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Autore: Nimel17    29/11/2012    8 recensioni
E se Regina non avesse mai rapito e rinchiuso Belle, e questa fosse restata con Rumpelstiltskin? Come avrebbe potuto cambiare la vita di Gold a Storybrooke, insieme a quella degli altri personaggi delle fiabe?
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Isabeau, scusa, posso parlarti un momento?”
Belle si fermò, mentre stava aprendo la porta della biblioteca. Sorrise vedendo Archie che si avvicinava, con la sua andatura un po’ impacciata e tenera. Pongo gli scappò dal guinzaglio e trotterellò verso di lei, scodinzolando. Lei si chinò sulle ginocchia e lasciò che il cane le appoggiasse le zampe sulle calze, accarezzando la testa che le leccava festosa le mani.
“Ciao, Pongo, stai bene?”
Il dalmata abbaiò una volta e si sedette davanti a lei, stendendo le zampe in avanti.
“Sei proprio bello, oggi. Chi è il mio cucciolo preferito?”
Archie si grattò la nuca e riprese il guinzaglio, il viso rosso come i suoi capelli.
“Scusa se Pongo è stato troppo espansivo, non so cos’abbia oggi.”
“Mi fa piacere. Adoro gli animali. Di cos’avevi bisogno, Archie?”
Lo fece entrare, mentre appoggiava la borsa e la giacca sulla sedia. Si dette una sistemata veloce ai capelli con le mani e gli rivolse tutta la sua attenzione, sorridendo.
“Ecco, Isabeau… a dire la verità, mi ha contattato il sindaco Mills, dicendo che alcune persone non si sentono sicure con… con te che dirigi la biblioteca pubblica, dove vanno i loro figli.”
Lui si sistemò gli occhiali sul naso, poi se li tolse e li pulì, anche se non erano sporchi. Le orecchie erano fiammanti, ma mai quanto le guance di Belle.
“Capisco. Sei qui per motivi professionali, allora. Beh, finchè non ci sarà una petizione firmata da più di metà Storybrooke, non ho intenzione di arrendermi.”
Lo sguardo di quello che era il Grillo Parlante era stupito e pensieroso insieme. Belle si rese conto che, durante le sedute con lui, Isabeau non si era mai mostrata così forte e ferma.
“Comunque, Regina ha detto che la città si sentirebbe più sicura se ti prescrivessi delle medicine, quelle che prendevi… prima.”
Lei gli voltò le spalle e si rifiutò di abbattersi. Aveva due scelte davanti a sé: negare di essere pazza e facilitare così le mosse della regina contro di lei, oppure accettare e ammettere di avere qualche rotella fuori posto. Strinse le mani, facendo sbiancare le nocche e desiderò potersi consigliare con Rumpelstiltskin, ma sapeva che l’iniziativa sarebbe finita con il dottor Hopper all’ospedale con diverse fratture provocate da colpi di bastone.
Archie tossicchiò e si mise le mani in tasca.
“Ehm, non sei obbligata a rispondermi subito. Puoi chiedere rifletterci su, darmi una risposta domani, magari… accennarlo a Gold, ecco.”
Lei ne ammirò il coraggio. Il dottore conosceva bene il carattere di suo marito.
“Ti farò sapere, Archie.”
L’uomo era già sulla soglia, quando lei lo fermò trattenendolo per la giacca.
“Dimmi solo una cosa. Tu credi che io sia pazza? Lo pensi davvero, secondo coscienza?”
Archie aprì la bocca e la richiuse un paio di volte, evitando il suo sguardo.
“Io… io penso sia meglio prendere tutte le precauzioni.”
Belle lo lasciò andare, annuendo. Non sapeva come fare, per fargli capire che lui non era la persona che Regina lo aveva spinto ad essere a Storybrooke. Lo fissò allontanarsi, delusa. In quella città non aveva nessun amico, alla fine: Emma ci aveva provato, ma lei si era rifiutata di rivederla, lasciandosi condizionare dalla rabbia e dalla delusione. Ruby l’aveva chiamata un paio di volte, ma non si era più fatta sentire dopo che aveva scoperto da Emma che era lei che voleva adottare la figlia di Ashley. Ed ora, anche Archie la trattava come una paria.
Le restava l’amore. Almeno il suo Rumpelstiltskin.
Tornò dietro la cassa e si sedette, massaggiandosi le tempie con le dita. Sapeva che non sarebbe stato facile, vivere con due vite nella mente, ma si sentiva stanca, molto stanca lo stesso. Si prese una ciocca tra le mani e se la rigirò, pensosa. Immaginava che Regina avrebbe fatto presto la sua mossa, visto il loro recente alterco, ma così presto… se l’avesse detto a suo marito, lui si sarebbe sicuramente preparato al più presto, ma lei non sopportava che combattesse un altro le sue battaglie.
All’improvviso, una scossa la fece quasi cadere dalla sedia e Belle dovette reggersi al bancone per non andare a terra. Un terremoto? Stette immobile per qualche secondo, ma niente si muoveva più. Scattò verso la borsa e afferrò il cellulare, tremando. Dio solo sapeva cosa c’era nel negozio di Rumpelstiltskin che poteva essergli crollato addosso, oppure il suo bastone poteva essere fuori portata…
“Pronto?”
Lei respirò. La sua voce sembrava a posto.
“Belle, sei tu? Stai bene?”
“Hai sentito?”
“La scossa, naturalmente, dearie. Sarebbe stato difficile non sentirla.”
“Com’è potuto succedere?”
“La situazione sta cambiando, ora che Emma Swan ha deciso di rimanere. È partito  tutto dalle vecchie miniere.”
Belle cercò di concentrarsi. Lui le aveva parlato, ne era sicura, di qualcosa di importante che Regina aveva posto in uno dei tunnel sotterranei. Sgranò gli occhi e deglutì.
“Rumpelstiltskin, mi stai dicendo che Malefica potrebbe…?”
“No, dearie, la strega in questione non c’entra.”
“Cos’altro c’è sotto terra?”
“La bara di Biancaneve, tesoro.”
“Se mi stai dicendo che una tomba inanimata ha provocato un terremoto…”
“Certo che no. La scossa è stata solo una conseguenza dell’indebolimento della maledizione.”
Lei tenne per qualche momento il telefono vicino all’orecchio, sorridendo mentre lo ascoltava.
“Ci vediamo oggi pomeriggio, verso le sei da Granny?”
“Prima passa per il negozio, dearie, devo mostrarti una sorpresa.”
“Tesoro, tu mi vizi.”
“Ti chiedo solo una cosa, Belle: sta’ lontana dai guai. E per guai intendo soprattutto Regina.”
Belle trattenne il respiro.
“Dimmi.”
“Non ti piacerà.”
“Me lo sentivo.”
“Oggi Archie è passato da me e a quanto pare, Regina ha fatto delle pressioni perché io riprenda a prendere i medicinali per la mia salute mentale.”
“Non preoccuparti, Hopper non potrà raccontarlo a nessuno.”
“Niente violenza, Rumpelstiltskin. Me la caverò benissimo da sola.”
“Regina vuole colpire me.”
“Non sei un po’ egocentrico? Magari si sente un po’ minacciata anche da me.”
Lo sentì sospirare e le venne da ridere. Da tempo lui aveva capito l’inutilità di discutere con lei.
“Come vuoi, dearie. Lo sai che riesci a farmi fare quello che vuoi.”
“Ti amo anch’io.”
Lei riattaccò e si sedette sulla nuova sedia girevole e ruotò un paio di volte, prima per pensare alla situazione, poi per divertimento. Era stato uno dei tanti regali di suo marito, uno dei suoi preferiti. Da quando aveva recuperato la memoria sulla sua vita passata, apprezzava molto di più la tecnologia e i vantaggi del nuovo mondo.  Giocherellò con l’orlo della gonna rosa, stando bene attenta a non impigliarsi le unghie sui fili morbidi.  
La sua gioia scemò piano, vedendo che non arrivava nessuno. Il nuovo exploit del contratto per il bambino di Ashley l’aveva riportata alla condizione di prima, quasi più nessuno veniva da lei, a parte Astrid e Mary Margaret.
All’improvviso, si alzò e chiuse la biblioteca a chiave, indicando una pausa di una mezz’ora. La scossa l’aveva intimorita e, anche se non sembravano esser successe cose gravi, voleva andare di persona a controllare se la seconda persona che amava stava bene. Si fermò davanti al negozio di fiori di suo padre, incapace di aprire la porta. Sapeva che probabilmente l’incontro non sarebbe andato bene, ma non ce la faceva più a rimandare. Dal riflesso della vetrina vedeva la gente rallentare il passo e spiarla, così si decise ed entrò. Non sarebbe stata lei ad offrire uno spettacolo da godersi con i popcorn.
“Buongiorno, ha sentito la scossa? Che spavento, vero? In cosa posso…?”
Gli occhi chiari di Maurice si soffermarono su di lei, sgomenti. Il sorriso scemò via dal volto pesante e la pelle acquistò una sfumatura verdastra.
“Signora Gold.”
Belle lo guardò, cercando di ricacciare il dolore che stava lentamente salendo in lei nel profondo, ma la voce le uscì lo stesso più soffocata di quanto intendesse.
“Papà. Volevo sapere come stavi, per via della scossa.”
“Io sto bene. Serve qualcosa? Ho gerani nuovi, ciclamini…”
Lei si avvicinò alla cassa e coprì le mani del padre con le sue.
“Papà, so che non hai mai accettato il fatto che abbia… avuto dei problemi, tempo fa…”
“Vuoi dire che non ho mai accettato che fossi impazzita? Hai ragione, si.”
“… e che non mi hai perdonata per aver sposato Gold.”
“Quel figlio di puttana…”
A Belle le spuntarono le prime lacrime e tutto d’un tratto, Maurice si addolcì, gli occhi ora anch’essi umidi, e l’abbracciò di slancio.
“Perdonami Isabeau. Non ho saputo combattere per te. Se avessi avuto più coraggio, quella…  quella bestia non ti avrebbe obbligata.”
Il risentimento nella voce di Belle sorprese entrambi.
“Non è stato lui a cacciarmi di casa.”
Il padre sospirò e si passò una mano sulla testa, come per togliersi un peso dal capo.
“Non è stata un’idea mia, tesoro. I dottori avevano detto che, tornando nella casa dove vivevi quando hai iniziato ad avere i primi episodi…”
Lei si ritrasse dalla mano che le stava accarezzando la testa.
“I dottori… o Regina?”
Maurice arrossì, diventando paonazzo, ma non rispose. Ora Belle non piangeva più e si era allontanata di qualche passo.
“Sono una donna adulta, padre. Ho scelto di sposare Gold.”
“Ti ha costretta a firmare uno dei suoi patti demoniaci, non negarlo!”
“Non importa quello che è successo prima, io lo amo!”
Il padre la fissò, la bocca semiaperta. Il viso era bianco come un panno lavato e il respiro era affannoso e affaticato. Per un attimo, lei ebbe paura che stesse per avere un infarto, ma dopo qualche istante lui alzò un grasso dito in direzione della porta.
“E-esci. Mia figlia è morta. Tu sei morta, hai capito? Morta, se stai con quello spietato sciacallo! Io non ho allevato la mia bambina ad essere una prostituta in cerca di denaro!”
Belle si appoggiò con le spalle alla porta, tremando, non per la paura, ma per la rabbia e il dolore.
“Uno, mio marito non è una bestia. Due, penso proprio che tu abbia ragione, sai. Non abbiamo più niente da dirci.”
Uscì e sbatté la porta alle sue spalle, le guance rosse e bollenti. Gli occhi chiari erano pieni di lampi e i tacchi sembravano incidere un buco sul marciapiedi ad ogni passo. La sua mente stava rivivendo l’incontro con il padre, così non vide la persona che la urtò, mandandola per terra.
“Scusami, Isabeau, ero distratto.”
Belle stava per rimproverare Henry, ma poi vide le tracce di pianto sul suo viso e la voce le morì.
“Henry, che cos’è successo?”
“Non voglio parlarne.”
Lei si rialzò, spolverandosi la gonna. Prese il bambino per il braccio e lo voltò con dolcezza verso di sé.
“Riguarda la tua Operazione Cobra?”
“L’Operazione Cobra non esiste. Io sono pazzo.”
Per la seconda volta nel giro di un’ora, Belle si sentì invadere dall’orrore. Si chinò alla stessa altezza del piccolo e gli sollevò il mento con le dita, cercando di sorridere.
“Mi pare un po’ esagerato. Non eri nel mio stesso reparto, vero?”
A Henry sfuggì un mezzo sorriso, stanco.
“Chi ti ha detto queste cose?”
“Il dottor Hopper. Mi ha detto che la terapia non sta portando a niente e che la mia… fantasia può degenerare in psi.. psico qualcosa.”
“Psicosi?”
“Si.”
Lei si morse il labbro e pensò che forse doveva dare carta bianca a suo marito riguardo ad Archie.
“Ascoltami bene, Henry. Secondo la tua teoria, la tua madre adottiva sarebbe la Regina Cattiva, giusto? E Archie, immagino sia Jiminy Cricket?”
“Lo penso anch’io, si.”
“Tu stai mettendo in giro la voce del piano della regina. Credi che le faccia piacere? Ma, se minacciasse il tuo terapista affinché ti convincesse che le tue sono solo fantasie…”
“Nessuno si preoccuperebbe più del sortilegio!”
Il bambino non piangeva più e la sua espressione era determinata ed eccitata.
“Ma devo dimostrarlo, perché tutti mi credano!”
Henry si girò e inizio a correre, urlandole un grazie lontano. Belle si rialzò, sorridendo. Aveva sempre avuto un legame particolare con i bambini e nella sua mente, Henry e Baelfire erano molto simili. Dai racconti di Rumpelstiltskin, suo figlio sembrava un ragazzino molto buono, sveglio e dolce, ma più di tutto lei adorava vedere l’espressione di suo marito raddolcirsi quando lo menzionava. Le mostrava l’uomo, non il Signore Oscuro.
Fu lieta che, quando tornò alla biblioteca, non ci fosse nessuno. aveva così tanto da metabolizzare…
Sulla cassa, sopra il suo registro, c’era una singola rosa rossa, con un biglietto.
Ti amo
R.
Tutti i sentimenti negativi suscitati dallo scontro col padre si dissolsero e sorrise piano, rigirandosi il fiore tra le dita. Non c’erano spine, come in ogni rosa che lui le regalava. Spinta da un impulso, prese la  scala e salì fino a recuperare la prima edizione della Bella e la Bestia. Tenne il libro tra le mani per qualche secondo, osservando le illustrazioni della copertina con una stretta al cuore.
Quello era stato il secondo regalo di Rumpelstiltskin, dopo la rosa rossa che le aveva dato quando si stavano ancora conoscendo meglio. Lui era entrato, sorprendendola alle spalle mentre era raggomitolata in una poltrona a guardare il fuoco e lei l’aveva rimproverato per averla quasi fatta cadere. Rumpelstiltskin le aveva risposto con una delle sue risatine irritanti, eppure così adorabili e le aveva messo sul grembo, precipitosamente, il libro, la pelle intorno agli zigomi di un colore più intenso del solito.
Prima che potesse riaprire il volume, un’altra scossa, più potente della prima, fece traballare la scala e lei si lasciò sfuggire un grido di sorpresa. Sentendo il tremore aumentare, cercò di aggrapparsi allo scaffale, ma le dita le scivolarono e Belle cadde a terra, assieme alla scala.
Sbatté violentemente la caviglia e la spalla, ma riuscì a non ferirsi alla testa ponendo le mani in avanti. Il ginocchio le faceva malissimo, tanto che alcune lacrime uscirono involontariamente. Per la prima volta da tempo, era preoccupata per se stessa: i libri delle file esterne stavano iniziando a cadere e lei provò ad arretrare, proteggendosi il viso con il braccio alzato. Più di uno le lasciò lividi scuri sulla pelle, ma sentire vibrare il pavimento sotto di sé era molto più spaventoso. Essendo la biblioteca uno degli edifici più vicini alle miniere, probabilmente stava risentendo delle scosse di più rispetto agli altri, senza contare del drago che probabilmente si stava innervosendo, parecchi metri più in profondità.
Credette di morire nel momento in cui vide l’insieme degli scaffali sulla destra oscillare sempre più forte.
“No, non cadere, no…”
Chiuse gli occhi quando vide l’ammasso di legno perdere la battaglia contro l’equilibrio e scendere a rallentatore. Se solo avesse potuto rivedere Rumpelstiltskin, prima di morire…
Quando furono passati parecchi secondi e Belle non si sentì fracassare le ossa dall’impatto, aprì piano gli occhi. Il primo respiro che emise fu di sollievo, realizzando d’esser viva. Dolorante, ammaccata, ma viva.
Il secondo fu di pura esasperazione: la sua unica via d’uscita per raggiungere il telefono e chiamare aiuto era bloccata dai libri e dagli scaffali di legno crollati. Si prese la testa tra le mani e si tolse i capelli dalla fronte. Prima o poi, qualcuno sarebbe venuto a prendersi un libro.
Si, certo, e Charming è più furbo di una volpe.
La voce di Rumpelstiltskin nella sua testa, pur essendo un pessimo segnale per la sua sanità mentale, la rincuorò lo stesso. Inspirò ed espirò profondamente, poi si decise.
“Aiuto! Qualcuno mi sente? Sono bloccata, aiuto!”
Probabilmente, tutti quei libri soffocavano le sue grida. Sperò per qualche istante di sentire il telefono squillare: se non avesse risposto, sarebbero venuti a cercarla.
Sollevò piano la gambe per vedere i danni: bene, la caviglia era blu e gonfia come una palla da baseball, ma non era rotta. Non riusciva né a stendere né a piegare del tutto il ginocchio e se lo sentiva bollente, ma nemmeno quello sembrava gravissimo.
Le braccia e le gambe erano costellate di piccoli lividi, ma almeno non aveva avuto danni al collo e alla testa. Si vide davanti agli occhi la scena della sua caduta terminante con il l’osso del collo spezzato, le sue orecchie ne sentirono il rumore, così scosse la testa e rabbrividì ripetutamente.
Controllò l’ora, ma il suo orologio da polso era rotto e una lancetta era uscita dal quadrante.
Sbuffando, lo tolse e lo mise per terra, vista la sua inutilità e tentò di mettere la spalla in una posizione più comoda. Non serviva a nulla agitarsi, si ripeté. Era in una situazione orribile, ma sicuramente entro sera… il sangue smise di scorrere e si gelò per un momento. E se fosse successo qualcosa a Rumpelstiltskin? La forza della seconda scossa poteva averlo fatto cadere, o potevano essergli cadute addosso tutte le sue chincaglierie che lui si ostinava a chiamare “pezzi da collezione”. Fortunatamente, la loro tazzina, Chip, era al sicuro, a casa.
Guardò la sua gonna, macchiata di polvere e sgualcita. Un tacco si era rotto, così si levò la scarpa e si portò al petto il ginocchio sano, appoggiandovi il mento. Rumpelstiltskin aveva ragione, era innegabile che le cose stavano cambiando. Belle però sapeva anche che non sarebbe stato semplice convincere Emma a crederci.
Provò a mettersi nei suoi panni: il figlio dato in adozione dieci anni prima si presenta alla porta, ti trascina in un paesino dimenticato da Dio e sostiene che tutti i suoi cittadini sono personaggi delle fiabe, maledetti e trasportati nel mondo reale dalla Regina Cattiva.
Isabeau presentava la razionalità di queste ragioni, ma Belle era irritata dal fatto che la Salvatrice ignorasse tutte le novità che il suo arrivo aveva portato: l’orologio aveva iniziato a funzionare senza che nessuno ci mettesse mano, coppie a lungo separate stavano cominciando a riunirsi, nessuno ricordava un qualsiasi rapporto che lo legava a qualcun altro, e proprio dopo che Emma aveva deciso di stabilirsi a Storybrooke le vecchie miniere decidevano di causare problemi.
Cosa ti aspetti, dearie, questo è un mondo scettico.
“Questo non le dà il diritto di non essere obiettiva.”
Si spaventò nel sentire la propria voce, ma parlare con un Rumpelstiltskin immaginario era meglio che stare in quel silenzio opprimente.
Sai di chi è figlia, Belle. Non aspettarti troppo.
“Speravo che i geni di Biancaneve fossero dominanti.”
Anch’io, ma il segreto è saper esser previdenti, dearie.
“Io non sono te.”
Dio ti ringrazio.
“Tu hai saputo orchestrare tutto da moltissimo tempo: hai creato la tua maledizione, hai aiutato Regina a liberarsi di sua madre e hai tirato fuori il suo lato malvagio, rendendola adatta a innescare il sortilegio. Hai manovrato, aiutato e ostacolato Charming e Biancaneve perché fossero in grado di vincere, alla fine di tutto.”
Modestamente, dearie… ma c’è una cosa che non ho saputo prevedere.
“Cosa?”
Un patto per liberare un regno dagli orchi, che mi ha portato al castello un bellissimo angelo.
“Ti prego. La prima cosa che ho fatto è stata romperti una tazza.”
Ma dopo pochi secondi ne hai pagato il prezzo, dearie.
“Ma cosa dici?”
Chinandoti mi hai regalato una magnifica vista, molto meglio di quella di una tazza intera.
“Questo non me l’avevi mai detto, maniaco che non sei altro!”
La risatine folle di suo marito risuonò nelle sue orecchie, ma servì anche a riscuoterla da quella specie di sogno in cui si era persa la sua mente. Non stava parlando con Rumpelstiltskin, era chiusa dentro la sua biblioteca senza via d’uscita.
Si aggrappò alla colonna e si issò faticosamente sulla gamba buona. Senza dubbio, avrebbero commentato che, zoppicando a causa del ginocchio, sarebbe stata un match perfetto con Gold.
Saltellò con un piede solo, sempre appoggiata al muro, fino al punto in cui la montagna di legno e carta bloccava il passaggio. Sforzandosi di rimanere calma, spostò un libro, poi un altro. C’era un’altra fila caduta dietro. Ma lei non doveva andare da nessuna parte.
Iniziò così a provare  a creare un’apertura, anche se non grandissima.
I libri che rimuoveva li metteva dietro di sé, lentamente per non perdere l’equilibrio. Una volta cadde sopra alla prima colonna impilata e gli spigoli urtati nel fianco le mozzarono il respiro per qualche secondo.
Era sudata, i capelli erano sciolti del tutto e in parte attaccati intorno alla fronte. Perché doveva crollare proprio la sezione con i volumi più pesanti? La gola era secca e asciutta come il Sahara e si ritrovò ad incantarsi ogni tanto per pensare ai the freddi di Granny, la prima cosa che lei e Rumpelstiltskin avevano bevuto dopo aver ricordato.
Non era mai stata una persona particolarmente assetata, ma suo marito lo era e l’aver preso l’abitudine di bere il the con lui più volte al giorno l’aveva rovinata.
Dopo quello che le parve un tempo lunghissimo, rimase solo una fila da spostare e Belle si sentiva così stanca e arrabbiata che la spinse semplicemente. Si pentì subito del suo gesto, quando vide che i libri buttati giù avevano iniziato a colpire quelli indietro, creando un effetto domino che occupò tutto il pavimento.
Trattene le lacrime di frustrazione nel vedere che probabilmente non sarebbe più riuscita a tornare indietro, ma strinse i denti e si lasciò scivolare piano a terra, pronta a strisciare sotto il varco lasciato dal mobile. Man mano che si avvicinava, però, si rese conto di aver sottovalutato il raggio d’apertura.
Riuscì a far passare la testa e le braccia, poi cercò un appiglio per far trazione e tirare fuori anche il resto del corpo. Tastò il pavimento, ma la sua mano toccò qualcosa che le fece il solletico con zampe sottili. Urlò nel vedere un ragno delle dimensioni del suo pugno e cercò di ritrarsi, ma sbatté la testa mentre arretrava. Fortunatamente, anche la bestiola si spaventò alla sua vista e corse a ripararsi sotto una mensola nel lato opposto della stanza con tutta la velocità massima che le otto zampette permettevano.
Se c’era una cosa che Belle non aveva mai sopportato, erano quegli insetti. Durante il primo mese di permanenza al Castello Oscuro, mentre stava spolverando la cucina, aveva toccato con lo straccio un ragno dal pelo bruno e striato di tinte rossastre, e aveva urlato così forte che Rumpelstiltskin l’aveva sentita dall’ala opposta rispetto a dove si trovava. Credendo che qualcuno fosse entrato di soppiatto nella sua casa per ucciderlo e che l’avesse ferita, si era materializzato subito nella stanza, trovando una Belle tremante, in piedi sopra il tavolo che reggeva la scopa come una lancia.
Aveva sogghignato apertamente quando aveva capito il problema, ma con uno schiocco di dita aveva liberato il castello dalla presenza di quegli animaletti che terrorizzavano la nuova governante.
La sua avanzata strisciante fu interrotta quando capì che la parte inferiore del suo corpo non riusciva a passare.
“Cazzo! No!”
Picchiò il pugno per terra, ignorando il dolore. Provò ad inarcare di più la schiena, ma riuscì a spostarsi in avanti di un millimetro, forse. Lo sapeva che doveva mettersi a dieta, erano mesi che se lo diceva, ma Rumpelstiltskin l’aveva sempre guardata come se si fosse trasformata in un Orco.
Ma stavolta non l’avrebbe ascoltato, così la prossima volta che sarebbe rimasta bloccata in biblioteca sarebbe stata in grado di passare sotto le aperture ristrette con la grazia e la facilità di un serpente.
Sospirando, ritornò indietro, calciando i libri che la ostacolavano con il piede buono. Si rimise seduta, rilassando le spalle contro la parete. Il corpo era un ammasso dolorante, si sentiva ricoperta di polvere e sembrava che mille zampettii le percorressero la pelle. Rabbrividì più volte e notò che la maglia si era strappata sul fianco, mettendo in mostra un bel buco.
Gettò la testa all’indietro e guardò il soffitto, come per cercare della luce illuminante. Ormai doveva essere almeno pomeriggio. Magari erano già le sei passate e Rumpelstiltskin stava venendo da lei.
O magari non erano nemmeno le tre perché il tempo le era parso scorrere più lentamente.
Chiuse gli occhi e iniziò a respirare profondamente, sperando che il sonno arrivasse per non renderla cosciente del nulla in cui doveva stare per chissà quanto tempo, ma la sua mente era fin troppo sveglia. Dopo qualche minuto si arrese e smise di cercare di dormire. Prese il libro più vicino e lo osservò. Non ricordava di averlo mai letto… o visto, se per quello.
Lo aprì e trattenne il respiro, vedendo che le parole non erano stampate, ma scritte. La grafia era allungata e tonda, ma irregolare e c’erano molti errori di grammatica. Scorse rapidamente le pagine in cerca di un nome, e stranamente lo trovò all’ultima pagina.
Baellfire.
Sgranò gli occhi: poteva essere il diario di Bae? L’immagine di un bambino che tentava di scrivere il suo nome e i suoi pensieri su un volumetto così sottile le formò un groppo in gola.
Non c’erano date, solo parole e spazi vuoti.
Si sentì in colpa a leggerlo, così decise di scorrere solo poche pagine.
La mama ha andata via. Ha lascato io solo per andarre in bere con cuegli uomini che sono dal mare. Papa ha deto che non si sarà acorta del tenpo che pasava, ma so che lei no ci vuolle.
No io e no papa.
Lei sfiorò quelle parole con la punta delle dita. Bae doveva essere molto piccolo… e Rumpelstiltskin era ancora un povero tessitore che cercava di mantenere la famiglia.
I soldati sono venuti al vilagio. Dicono che devo combatere per protegere la nostra terra dali orchi. Papa non soride più, mi guarda in modo strano. Mi abracia speso e mi tiene sempre vicino a lui. Sento che ha paura per me, ma cosa può fare? Cerco di imaginare la guera. Armi, sangue, come quelo che ho visto quando i caciatori hano sparato ale nostre pecore.
 Un pesante e frenetico bussare la scosse dalla lettura. Le voce erano soffocate, ma erano maschili. Si guardò intorno, velocemente, e nascose il diario dietro uno scaffale rimasto intatto: l’avrebbe dato a suo marito, ma al riparo da occhi indiscreti.
Sentì il rumore della porta che si apriva e sbatteva, assieme alle urla di Rumpelstiltskin.
“Isabeau! Isabeau!”
Belle respirò liberamente e stette quasi per mettersi a piangere per il sollievo.
“Sono qui dietro!”
Sentì un colpo secco del bastone che picchiava duramente a terra e immaginò che l’attesta non gli aveva certo ammorbidito il temperamento. Qualcuno che le sembrò Graham cercò di placarlo.
“Non si preoccupi, signor Gold, quel mobile non è troppo pesante da sollevare, ora la tiriamo fuori.”
Un’altra voce, sorpresa, s’intromise.
“Wow, è una biblioteca! Sua moglie lavora qui?”
Persino da lì Belle poteva sentire i denti di Rumpelstiltskin digrignare.
“No Nolan, che cosa le ha mai dato quest’idea?”
“Allora, fratello? Lo spostiamo o no quest’ammasso qui? Fra un po’ è l’ora della mia birra e prima finiamo meglio è.”
Vide tre paia di scarpe avvicinarsi, poi un quarto paio accompagnato da un bastone. Lei si commosse al pensiero che suo marito aiutava a rimuovere quel peso nonostante la sua gamba.
“Al mio tre? Uno, due…”
Un grugnito e gli scaffali si sollevarono di qualche millimetro, per poi ricadere con un’imprecazione.
“Che c’è, Nolan, di difficile nel saper contare fino a tre?”
Ricominciarono e stavolta i quattro uomini riuscirono a riappoggiare il mobile alla parete. Fortunatamente, la maggior parte dei libri era caduta a terra, alleggerendone il peso.
Rumpelstiltskin si affrettò verso di lei e s’inginocchiò al suo fianco, appoggiando il ginocchio sano e l’abbracciò con il braccio libero, così forte che non riuscì a respirare.
Sorrise e gli circondò il collo con le braccia, lasciando che le mormorasse parole dolci all’orecchio e che le accarezzasse i capelli.
“Attento, sembra che mi abbiano fatto un incantesimo di polvere permanente.”
Lui la baciò brevemente, zittendola, poi si allontanò un poco.
“Dove ti fa male?”
Belle fece un elenco delle sue ferite, cercando di minimizzarle per non farlo uscire troppo in escandescenze. Graham chiamò il dottor Whale, dicendogli di preparare l’occorrente per una visita medica.
“Cos’è successo dopo la seconda scossa? Qualcuno si è fatto male?”
Gold fece segno allo sceriffo di non parlare.
“Ti aggiornerò dopo la visita, Isabeau. ora è meglio che andiamo.”
David accorse pronto e la alzò di peso, reggendola in braccio. Rumpelstiltskin strinse gli occhi e lei dovette mordersi il labbro per non ridere. Charming le sussurrò all’orecchio, mentre la portava in auto:
“Dirai a Mary Margaret che ti ho aiutata, vero?”
Con la coda dell’occhio, Belle vide il bastone di suo marito alzarsi per colpire l’uomo, ma scosse la testa e gli fece l’occhiolino. Rumpelstiltskin sospirò e le sorrise.
Non ci voleva molto ad indovinare che anche lui stava respirando normalmente da poco.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: spero che la lunghezza del capitolo perdoni in parte il mio orribile ritardo, ma incolpate i miei esami! Ringrazio quelli che stanno seguendo la mia storia e prometto che nel prossimo capitolo ci sarà molto più fluff tra Mr e Mrs Gold! Una piccola anticipazione: Charming finisce nel fiume. Chi lo getterà? Ai posteri l’ardua sentenza. 
  
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