I contorni della maschera sono ormai graffiati e spigolosi.
Quante volte te l'eri detto, pensi, mentre un polpastrello scivola lentamente sul profilo scheggiato.
I solchi ruvidi di una vita passata e ancora in corso, migliaia di frammenti grattati via con le unghie, la lama di un sussurro a fior di labbra.
Crepe su crepe, un intreccio infinito d'illusioni e di sguardi, e dietro.
Il polpastrello giunge al limite, le ciglia scompigliate di un occhio scostante.
E dietro, dietro il continuo lacrimare e sanguinare e urlare; un'ottima maschera quella che hai scelto, nessuno può sentirvi attraverso o vedere o cogliere un cenno affrettato che com'è apparso scompare.
Percorri una lunga crepa e senza nemmeno percepirla vedi un'infima goccia di sangue farsi strada giù per la mano.
Stupida! Come può una maschera di vetro sopportare quel che realmente accade sul tuo viso? Vibra ad ogni tormento e la tua fronte corrugata troppo spesso ne incrina l'apparente perfezione.
Perdi tutto.
Come puoi?...respirare.