Libri > Le Cronache di Narnia
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Autore: SusanTheGentle    02/12/2012    11 recensioni
Un amore improvviso, due cuori che si incontrano ma che non riescono mai a toccarsi davvero come vorrebbero...almeno fino all'ultimo giorno. Nessuno sa. Forse nessuno saprà mai. Solo Narnia, unica testimone di quell'unico attimo di felicità.
Caspian e Susan sono i protagonisti di questa nuova versione de "Il Viaggio del Veliero". Avventura, amore e amicizia si fondono nel meraviglioso mondo di Narnia...con un finale a sorpresa.
"Se vogliamo conoscere la verità, dobbiamo seguire la rotta senza esitazione, o non sapremo mai cos'è successo ai sette Lord e dove sono finite le Sette Spade"
Il compito affidatogli questa volta era diverso da qualsiasi altra avventura intrapresa prima. C'era un oceano davanti a loro, vasto, inesplorato; c'erano terre sconosciute alla Fine del Mondo; una maledizione di cui nessuno sapeva niente. Non era facile ammetterlo, ma era probabile che nessuno di loro sarebbe mai tornato. Stava a lui riportarli indietro.
Caspian si voltò a guardare Susan, la quale gli rimandò uno sguardo dolce e fiero, e all'improvviso capì che qualsiasi cosa fosse accaduta, finché c'era lei al suo fianco, avrebbe sempre trovato la forza per andare avanti"

STORIA IN REVISIONE
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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7. Imprevisto

 

 

Quando Lucy riemerse in superficie, prese grandi boccate d’aria e cercò di mantenere la calma. Aveva imparato a nuotare piuttosto bene, ma non tanto quanto gli altri e soprattutto si era sempre e solo esercitata in piscina, non aveva mai nuotato in mare aperto, soprattutto un mare come quello…l’Oceano Orientale. Perché di quello si trattava, ormai ne era sicura.
“Per lo meno” si disse “sto stare a galla”
Si voltò a guardare dove fossero finiti i suoi compagni, ed eccoli. Una testa nera e una bionda apparvero vicino a lei. Eustace tossiva e si agitava come un matto.
«Meno male!» esclamò la ragazzina sollevata. Aveva avuto timore di perderli di vista.
«Ma che cos’hai da urlare tanto?!» proruppe Edmund rivolto al cugino.
«Là! Là! Giratevi!» gridò il ragazzo, l’acqua salata che gli entrava in bocca. Ma ancora non aveva finito di parlare che un’ombra gigantesca li sovrastò.
Edmund sgranò gli occhi appena voltò il capo. Lucy fece lo stesso.
«La nave!» gridò lei.
«Oh, no!» fece Edmund. «Ci sta…venendo addosso!»
«AIUTO!!!» urlò Eustace a squarciagola senza più il minimo ritegno.
«Nuota, Eustace! Nuota!» lo incitò Edmund.
Lucy era rimasta un poco indietro, le gambe erano pesanti, i vestiti fradici la tiravano sul fondo. Temette seriamente di non farcela.
Poi, all’improvviso, tre uomini si gettarono in acqua e andarono verso di loro nuotando veloci. Avevano in mano delle funi che assicurarono subito attorno alla vita dei due ragazzi.
Lucy, invece, rischiò seriamente di essere vinta dal mare. Un onda la travolse, ma per fortuna qualcuno l’afferrò prima che andasse sotto un’altra volta.
«Tranquilla, ti ho presa» le disse una voce famigliare. Troppo famigliare.
«Caspian!» esclamò Lucy aggrappandosi a lui e facendogli un enorme sorriso.
«Lucy! Non posso crederci, sei proprio tu?» disse il Re di Narnia, stupito e felice allo stesso tempo.
«Edmund, c’è Caspian!» la ragazza chiamò il fratello, che era a fianco alla nave attendendo di essere issato a bordo.
«Ehi! Ma allora ce l’abbiamo fatta! Siamo a Narnia!»
«Sì, siete a Narnia» affermò il Re.
I due Pevensie fecero un’enorme sorriso e il cuore si riempì loro di gioia. Se stavano sognando, non avrebbero voluto essere svegliati per niente al mondo.
Ma no, quello non era un sogno era la realtà! Perché nemmeno nelle fantasie più verosimili l’Oceano, la nave, il cielo azzurro e le nuvole bianche simili a grandi batuffoli di cotone che correvano veloci portate dal vento, sarebbero stati così belli.
Dopo Edmund, toccò a Lucy venire issata sul veliero. Eustace era ultimo.
«Tieniti forte» disse Caspian all’amica.
I marinai riconobbero subito chi erano le persone che avevano salvato, perché alcuni di loro erano stati presenti all’incoronazione di Caspian, altri avevano veduto i volti dei Re e delle Regine della Vecchia Narnia nei dipinti dei libri che Caspian stesso aveva ripristinato, e che suo zio Miraz aveva a suo tempo ordinato di nascondere.
Quando tutti misero piede sul ponte, si salutarono con baci e abbracci. Caspian fece portare immediatamente delle coperte in cui i suoi amici si avvolsero per asciugarsi.
«E’ meraviglioso rivedervi. Come siete arrivati qui, questa volta?»
«Non ne ho idea» disse Lucy, «ma sono così felice di essere di nuovo qui! Sai, in realtà, credo sia stato merito del corno di Susan e di un quadro che…»
Stava per lanciarsi nel racconto, quando un urlo acuto provenne da un fagotto bagnato steso sul ponte. Il fagotto era Eustace.
«E adesso che ha!» fece Edmund esasperato.
«Aiuto! Che orrore! Toglietemi di dosso questo affare!” gridava il cugino, mentre un grosso topo (molto più del normale, era alto almeno mezzo metro) con una piuma scarlatta appuntata dietro un orecchio e un corto spadino legato al fianco, veniva sbalzato via da uno spintone del ragazzo.
«Strilla come un poppante» fece indignato il topo.
Lucy e Edmund lo riconobbero subito.
«Ripicì!!!» esclamarono all’unisono, colmi di gioia.
Era proprio lui, il più valoroso topo parlante di Narnia, che aveva combattuto al fianco di Caspian e di tutti loro nella guerra contro Miraz.
Quando sentì le loro esclamazioni, Ripicì si voltò e sobbalzò stupito. «Oh! Quale onore, Vostre Maestà!» disse raddrizzandosi la piuma e facendo un profondo inchino ai due Pevensie.
Lucy represse come sempre il desiderio di prenderlo in braccio e riempirlo di baci. Non poteva farlo, lo sapeva, sarebbe stato un gran disonore per Ripicì essere trattato come tutti gli altri animali. Potevi dirgli tutto, ma non che era carino.
«Come stai, Rip?» chiese un sorridente Edmund.
«Non potrei star meglio, ma…permettete una domanda, Altezze: quello strano individuo è sotto la vostra protezione?»
«Già, chi è costui?» chiese Caspian, mentre Eustace ricominciava a dire cose senza senso, girando a vuoto per il ponte.
«Nostro cugino. Si chiama Eustace» rispose Lucy.
«Mi sembra alquanto sconvolto. E’ la prima volta per lui, vero?» chiese ancora Caspian.
«Già, e non la sta prendendo bene» sospirò Edmund.
«Avete visto?! Quel topo gigante voleva mangiarmi la faccia!»
«Stavo solamente cercando di farti espellere l’acqua dai polmoni» si giustificò il povero Ripicì
«AH!» urlò Eustace puntando un dito contro il topo. «Ha parlato! Avete sentito? Ha parlato davvero!»
«L’ha sempre fatto» disse Edmund.
«La difficoltà è farlo stare zitto, veramente» disse Caspian senza cattiveria. Tutti ammiravano Ripicì, che era un grande amico e guerriero.
Quest’ultimo si voltò verso il sovrano. «Nel momento in cui non vi sarà niente da dire, Vostra Maestà, io vi prometto che me starò zitto»
Caspian gli sorrise, non troppo convinto delle sue parole. Dopodiché, il Re salì una breve scaletta in modo da trovarsi in un punto in cui tutti potessero vederlo e udirlo.
«Uomini, rendete omaggio ai nostri naufraghi: Edmund il Giusto e Lucy la Valorosa. Grande Re e grande Regina di Narnia!»
I marinai- umani, minotauri, satiri e fauni- si inchinarono insieme.
Edmund fece un cenno con il capo e Lucy la riverenza.
«Re? RE???” fece Eustace, che ormai era quasi isterico. «Ma fatemi il piacere! Questo è uno delle vostre orribili macchinazioni! Lo sapevo: volete farmi diventare matto!» piagnucolò.
«Bè, sei già sulla buona strada…» disse Ripicì.
«Ora basta! Voglio tornare a casa! Subito!»
Lucy gli parlò gentilmente. «Non possiamo. Vedi, non siamo più nel nostro mondo»
«Eeehhhhhh???»
«Rynelf, fai portare una bevanda calda per le Loro Maestà e il nostro nuovo amico, qui» ordinò Caspian a uno dei suoi uomini, che eseguì subito. «Forse così si calmerà un poco»
«Non voglio niente!» protestò Eustace. «Voglio solo che mi facciate scendere subito da questa maledetta nave!»
«Potemmo anche, ma dove? Siamo in mezzo all’Oceano» disse Caspian, allargando le braccia come a voler mostrare l’ovvietà della cosa, perché il ragazzino pareva proprio non voler capire. «Prendi una coperta e asciugati, ora»
«No, no, no! Io pretendo di sapere subito dove diavolo mi trovo!!!»
A rispondergli fu un enorme Minotauro, alto quasi due metri, con il pelo nero e grandi corna sul capo.
Lucy e Edmund lo conoscevano: era Tavros. Enorme, certo, ma estremamente buono.
Purtroppo però, Eustace non lo sapeva. Gli tremarono le gambe nel vedersi apparire una creatura simile davanti, e lo stupore fu niente in confronto a quando parlò.
«Siete sul Veliero dell’Alba, signore. La più bella nave della flotta di Narnia»
Fu davvero troppo per il povero Eustace, che cadde svenuto lungo disteso sul ponte.
«Ho detto qualcosa di male?» si scusò Tavros, davvero mortificato.
Tutti scoppiarono a ridere.
«Occupati di lui, per favore, ma vedi di non spaventarlo troppo» disse Caspian rivolto al minotauro, che trasportò Eustace sottocoperta.
«Venite» proseguì il Sovrano rivolto ai Pevensie, «dovete cambiarvi d’abito»
Scesero anche loro, seguiti da un uomo calvo e la pelle abbronzata dal sole.
«Lui è Lord Drinian, il capitano della nave e uno dei miei più fidati amici» lo presentò Caspian.
Drinian si inchinò. Era un tipo di poche parole, ma estremamente efficiente e un grande esperto di navigazione. Era stato per anni in mare, fin da quando era solo un ragazzo.
«A te, Lucy» continuò Caspian, «cedo volentieri la mia cabina. Io, Edmund e vostro cugino possiamo sistemarci negli alloggi dell’equipaggio»
«Vostra Maestà, vi prego…»
«No, Drinian, va bene così. Lucy è una donna, ed è giusto che abbia maggiori comodità rispetto a noi uomini. In quanto ai vestiti, non credo che ci sia qualcosa di adatto a una ragazza, dovrai arrangiarti con qualcuno dei miei»
«Nessun problema, li aggiusterò un pò» ringraziò Lucy.
La ragazzina non poté fare a meno di penare che se zia Alberta avesse udito un discorso simile, avrebbe subito ribattuto che, trattandole come esseri più deboli e fragili, gli uomini sminuivano la figura delle donne. Lei però non la pensava affatto così. A Narnia vigevano ancora le regole di rispetto e cavalleria, e Caspian si era mostrato un vero gentiluomo e un perfetto cavaliere.
Era bello non essere più trattata come una bambina.
Quando si furono rinfrescati un po’ , i due fratelli Pevensie si infornarono sulla salute di Eustace. Si era ripreso, ma pareva avesse mal di mare.
«Se avessi il mio cordiale…» mormorò Lucy sconsolata. Il cugino era insopportabile il più delle volte, ma le dispiaceva che non si sentisse bene.
«Ma io ce l’ho» disse Caspian. «Seguitemi, ho qualcosa da farvi vedere»
Entrarono nella cabina di comando, un locale piuttosto spazioso con un grande tavolo al centro, sul quale erano appoggiate le carte nautiche e un lungo cannocchiale d’oro. Vi era un grande finestrone che dava su un balcone, situato poco più in alto del timone. Da lassù, si aveva una visuale completa di gran parte del ponte principale e del ponte di combattimento. Inoltre, il panorama era a dir poco magnifico. Sulla parete di sinistra della cabina, vi era l’effige di Aslan, che Lucy accarezzò con affetto. Poco lontano stava un mobile diviso in vari scomparti, occupati da teche di vetro più grandi o più piccole a seconda degli oggetti che contenevano.
«I nostri Doni!» esclamò Lucy quando li vide, e andando verso il mobile.
«La spada di Peter!» fece Edmund.
«L’arco e le frecce di Susan!» gli fece eco Lucy.
«E questa è tua» concluse Caspian sorridendole, reggendo un cofanetto con l’interno rivestito di velluto scuro, nel quale erano adagiati il pugnale e l’ampolla di diamante contenente il cordiale miracoloso estratto dal Fiore del Fuoco, in grado di curare qualsiasi ferita.
«Posso?»
«Certo. Sono tuoi, Regina, e a te devono tornare»
Lucy afferrò entrambi gli oggetti e subito se li assicurò alla cintura. Fu piuttosto difficile con le maniche della camicia che continuavano a scendere a coprirle mani. I vestiti di Caspian le erano davvero larghi, avrebbe chiesto ago e filo al più presto così da non dover continuamente rimboccarsele, e lo stesso con i pantaloni.
Edmund, invece, stava osservando la spada di suo fratello, Rhindon, pensando che forse, ora che Peter non c’era, avrebbe potuto usarla lui. Poi pero, ricordò che il giorno della partenza, Peter l’aveva passata a Caspian, poiché era lui il legittimo sovrano. Era giusto così.
 «Ed»” lo chiamò Caspian, attirando la sua attenzione. «La riconosci?”
«La mia torcia!». Il ragazzo la prese e provò ad accenderla. «Funziona ancora…Bè, ehm, grazie»
Non sembrava molto contento, al che Caspian continuò dicendo: «E c’è dell’altro”
Il Sovrano aprì la teca di vetro dove era custodita Rhindon e la porse all’amico.
«No, è tua» ribatté Edmund scuotendo il capo. «Peter l’ha data a te»
«E io l’ho conservata come promesso, ma non è più mia. Aslan mi ha dato un’altra spada da poco. Questa».
Quando Caspian la estrasse dal fodero assicurato alla sua cintura, il rumore della lama contro il cuoio risuonò cristallino nella stanza.
«Rhasador» disse il Re di Narnia, con negli occhi scuri un’immensa fierezza. «L’arma che donerà la libertà a Narnia. Così ha detto Aslan»
Lucy e Edmund osservarono incantati. Rhasador brillava nella luce che entrava dalla finestra. La lama era bianchissima e faceva un bel contrasto con l’elsa scura, ornata di ricami d’argento. Sulla sua estremità vi era un cerchio lucente con uno zaffiro incastonato al centro.
«E’ fantastica» disse Edmund con ammirazione.
Caspian si voltò verso di lui, rinfoderò Rhasador e riprese in mano la spada del Re Supremo.
«Hai tutto il diritto di usare la spada di tuo fratello, Edmund. Lui l’ha consegnata a me e io ora te ne faccio dono»
Edmund prese Rhindon e rimase a fissarla per qualche istante.
«Grazie, io…non so cosa dire» disse un po’ impacciato.
«Accettala e basta, allora». Caspian gli assestò un’amichevole pacca sulla spalla. «Ora ora raccontatemi come siete arrivati qui. Lucy, hai parlato di un quadro, prima, se non erro»”
Si riunirono allora attorno al tavolo, i tre ragazzi e Drinian.
I due Pevensie narrarono tutto ciò che era capitato dal loro ritorno in Inghilterra.
In un primo momento, furono tentati di non dire a Caspian che anche Peter e Susan avrebbero potuto essere lì in quel momento, perché ormai era chiaro che c’erano poche possibilità che ciò accadesse. Il quadro li aveva risucchiati, ma solo loro due.
Però era anche vero che Peter e Susan avevano ancora il corno d’avorio con loro. Lucy e Ed erano certi che l’oggetto fosse rimasto a casa degli zii, e non se la sentivano di escludere del tutto l’eventualità che i fratelli maggiori trovassero il modo ti tornare.
Per cui, parlarono del corno d’avorio, dei tanti tentativi di suonarlo per attivarne la magia, degli imprevisti, fino ad arrivare a quella mattina in cui il dipinto in camera di Lucy si era animato.
Si aspettarono commenti da parte del Sovrano riguardo a come avesse fatto il corno ad arrivare nel loro mondo, ma Caspian non fece domande in proposito.
Forse anche lui, come Ed e Lucy- se non di più- era rimasto deluso nel constatare che Peter e Susan, per quanto lo volessero, non fossero riusciti a tornare, nemmeno con l’aiuto di un oggetto magico.
«E a Narnia va tutto bene?» volle sapere Edmund più tardi.
«A parte un paio di difficoltà, è tutto a posto, altrimenti non avrei lasciato Cair Paravel per mettermi in viaggio» rispose Caspian.
«L’hai ricostruita?!» esclamò Lucy al settimo cielo.
«Certo! E’ stata pronta in un anno. Ho chiamato i migliori architetti di Narnia e di Archen. E’ tutto come una volta»
«Allora» intervenne Edmund «se non ci sono guerre da combattere e nessuno in difficoltà, perché noi siamo qui?»
«Giusto quesito. Mi sono domandato la stessa cosa» disse Caspian guardando i suoi amici. Poi volse la sua attenzione alla cartina di Narnia. «Da quando ci avete lasciati, i Giganti delle Terre Selvagge del Nord hanno creato qualche scompiglio, ma gli abbiamo dato una lezione che non dimenticheranno. Abbiamo anche sconfitto le armate di Calormen nel Grande Deserto. Regna la pace in tutta Narnia»
«E’ magnifico» fece Edmund al settimo cielo.
«In soli tre anni»
Lucy sorrise timidamente a Caspian. «E…ti sei trovato una regina in questi tre anni?»
Il Re abbassò lo sguardo, facendo a sua volte un lieve sorriso, poi scosse il capo. «No…Nessuna è paragonabile a vostra sorella»
Il suo viso sembrò velarsi di tristezza.
Lucy e Edmund si scambiarono un’occhiata.
Drinian, che era rimasto per tutto il tempo in un composto silenzio, si schiarì la voce.
«In realtà, Re Caspian ha ricevuto diverse proposte di matrimonio dalle nobili famiglie di Archen e delle Isole»
«Davvero?»
«Sì, ma non ero interessato a nessuna delle fanciulle che mi hanno presentato»
Drinian sembrò voler dire ancora qualcosa al Re, ma Caspian lo ignorò, continuando con le spiegazioni.
«Credo sia arrivato il momento di dirvi dove siamo diretti, visto che verrete con noi»
I Pevensie si scambiarono un sorriso enorme. Si preparavano senz’altro a vivere grandi, nuove avventure.
Se solo Peter e Susan fossero stati lì con loro…
 
 
Il mare era impetuoso e l’acqua era molto più fredda di come se l’erano aspettata.
Affiorarono in superficie prendendo grandi boccate d’aria.
«Tutto a posto?» chiese Peter, scuotendo la testa per togliersi dagli occhi un ciuffo di capelli bagnati.
«Sì»” gli rispose Susan, che udiva la voce del fratello confusa nel fragore delle onde enormi che li sbattevano di qua e di là.
Nuotare bene risultava difficile con scarpe e cappotti ancora in dosso. Non avevano avuto modo di cambiarsi quand’erano tornati a casa Scrubb. Era successo tutto troppo in fretta e in quella situazione, ai due ragazzi non era venuto minimamente in mente di levarsi i giacconi, tanto erano stati presi da ciò che era successo nella cameretta.
«Hai sempre il tuo corno?» chiese ancora Peter.
«E’ qui» Susan glielo mostrò.
L’aveva tenuto talmente stretto che gli intagli sulla sua superficie avevano lasciato il segno sul palmo della mano destra. Susan non se ne sarebbe mai separata, poiché al solo pensiero di farlo aveva paura che la magia potesse svanire, e lei e Peter con essa, riportandoli in Inghilterra.
«Non vedo la nave» disse la ragazza a un tratto.
Peter si girò in tutte le direzioni. Nessun veliero? Com’era possibile?
«Non può essere lontano, era proprio davanti a noi» disse il ragazzo.
I due fratelli si scambiarono uno sguardo, perplessi e preoccupati.
«Dove credi che ci troviamo?» domandò lei timorosa.
Lui le sorrise rassicurante. «Dove volevamo essere, di questo puoi stare tranquilla, sorellina»
Lei ricambiò il sorriso.
«Ce la fai a resistere ancora per un po’?» le chiese Peter.
«Certo» rispose Susan, che era la più brava e la più esperta di tutti nel nuoto. »Anche se non credo dovremo nuotare ancora per molto. Guarda!» esclamò un attimo dopo, indicando qualcosa alle spalle del fratello.
Il giovane si voltò e in lontananza scorse la grande sagoma di una nave.
Immediatamente, Susan si spinse verso di essa con grandi bracciate, desiderosa di salirvi a bordo, ma Peter non era dello stesso parere.
«Sue…aspetta»
C’era qualcosa che non andava. Prima di tutto, la nave era troppo lontana rispetto a dove avrebbero dovuto trovarla. Ne erano stati quasi travolti quando erano entrati nel dipinto. Il veliero era sembrato enorme, maestoso e brillava d’oro. Peter se lo ricordava bene e ricordava anche il muso di drago della poppa, la vela color porpora…Ma il veliero che stava venendo verso di loro non poteva essere più diverso da quello del quadro.
Anche Susan se ne rese conto. Si fermò e si voltò verso Peter, che intanto le si era affiancato.
«Tieni pronto il tuo corno. Forse avremo bisogno di aiuto» le sussurrò.
A giudicare dalle dimensioni, era una nave da battaglia. Lunga almeno trenta braccia e larga dodici, sul davanti aveva il muso di un grosso uccello da preda, in bronzo, con il becco acuminato e l’aria minacciosa. Le fiancate erano di legno scuro, quasi nero. Aveva tre vele- a prua, a poppa e al centro- rosso scuro, con ricamate sopra in argento due scimitarre incrociate.
Era una nave di Calormen.
C’erano due lati, uno positivo e uno negativo, nella situazione in cui i due fratelli si trovavano. Positivo perché ebbero la piena conferma di non essere più nel loro mondo; negativo perché non solo avevano perso le tracce di Lucy e Edmund, ma sarebbero presto finiti tra quelli che, da tempo immemorabile, erano i più grandi oppositori di Narnia.
Calormen era un grande Impero, e sia il suo sovrano Tisroc che i suoi sudditi avevano sempre guardato con timore e ostilità alle creature magiche di Narnia.
Tra i due regni c’era un patto di alleanza che era stato stipulato nell’Età d’Oro proprio da Peter, quando era Re Supremo. Da allora, nessuna nave, carro da guerra o esercito, aveva più varcato i confini del deserto a sud, ed era apparso nelle foreste di Narnia.
Le due terre non erano mai andate d’accordo. I calormeniani non riconoscevano l’autorità massima di Aslan e di suo padre, il grande Imperatore d’Oltremare, creatori dell’universo.
A Calormen veneravano Tash. I calormeniani erano un popolo di feroci guerrieri; Narnia era un popolo di navigatori, più interessati a fare amicizia con le terre circostanti piuttosto che sfidarli in battaglia.
Da parte dei Sovrani di Narnia c’erano stati sempre diversi tentativi di spegnere quell’astio che le terre del sud avevano per quelle del nord. Purtroppo però, se i narniani erano del tutto sinceri nel voler vivere reciprocamente in pace e armonia, tendendo la mano per primi, i calormeniani non ne volevano proprio sapere.
L’allora Imperatore Tisroc- come gli altri a seguire col passare dei decenni- non facevano altro che fingere di essere amici di Narnia, quando in realtà l’odiavano e avrebbero voluto assoggettarla e farne una loro colonia. Calormen era un Impero, Narnia era un regno e nemmeno dei più grandi. Perciò non era tollerabile da parte dei primi giurare fedeltà ai secondi.
La gente di Narnia era amichevole con le terre di Archen, le Isole dell’Oceano Orientale, Telmar, e persino con le popolazioni barbare del Selvaggio Nord.
Calormen no. Calormen voleva essere al di sopra; i calormeniani mal guardavano chiunque fosse diverso da loro. Tisroc desiderava essere l’unico e indiscusso sovrano, servito e venerato sopra ogni cosa e persona.
Così, quando dal ponte della nave arrivò il grido di gettare le cime per i due naufraghi, Peter e Susan ebbero paura. Se quelli li avessero riconosciuti quali Re e Regina del popolo da loro tanto odiato, che cosa avrebbero fatto?
Forse però, dopotutto, era assai improbabile che ciò avvenisse, era passato tanto di quel tempo da quando erano stati Sovrani…
«Nascondi il corno» si affrettò a dire Peter. «Sotto il cappotto»
«Tirateli su» fece qualcuno sul ponte e i due ragazzi vennero issati.
L’equipaggio era formato da marinai, ma anche da soldati, riconoscibili dai primi per via del turbante candido che portavano sul capo, il quale era ornato da una piuma nera.
Quello che doveva essere il capitano si avvicinò e li scrutò attentamente.
Gli abitanti del sud avevano capelli, occhi e pelle scura. Egli non faceva eccezione. Era un giovane uomo sui venticinque anni. Aveva i capelli neri e lucenti sulle spalle, lo sguardo penetrante e ostile, arrogante. Era più alto di Peter, e portava una veste nera ornata d’argento e una scimitarra al fianco.
«Due stranieri, mio signore» disse il marinaio che aveva aiutato Susan. «Di Narnia, forse. O di Archen»
Il capitano ( o chiunque altro fosse) girò loro attorno. «Di sicuro non hanno l’aspetto dei prigionieri fuggiti che stiamo cercando» commentò. «Ad ogni modo, perquisiteli»
Susan e Peter si stinsero l’uno all’altra. Se avessero visto il corno d’avorio…
«Mio signore, permettete»” fece una voce in mezzo ai marinai. «Non è bene mettere le mani su una donna»
Il capitano fece una smorfia e si voltò verso chi aveva parlato. «Ho forse chiesto il tuo parere, Emeth?”
L’altro, un ragazzo sui sedici anni dall’aria gentile e un bel volto liscio, fece un inchino. «No, signore, no»
«Allora impara a tacere quando non vieni interpellato»
Un altro inchino e il giovane soldato tornò al suo posto.
«Fammi vedere la ragazza. Le donne barbare mi hanno sempre affascinato» ordinò poi il capitano- se di lui davvero si trattava, visto che tutti sembravano rivolgersi a lui con un rispetto maggiore di quello che di solito viene riservato a un normale comandante.
Uno dei marinai (o sarebbe stato meglio chiamarli pirati) il cui nome era Pug, prese Susan per un braccio, portandola davanti al suo capo. La ragazza cercò di divincolarsi, ma non ci riuscì.
«Lasciala stare! Lascia stare mia sorella!» esclamò Peter automaticamente, intuendo le idee malsane del giovane capitano.
Sapeva cosa facevano alcuni tra i più perversi alle donne straniere. Perciò si gettò contro di lui e poi strinse a sé Susan con fare protettivo.
Alcuni risero, altri sguainarono le spade e le puntarono contro i due naufraghi.
«Come osi rivolgerti in questo modo al mio signore?!» esclamò un marinaio dando un pugno nello stomaco a Peter. «In ginocchio!”
Il ragazzo si piegò su se stesso e  strinse gli occhi per il dolore.
Subito Susan lo sostenne, lanciando poi un’occhiata ostile intorno a sé.
I due fratelli capirono di essersi clamorosamente sbagliati sul conto di quell’uomo. Non era il capitano, perché l’appellativo ‘mio signore’, ripetuto più volte, fece intendere loro che si trattava, più probabilmente, di qualcuno di molto importante. Forse un nobile di Calormen, un tarkaan.
«Che ne facciamo di loro?» chiese Pug, punzecchiando Peter e Susan con la punta della lama aguzza del suo pugnale.
Il nobile Calormeniano scrutò a lungo i due ragazzi prima di rispondere.
«Portateli sottocoperta e perquisiteli. Assicuratevi che non abbiano armi di nessun tipo. Li porteremo con noi alle Isole Solitarie. Una volta là, deciderò la loro sorte»
Lanciò un ultimo sguardo a Susan e poi girò sui tacchi e si allontanò.
I Pevensie venero legati e portati in una delle stive che fungeva da cella. Non erano soli, a quanto pare la nave di Calormen aveva raccolto un bel po’ di prigionieri.
C’erano donne e bambini, anziani, giovani e uomini. In tutto erano una ventina. Indossavano stracci laceri, tuniche strappate e consumate. Quando la porta si aprì, la maggior parte di essi si ritrasse con espressioni di paura sul volto. Alcuni si ripararono gli occhi dalla luce, un paio di ragazzini scoppiarono a piangere.
«Piantatela di lagnarvi e fate silenzio! Disturbate il sonno del mio padrone!”
Un ragazzo si alzò di scatto. «Il tuo padrone è un cane!»
Il soldato lo sospinse indietro e il giovane andò a sbattere contro la parete umida della cella.
«Ho detto silenzio, schiavi! Verrete venduti al mercato di Portostretto, ed è quello che vi meritate!»
«Per favore! Per favore!» implorò una donna gettandosi in ginocchio, ma il soldato se n’era già andato, sbattendo rumorosamente la porta e facendo stridere il chiavistello.
Pian piano, il lamento dei prigionieri si spense e ognuno tornò nel proprio angolo, chi seduto chi in piedi. Gli uomini parlavano a bassa voce tra loro.
La cella era nient’altro che un magazzino malconcio, con poca paglia sul pavimento e alcune casse di legno accatastate sul fondo. Era buio e c’era un odore sgradevole di chiuso.
Osservando le persone lì davanti a loro alla debole luce che entrava dalla feritoia della porta, Peter e Susan si resero conto che nessuno di loro aveva l’aspetto della gente di Calormen. Di certo erano stati rapiti per essere poi venduti (come aveva detto il soldato qualche istante prima) ai mercati delle Isole Solitarie.
Purtroppo, nemmeno Peter era mai riuscito a bloccare tale orribile contrabbando quando era Re Supremo.
«Che cosa faremo adesso?» mormorò Susan disperata.
«Non lo so» ammise Peter mortificato, abbracciandola. «Non lo so»

 
 
 
 
 
 
 
 
Eccomi qua con il settimo capitolo! Volevo postarlo prima, ma proprio non ce l’ho fatta. Ci ho messo un po’ ascriverlo, non riuscivo mai a farlo venire come volevo. Spero di aver descritto bene tutto. Magari nei prossimi giorni apporterò qualche modifica, ma proprio minima, tanto per correggere qualcosina che non mi convince, magari un verbo, un aggettivo, una ripetizione…ma il contenuto rimarrà immutato, non temete.
Ok, gente, che dire? Direi che il titolo stavolta l’ho azzeccato: Imprevisto…e che imprevisto! Peter e Susan sono prigionieri dei calormeniani. Dite la verità, non ve lo aspettavate eh? Mwahahaha!!!!
Chi verrà in loro aiuto, adesso? Inoltre, due nuovi personaggi hanno fato il loro ingresso nella storia, ma non hanno ancora rivelato le loro identità.
Per chi fosse curioso, ecco qui di seguito il link della mia pagina di livejournal, dove nei prossimi giorni metterò il cast al completo. Per vederlo vi basterà entrare nella mia pagina di efp e cliccare sull’ultima icona, la terza sotto il nome.
Ed ora, ringraziamenti!

 
Per le seguite: BabygiuliettaCaspiansLover, FrancyNike93, GossipGirl88, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, piumetta, Poska, Serena VdW   (passerò al più presto da te, non preoccuparti!) e   SweetSmile
 
Per le preferite: LittleWitch_,  piumetta e tinny
 
Per le ricordate: Angie_V
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: IwillN3v3rbEam3moRy, LittleWitch_ piumetta, Serena VdW e tinny

 
Detto questo vi lascio come al solito con un baciotto!
Susan^^
   
 
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