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Autore: Mara Mara    03/12/2012    2 recensioni
Nessuno può sapere quale sia il proprio destino, ma tutti sono a conoscenza almeno della propria identità. Tutti tranne una. E' così che Samantha vive ogni giorno della sua vita. Non conoscendo le proprie origini o meglio, la sua natura. In un mondo di stranezze, incubi, visioni, e strani messaggi, piano piano capirà di non essere "normale" e, d'accordo o no con la crudeltà del suo destino, dovrà accettarlo. Ad accompagnarla lungo il suo percorso ci saranno amori, tradimenti, odio, segreti e tante sorprese.
"Se siete amanti di tutto ciò che non esiste nella vita quotidiana, questa storia fa per voi"
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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VI
 
Frenò di colpo sulle punte dei piedi. Nonostante la sua voglia di tornare in camera, la sua curiosità ebbe la meglio. Si avvicinò e notò un cartello in metallo, attaccato in alto; i caratteri in stampatello grande dicevano: “MENAGER”. Sgranò gli occhi perché si aspettava che in un hotel come quello, l’ufficio del direttore si trovasse in una grande stanza, con una porta dorata e non nascosta dietro la scala principale. Assurdo. Girò sui talloni e fece per andarsene, ma la porta si aprì con un cigolio. Sam si girò per lo spavento, e quello che vide la sorprese ancora di più: Kevin stava uscendo proprio in quel momento. Incredibile. L’aveva visto andarsene mezz’oretta fa a bordo di un taxi e ora si trovava dietro di lei. La guardò, senza stupore, come se sapesse già che l’avrebbe trovata lì e…sorrise.
- Kevin, che ci fai qui?
- anch’io sono felice di vederti, Sam.
- oh, scusa. Non volevo essere sgarbata, ma mi hai sorpreso e...
- piuttosto, tu cosa fai qui.
- em, io stavo curiosando, ho visto una porta e volevo sapere cosa c’era.
- ah, capisco. Allora non sei venuta per me.
- Per te? Non esattamente, perché dovrei venire a cercarti, qui – aggiunse.
- Ma come? Non sai che mio padre lavora qui? Vuoi dire che tu sapevi che io sono il figlio del “capo”?
- Em, ripeto, no, non sapevo di trovarti qui, tantomeno che tuo padre fosse il “capo”.
- Wow.
- Sì, wow. Ma tu, invece, avevi l’aria di sapere che fossi qui, o mi sbaglio? – Kevin sorrise e indicò una piccola telecamera.
- perché non mi fai vedere che camera ti ha riservato mio padre? – aggiunse con un occhiolino, avviandosi di sopra. Aveva l’aria di chi sapeva dove andare e le diede un po’ fastidio. Lo seguì, indifferente.
- Terzo piano – gli indicò il pulsante sulla tastiera dell’ascensore – ma questo lo sai già vero?
- pare di sì.
- cos’è, sbirci nei registri di tuo padre?
- non esattamente – si girò mentre continuava a camminare per il corridoio – da quelli di Lucy – e qui sganciò un altro occhiolino.
- non dovresti farlo.
- non lo faccio con nessuno, solo con te, mia cara.
- oh! Allora sono lusingata! È sbagliato comunque, sai?
- fa niente, è più forte di me. C’è qualcosa che mi attira in te – si fermò davanti alla porta 108, e Sam lo guardò, ridendo.
- hai ragione. Mi hai pensato davvero molto per leggere male i miei dati – lo sorpassò, guardandolo con malizia, per poi continuare fino alla stanza numero 118 – questa, è la mia camera – questa volta fu lei a fargli l’occhiolino, per prenderlo in giro però.
- eh lo ammetto, ti penso tutta la notte, non chiudo occhio.
- non sei l’unico.
- modesta la ragazza – la raggiunse mentre apriva la porta e s'intrufolò dentro.
Non fece in tempo a richiuderla, che l’amico si stava già servendo del bar.
- che fai lì?
- non si vede?
- sì, ma perché qui? C’è anche sotto il bar e non credo che sia gratis.
- stai tranquilla, offre la casa – ammiccò – allora, cosa vuoi? Long Island?Un angelo azzurro?
- non voglio bere
- però ti serve
- non è vero, sono in formissima
- allora perché quel broncio?
- perché oltre a guardare dove stavo, hai pure preso il mio cellulare, e non solo! Perché l’hai passato a Roberto e chi sa a quanti altri!
- oh cavoli, ora tutto il mondo ti spierà e sarai pedinata da tutti! Dai, sei solo un ragazza come le altre e poi l’ho dato a Roberto perché gli sarebbe servito. Non sei una spia russa, credo, troppo giovane, quindi perché ti lamenti tanto? – quelle parole la offesero, forse si era illusa di essere più di una ragazza normale.
- che faccia tosta che hai! Credo che tu debba andare.
- io non me ne vado – abbassò la voce, cambiando espressione.
- come?
- io non me ne vado – alzò lo sguardo e mostrò un’espressione seria. Si avvicinò a lei, seduta sulla poltrona portando con sé il drink.
- invece ti dico di sì, questa è la mia stanza, e non m’interessa se sei ricco, bello e potente!
- e così io sarei bello, eh? Mi lusinghi, Sammy – lei arrossì a quello sguardo malizioso e desiderò sparire in quel momento, materializzarsi.
- esci subito – alzò la voce
- dai voglio solo parlare, perché ti arrabbi? Sono qui seduto sul divano, da bravo amico, non ti sto mica violentando – Samantha era in imbarazzo e voleva che quella situazione terminasse.
- e va bene, ma dovrai farmi passare il nervoso però, altrimenti quella è la porta.
- ci sto. Che ne dici se ti parlo un po’ del ragazzo ricco, bello e potente seduto davanti a te?
- e smettila di tirartela!
- ho visto bene?? Quello era un sorriso? Wow ci vuole così poco? Mi sorprendi Bennet… oh scusa Samantha.
- tranquillo me l’aspettavo. Evidentemente saprai anche dove sono nata e da dove vengo, quanti anni ho e quale colore preferisco!
-calma, calma, non sono mica figlio del Presidente. So meno di quanto tu possa immaginare.
- sì ma stavamo parlando di te se non sbaglio.
- hai ragione, dunque… vuoi da bere?
- no! Parla, ti ascolto.
- già. Allora cosa vorresti sapere?
- cominciamo dal cognome e provenienza.
- va bene ma ricordati che dopo tocca a te. Mi chiamo Kevin Morato e sì, sono italiano. Infatti, Roberto ti diceva che sono suo cugino, in un certo senso.
- come sei, …siete, finiti qui?
- beh mio padre desiderava tanto partire in cerca di qualcosa di nuovo e, investendo il suo denaro, creò questo posto. All’inizio non era granché, ma poi gli affari iniziarono a girare e, da noioso e generale, si trasformò in un hotel a cinque stelle; il più bello della zona. Ci vengono molte persone importanti, potenti e facoltose, ma soprattutto, tu - le strizzò l’occhio e prima che lei potesse dire qualcosa, continuò – sono felice che sia riuscito a realizzare il suo sogno – Sam alzò la testa senza dire niente, lo guardò e notò che i suoi occhi ora riflettevano un luce diversa – era il sogno di mia madre.
- lei è…
- è passata a miglior vita
- mi spiace Kevin, davvero, io…
- tranquilla, ho tirato fuori io il discorso. E poi è successo tanto tempo fa, ora il dolore si è alleviato, anzi a volte sono felice per lei.
- come?
- vedendo quello che succede qui, tra i vivi, sono contento di sapere che lei è al sicuro da un’altra parte, dove non ci sono crimini e violenze.
- se non sono troppo discreta, com’è successo?
- cosa, la sua morte? Beh, aveva un cancro al seno. Non voleva più soffrire, e insieme abbiamo deciso di fare finire la sua sofferenza. Abbiamo interrotto le cure.
- quindi non c’era la possibilità che… guarisse?
- no, sarebbe morta comunque, tanto valeva far cessare quelle torture.
- capisco, mi dispiace
- allora, tu che mi dici? – improvvisamente si riaccese il sorriso magico e si sentì sollevata.
- beh io vengo da Peterborough, un paesino piuttosto tranquillo, nel sud-est dell’Inghilterra. Sono stata adottata da Margaret, una bravissima donna. La rivedrò a Natale – sospirò.
- è un peccato, così non so a chi fare i complimenti per aver generato uno splendore come te.
- ma puoi ringraziare Marge per avermi cresciuta – ribatté.
- oh certamente – a questo punto i due rimasero in silenzio, non seppero più cosa dire, e allora Sam stupì Kevin.
- mi offri qualcosa? È gratis no? – la guardò per capire se lo stava prendendo in giro, ma quando realizzò che era seria, si precipitò al banco e le preparò un drink. Menta e gin. Era la prima volta che lo beveva. 
   
 
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