Non so cosa voglia dire amare. Non l’ho mai saputo.
Ho sempre creduto che un giorno, quando mi si sarebbe presentato, avrei saputo riconoscere l’amore.
Ma la verità è che l’amore io l’ho perso e non lo ritroverò.
LA CERIMONIA
La mattina della consegna dei diplomi ero allegra di rivedere i miei compagni.
Ci eravamo lasciati molti mesi prima per proseguire la storia della nostra vita in modo diverso.In modo maturo, chi con un lavoro, chi con gli studi.
Faceva freddo, le strade erano umide e le foglie erano ancora bagnate dalla persistente pioggia che batteva già dal giorno precedente. Ed il modo in cui ero vestita non mi aiutava a sentire caldo. Indossavo un vestito marroncino chiaro che arrivava al di sopra del ginocchio, le calze nere e fini, i tronchetti marroni col tacco, una collana che cadeva sul seno e gli orecchini d’oro bianco di mia madre.
Dal cortile della chiesa in cui avremo celebrato la consegna, si vedevano lampeggiare i fulmini che illuminavano la valle sottostante.
Che bello spettacolo che era.
Ero da poco arrivata ma intorno non c’era nessuno. Così nel frattempo mi preparavo mentalmente a vedere tutti i miei compagni.
Dopo sei mesi di indugio, l’unica cosa che ci avrebbe fatto stare insieme sarebbe stata proprio questa cerimonia. Perché probabilmente, la nostra volontà non ce l’avremmo mai messa.
Non eravamo mai stati molto affiatati, si capisce. Ognuno stava bene dove si trovava. Tranne me.
Ero contenta di rivederli. Sarebbe stato un gran giorno per me. Avrei potuto dire finalmente addio a tutti coloro cui mi era mancato di dirlo al momento giusto.
Varcando la soglia della sala conferenze della chiesetta notai la desolazione. Una distesa di sedie guardavano il piccolo palco davanti a me. Un rumore mi fece saltare.
Mi girai e notai una porticina più piccola alla mia destra da cui stavano uscendo Matteo insieme ad Alessandro. Il primo stava ridendo come un matto, non si era ancora accorto della mia presenza. Il fragore della sua risata mi aveva stordito le orecchie.
Bastò un secondo per farmi tornare in mente il mio malessere. Ma volevo sembrare più salda nel mio carattere. Volevo fargli provare quello che lui aveva fatto provare a me per molto, molto tempo.
-“Salve ragazzi. Come ve la passate?”
-“Ciao Elena! È ancora presto per la cerimonia, che ci fai qui?” disse Matteo sbiancando in volto.
Sorrisi mentre accadeva la cosa più triste del mondo. Dalla porticina vidi uscire Giulia con un’espressione sconvolta, i capelli scomposti e il rossetto sbavato. Il suo vestito rosso era bellissimo, peccato per la gonna leggermente sopra le cosce.
Giulia è la persona più viscida che io abbia mai conosciuto. Tutto ciò che si muove in lei è viscido. La sua espressione, il suo modo di fare. I suoi pensieri.
-“Sono in anticipo a quanto sembra. Ho interrotto qualcosa?” Le loro facce erano tremendamente imbarazzate, anche se Giulia mi fissava con aria di sfida. Più che imbarazzo doveva provare rabbia.
-“No, è che da organizzatori della cerimonia non ci aspettavamo che nessuno arrivasse prima dell’ora stabilita sull’invito ecco.” Disse Alessandro.
Sai che piacere per me, invece. Pescare tre persone a fare sesso nello sgabuzzino di una chiesa. La tristezza più assoluta provavo.
-“Certo, capisco. Be’ allora tolgo il disturbo.”
-“Ma no, aspetta un secondo, Elena. Andiamo nell’altra sala, dove c’è il camino e fa più caldo. Facciamo due chiacchiere tutti insieme.” Disse Matteo.
Il suo tono da agnellino mi fece rabbrividire. Sapevo di non essere io quella che doveva essere scusata, ma lui. Da me.
Non ci sentivamo da diversi mesi, e non avevamo più niente da dirci. Ma avrei voluto comunque chiedergli un sacco di cose che erano rimaste nella mia testa.
O forse volevo solo prenderlo a calci nello stomaco, così avrebbe provato un decimo di quello che provavo io.
-“Certo, andiamo. L’allegra compagnia.” Dissi ironica.
Se ne stettero tutti zitti, con l’aria di quelli che ci avevano sentito bene ma che non volevano rispondere in modo provocatorio, altrimenti la situazione sarebbe anche peggiorata.
Camminando verso la sala indicata da Matteo mi vennero in mente tutti i momenti in cui fui costretta a starmene raggomitolata dentro le lenzuola del letto per colpa della mia storia finita male. Della nostra storia finita male.
Scossi la testa e proseguii per il corridoio.
Il silenzio era calato tra noi quattro. E io non avevo intenzione di romperlo. Peggio loro stavano, meglio sarei stata io, pensavo.
-“Eccoci arrivati.” Matteo fece cenno di entrare nella stanza, io mi scansai su una parte.
Alessandro entrò subito dopo di Giulia.
Io aspettai Matteo. Lo guardai negli occhi. Volevo vedere cosa provava. Ma non è vero che gli occhi sono l’essenza dell’anima. O forse è lui che non ne ha una. Non traspariva né dolore né gioia. Né amarezza, né benessere. Era spento.
-“Entra dai! Che aspetti?” mi disse sorridendo. E quello, signore e signori, avrebbe potuto vincere il premio dell’anno per il sorriso più finto. Feci come mi disse lui, entrai nella sala e i miei pensieri tacquero.
SPAZIO AUTRICE: Salve a tutti, sono nuova e volevo condividere qualcosa con voi. Se volete lasciare una vostra opinione, sappiate che è bene accetta! Quindi a voi :) Grazie in anticipo per chi avrà voglia di recensire! A Presto con il prossimo capitolo!