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Autore: DarkPenn    18/06/2007    5 recensioni
Nello scenario di Neo Tokyo-3, tra intrighi, sotterfugi, combattimenti e lacrime, potrà mai l'Amore sciogliere il ghiaccio del suo cuore? E forse anche pacificare l'animo tormentato di una donna? Oppure la soluzione sarà solo nel Progetto di Perfezionamento dell'uomo? [Attenzione: Prossimamente vi saranno delle scene contenenti spoiler per chi non ha visto il film 'The End Of Evangelion'.]
Genere: Romantico, Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 27

CAPITOLO 27

 

Il Dolore

 

 

 

 

 

A quel grido lancinante accorse subito la Dottoressa Akagi, che nonostante le ferite, comunque superficiali, che aveva riportato aveva insistito per restare a sorvegliare Rei. La ragazza non reagì vedendo la donna con la testa fasciata ma continuò a gridare e dimenarsi nel letto, al punto da gettare all’aria le coperte e tentare di strapparsi l’ago della flebo dal braccio, che però era stato opportunamente fissato con del nastro adesivo.

“Fermati, Rei!” le intimò Ritsuko, correndo verso di lei e tentando di tenerla ferma a letto. Constatando però la propria inadeguatezza, ancora indebolita com’era, chiamò a gran voce un’infermiera.

Rei continuava ad urlare senza riuscire ad emettere parole di senso compiuto e ormai era quasi riuscita a scivolare giù dal letto strisciando sotto la presa ben poco salda di Ritsuko. Finalmente però erano arrivate due infermiere, che afferrarono le gambe della ragazza e riuscirono ad immobilizzarla a letto, bloccandola con i propri corpi. Per tutta risposta la First Children emise un terribile urlo acutissimo, tanto simile all’ululato dell’unità 00 in berserk che la scienziata ne rimase inquietata.

 

Dannazione, non l’ho mai vista in questo stato! Nemmeno i calmanti in endovena le fanno qualcosa!

 

“Gabriel!” gridava la ragazza in lacrime dalla disperazione. “Gabriel!!”

Rei, Gabriel è vivo!” si intromise Ritsuko, ma le grida di Rei erano talmente forti che sovrastarono le sue parole. “E’ vivo! E’ vivo! Gabriel è vivo!” ripeté più volte ed alla fine riuscì a farsi sentire. A quel punto la First Children sgranò gli occhi colmi di lacrime e si zittì per un momento. La scienziata e le infermiere interpretarono quell’attimo di calma come il termine della crisi e lasciarono la presa, titubanti. In quell’istante Rei scoppiò a gridare di nuovo, ma questa volta sorprese le tre donne gettando le braccia al collo della Dottoressa Akagi. Quest’ultima rimase dapprima stupita da quel gesto, incapace di reagire.

“Io gli ho detto di fermarsi,” singhiozzò la ragazza, stringendosi forte al collo della scienziata, “ma lui… lui…”

Non riuscì a terminare la frase e Ritsuko, percependo già alle proprie spalle gli sguardi interrogativi delle due infermiere, le congedò con un ordine secco. Non appena se ne furono andate poté tentare di calmare Rei. Le appoggiò in modo un po’ goffo le mani sulle spalle, rispondendo al suo abbraccio.

“Su, Rei,” tentò di consolarla in modo alquanto ingenuo. “E’ tutto finito ora. Gabriel sta bene, è proprio qui all’ospedale. Ora sta riposando, ma sopravvivrà di sicuro.

I singhiozzi della First Children, soffocati dal camice della scienziata, si affievolirono fino a spegnersi. Rimasero in quella posizione ancora a lungo, in silenzio, mentre all’esterno della stanza la vita consueta dell’ospedale, turbata dalle grida di poco prima, riprese a scorrere normalmente.

Ritsuko stava per dire qualche altra banale frase consolatoria, rimproverando se stessa per la propria goffaggine in quel momento tanto delicato, quando fu Rei a ricominciare a parlare, stavolta sottovoce. Spostò la bocca dalla spalla della donna e vi appoggiò la guancia arrossata dal pianto. “Lo odio,” disse, a malapena udibile. “Lo odio con tutta me stessa…”

Ritsuko non ebbe bisogno di chiedere a chi si riferisse, poiché sapeva benissimo che era la stessa persona che odiava lei. Piuttosto, si sorprese che la ragazza fosse stata in grado di esprimere un tale sentimento negativo, sebbene potesse essere comprensibile da parte di una persona normale in quello stato di prostrazione. Con un impercettibile cenno stizzito del capo ridusse al silenzio il proprio sguardo analitico ed il proprio essere scienziata e si costrinse a posare una carezza sul capo di Rei. Le diede la stessa sensazione che accarezzare una provetta da laboratorio, e questo accentuò il suo fastidio.

“Hai ragione,” disse infine, da un lato per continuare a consolare Rei, dall’altro per distogliere la propria attenzione da ciò che provava. “Il Comandante Ikari è una persona spregevole.

La First Children non commentò quelle parole ma, esausta, si abbandonò all’abbraccio di Ritsuko, troppo stanca per continuare a parlare. Proseguì invece a singhiozzare ancora a lungo.

“Voglio andare da lui,” annunciò infine, facendo quasi sobbalzare la Dottoressa per la sorpresa di averla sentita di nuovo parlare. Quest’ultima s’incupì, anche se dalla posizione in cui si trovavano Rei non avrebbe potuto vedere la sua espressione.

“Rei,” iniziò la scienziata con un tono accomodante, “è vero che Gabriel è fuori pericolo, ma deve ancora riposare, non credo che la tua presenza…”

“Io voglio andare da lui,” ripeté la ragazza con una voce che non ammetteva repliche. Ritsuko sospirò. “D’accordo. Però dovrò accompagnarti con una sedia a rotelle; il tuo fisico ha subito un grave stress durante…” esitò, poi, notando l’irrigidimento delle spalle di Rei, riprese, “durante l’attacco dell’Angelo, per cui non devi sforzarlo troppo.”

“Va bene,” acconsentì la ragazza, che finalmente aveva finito di piangere. Si sciolsero dall’abbraccio e, mentre la scienziata chiamava un’infermiera con il tasto apposito, Rei si asciugava le lacrime residue. Non voleva che Gabriel la vedesse in quello stato.

L’infermiera arrivò con la sedia a rotelle ed aiutò Ritsuko a depositarvi Rei. Quest’ultima si meravigliò delle sensazioni che le rimandava il suo corpo: sebbene poco prima fosse riuscita ad agitarsi vistosamente, in quel momento sentiva un intenso formicolio alle estremità, al punto da non avervi più la sensibilità, ed inoltre si sentiva mortalmente debole. Ma tutte quelle impressioni non le interessavano, voleva solamente andare da Gabriel, dirgli che lo amava e che non avrebbe mai perdonato il Comandante Ikari per ciò che aveva fatto.

Lentamente, Ritsuko accompagnò Rei fuori dalla camera mentre l’infermiera coglieva l’occasione per rifare il letto. La First Children si torceva le mani, come non aveva mai fatto in passato, cosa che rese pensierosa la Dottoressa Akagi.

 

Il trauma che ha subito è stato molto rilevante… Credo che non sarà più la solita Rei Ayanami, ed ho qualche dubbio anche sul fatto che potrà ancora pilotare l’Evangelion… Se non dovesse più risultare utile, cosa ne farà Gendo…?

 

Cosa succede?” chiese bruscamente Rei quando la velocità costante della sedia a rotelle si ridusse. Ritsuko era sbiancata, ma le rivolse una sorta di sorriso tranquillizzante. “Non preoccuparti, è solo un momento di stanchezza.

Rei non rispose e tornò a guardare il corridoio innanzi a sé senza realmente vederlo. La donna riprese a spingere, cercando di domare i battiti del proprio cuore.

 

Non può farlo… Non può sostituirla in quel modo… Lui è ancora umano, anche se non più del tutto.

… Questa preoccupazione per Rei è forse una specie di sentimento materno? Oppure è la semplice empatia che ogni essere umano è portato a provare per i suoi simili? Se del primo ambito mi ritengo una completa estranea, del secondo non sono affatto una campionessa…

 

Non aveva ancora trovato una risposta a quei quesiti quando il suo sguardo incontrò quello di Gendo Ikari, che stava camminando lungo il corridoio nella loro direzione. Rei strinse con forza i braccioli della sedia a rotelle, fissando con odio l’uomo e senza fare nulla per nascondere i propri sentimenti. Dal canto suo Ritsuko si sentiva come se stesse per scoppiare un uragano attorno a lei.

“Vedo che vi siete rimesse entrambe,” disse con freddezza il Comandante Ikari. La Dottoressa Akagi non rispose, ma sentì una resistenza da parte della sedia a rotelle, che lei aveva continuato a spingere imperterrita: Rei aveva inserito i freni e stava facendo forza sulle mani per sollevarsi in piedi.

“Dannato bastardo,” sibilò tra i denti stretti, tenendo lo sguardo basso. “Lei ha cercato di ucciderlo!”

La ragazza balzò in piedi dalla sedia a rotelle e tese le mani verso il collo di Gendo; questi, atterrito dalla reazione, fece un passo indietro e Rei gli afferrò con forza il bordo della giacca. Le gambe però non la ressero e cedettero sotto di lei, facendola cadere in ginocchio. Ritsuko guardò la scena esterrefatta: la First Children non aveva mai avuto una reazione nemmeno lontanamente simile. Anche l’uomo fu preso totalmente alla sprovvista e rimase a guardare a bocca aperta gli occhi rossi di Rei velati di lacrime che continuavano ad esprimere l’accusa che la voce aveva smesso di pronunciare. L’attimo di turbamento del Comandante durò un attimo, però. “Dottoressa, me la tolga di dosso!” ordinò. Ritsuko obbedì senza nemmeno pensarci ed afferrò la ragazza sotto le braccia, sollevandola dalla sua posizione ginocchioni.

“Non la perdonerò, se lo ricordi bene!” gridò Rei, mentre Gendo si allontanava quasi di corsa senza voltarsi. “Non la perdonerò,” continuò a mormorare fra i singhiozzi mentre la scienziata la rimetteva seduta e le risistemava i piedi sui supporti.

La donna non riusciva ad identificare ciò che provava dentro di sé.

 

Perché sto soffrendo? E’ rabbia, la mia? Compassione? O forse c’è anche una muta, meschina gioia perché Rei è riuscita ad esprimere ciò che io non ho mai potuto dire ad alta voce?

 

Mentre ricominciava a spingere la carrozzina, senza commentare ciò che era appena accaduto ed ignorando gli sguardi incuriositi dei medici e dei pazienti che incontrava lungo il corridoio, si sfiorò accidentalmente l’addome, dove una nuova vita stava crescendo.

 

Piccolo… o piccola… Non so come fare a farmi perdonare da te, per averti fatto avere un padre del genere.

 

Non parlarono più finché non arrivarono di fronte alla stanza di Gabriel. Finalmente la ragazza si era calmata e teneva lo sguardo fisso di fronte a sé, le mani strette l’una all’altra, ed era seduta sul bordo della sedia a rotelle.

“Rei,” iniziò Ritsuko abbandonando la sua posizione e portandosi di fronte a lei. “Prima che entriamo c’è qualcosa che dovrei dirti.

“Di che si tratta?” chiese la First Children, guardinga. Era molto provata dagli ultimi avvenimenti, nonché dal recente incontro con il Comandante, ed era evidente la sua sospettosità riguardo le parole di Ritsuko.

 

Perché non mi vuole far entrare? Cosa mi sta nascondendo?

 

“In questo momento Gabriel è in coma,” riprese la scienziata e continuò subito, prevenendo l’espressione di allarme sul volto della ragazza. “Non c’è di cui preoccuparsi, comunque. Si sta solo riavendo dallo shock, un breve periodo di assenza della coscienza è normale in questi casi.”

“Quanto durerà?” chiese Rei, la voce affilata come un coltello.

“Al massimo una settimana,” fu la risposta. Almeno questa volta la donna non avrebbe dovuto mentire, poiché la stima era veramente così ottimistica. La brutta notizia era un’altra. “Però non possiamo escludere che in qualche modo riesca a sentire ciò che si dice attorno a lui,” continuò. “Per questo vorrei parlarti qui fuori.”

Che cosa vuole dirmi, che Gabriel non dovrebbe sentire?” chiese ancora Rei, il tono di voce maggiormente elevato. La Dottoressa Akagi deglutì.

“Vedi… è stato praticamente un miracolo che sia sopravvissuto, Rei. Dovremmo essere grati già solo di questo.

“Che cosa gli è successo, Dottoressa??” sbottò la ragazza, agitandosi vistosamente sulla sedia a rotelle. Ritsuko porse le mani verso di lei per sostenerla se avesse voluto alzarsi in piedi.

“Il fatto è che le ferite che ha subito erano gravi, anche se non hanno intaccato le sue funzioni vitali…”

“CHE COSA E’ SUCCESSO??” ripeté Rei, stavolta gridando, incurante degli sguardi infastiditi di coloro che passavano da quelle parti. La scienziata comprese che non avrebbe più potuto ritardare la comunicazione di quella notizia.

“I danni… Ecco, la stretta dello 01 ha lesionato alcuni gruppi muscolari e tendinei di braccia e gambe. Se per le gambe ciò non comporta un grave problema, per le mani…”

Rei la fissò a bocca aperta e si ritrasse contro lo schienale, come se volesse sfuggire alle parole della donna, ma questa ormai sapeva di non poter più tacere. “C’è la consistente possibilità che i movimenti fini siano irrimediabilmente compromessi, il che vuol dire che forse non potrà più muovere le dita come prima. E quindi…”

Ritsuko si umettò le labbra, non trovando le parole per proseguire, ma fu Rei a terminare in lacrime la frase per lei. “… Quindi non potrà più suonare…”

Con la morte nel cuore la scienziata annuì. “Sì.”

Quella singola sillaba risuonò come una condanna a morte nelle orecchie della First Children, che si abbandonò all’indietro come una marionetta cui fossero stati tagliati i fili. Ed in effetti, per Gabriel quella era una vera e propria condanna a morte.

 

 

 

 

Misato Katsuragi non se l’era cavata bene quanto la sua amica Ritsuko. Sebbene fosse stata riparata dall’esplosione di Matsushiro grazie ad una spessa paratia metallica che le era caduta addosso, aveva riportato un trauma cranico ed una frattura al braccio sinistro, oltre a numerose altre ferite di scarsa gravità. Soccorsa dalle squadre di intervento di Neo Tokio-3, supportate da agenti specializzati della Nerv, era stata curata dapprima in un ospedale da campo allestito d’urgenza e poi trasferita all’ospedale generale della sua città. Qui riprese conoscenza e apprese sconvolta di ciò che era successo alla base e all’unità Evangelion 03, ma, nonostante la sua rabbia e le sue minacce, non era riuscita a sapere nulla della sorte del Fourth Children né degli altri. Solo dopo tre giorni dalla tragedia, quando era ormai chiaro che la ferita alla testa non avrebbe provocato particolari problemi, fu trasferita nell’ospedale sotterraneo della Nerv.

“Infermiera,” disse con finta gentilezza quando fu accompagnata su di un letto dotato di ruote all’interno di una delle stanze per i degenti, “ora che sono stata finalmente giunta nella mia stanza, può farmi la cortesia di farmi avere SUBITO notizie della Dottoressa Ritsuko Akagi e dei Children? Grazie.”

L’infermiera la accostò ed annuì, dopodiché uscì subito dalla porta borbottando qualcosa sull’arroganza della paziente. Misato sbuffò cercando di tirarsi un po’ su rispetto a quella posizione sdraiata ma sobbalzò nel momento in cui qualcuno scostò all’improvviso la tenda che fungeva da separé e divideva la stanza in due.

Misato??” chiamò Satoshi, gli occhi sgranati ed in preda allo sbalordimento.

Satoshi!” esclamò lei, sorpresa e felice, ma la sua espressione mutò bruscamente quando si accorse che l’amato non sembrava affatto contento di vederla.

Cosa ti è successo?” chiese l’uomo freddamente.

Misato chinò il capo prima di rispondere. Sapeva che era stato diramato dallo stesso Comandante Ikari l’ordine tassativo di mantenere il silenzio su quanto avvenuto con lo 03 nei confronti di chiunque già non avesse saputo. Ciò significava che Satoshi non sapeva niente dell’incidente di Matsushiro, del tredicesimo Angelo o di ciò che era capitato a lei o a Gabriel…

Guardandolo negli occhi la donna seppe che non avrebbe potuto mantenere il segreto con lui o raccontargli una menzogna: dopotutto lui era pur sempre il capo della sicurezza della base Nerv ed era stato da poco nominato Capitano, era assurdo che non dovesse sapere nulla. E poi erano già passati tre giorni…

Misato, non mi dire che hai fatto un incidente con la Renault Alpine perché altrimenti non saresti stata ricoverata qui e in ogni modo mi sarebbe stato comunicato,” continuò Satoshi, impassibile. Misato sospirò.

“Non ho fatto nessun incidente con la Renault Alpine,” confessò. “Ha attaccato un Angelo.”

Vedendo che l’uomo era balzato seduto e stava per alzarsi in piedi, nonostante la smorfia di dolore e l’assenza delle stampelle, Misato si affrettò a precisare. “Non preoccuparti, è già stato sconfitto!”

L’uomo esitò qualche secondo, valutando se lei gli aveva detto la verità o aveva mentito solo per tranquillizzarlo, ed infine decise che non si trattava di una bugia. Tornò a sedersi e si ridistese in una posizione più comoda. Ora il suo sguardo esprimeva nuovamente preoccupazione per la donna che amava. “Le tue ferite sono gravi come sembrano? E i ragazzi come stanno? E Gabriel? Avevo sentito che qualche giorno fa avrebbe dovuto sostenere il test di attivazione dello 03, com’è andato? Ha combattuto la sua prima battaglia da solo?”

Misato sorrise alla raffica di domande del suo fidanzato, ma non fece nessuno sforzo per nascondere la tristezza di quel sorriso. “Ehi, una domanda per volta. Per le mie ferite, la più grave è questa frattura al braccio, per il resto sto bene. Per il resto…”

Alla sua esitazione Satoshi si allarmò di nuovo. “Cos’è successo??”

“L’Angelo ha attaccato durante il test di attivazione dello 03. L’Angelo… era lo 03.”

Senza dare il tempo a Satoshi di rispondere a quella notizia, continuò. “La base di Matsushiro è andata distrutta e l’Angelo si è diretto qui, ma fortunatamente lo 01 l’ha fermato in tempo. L’ha distrutto…”

E Gabriel?? Era ancora nell’entry plug?? Come sta??” la interruppe Satoshi, quasi gridando per l’ansia. Misato esitò di nuovo, ma non tanto quanto prima perché l’altro non fraintendesse.

“Ne so poco, a dire la verità. Non sono trapelate molte notizie. So per certo che è sopravvissuto, sebbene fosse rimasto nell’entry plug per tutto il tempo, ma non so dirti altro. Sto infatti aspettando che quell’infermiera torni con notizie sue, degli altri Children e di Ritsuko.”

Satoshi rimase pensieroso. “Quindi è come se fossimo tagliati fuori dal mondo…”

“Sì…”

Restarono in silenzio per lunghi attimi, poi l’uomo riprese la parola. “Non dovevi rischiare così tanto.”

Lei sorrise debolmente. “Faccio il mio lavoro.”

“Per fare il mio lavoro guarda come mi sono ridotto: mesi a letto, una riabilitazione infinita, mille preoccupazioni a te e ai ragazzi. Non voglio che succeda lo stesso a te.”

Lei si limitò ad annuire, per poi aggiungere. “Da quando gli Angeli hanno cominciato i loro attacchi siamo tutti in pericolo, non importa quante misure di protezione si prendano. Il fatto che l’Evangelion 03 si sia manifestato come tredicesimo Angelo era del tutto imprevedibile, quindi non si è potuto fare assolutamente niente per limitare i danni.

Satoshi però scosse il capo, con l’aria di chi non vuole sentire ragioni. “Promettimi che starai sempre attenta, qualunque cosa succeda, Misato. A te e ai ragazzi.”

Nonostante la stanchezza, che era tornata a farsi sentire insieme all’intontimento dovuto alle ferite a causa dello stress del viaggio e del ritorno alla memoria di quegli avvenimenti dolorosi, il Maggiore Katsuragi annuì, seria. “Te lo prometto. E starò attenta anche a te.”

In quel momento entrò l’infermiera che Misato aveva sgarbatamente mandato a cercare informazioni. Ora però i due occupanti della stanza la stavano fissando con aria trepidante. La donna appena arrivata non tradì alcuna irritazione per il modo in cui era stata trattata in precedenza, ma anzi sorrise, tranquillizzante. “Non vi preoccupate. Mi hanno riferito che il Fourth Children è ricoverato qui ed anche se non si è ancora svegliato non è più in pericolo di vita.

“Grazie al cielo,” mormorò Satoshi, rilassandosi contro il proprio cuscino, usato come schienale.

E della Dottoressa Akagi non ha nessuna notizia?” intervenne Misato, rasserenata ma ancora in ansia per l’amica. Il sorriso dell’altra si allargò ancora di più e le si illuminò lo sguardo. “Sta bene, Maggiore. A quanto pare ha riportato solo qualche contusione e abrasione, è già tornata al lavoro. Ed anche il suo bambino sta bene.”

Quella notizia colse entrambi di sorpresa. Si scambiarono uno sguardo interrogativo, poi Misato chiese conferma. “Bambino?”

“Sì,” confermò l’infermiera. “Non lo sapeva ancora? La sua amica aspetta un bambino!”

Convinta di aver comunicato una lieta notizia, la donna se ne andò, chiudendo la porta alle sue spalle. I due occupanti della stanza si guardarono negli occhi di nuovo.

“Tu ne sapevi qualcosa?” chiese Misato al proprio fidanzato.

“Assolutamente no,” rispose quest’ultimo. “Ora che ci penso, però, era da un po’ che si comportava in modo strano…”

Ora il Maggiore però aveva lo sguardo perso nel vuoto, al punto che Satoshi si interruppe, convinto di venire ignorato per qualche motivo.

“C’è qualcosa che non va?” le chiese.

“No,” fu la risposta, prodotta con appena un filo di voce. “Mi domando solo chi sia il padre…”

 

 

 

 

A scuola nessuno sembrò badare al banco vuoto di Gabriel; non per malignità, ma semplicemente per nascondere la sofferenza che tutti provavano, come se non parlandone essa se ne andasse. E così Toji e Hikari litigavano a voce più alta, Kensuke esagerava un po’ nell’esaltazione dell’ultima novità in fatto di videocamere, Motoko e le sue amiche parlavano quasi ossessivamente del più e del meno, evitando anche solo di guardare la sedia vuota.

Addirittura Shinji e Asuka stavano collaborando alla soluzione di un problema matematico, invece di litigarci sopra come al solito, perché anche se ormai erano ufficialmente insieme, la ragazza continuava a rifiutare di aiutare il Third Children con la scusa di spronarlo a studiare di più.

Solamente Rei non partecipava al clima teso e compulsivamente agitato della classe. Sola, seduta al suo banco a capo chino su uno schermo la cui casella e-mail non lampeggiava più, non poteva non pensare al suo Gabriel.

Quando aveva saputo che il Fourth Children avrebbe potuto perdere la capacità di suonare il pianoforte, pochi giorni prima, aveva insistito comunque per entrare nella stanza. Ritsuko, seppur a malincuore, aveva acconsentito. La First Children non aveva saputo trattenere le lacrime vedendolo incosciente sul suo letto, il corpo e la testa interamente avvolti da bendaggi stretti che lasciavano intravedere solo gli occhi chiusi e pesti e le labbra aperte, attraverso le quali passava il tubo che garantiva un regolare afflusso di ossigeno anche nel caso di un’improvvisa crisi respiratoria. Le sue mani erano inserite in due blocchi gemelli di gesso, e solamente le punte delle dita sporgevano dalla massa bianca. Rei gliele aveva baciate una ad una, sperando in cuor suo di suscitare almeno una risposta al dolore, una qualunque reazione che le dimostrasse che lui non era troppo lontano, che non l’avrebbe abbandonata, nonostante le rassicurazioni della Dottoressa Akagi. Ma la donna non sapeva cosa volesse dire per Gabriel perdere la capacità di suonare il pianoforte.

Per lui la musica era la vita, non c’era distinzione tra le due. Suonare era per lui come respirare era per chiunque altro: se non avesse più potuto suonare, Gabriel sarebbe appassito lentamente fino a spegnersi.

Ritsuko non sapeva con quanta passione le sue dita sfiorassero i tasti del pianoforte, lievemente eppure in grado di trarne qualsiasi suono volesse. Non aveva ascoltato la splendida opera che aveva scritto per la ragazza che amava, togliendo tempo al sonno ed agli studi e abbassando il proprio tasso di sincronia. I suoi accordi e le sue molte melodie erano tornate in mente a Rei in quei momenti, mentre guardava tra le lacrime l’amore della sua vita, costretto in ceppi di gesso e garza. Il pensiero che forse non avrebbe più potuto suonarle una melodia, accennarle una fuga leggera e vibrante al tempo stesso, cantarle una ninna nanna sulla punta delle dita le riempiva l’animo di disperazione. Cosa ne sarebbe stato di lui senza la musica? Cosa ne sarebbe stato di un angelo senza le sue ali?

Da quel giorno le condizioni di Gabriel erano andate migliorando: era stato registrato un breve fremito delle palpebre, il segno più evidente del suo ritorno nel mondo della veglia dall’attacco dell’Angelo. In effetti, l’équipe medica che lo seguiva si dichiarava sorpresa delle capacità di ripresa del suo corpo. Nonostante i gravissimi traumi che aveva subito, tutti i suoi apparati stavano reagendo ad una velocità incoraggiante, ragion per cui era stato evidente fin da subito che il ragazzo era fuori pericolo. Tuttavia alcune zone del suo scheletro erano rimaste praticamente sbriciolate dopo la distruzione della sua entry plug, ragion per cui sarebbe servito un trattamento molto più avanzato rispetto alla mera ingessatura per recuperarle. Se ciò non costituiva gravi problemi per le ossa lunghe, come la tibia destra o l’omero sinistro, per quanto riguardava la delicata ossatura delle mani il discorso si faceva più complesso. Essa era infatti deputata alla mobilità fine, e i medici non avevano dato false speranze a Ritsuko, quando le avevano comunicato che avrebbero fatto il possibile per salvare almeno l’apparenza di una funzionalità. Ovviamente, la Dottoressa non aveva riportato quelle stesse parole a Rei, tuttavia la ragazza era riuscita facilmente ad oltrepassare la sua reticenza.

“Allora, si può sapere cos’è questa confusione?” brontolò il professore di matematica, appena entrato nell’aula. Hikari smise prontamente di litigare con Toji e si esibì nella sua solita sequenza di ‘in piedi, saluto, seduti!’. Tutti eseguirono e si prepararono a seguire con una rilassatezza forse eccessiva quell’ennesima lezione, che si preannunciava molto noiosa. Tutti tranne Rei, il cui sguardo continuava ad essere attratto da quella sedia vuota.

 

 

Suzuhara!” esclamò la Capoclasse non appena l’ultimo professore della mattinata fu uscito dall’aula e fu iniziata la pausa per il pranzo. L’interpellato si volse lentamente, simulando un’espressione annoiata. “Cos’ho fatto stavolta?”

Hikari, quasi scandalizzata dalla supponenza del compagno, iniziò una lunga serie di invettive, che suscitarono, più dell’indignazione di Toji, la sua ilarità e quella dei compagni vicini.

Tale ilarità però terminò anzitempo, poiché era impossibile ignorare la figura dai capelli azzurri che, seppure fosse perfettamente in grado di sentire quel divertente scambio di battute, restava silenziosa accanto alla finestra, l’espressione immutata. Anzi, i ragazzi della 2-A si sentirono quasi obbligati a lasciarla stare, dedicandosi a cercare altre attività per passare il tempo. D’altronde, Rei non fece assolutamente nulla per trattenerli.

Solamente Hikari decise di rimanere. Asuka e Shinji, che sarebbero rimasti a loro volta almeno per fare un po’ di compagnia all’amica, restarono a guardare in disparte, pensando che forse sarebbe stato meglio passare un po’ di tempo con una persona che non le ricordasse con la sua semplice presenza di essere una Children.

La Capoclasse, dal canto suo, si sentiva emotivamente incaricata di aiutare Rei in quel difficile momento, sebbene non avesse la minima idea di come affrontarla. Mentre gli altri uscivano gradualmente dall’aula, le si mise semplicemente vicino, rendendole così impossibile ignorarla. Rei si voltò verso di lei con aria inespressiva, simile eppure diversa da quella che aveva avuto durante i primi tempi della sua permanenza in quell’aula. Sembrava indifferente, eppure traspariva una tristezza abissale, che metteva Hikari a disagio e le faceva desiderare di non essersi accollata quel compito gravoso.

“Ehm… Tutto bene?”

Lo sguardo di Rei fu l’unica risposta che ottenne, e l’altra ragazza non poté fare altro che darsi dell’idiota per aver cominciato il suo discorso con una frase del genere. Ciononostante sapeva che non avrebbe dovuto lasciare che quell’inconveniente le impedisse di tirare su il morale all’amica.

“Era una domanda stupida, lo so,” sottolineò con un sorriso imbarazzato, ma Rei non mutò espressione. Era come parlare ad un muro. Per darsi coraggio, Hikari cercò di pensare che anche quando parlava con Toji le sue parole non avevano effetto, e quell’idea le fece balenare l’ombra di un sorriso sulle labbra. Ma non si trattava di tirare su il morale a se stessa, questo lo sapeva bene, perciò tentò di darsi un contegno serio ma disponibile.

“So che è dura,” riprese, “ma sono certa che Gabriel riuscirà a riprendersi senza problemi, vedrai. Dacché lo conosco è sempre stato un ragazzo forte, che non si lascia abbattere dalle difficoltà, e questa volta non sarà differente. E poi ha i suoi amici, che quando si risveglierà lo andranno a trovare e lo aiuteranno! Ed ha te: come potrebbe lasciarsi prendere dallo sconforto sapendo che una ragazza così carina è qui ad aspettarlo[1]?”

Nonostante le sue migliori intenzioni, il sorriso della Capoclasse le morì sulle labbra quando Rei la fissò con le lacrime agli occhi, un’espressione disperata sul volto.

“Tu non sai… non sai…”

Dopo quelle poche parole la ragazza sbatté violentemente i pugni sul banco, dando libero sfogo al proprio dolore, che ruppe gli argini e si riversò dai suoi occhi come due fiumi in piena.

“Le sue mani…” singhiozzò. “Le sue mani sono…”

Non riuscì a terminare la frase, ma Hikari aveva capito: era successo qualcosa di grave, di molto grave, alle mani di Gabriel. Istintivamente abbracciò Rei, stringendole la testa contro il petto e chinando il volto su di lei, come faceva con la sua sorellina quando era triste. Era vero, non sapeva niente di ciò che avrebbe significato perdere le mani per un pianista come il Fourth Children, ma, ciononostante, non avrebbe lasciato la sua amica sola con il suo dolore. Glielo doveva come donna. E d’altronde era un suo preciso dovere come Capoclasse.

All’inizio Rei si limitò a singhiozzare, afflosciata nell’abbraccio della compagna di classe, ma dopo un attimo si riprese abbastanza da stringerla a sua volta, con una forza che Hikari non si immaginava. Sembrava che tutti i dolori e le sofferenze che aveva sofferto negli anni precedenti l’arrivo di Gabriel si fossero sommati e si stessero riversando fuori in quel momento, in un unico tremendo pianto. La Capoclasse avrebbe voluto dire qualcosa, ma sentiva che qualsiasi parola le fosse uscita dalle labbra sarebbe stata inutile, se non addirittura dolorosa. Forse quello di cui Rei aveva bisogno in quel momento era solamente essere abbracciata, sostenuta, lontano dagli sguardi indiscreti dei suoi compagni che non avrebbero capito il repentino cambiamento della sua personalità. Non aveva scelto di sfogarsi con Hikari, tuttavia; lei era l’unica che si fosse interessata al suo dolore e non avesse invece cercato di fingere che non fosse successo nulla e che Gabriel fosse semplicemente assente per malattia.

“Le sue mani sono…” ricominciò la First Children quando i suoi singhiozzi si furono calmati. “Non potrà più suonare, Horaki…”

L’altra ragazza si limitò ad annuire: aveva già intuito che si trattasse di un danno molto grave e non si stupì delle sue parole. E poi forse in quel momento Rei voleva solo parlare, non ascoltare.

E se lui non suona… come può volare un angelo senza ali…?”

Sapevano entrambe la risposta, ma solo il nuovo grido lancinante della First Children la espresse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Continua….

 

[1]: Quest’ultima frase di Hikari è ispirata ad una frase di Meryl, personaggio dell’animeTrigun.

 

  
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