finita, sei in vacanza e sei uscita con ottimi voti senza dover fare gli esami finali, ti sei impegnata tanto e te lo meritavi. Tu, Ariel e Jasmine avete fatto la vostra festa. E’ stata grandissima e c’era un sacco di gente, ma proprio per questo sono entrate delle persone molto cattive che hanno fatto del male a una ragazzina che avevate invitato. Lei è in coma adesso. E tu stavi cercando di trovare le tue amiche, quando un pezzo di vaso ti ha colpita alla testa… sei rimasta… in coma… oh, tesoro… per tutto questo tempo!”
“Cosa?!” non poteva credere a ciò che la madre le diceva. Ma quando Regina si alzò per dirigersi verso il marito, lo sguardo le cadde sulla scrivania laccata di rosa, in fondo alla stanza. Sopra c’erano un sacco di oggetti portati come in un ospedale. E capì che era la verità.


Ariel andò a farle visita quel pomeriggio, accompagnata da Eric. Aurora non ricordava che fossero diventati amici, ma probabilmente li aveva presentati alla festa. L’amica aveva gli occhi stanchi e si vedeva che era distrutta. La camicetta era spiegazzata e il trucco leggermente sbavato, come se avesse pianto. Eric sembrava un po’ imbarazzato alla sua presenza, forse perché non era mai entrato in casa sua e non conosceva i genitori e le tre zie.
Il dottore le aveva tolto tutte le flebo che l’avevano tenuta in vita in quel breve periodo di coma, e dopo aver mangiato un brodo al pollo fatto da Fauna, Aurora si sentiva di nuovo in forze. Quando Ariel entrò, si sentì felice perché l’amica non l’aveva abbandonata e quando vide Eric subito dopo di lei sentì un tuffo al cuore come al solito. Forse era vero che si era innamorata, come dicevano le amiche… si stupì di non vedere Jasmine insieme a loro. Sorrise cercando di alzarsi dal letto, ma l’amica con un sorriso tirato le fece cenno di sdraiarsi e Aurora le fu mentalmente grata perché non si sentiva ancora in grado di stare in piedi. Entrambi si sedettero accanto a lei, Eric su una sedia e Ariel sul letto vicino a lei, la abbracciò forte e scoppiò in lacrime. Aurora cercò di consolarla, anche se non capiva perché stesse piangendo.
“Scusa se non ti sono stata più vicina” singhiozzò.
“Cos’è successo?” domandò Aurora quasi spaventata. Ariel si ridiede un contegno, e questa volta notò che lei e il ragazzo si erano presi per mano. Forse erano diventati molto amici, o forse erano stati vicini l’un l’altro mentre lei stava male… non poteva perdonarsi per aver lasciato le sue amiche e il ragazzo che frequentava in una situazione così disperata all’improvviso.
“Sono successe mille cose… le tue zie dicono che non ricordi nulla della settimana passata” disse Ariel, asciugandosi gli occhi e lanciando un’occhiata allarmata ad Eric. Chissà cos’è successo, si domandò Aurora, per fare in modo che si guardino così.
“No, non ricordo nulla. Ricordo solo domenica scorsa. Quando abbiamo fatto i biglietti.” Rispose. Ariel sospirò e cominciò a raccontare.
All’inizio fu come il ricordo di un sogno già fatto altre volte, come se Ariel le avesse dato l’input per farle ricordare la sequenza. Man mano che andava avanti gli episodi e le immagini cominciarono a dispiegarsi davanti ai suoi occhi, anche se ancora confuse, ma ricordò con sicurezza che i suoi stavano per partire per andare a prendere i loro amici e il figlio, Uberto, Mia e Filippo. Si ricordò il suo sdegno pensando che un ragazzo avrebbe dovuto stare nella sua seconda camera da letto (e almeno sperava che i suoi avessero avuto il buon senso di spostare le sue cose da un’altra parte), si ricordò di Jasmine, che non aveva visto per giorni per poi entrare in camera sua con Ariel, ricordò addirittura che lei ed Eric si erano incontrati alla Dream’s House, dopo che era riuscita a trovare Ali, il ragazzo di Jasmine.
Quando Ariel le disse come si era comportata nei confronti di Eric e lei, la fece interrompere con la scusa di dover andare in bagno, racimolò tutte le sue ultime forze e si alzò dal letto. Barcollò fino al bagno e si lasciò cadere con sollievo sul water. Non poteva credere di aver detto alla sua migliore amica che le aveva lasciato il ragazzo perché era stata lei a mettersi di mezzo, addirittura chiedendo scusa. Capì che aveva fatto la cosa giusta, ma il cuore, da qualche parte, protestava. Certo, lei aveva sempre sacrificato tutto per le sue amiche, ma addirittura il ragazzo di cui si stava innamorando… certo, era molto da lei. Sapeva che l’avrebbe fatto mille volte per Ariel e Jasmine, ma anche per chiunque altro. C’era qualcosa dentro di lei che le diceva che però aveva sbagliato. Si rendeva conto di essersi affidata alla sorte completamente. Capiva che per lei non c’era niente. Guardandosi le mani come ipnotizzata, si rese conto che non poteva assolutamente continuare così. Aveva lasciato il ragazzo di cui era quasi innamorata alla sua amica, che nonostante tutto, inutile negare, non le era mai stata vicina quanto lei. L’aveva lasciato andare senza lottare.
Si alzò con fatica, reggendosi al lavandino, e guardandosi allo specchio decise che non doveva più essere così passiva nelle cose. Doveva smetterla di dire sempre “sì”, e se per una volta voleva fare di testa sua, tanto meglio. Anzi, adesso era il momento di non essere più la fragile principessina. D’accordo, era la figlia del consigliere italiano e di una madre di nome Regina, avrebbe accettato la sfida. Strinse il bordo del lavandino fino a far diventare le nocche pallide, poi uscì dal bagno lentamente, a passi corti e misurati, in modo da non sembrare affaticata. In ogni caso, quando arrivò al letto, nascose un sospiro di sollievo. Ormai non poteva fare nulla per salvare la relazione con Eric, ma ciò che le era cominciato a girare in testa mentre tornava in camera era che mentre era addormentata aveva sentito con chiarezza qualcosa che la trascinava indietro. Non sapeva che strana forza fosse, ma magari era l’amore della sua vita che la aspettava. Certo, sicuramente era lui, altrimenti non avrebbe avuto senso.
“Continua pure” disse all’amica.
Ciò che Ariel le raccontò dopo sembrava fuori dal mondo per quanto era orribile. Una catastrofe dopo l’altra, un susseguirsi di maremoti fin sulla spiaggia, terribili e devastanti. La festa era cominciata bene, certo, ma c’era stato qualche infiltrato. Qualcuno con capelli neri e folti che aveva propinato a una ragazza addirittura della droga e che si era lavato le mani della faccenda quando sette uomini avevano stuprato la ragazzina. Ariel disse che si chiamava Blanche Woodson, e Aurora pensò che fosse la fine peggiore che potesse fare una ragazzina. Ricordava i suoi quattordici anni, e di certo non pensava al sesso. Seppe che Ariel non era con lei quella sera perché stava aiutando la ragazzina e proprio in quel momento era arrivata la polizia, peggiorando la situazione. Seppe che da quella sera Jasmine non era più stata vista da nessuno, era sparita con Ali. L’amica rossa scoppiò a piangere con queste parole, e Aurora pensò che si sentiva davvero in colpa con se stessa per aver lasciato tutti in quel modo, specialmente la rossa, che era rimasta sola a fronte di poliziotti, giornalisti e compagnia. Ma cosa sto pensando?, si disse subito dopo, ricordandosi il suo proposito. Certo, poteva anche sentirsi in colpa, ma lei era rimasta in coma per tre giorni interi, appesa a un filo, senza sapere se sarebbe vissuta o se non avrebbe mai più rivisto la luce del sole. Non poteva certo rimproverarsi per questo. Solo, dato che la festa alla fine era stata colpa loro, di tutte e tre, sua, di Ariel e di Jasmine, era il caso che loro tre rimettessero a posto ciò che era successo. In realtà non sapeva come, ma forse parlando con qualcuno che era presente alla festa ne avrebbe saputo qualcosa in più.
Espose ad Ariel la sua idea, e quest’ultima le disse che si era trovata in amicizia con Cindy Tremaine, la cameriera della Dream’s House che si era fidanzata con Christopher LeRoi, il famoso ereditiero, e le propose di chiamarlo. Aurora acconsentì, ma voleva farlo da sola, quando si sarebbe sentita più in forze. Quando Ariel ed Eric se ne andarono, rimase a lungo ad occhi socchiusi, nella penombra, in dormiveglia, pur pensando a tutto ciò che era successo che lei non si ricordava. Ripensò alla sua ultima decisione, convincendosi che fosse quella giusta, e quando si addormentò era sfinita dal troppo pensare. Non si svegliò nemmeno per cena.


Tre giorni dopo, Aurora stava camminando in giardino, con accanto il suo cane Sansone, un alano tedesco più grande del normale, che le arrivava alla vita da seduto. Era il suo fido compagno di molti anni, erano stati bambini insieme ed ora era diventato un compagno affidabile e protettivo, bianco con qualche chiazza nera sul dorso e una sul testone. Ricordava che gliel’aveva portato proprio la famiglia di Umberto, Mia e Filippo per il suo decimo compleanno.
Aveva incontrato gli amici dei suoi, e non riusciva a capire come facessero a vivere insieme, nonostante fosse una comica ogni volta che Umberto e Stefano si incontravano. Erano uno l’opposto dell’altro: il padre di Aurora era alto quanto l’amico basso, magro quanto l’altro grasso, scuro di capelli come l’altro ormai bianco… c’era sempre qualcosa che non andava, ma Regina era una mediatrice nata e faceva sempre in modo che bevessero un bicchiere di vino in più, in modo che diventassero abbastanza allegri da concludere che avevano discusso per “bagianate”. Mia era molto dolce e gentile, di almeno vent’anni più giovane del marito, bella quasi quanto la madre, con gli stessi capelli castani del figlio Filippo.
Ragazzo che Aurora non aveva quasi mai visto. L’aveva incrociato una volta per il corridoio e ciò che le era rimasto più impresso era stato il suo odore dolce di bagnoschiuma al pino, che l’aveva investita con una folata leggera. Eppure, le era rimasto così dentro. Le avevano detto che studiava molto. Il sogno del ragazzo era diventare veterinario e frequentava un’ottima scuola newyorkese. I genitori erano profondamente fieri di lui.
Svoltò nel sentiero con Sansone a fianco che trotterellava con la lingua di fuori, scodinzolando, finchè non arrivarono davanti alla sua casetta. “Casa dei giochi di Aurora Reale”, c’era scritto su una targhetta. La ragazza spinse la porta ed entrò.
La prima cosa che notò della sua casetta fu che era invasa da un odore che non era il suo, alla rosa. Sapeva di muschio, di pulito, di doccia fresca e di libri nuovi. Quando guardò verso il tavolo, quasi gli sembrò di vedere un quadro: Filippo era seduto, leggermente sbilanciato in avanti, reggendosi il mento con la mano sinistra, la destra appoggiata sul tavolo a scarabocchiare qualcosa su un foglio di carta bianca, una gamba in avanti e una leggermente indietro, i piedi scalzi sul legno, i capelli castani scompigliati dal vento. Lo guardò per un momento, mentre Sansone andava verso di lui scodinzolando e il moro alzava la testa.
“Aurora” la salutò alzandosi sorridendo “Vedo che ti sei ripresa” si avvicinò a lei e le porse la mano. La ragazza un po’ in imbarazzo la prese e a sorpresa, Filippo le fece il baciamano. Ridacchiò vedendo che arrossiva.
“Cosa stai facendo qui?” domandò Aurora, sapendo che era una domanda stupida e ovvia, ma senza preoccuparsene troppo.
“Studio” disse lui alzando le spalle “Ma posso fare una pausa. Sai, qui mi concentro molto… bene” concluse facendole l’occhiolino e facendola arrossire ancora. “E tu?”
“Questa è la mia casetta dei giochi, l’unica in cui posso stare tranquilla” improvvisamente si rese conto che stava confidando ad un estraneo cose chiuse nel suo cuore, specialmente riguardo alla sua casetta, quella in cui passava pomeriggi interi a studiare e a pensare, a volte a disegnare. Realizzò che quell’estraneo era lì, e che stava invadendo il suo spazio privato. Si scostò da lui, ma Filippo rinforzò la presa. Aurora capì che non le aveva ancora lasciato la mano da quando gliel’aveva stretta.
“Cosa c’è?” le domandò, notando ostilità nei suoi occhi.
“Vai via” disse solamente lei con voce bassa. Non voleva apparire troppo aggressiva, ma rivoleva la sua intimità, la sua casetta. Non voleva certo condividere le sue cose con un estraneo…
“Perché? Sono forse un estraneo?” Aurora trattenne il respiro, perché lui aveva detto esattamente ciò che lei stava pensando. Filippo non si era mai curato di lei. Certo, essendo più grande di qualche anno era andato al suo battesimo, da piccoli a volte giocavano insieme, ma quando lei e Christopher si lanciavano in avventure mozzafiato nelle scale e nel bosco di casa sua, il moro non partecipava mai. Preferiva passare il tempo da vero aristocratico qual’era, senza giochi futili e sporcizia infantile: Filippo era un vero principe azzurro. Sapeva andare perfettamente a cavallo, giocare a tennis e a golf, indossava abiti firmati ed era sempre perfettamente profumato. Era proprio questo che la stupiva tanto: come poteva sapere di pino anche quando aveva sudato e fatto sport? Annuì lentamente, quasi incantata dai suoi occhi da cui non riusciva proprio a staccarsi. “Ma io non sono un estraneo. Ci conosciamo da sempre! Ti ricordi? Quand’eravamo piccoli giocavamo spesso insieme, prima che i miei si trasferissero.”
Aurora ricordava quei tempi. Ancora prima che smettesse di giocare con lei e Chris, quando aveva solo quattro anni e lui dieci, costruiva teatrini di marionette per lei, si esibiva in corse a perdifiato e in piroette e capriole. Poi se n’era andato, e con lui quel bambino simpatico col naso un po’ a patata che la faceva ridere tanto.
“Lo so. Ma ora non più. Sono trascorsi molti anni”
“E le lettere?”
“Quali lettere?” domandò Aurora stupita da quella nuova rivelazione. Lei non aveva mai ricevuto lettere, né tantomeno ne aveva inviate. Le cartoline ad Ariel e Jasmine, forse, ma non aveva certo mai inviato lettere.
“Certo, quelle che ti ho inviato in tutti questi anni”. Aurora notò che Filippo diceva la verità. Non poteva mentire, i suoi occhi erano carichi di speranza e aspettativa. Capì che non era un caso se si era trasferito a New York, che lui aveva sempre saputo che a lei era mancato e che gli voleva bene, intuì che però qualcuno le aveva nascosto qualcosa.
Non era difficile capire chi. Il padre era troppo impegnato per guardare nella posta e la madre non si sarebbe mai intromessa. Piuttosto, sarebbe stata felice e avrebbe parlato con la figlia del ragazzo bello, ricco e gentile che le mandava lettere. Non avrebbe certo preso le lettere. Eppure, in casa c’erano solo altre tre persone che giravano, ed erano le sue zie. Non poteva credere che Flora, Fauna e Serenella avessero nascosto delle lettere per lei da un amico di infanzia. Cosa avrebbe dovuto esserci scritto di così importante da nasconderle? Filippo non era certo un agente FBI in copertura. Lo guardò ancora un momento, e quando realizzò che le erano state nascoste delle cose del passato, che altre non le ricordava nemmeno lei perché era finita in coma, che aveva quasi distrutto casa per una festa, che sotto la sua responsabilità una quattordicenne era finita in coma e che la sua amica Jasmine era sparita insieme al suo ragazzo Ali non ce la fece più. Scoppiò a piangere e corse via. Non ne poteva più di essere lasciata da parte in tutti gli avvenimenti. Anche lei doveva avere una vita. Corse, con Sansone che le uggiolava a fianco, seguita dal suo nome urlato al vento da Filippo, rimasto in piedi sulla porta della casetta.


Aurora si sedette sul suo letto e portò le ginocchia al mento. Voleva riprendersi la sua vita, voleva essere lei a decidere, a muovere le cose. Prese un block notes e nella sua grafia elegante scrisse tutto ciò che aveva intenzione di fare per rimettere a posto le cose, e una delle prime era cercare di capire qualcosa di quello che era successo e chiedere scusa a chi poteva. Alzò la cornetta del telefono e chiamò Cindy. Decise di far finta di non aver perso la memoria, e se si fosse dimostrata educata e sveglia, non avrebbe fatto domande. Digitò il numero lentamente e attese con ansia che Cindy rispondesse. Forse era al lavoro, pensò. Ma Cindy rispose.
“Pronto?” domandò con voce squillante e chiaramente felice.
“Ciao Cindy, sono Aurora… ci siamo conosciute alla festa, ricordi? Sono Aurora Reale” Cindy ebbe un momento di esitazione.
“Si, certo, ricordo! Dimmi pure, hai bisogno di qualcosa?” domandò allegramente.
“In realtà si, per favore. Vorrei sapere cos’è successo. Mi hanno detto che una ragazzina è in coma, dopo la festa” disse piena di aspettativa. Cindy sospirò sonoramente.
“Si, ma nessuno sa chi possa essere stato. Girano alcune voci, dicono che è stata Esmeralda Tzigane, la conosci?” Aurora le disse di sì “Ecco, lavora qua alla Dream’s House, ma io sono certa che non è stata lei. Non farebbe mai una cosa del genere. D’accordo, è un po’ particolare, chiusa in se stessa e aggressiva a volte, ma non andrebbe mai a drogare una ragazzina di quattordici anni, non è stupida”
“No, certo. Sai mica se posso parlarle?” chiese ancora Aurora.
“Non credo proprio… sai, è venuta addirittura la polizia a cercarla e ha chiamato mercoledì mattina per dire che non si sarebbe avvicinata se c’erano giornalisti o poliziotti in giro. Così Garth la sta proteggendo” spiegò semplicemente “Comunque, accetta che venga solo un poliziotto. Febo Sungood… credo ci sia molto feeling fra loro. Se vuoi parlarle però, forse io posso aiutarti… sono l’unica con cui parla, ultimamente. È molto preoccupata anche lei per l’accaduto”
“Certo” confermò Aurora. Voleva assolutamente scambiare due chiacchiere con lei e sapere chi era stato a rovinare tutto. C’era solo un’imbarazzante verità… “Potreste venire a casa mia, non so, venerdì pomeriggio? I miei mi hanno messa in punizione. E domani dovrei uscire, è l’unico giorno alla settimana in cui ho via libera”
“Gliene parlo e ti richiamo questa sera” confermò Cindy con la sua voce dolce “Ci sentiamo. Ciao!” Aurora la salutò, poi scese in salotto e vide che la madre, Mia e le tre zie stavano parlando. Le raggiunse con discrezione e le offrirono gentilmente dei biscottini col tè. Li rifiutò. Voleva parlare con loro. Aveva capito che Filippo era sincero quando le aveva detto che le aveva inviato molte lettere e voleva saperne di più.
“Volevo parlarvi di una cosa” disse, versandosi del tè.
“Certo, cara, sai che puoi dirci quello che vuoi” le rispose la madre incoraggiante. Mia fece finta di dover andare in bagno, capendo al volo che era una situazione intima, e le lasciò sole.
“Perché Filippo mi ha inviato molte lettere e io non ne sapevo niente?” osservò con attenzione gli sguardi delle donne davanti a lei. Regina era sinceramente stupita e la guardò come se non avesse inteso la domanda. Furono i visi delle zie a farle capire che aveva azzeccato. Flora, i seni prosperosi scoperti da una scollatura rosa fin troppo ampia per una cinquantenne come lei, la guardò come se Aurora l’avesse scoperta con le mani in un vasetto di Nutella. Fauna si portò una mano davanti alla bocca e le sue gambe magre tremarono leggermente. Serenella balzò in piedi, rimettendosi a posto con foga la gonna di satin azzurro.
“Oh, lo sapevo che avreste dovuto smetterla con queste cavolate!” sbottò “Aurora è troppo intelligente perché non capisca questo genere di cose, e soprattutto che se adesso Umberto e Mia sono qui è colpa nostra!”
“Colpa vostra?” balbettò Regina “Ma cosa avete fatto?”
“Queste maledette mi hanno costretta…” cominciò Serena.
“Smettila, Serenella!” la rimproverò Flora “Abbiamo solo pensato che tenendo nascosta ad Aurora la promessa con Filippo, sarebbe stata più libera di crescere e scegliere cosa fare nella vita”
“Io sono…cosa?” domandò Aurora senza capire.
“Oh, ti prego, perdonaci” piagnucolò Fauna “Noi non volevamo che tu ti sentissi legata a qualcosa di troppo grande all’improvviso, senza essere pronta… volevamo solamente che scoprissi da sola di essere innamorata di Filippo!”
“Innamorata di Filippo?” domandò Aurora con la voce più alta di due ottave. Un sospetto incredibilmente inquietante stava prendendo forma nella sua mente. Si girò a guardare la madre “Quindi voi mi avete fidanzata a Filippo… e non avevate intenzione di dirmelo? E’ per questo che non eravate felici quando frequentavo Eric? È per questo che ora loro sono qui?” la madre la guardò senza capire.
“Io… io non ho mai deciso di fidanzarti con nessuno!” squittì intimorita “Io avevo solamente detto, un giorno lontano, che sarebbe stato bello se tu e Filippo vi foste sposati, ma è stato solamente un commento casuale…” si guardò intorno spaventata. Sembrava terribilmente Fauna in quei momenti. “Io non ti avrei mai costretta a fare qualcosa che non ti rendesse felice, bambina mia! E non avevo idea che Filippo ti mandasse lettere!”
“Certamente!” esclamò imperiosa Flora “Infatti è stato tuo padre Stefano, insieme ad Umberto, a prometterti al ragazzo. Era il partito migliore, molto migliore di Christopher LeRoi. Stava per fidanzarti a lui!”
“Cosa?!” esclamarono in coro madre e figlia. Regina saltò in piedi e cominciò a fare grandi cerchi intorno alle poltrone del salottino.
“Dovremo fare una bella chiacchierata con Stefano” decise infine “Ha omesso qualcosa specialmente a me, per anni! Ha sempre saputo che non tollero le bugie!” il suo bel viso, così simile a quello della figlia, prese un’espressione tipica di Serenella. Era la figlia minore dei genitori, la più bella e quella che aveva più preso dalle sorelle. Era uno strano miscuglio di imperiosità, capacità decisionale, capricciosità, timidezza e bontà. E in quel momento ogni sfumatura del suo carattere le passava sul volto come una maschera. “Lo chiamerò subito! Deve tornare subito a casa e…” in quel momento tornò Mia, i corti capelli castani un po’ spettinati, guardando Regina a bocca aperta.
“Quindi tu non sapevi…” cominciò “Non sapevi che i nostri figlioli erano fidanzati?”
“Tu lo sapevi?!” strillò Regina puntandole il dito contro. Aurora comprese che c’erano state più di un’omissione e che ora stava per succedere qualcosa di decisivo nella sua vita e nella loro. Perse la pazienza. Molte cose erano state fatte contro di lei e a insaputa di sua madre, che sapeva tutto di lei, addirittura senza chiederle un parere. Si rese improvvisamente conto che se non avesse incontrato Filippo in quel frangente, non l’avrebbe mai scoperto e un giorno suo padre l’avrebbe accompagnata all’altare senza nemmeno dirle dove stava andando.
“Finitela!” esclamò alla fine. Le altre donne smisero di becchettarsi “Siete più infantili di quanto pensassi!” strinse i pugni, girò i tacchi e uscì dalla porta principale. Proprio lì fuori incontrò Filippo, con il bel viso tirato.
Lo guardò per un lungo momento, in cui lui cercò di tirare fuori un bel sorriso. Aurora alzò le spalle.
“Ho appena scoperto che avremmo dovuto sposarci” disse infine, senza sapere che altre parole andassero bene. Filippo sbatté le palpebre un paio di volte. La guardò spalancando gli occhi, poi disse:
“Che cosa?!” e Aurora sentì la tensione che si scioglieva, la rabbia svanire, l’irritazione diventare talmente piccola che non fu più presente, si sentì invece pervadere dall’ilarità: Filippo era un bellissimo, perfetto sconosciuto venuto a New York solamente per studiare, dopo un commento ingenuo della madre i padri avevano deciso di fidanzarli a insaputa di tutti, o forse avevano solamente bevuto un po’ troppo e ne avevano parlato, mentre le zie avevano invece capito che fosse una cosa seria. Sarebbe stato talmente tipico. Aurora scoppiò a ridere sonoramente e Filippo la seguì poco dopo, lì, sulle scale. Si sentiva libera da qualcosa che non aveva mai avuto, si sentiva completamente sorda alle urla che ancora provenivano dalla loro casa e improvvisamente capì che la famiglia Ducati era lì per errore. Mia non sapeva niente di ufficiale, era solo qualcosa che i genitori avevano sempre sperato. Risero finchè non si dovettero sostenere a vicenda, poi cominciarono a parlare.
Aurora gli raccontò che le sue tre zie erano sempre state dietro di lei, l’avevano sempre controllata e protetta, anche se a volte in maniera eccessiva, gli raccontò di Ariel e Jasmine, di ciò che era successo con Eric, della sua scuola, di ciò che avrebbe voluto fare dopo, gli raccontò di Sansone, della Dream’s House, della festa, dei ragazzi che andavano a scuola con lei, di ciò che le piaceva fare. Gli parlò delle sue passioni, di ciò che aveva fatto in tutti quegli anni, dello sport, delle ragazze cheer leader, che non si era mai sentita parte di loro. E Filippo le disse che da piccolo si era preso una cotta per lei e che era convinto che lei se ne fosse accorta, che era per questo che le aveva scritto tante lettere, le raccontò che a scuola aveva avuto degli amici un po’ bulli, delle sue corse per Los Angeles di notte, del viaggio di diploma a Las Vegas, le raccontò della relazione che aveva avuto con una professoressa, di essere stato eletto Mr. Los Angeles una sera in cui aveva bevuto troppo.
La ragazza lo trovò brillante, simpatico e divertente, intelligente e con la battuta pronta. Pensò che fosse un ragazzo davvero perfetto anche se aveva fatto le sue scorrerie con la banda di amici. Decisero di andare al cinema insieme, perché scoprirono che avevano gli stessi gusti in fatto di film, di libri, di musica, di materie scolastiche preferite, di passioni. Usavano lo stesso shampoo ma diverso bagnoschiuma, scoprirono addirittura di avere gli stessi pensieri in campo di politica, scuola, affari, amicizie, amore.
Rientrarono in casa che era ora di cena, e forse anche un po’ più tardi, ridendo. La cena fu allegra. Regina e Mia furono contagiate dalle loro risate e dalle loro battute e dimenticarono il loro scontro del pomeriggio, Umberto e Stefano non riuscivano a capire cosa fosse successo ma accettarono di buon grado l’ilarità e parteciparono con scherzi e barzellette e quando Aurora andò a dormire pensò che non passava un pomeriggio così bello da settimane.
Si era accoccolata nel letto da poco, quando sentì qualcuno che bussava alla porta. Disse di entrare e si stupì vedendo Filippo che chiudeva piano la porta sul corridoio buio. Le si avvicinò, illuminato solamente dalle luci della strada che filtravano attraverso le finestre. Si sedette sul letto accanto a lei e la guardò un momento.
“Come mai ti sei svegliata?” domandò. Aurora capì che stava parlando del coma. Lei a dire la verità non ricordava nulla e anche se aveva ben capito che era una cosa seria e aveva rischiato di morire, alla fine era contenta di essere in vita e non si era fatta molte domande.
“Ho sentito una folata d’aria” rispose senza pensare “Ho sentito una folata d’aria e un odore di pino che mi chiamavano. Li ho seguiti”
“Ero io” sospirò Filippo a bassa voce e la ragazza lo guardò con aria interrogativa. Filippo le prese il viso fra le mani e la baciò dolcemente, sovrapponendo le labbra alle sue, facendole capire tutto il suo sentimento. Uscì subito dopo e Aurora rimase nel letto, chiedendosi se il bacio fosse stato reale oppure no. Pensò che Filippo fosse fantastico. Poi si chiese se fosse innamorato di lei, e capì che la risposta era si. Poi si chiese se lei fosse innamorata di lui, e non seppe darsi una risposta. Si addormentò col dubbio.


Il giorno dopo Aurora si infilò un paio di jeans chiari che le arrivavano sopra il ginocchio, una t shirt rosa e fucsia un po’ larga, un paio di sandali bianchi leggermente rialzati, una borsa a tracolla, una collana a forma di gufo, si pettinò i lunghi capelli lasciandoli sciolti e andò a fare pranzo, dato che si era svegliata tardi. Fu felice di constatare che Filippo non c’era, si sarebbe molto imbarazzata. Appena dopo pranzo uscì di casa e si diresse a grandi falcate verso casa di Ariel. La madre avrebbe preferito non farla uscire così presto da casa da sola, ma Aurora non aveva voluto sentire ragioni. C’erano cose che dovevano essere fatte e anzi avevano già atteso fin troppo tempo. Bussò con energia alla porta della casa di Ariel, finchè questa non venne ad aprirle, coperta solo da una t shirt extra large. Sembrava arrossata e imbarazzata e Aurora capì che con lei c’era Eric. Difatti spuntò poco dopo, in jeans mezzi slacciati, rosso in viso anche lui. La bionda sorrise cordialmente.
“Aurora…!” balbettò Ariel “Che sorpresa! Dovevi avvisarmi…”
“Già” disse Aurora sempre sorridendo “Sono venuta a fare due cose che avrei dovuto fare tempo fa.” Guardò Ariel negli occhi profondamente per un lungo momento, finchè questa non si sentì in soggezione. “Sei una stronza” disse infine “Sei una maledetta stronza perché sapevi che io frequentavo Eric, e non hai idea di quanto ci sia stata male in quei giorni in cui ho capito che eri innamorata di lui. Sono la tua migliore amica e certe cose le capisco. E il bene che ti voglio non mi ferma. Perché ti sei comportata veramente da puttana nei miei confronti” Ariel si morse il labbro inferiore. Aurora era calma e non aveva pronunciato una sola parola con stizza o rabbia. Era calmissima anche per il fatto che per la prima volta in vita sua aveva detto delle parolacce, che aveva insultato la sua migliore amica. Capiva anche però che Ariel se l’aspettava molto tempo prima e che da un lato sentiva di meritarselo. Aurora rivolse la sua attenzione ad uno sconvolto Eric, gli sorrise cordiale e gli tirò un ceffone che gli lasciò il segno rosso delle cinque dita sulla guancia. “Anche tu sei stato un bastardo, più tu che Ariel, perché non hai nemmeno avuto il coraggio di parlarmene. Ti sei comportato da bastardo doppiogiochista e ora hai ottenuto quello che volevi, spezzando il mio cuore. Bene. Buona giornata” li salutò poi con un sorriso sincero.
Mentre si incamminava verso la Dream’s House pensò a ciò che aveva appena fatto. Chiaramente Ariel se l’aspettava. Capiva di aver pensato troppo agli altri e troppo poco a se stessa ed ora aveva bisogno di una sorta di rivincita, anche se non intendeva riprendersi Eric. Oltre alla rabbia e al cuore spezzato, non era più innamorata di lui, lo sapeva. Si, non le era piaciuto il suo gesto e il suo tradimento era stato vergognoso, non solo mentirle, ma innamorarsi della sua migliore amica! In ogni caso, pensava che sarebbero stati felici insieme e non avrebbe mai messo fra loro un dito. Filippo le aveva fatto chiaramente capire che si era totalmente dimenticata del moretto. Dopo il bacio della sera prima, poi! E la frase che lei non aveva capito del tutto, quella che diceva esplicitamente che era grazie a lui che si era svegliata? A cosa si riferiva? Cosa le aveva fatto?
Le si affacciò alla mente l’imbarazzante pensiero di essere stata baciata contro la sua volontà da un ragazzo bello come Filippo, che aveva tutto ciò che poteva farlo sembrare un principe.
Entrò nel locale sorridendo, era felice e al contempo un po’ confusa, si sedette a un tavolo e aspettò che una ragazza dai capelli corti castani andasse a prendere l’ordinazione. Rimase seduta a lungo, crogiolandosi al pensiero di lei e Filippo insieme, dell’estate appena cominciata, delle chiacchierate e delle risate con il ragazzo. Lo sentiva talmente vicino, come se lo conoscesse da sempre… eppure si rendeva conto che per anni non si erano visti né sentiti. Insomma, non si conoscevano. Pensò che fosse strano che un ragazzo come lui, di qualche anno più grande di lei, si potesse interessare a una ragazzina. Però capiva anche che non le importava nulla. Da un lato si sentiva felice di avere la testa così piena del pensiero di lui, perché le sembrava un sogno diventato realtà. Si rendeva conto che aveva sempre sognato un ragazzo come lui. Alti, mori, affascinanti e divertenti… e avevano anche gli stessi gusti!
“Aurora!” esclamò una voce familiare. La bionda si girò come presa di sorpresa e si rese conto che vicino a lei c’era Cindy, con una graziosa fascia fra i capelli e una camicetta azzurra. Si sedette davanti a lei al tavolino e la guardò sorridendo per qualche momento, poi le afferrò la mano. “Sei innamorata, vero?!” disse con trasporto “Oh, te lo vedo in faccia! Chi è il fortunato?”
“Oh, ehm…” balbettò Aurora imbarazzata, distogliendo le mani gentilmente dalla stretta “Di… un… forse… beh, per ora è un estraneo”
“Oh, ti si legge in viso! Ti stai innamorando! Ma non c’è rimedio, non c’è cura…” mormorò sognante, lasciando sprofondare il viso nelle mani. La ragazzina rise dolcemente, passandole una mano davanti agli occhi. Cindy si riscosse e le sorrise dolcemente, arrossendo.
“Credo che dovremmo fare un’uscita tutti insieme” decise poi Aurora “Sai, con te e Chris e Filippo. Si chiama così. È un vecchio amico di famiglia… cioè, i suoi sono amici, lui ha qualche anno più di me. Potrebbero essere coetanei” Cindy era entusiasta.
“Ma certo! Perché no? Magari venerdì porto anche Chris, se posso, a casa tua.” Propose timidamente.
“Potremmo guardare un film, e mangiare cibo italiano” rincarò Aurora “Mi sembra un programma fantastico”
“Allora siamo d’accordo. Comunque cercherò di portare anche Esmeralda, almeno per chiarire la questione della festa. Però ti avviso” disse Cindy mordendosi un labbro “Non è una molto loquace”


Il venerdì Aurora ebbe modo di confermare l’avviso di Cindy. Esmeralda non era una di quelle persone naturalmente amichevoli, simpatiche e amabili che raddolciscono il cuore di chiunque. Quando citofonarono e Aurora andò ad aprire loro, si stupì di quanto sembrasse svogliata da ciò che stava facendo. Aveva una camicetta rossa e le braccia incrociate sul petto prosperoso, gli occhi verdi guizzavano da una parte all’altra come in cerca di fuga e la squadravano diffidenti. Aurora fece del suo meglio per farla sentire a suo agio e guidò le due ragazze verso la sua casetta nel giardino. Aveva chiesto a Filippo di andare a studiare da qualche altra parte e lui gentilmente e senza fare domande aveva acconsentito, promettendole che quella sera ci sarebbe stato. Si sedettero al tavolino della cucina e la ragazza tirò fuori biscotti e tè freddo, patatine e dolcetti. Cindy si servì di una brioche alla crema, ma Esmeralda non prese nulla. Parlarono un po’ di banalità, finchè Esmeralda, con tono autoritario, non ruppe il loro discorso.
“Allora, vogliamo arrivare al punto?” Aurora si stupì che proprio lei avesse cominciato l’argomento. Si schiarì la voce imbarazzata.
“Io volevo solo sapere che cos’è successo alla festa.” Le disse, stropicciandosi le mani “Vedi, dopo che è successo… insomma, tutto… io sono finita in coma, e da allora non si trova più una delle mie migliori amiche e vorrei mettere tutto a posto. So che sei stata accusata ingiustamente, e non voglio assolutamente causare altri problemi” le disse. Esmeralda la guardava con interesse “Beh, se me lo permetti, vorrei pagarti un avvocato. È successo tutto per colpa mia, e Umberto Ducati è il più influente… so che il giudice Frollo vuole accusarti ma non penso che sia stata tu… vero?” la ragazza era diffidente e alzò le spalle.
“Io non centro niente. Ero con Meg, e lei e Ali possono testimoniare a mio favore, ma guarda caso sono spariti entrambi” disse acidamente.
“Sono molto preoccupata per Ali” mormorò Aurora con le lacrime agli occhi “La mia migliore amica è la sua ragazza. Ed erano così felici…”
“Oh, no, tesoro, non piangere!” esclamò Cindy allarmata “Li ritroveremo!”
“Ho già attivato un detective privato…” mormorò.
“Ha trovato qualcosa?” chiese Esmeralda improvvisamente meno fredda “Potrebbe cambiare tutto.”
“Niente.” mormorò Aurora scuotendo la testa “Per ora mi ha detto solo che dopo la festa Jasmine e Ali non sono andati a casa di lei. Cioè, lei non è mai tornata a casa, ha spento il cellulare e non si è più fatta sentire da nessuno. Penso che Ali sia con lei. Però non so dove possa essere andata… non ne ha parlato né a me né ad Ariel”
“Ali è sparito con lei, perché non è andato a lavorare lunedì” commentò la mora.
“Vorrei tanto sapere dove si sono cacciati… non vorrei che avessero fatto qualche cavolata” bisbigliò Cindy, che riusciva a provare compassione anche per chi non conosceva affatto.
“E’ una con la testa sul collo” disse Aurora “Ma non si sa mai”
“So che non li ha presi Jafar.” Disse infine Esmeralda, come se si stesse liberando da un peso “Insomma, sono entrata in casa sua e… non c’erano. Non ha niente da nascondere. Io credo che sia una fuga d’amore”
“Una fuga d’amore?” domandò Cindy incredula “Ma non avrebbe avuto più senso andarsene in un altro momento? In questo modo danno la colpa ad Aurora”
“No, ha senso” disse Esmeralda convinta, allungando la mano per prendere un pacchetto di patatine piccanti “Perché così nessuno avrebbe notato che se n’è andata per lungo tempo. Hanno potuto approfittare della confusione” Aurora trovò l’idea perfettamente sensata, ma non riusciva a capacitarsi del fatto che Jasmine se ne fosse andata a quel modo con Ali. Non capiva che senso avesse. Così le difficoltà si sarebbero solo moltiplicate. Sia per Esmeralda, che ovviamente aveva un gran problema ad aspettarla, sia per il padre, sia per lei stessa. Si sentì tremendamente il colpa per un momento, poi ricordò il suo proposito di non sentirsi più responsabile per ciò che facevano gli altri e decise che doveva cercare di rimediare agli errori che erano nati dalla sua festa.
“Okay” disse infine “Dobbiamo fare qualcosa per migliorare questa situazione. Dobbiamo trovarla. Dobbiamo fare qualsiasi cosa. Sapete se qualcun altro sa qualcos’altro?” Cindy sorrise, Esmeralda storse il naso. “Chi?”
“Belle e Jane!” esclamò la bionda “Le chiamo, posso chiedere loro di venire qui?”
“Certo” acconsentì Aurora, che non conosceva le due ragazze.
“Sono due rompiscatole invadenti” commentò Esmeralda. Ma Cindy non l’ascoltò, stava già chiamando una delle due.
Arrivarono dopo circa un quarto d’ora, felici di poter dare una mano all’articolo e all’amica. Aurora le guardò sorridendo, mentre le guidava alla sua casetta. Belle era veramente una bella ragazza, molto semplice ma con un’aria terribilmente intelligente, mentre Jane era buffissima, si fermava ogni tre o quattro passi a osservare un fiore o una foglia, commentando e inciampando. Arrivarono alla casetta e Cindy le abbracciò.
Jane raccontò che stavano facendo l’articolo perché la preside gliel’aveva chiesto, disse che avevano avuto qualche informazione e che erano state da Blanche Woodson, la cui matrigna non sembrava così affranta dal dolore, tanto che si era comprata una pelliccia nuova. Aurora si chiese come si potesse essere tanto crudeli da pensare allo shopping mentre una familiare era in coma. Le raccontarono che erano anche state a casa di diverse persone che erano state alla festa, compresa Ariel, ma tutti avevano solo saputo dire che la ragazza che era stata vista con Blanche aveva i capelli scuri e folti. Esmeralda sbuffò.
“Sai quante ragazze con i capelli neri e folti ci saranno a New York?” domandò aggressivamente a Jane, che si mortificò “Almeno migliaia. Nessuno l’ha vista in faccia, e nessuno può dire che sono io.”
“E’ ovvio che ti vogliono incastrare” disse Belle alzando le spalle “A qualcuno interessa che tu sparisca dalla scena. Qualcuno di chiaramente influente, perché non si sarebbero messe in giro queste voci se non lo fosse stato” la mora guardò Belle con aria di compiacimento.
“Finalmente qualcuno lo capisce” Jane incrociò le braccia, sostenendo che lei l’aveva già capito molto prima “In ogni caso, questo qualcuno è chiaramente Frollo” Cindy e Aurora trattennero il fiato, Belle e Jane si protesero verso di lei.
“E perché?” domandò quest’ultima, gli occhioni blu spalancati.
“Perché ce l’ha con me” disse semplicemente la mora “Perché anni fa ho incontrato il suo figlio adottivo. Si chiama Quentin ed ha i capelli rossi, la gobba e il viso deformato. Frollo lo stava uccidendo. Pensava che mandarlo a fare il militare avrebbe migliorato il suo fisico, mentre gli ha solo spezzato il cuore. Lo trattava peggio di quanto trattereste uno straccio. Gli ho parlato, e lui ha deciso di venire con me e il mio amico Clopin. Loro due non sono proprio ottimi amici, ma vivono insieme e ora Quentin è felice. E io ho presenziato alla corte che accusava Frollo di maltrattamento, ho provato spesso a ostacolarlo e quando mi ha messo le mani addosso gli ho rotto il naso.”
“Sei veramente una forza” commentò Jane. Belle la guardò con aria severa.
“Potrebbe avere qualcuno che l’ha aiutato?” domandò invece.
“Ovviamente, qualcuno che ha sparso la voce e qualcun altro che chiaramente ha drogato la ragazzina” disse Esmeralda alzando le spalle.
“Sarà qualcuno che ti somiglia, sicuramente.” Commentò Belle “Ma non capisco chi potrebbe essere stato. Dev’essere qualcuno che conosce Frollo e sa come sei fatta. Sai se ha un’amante?”
“Ovviamente no, dato che ha cercato di irretire me” disse Esmeralda “Che schifo, mi ha addirittura toccata”
“Oh mio dio” cominciò Cindy preoccupata “E’ da processare”
“Prima deve confessare” fece notare Jane “Così lo togliamo di torno e non potrà più fare danni, no?”
Si trovarono tutte d’accordo. Non molto tempo dopo, mentre ancora facevano progetti di vendetta, arrivò Christopher e Aurora dovette salutare le strane e pittoresche ragazze che aveva conosciuto quel pomeriggio, ripromettendosi che avrebbe cercato di mettersi in contatto.
Le stavano tutte simpatiche, anche se la loro differenza era notevole. Cindy era calma e tranquilla, anche se decisa e sensibile, voleva sinceramente bene ad Esmeralda e chiaramente voleva aiutarla con tutti i mezzi a sua disposizione. Quest’ultima era un vero vulcano: imprevedibile, irruente, impulsiva e scoppiava di continuo, da un momento all’altro. Il suo carattere forte e deciso non era però aggressivo e Aurora capiva che stava cercando di contenere al meglio l’arroganza. In ogni caso, era chiaro che avesse molto sofferto nella vita e che voleva invertire la tendenza. La ragazzina la capiva, proprio per questo la voleva aiutare e la sentiva vicina: anche lei stava cercando di cambiare la sua vita a partire da se stessa. Certo, avrebbe rimesso a posto le cose, ma non era affatto disposta a perdersi nuovamente solo dietro agli altri: voleva il suo lieto fine. Belle aveva una personalità complessa che però le piaceva. Era intelligente, pronta a criticare le idee con grazia e a proporne di nuove. Sembrava piena di vita e non era noiosa come a volte venivano definite le persone che andavano troppo bene a scuola. In quanto a Jane… si, era veramente una ragazza particolare. Sui suoi appunti c’erano mille schizzi fedelissimi e Aurora pensava sinceramente che avrebbe potuto essere un’ottima pittrice. Ma aveva capito in quel paio d’ore passate insieme che in realtà aveva mille interessi e progetti, era sempre entusiasta e pronta a fare di tutto per arrivare fino in fondo. Era veramente una persona fantastica e capiva perché fosse amica di Belle e Cindy, nonostante fossero molto diverse.
La serata passò allegramente. Regina e Mia avevano cucinato delle buonissime pizze che i ragazzi apprezzarono molto. Filippo e Christopher si trovarono da subito molto amici e cominciarono a parlare di un sacco di cose da uomini, partendo dalla loro squadra di football, argomento che si protrasse a lungo, dal momento che tifavano per due storiche rivali newyorkesi. Cindy e Aurora ne approfittarono per parlare fra loro di argomenti femminili che invece variarono dallo shopping alle amiche ad alcuni pettegolezzi.
Ad Aurora faceva una strana sensazione, pensare di avere una nuova amica, perché nonostante fosse sempre stata una ragazza ammirata a scuola e stimata, una delle più popolari, non aveva mai avuto intorno persone sincere a parte Jasmine ed Ariel. Si sentì un po’ in colpa per ciò che aveva detto ad Ariel e temette che non le scrivesse più, ma quando guardò nel cellulare si rese conto che invece le aveva scritto almeno tre messaggi nel pomeriggio e lei, come al solito, si era dimenticata di controllare gli sms.
Dopo cena si sedettero sul divano del piano di sopra e guardarono un film. Decisero per “Pirates of Caribbean” che accomunava i gusti di tutti: c’era la storia d’amore per Aurora, le fughe e i rapimenti romantici per Cindy, l’azione per Filippo e le risate per Christopher. Il film era lungo e appassionante, e ben presto Cindy appoggiò la testa sulla spalla del suo ricco fidanzato che ogni tanto le dava un dolce bacio.
Aurora si sentiva un po’ a disagio. Improvvisamente non riuscì più a seguire la trama del film, anche se l’aveva già visto centinaia di volte, ma cominciò a concentrarsi sempre più, involontariamente, sul pensiero delle labbra di Filippo sulle sue. Guardava Cindy e Chris accanto a lei, che non degnavano gli amici di uno sguardo e lanciava di soppiatto occhiate al suo coinquilino, bello come sempre, che guardava il film con aria presa, ridendo alle battute e trattenendo il fiato quando la scena si faceva carica di tensione. Pensò che fosse molto bello, e che avrebbe anche potuto essersene innamorata, anche se ancora non l’aveva ammesso a se stessa.
Quasi sobbalzò quando il ragazzo appoggiò un braccio al sedile del divano passandolo proprio dietro le sue spalle. Si domandò se fosse un gesto fatto apposta oppure casuale. Da un lato sperava che il fatto non centrasse nulla, ma il cuore le batteva all’impazzata e arrossì, sperando che nessuno se ne accorgesse. Poi Filippo cominciò ad accarezzarle una spalla, e Aurora smise del tutto di guardare il film, la sua testa era solo piena di una strana nebbia che le rendeva difficile pensare. Lo guardò un momento, ma sembrava che fosse tutto casuale. Pian piano, senza che quasi se ne rendesse conto, si trovò appoggiata al petto di lui, che sorrideva di una battuta di Johnny Depp.
Si sentiva benissimo. Non sapeva che fare. Ma era felice.
Il film finì troppo in fretta e quando Aurora si tese a spegnere la televisione il ragazzo tolse il braccio dalle sue spalle. Cindy e Christopher ringraziarono educatamente e uscirono dalla casa della ragazza. Lei si congedò frettolosamente da Filippo e si diresse verso la sua camera, ma lui le afferrò la mano prima che potesse andarsene. Si girò.
“Vuoi già andare a dormire?” lei annuì. Lui la guardò profondamente “Di già? Speravo potessimo parlare qualche minuto”
“D’accordo” disse infine Aurora, riluttante. Si sedettero nuovamente sul divano accanto alla tv ma rimasero per lungo tempo in silenzio. La ragazza era imbarazzata e non sapeva bene cosa dire, Filippo fissava un punto indefinito sulla parete bianca. Passarono circa dieci minuti e la bionda ne stava avendo abbastanza. Non poteva rimanere tutta la sera su un divano senza spiccicare parola. Così alla fine domandò:
“Mi dovevi dire qualcosa?”. Filippo la guadò un momento in tralice poi sospirò.
“In realtà si.” Sospirò profondamente “Ricordi quel bacio che ti ho dato in camera tua, poche notti dopo che ti eri risvegliata?” Aurora annuì “Ecco… mi è rimasto nel cuore. Io non pensavo che… insomma, sono già stato innamorato e so cosa vuol dire, ma questa volta non è come le altre. È diverso. Non so nemmeno se sono veramente innamorato, perché quando sono con te non provo affatto un istinto… come dire… sessuale? Ma solo voglia di abbracciarti” Aurora si sentì ferita e insultata dalle sue parole.
“Bene, è tutto qui?” domandò acidamente.
“Temo di non essermi spiegato bene” cominciò Filippo, ma la ragazza ne aveva abbastanza. Sciocca. Com’era stata sciocca! Certo che a lui non importava nulla di lei, ora la vedeva chiaramente quasi come una sorella. Che senso aveva provare infatuazione nei suoi confronti? Nessuno, ecco. Ormai vivevano insieme non come due famiglie distinte, ma quasi come se fosse una unica. Si alzò divincolando la mano da quelle del ragazzo.
“Vado a dormire” annunciò di nuovo. Poi si diresse a passo di marcia verso la sua camera. Chiuse la porta a chiave, si lanciò sul letto e si accorse che le guance erano bagnate di lacrime.


Si svegliò verso l’una e mezza, così diceva l’orologio sul comodino, illuminato dalla luce della luna, da qualcuno che bussava alla porta. Inizialmente trasalì, poi si ricordò che a casa sua c’erano vari antifurto a prova di ladri e si tranquillizzò. Pensò che doveva essere sua madre che le voleva dare la buonanotte, sicuramente era rimasta a guardare un film. Si avvicinò alla porta e girò la chiave, abbassò la maniglia e si affacciò sul corridoio. Davanti a lei c’era Filippo. Tutto il dolore che l’aveva sopraffatta poco prima riprese possesso del suo cuore e fu tentata di urlargli qualche brutta parola, chiudergli la porta in faccia a chiave e tornarsene a dormire.
Invece gli fece cenno di entrare. Chiuse la porta di nuovo a chiave, questa volta per evitare che suo padre la beccasse con il ragazzo (chissà cos’avrebbe pensato), poi si girò verso di lui.
La stava osservando attentamente. I capelli erano leggermente scarmigliati, la canotta che portava addosso lasciava le braccia muscolose nude, libere di mostrare i muscoli guizzanti da spadaccino, il collo fine e i pantaloni nascondevano miseramente le lunghe gambe perfette. Distolse lo sguardo. Filippo si fece avanti e le prese il viso fra le mani e prima che Aurora potesse fare qualcosa, la baciò sulle labbra. La ragazza si scostò bruscamente e lo spinse via da lei. Il ragazzo la guardò sconvolto.
“Cosa sei venuto a fare?” sibilò “Mi stai prendendo in giro?”
“No” mormorò lui, deciso “Non potrei mai farlo. Prima non hai capito cosa ti stavo dicendo. Io per tutto questo tempo ti ho sempre immaginata diversa… insomma, più bambina. Poi arrivo qua e trovo una ragazza matura, okay, forse un po’ confusa e sulla via giusta per diventare splendida, una persona magnifica e… bellissima.” Si avvicinò di nuovo e le prese le mani fra le sue “Aurora, io mi sono innamorato di te. E non come con tutte le altre… quella era infatuazione. Questa volta no. Solo amore” lei lo guardò senza credergli. Filippo la lasciò e si prese la testa fra le mani. Fece un giro su se stesso, cercando di calmarsi, poi la guardò di nuovo “Come faccio a dimostrartelo?”
“Sei tu stesso che prima…” cominciò lei.
“Prima mi sono spiegato male. Adesso per niente. Mi sono innamorato di te, e voglio essere il tuo uomo.” Aurora sentì il cuore batterle all’impazzata. “So che ci conosciamo da relativamente poco tempo, ma tu sei davvero… tutto ciò che desidero. Per favore. Non rifiutarmi” fece due lunghe falcate e la baciò di nuovo. Questa volta, Aurora decise di lasciarsi baciare. La richiesta di Filippo era chiara, ma lei doveva capire se lo voleva davvero oppure no. Socchiuse la bocca e lui, dopo averle sfiorato il labbro inferiore con la lingua, la insinuò in lei, che si sentì sciogliere e avvampare. Sentiva un calore dentro di sé inarrestabile, che le fece pensare di stare andando a fuoco per un momento. E poi c’era una strana tensione, qualcosa che le si muoveva nel basso ventre, che si attorcigliava nelle viscere e che le sembrava più caldo e più freddo insieme. In ogni caso, era dolce.
Come se non riuscisse più a controllarsi, insinuò le mani sotto la canotta del ragazzo, con la destra si aggrappò alla sua schiena, tastando la spina dorsale, i muscoli, la pelle calda; con la sinistra scese a sfiorare l’ultimo pezzo della schiena. Una piccolissima vocina nella sua testa le diceva che stava sbagliando, ma lei non se ne curò minimamente. Sapeva, da qualche parte dentro di sé, che una ragazza per bene qual’era non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Sapeva che non avrebbe dovuto baciarlo così e toccarlo in quel modo e… una calda mano del ragazzo si infilò fra i suoi capelli attirandola verso di sé, l’altra la spinse contro di lui. Si trovò quasi perfettamente aderita al suo corpo, le bocche incollate, le lingue intrecciate, i seni premevano sul petto di lui e il bacino… sentì con spavento e qualcos’altro di deliziosamente indecente che il desiderio che Filippo aveva per lei. Non si fermò, piuttosto si strinse ancora di più a lui, che fece ancora un passo facendola cadere sul letto. Lei lo tirò con sé, e sentì il suo peso premerle addosso. Si sentì perfettamente a posto. Una gamba del ragazzo era fra le sue e Aurora alzò quella libera, appoggiando il polpaccio al retro delle cosce di lui. Lo sentì ansimare quando si staccò dalle sue labbra e quando le baciò il collo avvertì di aver emesso un mugolio che non aveva mai pensato di poter fare. Le venne in mente uno di quei film che guardavano sempre i ragazzi, ricordò quello che aveva trovato nella doccia della scuola, ad aspettarla, per vederla nuda, ma non provò assolutamente paura, perché sapeva che Filippo non lo faceva con cattive intenzioni. Poi capì che stava andando oltre con il pensiero, che stava già pensando al ragazzo che la vedeva nuda e lo giustificava. Sbalordita, lo allontanò da sé, e lui si lasciò cadere, confuso e ansimante, accanto a lei.
“Tu mi vuoi vedere… senza vestiti!” ansimò inorridita. Lui la guardò stralunato.
“…si!” esclamò poi. Aurora gli fece cenno di abbassare la voce e lo guardò come se fosse pazzo. Lui ricambiò l’occhiata per un istante. “Cioè” si corresse “Lo vorrei tanto. Ma se non vuoi, va bene lo stesso. Rispetto la tua decisione. Non voglio… non voglio che tu ti senta obbligata, perché questa volta…” si interruppe “Non posso credere, dopo il bacio che mi hai dato… le mani… la gamba… insomma, dopo questo non posso credere che tu non vorresti vedere me senza vestiti, e non posso nemmeno credere che non hai pensato a fare…”
“Ehi” alzò le mani Aurora “Io non ho detto che voglio fare certe cose… sono indecenti, e…”
“Indecenti?” domandò lui divertito “Ancora meglio. Ti posso giurare che non lo saranno.” lei arrossì violentemente. Filippo allungò una mano e le mise una ciocca di capelli dietro a un orecchio. “Comunque, se non vuoi, io non ti obbligherò a fare proprio nulla.” Le prese una mano e le fece il baciamano. Aurora non pensò più a niente. Non pensò alle parole di sua madre, che le aveva sempre detto di aspettare il matrimonio, di non fare cose del genere con un mezzo sconosciuto, di fare attenzione in caso… gli afferrò i polsi e si mise a cavalcioni su di lui, lo baciò con passione con i capelli che le scendevano ai lati del viso, quando si rese conto che era così sorpreso da non muoversi, gli infilò le mani sotto la canotta e gliela tolse, gli baciò il collo e il petto, mentre lui ridacchiava lentamente e le toglieva la sua. Poi, con un colpo di reni di Filippo, si ritrovò sdraiata sul letto, mentre il ragazzo cominciava a scendere con le labbra.
Non capiva se si sentiva bene, male, in ansia, se lo faceva perché lo amava, perché il momento l’aveva coinvolta, perché doveva sfogarsi in qualche modo dello stress degli ultimi giorni. Non capiva più niente. Si rese conto che ormai era preda dei sensi e che non aveva mai desiderato altro. Che era bello. Che Filippo le stava facendo qualcosa di meraviglioso. Si sentiva solo in colpa perché aveva il dubbio di non amarlo.
Ma quando lui entrò in lei, forse un po’ troppo in fretta, facendole male, capì che non c’erano dubbi, che non avrebbe mai voluto fare la stessa cosa con nessun altro. Capì che l’unico sarebbe stato proprio Filippo. E, passato il dolore, si lasciò andare.


Il mattino dopo si svegliò verso le nove, nuda, raggomitolata sotto le coperte. Accanto a lei c’era ancora Filippo, con il viso rivolto verso l’alto, che dormiva. Ma lei aveva sentito la vibrazione del suo cellulare sul comodino, si sporse e lo prese. Si coprì i seni con la coperta, sentendosi in imbarazzo, poi rispose, senza guardare chi era, ancora assonnata.
“Aurora” disse una voce conosciuta dall’altra parte della cornetta. Aurora fece un balzo e scattò fuori dal letto, aprì le tende e guardò la luce del giorno, facendo un verso di sorpresa. Era Jasmine.
“Jasmine! Oh, Dio. Dov’eri finita? Dove sei? Finalmente chiami… cos’è successo?” la mora rise.
“Sono tornata a New York” disse.
“Tornata?” domandò la bionda “Perché, dov’eri?”
“Ero in Texas”
“In Texas?” Aurora era sbalordita. Cos’era andata a fare Jasmine in Texas?
“Ti prego, vediamoci fra poco, devo parlarti e quando tornerò a casa di mio padre credo che non vedrò la luce del giorno per qualche decina d’anni” borbottò.
“Arrivo. Dimmi dove” rispose Aurora, dirigendosi verso la cabina armadio, notando Filippo assonnato che si grattava la testa aprendo gli occhi. “Mi vesto e considerami lì”
“Sono al parco, davanti alla fontana” rispose Jasmine. L’amica chiuse l’i – phone, non degnò il ragazzo di uno sguardo e agguantò un paio di mutande e un reggiseno. Afferrò una t – shirt azzurra e un paio di jeans e andò in bagno, aprendo l’acqua della doccia. Si bagnò e si lavò il più velocemente possibile, insaponando approssimativamente i lunghi capelli biondi. Quando uscì, si asciugò fulminea, lasciando i capelli bagnati si vestì e tornò in camera, trasferendo portafoglio, chiavi di casa e poche altre cose in una borsa. Filippo la stava guardando. Sbadigliò.
“Dove stai andando?” domandò.
“Da Jasmine. È tornata” rispose. Gli mandò un bacio al volo e corse, con un paio di sandali in mano, verso la porta.


Quando arrivò al parco era senza fiato dalla corsa, i capelli mezzo asciutti le cadevano disordinatamente intorno al viso struccato e la scollatura della maglietta era messa storta. Si fermò un momento, appoggiandosi alle ginocchia, ansimando. Si guardò intorno e finalmente vide Jasmine su una panchina. Si avvicinò cercando di riprendere fiato, ma quando la raggiunse non si era ancora ripresa del tutto. La mora alzò lo sguardo e le sorrise raggiante. E’ cambiata, pensò Aurora, è cambiata molto in poco tempo. La risposta le arrivò quasi subito, perché la ragazza alzò la mano sinistra e mostrò un anello d’argento all’anulare. La bionda rimase senza parole. A bocca aperta. Jasmine si era forse sposata? Era questo che cercava di dirle? Boccheggiò qualche volta, poi si lasciò cadere sulla panchina e la guardò incredula.
“Ho sposato Ali” disse, bella come il sole, splendente di felicità “Dopo che mio padre mi ha detto che dovevo sposare Jaff una volta arrivati i diciotto anni, ho pensato che sposando prima Ali, non avrebbe potuto costringermi. Ora prima dovrebbe riuscire a farmi divorziare, ma da quando ho sedici anni ho qualche diritto anche io, e non lo lascerò mai. E’ qualcosa di lungo e complesso e mio padre non può farci troncare tutto ora. Ci sono le firme. Ho anche trovato mia zia. È stata lei a firmare il consenso”
“Tu hai… oh, mio Dio” mormorò Aurora, sconvolta.
“L’ho sposato, Aury! Non dovrò mai sposare Jafar!” esclamò felice Jasmine prendendola per le spalle e scuotendola “Sei la prima a cui lo dico. Mi fido tanto di te. Fra non molto vado anche da Ariel a dirlo! Mi sento così felice!”
“Sei davvero… davvero sicura che non vi lascerete mai?” le domandò Aurora seriamente, con il respiro quasi di nuovo normale.
“Non ci lasceremo” le disse Jasmine, prendendo un viso serio che la bionda non le aveva mai visto addosso. L’amica sembrava cresciuta di una decina d’anni, sicura di ciò che voleva nella vita, certa della sua decisione, piena di fiducia e speranza come di consapevolezza e serietà. Capì che aveva ragione, che una legge non poteva semplicemente dire che due ragazzi non potevano sposarsi solo perché uno dei due era minorenne e capì improvvisamente cos’era l’amore e cosa voleva lei. Jasmine le aveva aperto gli occhi.
“Sono felice per te” disse sinceramente “Ma ora vieni qui, fatti abbracciare!” esclamò, stringendo le braccia intorno all’amica. Era così felice di vederla. Era così contenta per lei.
Capì che il ritorno di Jasmine simboleggiava moltissime cose. Si rese conto che tutto stava per cambiare, ma altre cose stavano per tornare come prima. Loro tre, migliori amiche per sempre, lo sarebbero nuovamente state. Capì che da allora in poi tutte e tre sarebbero state libere e soprattutto amate, che l’affetto non sarebbe mai mancato. Capì che l’amicizia era stata più forte della volontà di scappare e capì anche che il suo obiettivo stava per essere raggiunto. Una pedina stava per essere aggiunta al puzzle di ciò che era successo alla festa. Esmeralda aveva il suo testimone, colui che avrebbe detto che era innocente. Ormai né Frollo né nessun altro poteva mettersi di mezzo. Ormai poteva essere felice di aver rimesso tutto a posto. Si sentì talmente felice da sentirsi quasi svenire.
“Ti accompagno a casa” disse a Jasmine “Abbiamo un sacco di cose di cui parlare”
Si rese conto improvvisamente di cos’era successo quella notte, e sorrise fra sé e sé. Prese il cellulare e scrisse a Filippo. Gli assicurò che sarebbe tornata presto, che avrebbe passato volentieri il pomeriggio con lui nella casetta nel giardino, lontano da casa e dai genitori.
“Perché sorridi?” domandò la mora.
“Ora ti racconto” disse Aurora, i capelli sciolti che si muovevano al vento “Anch’io ho trovato l’amore”

 











Oddio, non posso crederci! Finalmente ce l'ho fatta a postare il sesto capitolo! E' stata dura, scusatemi... se ci sono un sacco di errori, perdonatemi ma l'ho scritto in più tempi anche abbastanza separati... scusate, davvero >.< Spero continuerete a seguire ^^ Comunque, rigraziamenti a merychan, Sissyl e petitecherie per aver commentato, a Elelovett, merychan, MoonLove, ninfa_marina94, petitecherie, Sissyl e _BriciolaElisa_ per avermi messa nelle seguite e Dora93 che l'ha messa addirittura nelle preferite! D: Dora93, se leggi queste parole, sappi che leggo le tue storie e mi piacciono molto! Devo andare presto a commentare! :)
Nel prossimo capitolo scopriremo il buffo mondo di Jane ;)
A presto, un abbraccio a tutti! :)
Nymphna <3

   
 
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