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Autore: Layla    03/12/2012    2 recensioni
Alla fine del video di "Josie" viene lasciato intendere che Mark e Josie saranno una coppia.
Il formarsi di questa coppia ferisce una ragazza che si considera la migliore amica di Mark e che è innamorata di lui e che da lui viene improvvisamente ignorata senza un motivo. è qui che interviene Tom.
Tom che si interessa a lei e che le dimostra che non tutti sono come Mark e che alla fine andrà tutto bene.
Per tutti.
"Ricado pesantemente sulla panchina con le lacrime agli occhi, spero vivamente che non mi vedano, ma sembrano decisi a venire da questa parte.
Che faccio?
Ci pensa Tom a risolvere a modo suo la situazione prendendomi in contropiede.
Con una mossa rapida fa in modo che io vada dietro di lui e poi mi attira a sé e mi bacia.
Non un bacio a stampo, un bacio di quelli con la lingua.
Un bacio di quelli che non ti scordi.
Un bacio a cui io rispondo.
Che cazzo sto facendo?"
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Hoppus, Nuovo personaggio, Tom DeLonge
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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3)Le lacrime del buffone.

 

Ci sono verità con cui devi scontrarti prima o poi nella vita: una di queste è che non puoi sempre cacciare una persona dalla tua vita perché, a volte, è come se si sia destinati a stare insieme.
Io avrei voluto tenere Tom fuori dalla mia vita e Mark dentro, ma mi accorgo che son due cose impossibili.
Per quanto riguarda Mark ogni volta che lo vedo una voce mi ripete beffarda le parole di Josie, quindi cerco di evitarli. Sembro una ridicola profuga –  pronta a scattare al minimo rumore – quando passano in corridoio, perché me la batto sempre.
Sono ridicola perché non sempre mi riesce di nascondermi e diventa plateale che io stia fuggendo per la coppietta, Josie sembra felice, Mark non lo so.
Non mi ha più parlato, come ho già detto per lui sono tornata a essere invisibile, parte della tappezzeria della scuola.
In quanto a Tom me lo ritrovo ovunque e ho finito per accettare il fatto che non posso far finta che non esista, così ho cominciato a chiacchierare con lui.
Dalle chiacchiere passiamo alle confidenze e finisce per conoscere troppe cose su di me.
Sa che mi piace fotografare e che vorrei fare la designer d’interni per rendere più confortevole la vita delle persone, che amo alla follia la saga de “Il signore degli anelli” e le cose macabre.
Sa che Halloween e i dias de los muertos sono le mie feste preferite e che ogni tanto me ne vado a Tijuana, che ho una sorella più grande di nome Amanda che non sopporto, ma che per fortuna va al college a San Diego.
Sa che  mia madre è un’infermiera e che mio padre è medico e che non ho stima di lui perché so che tradisce mia madre, sa che una volta l’ho persino beccato con l’altra: una dottoressa bella e ricca di famiglia.
Intuisce che è per questo che mi fido poco delle persone e sa che Mark è stato l’unico a mostrarsi umano con me e per questo ho finito per amarlo.
Lui non parla molto di sé invece, o meglio parla di cose poco importanti.
Mi ha raccontato delle sue evoluzioni sullo skate, del fatto che crede negli alieni e mi ha illustrato un sacco di teorie complottiste di cui ignoravo l’esistenza.
Mi parla per ore dei blink, del suo sogno di essere musicista e di vivere facendo il lavoro che ama, mi mostra i suoi disegni e devo ammettere che è piuttosto bravo.
Parla poco della sua famiglia, mi ha solo detto di avere un fratello più grande di nome Shon e una sorella più piccola di nome Kari e che ha iniziato suonando la tromba e svegliando tutta la famiglia alle tre più di una volta.
Dice anche che se dovesse andare male con la musica vorrebbe fare il pompiere, perché gli piace l’idea di salvare vite.
Per il resto non parla molto, come se in lui ci fosse una zona oscura di cui non si sente ancora pronto a parlare.
Ok, rispetto i suoi tempi anche se è leggermente imbarazzante parlare con uno di cui sai poco delle cose più personali.
In ogni caso circa tre settimane dopo io e lui siamo allo stesso tavolo a Biologia in attesa che il prof decreti i trii che dovranno eseguire una ricerca: una delle cose che odio di più al mondo.
“Bene, i prossimi sono: DeLonge, Jenkins e Perry.”
Perry? Ha detto davvero Perry?
La mia mano scatta in automatico verso l’alto.
“Scusi, professor Dalton è possibile cambiare i gruppi?”
“No, Jenkins.
Altre domande?”
“No, grazie.”
Scuoto mestamente la testa pensando che mi aspettano tempi cupi con quella oca tra i piedi.
Merda!
“Ti è andata male, Jenkins. Sarà dura per una come te sopportare la perfezione e capire sempre di più perché Mark ha
scelto me.”
“Se non fosse illegale ti lancerei dell’acido su quella faccia da culo che ti ritrovi, Perry.”
“Non mi fai paura, sfigata.”
Detto questo si alza e se ritorna al suo posto ondeggiando su quei dannati sandali troppo alti che si ostina a portare anche a scuola. Tom mi trattiene all’ultimo secondo, sto per lanciarle addosso  una delle bottigliette delle sostanze di chimica.
“Ma sei matta? Vuoi farle del male?”
“No, voglio solo scioglierla nell’acido!”
Lui scuote la testa.
“Oggi, Mark mi ha chiesto di mangiare con lui.”
“Vai a mangiare con lui, non è un obbligo quello di mangiare con me.”
“Non ti mancherò nemmeno un po’?”
La sua faccia è fintamente offesa, ma non sono sicura al cento per cento che sia solo una finzione.
“No, vai tranquillo.”
Lui se ne va, tranquillo non lo so, ho l’impressione di avere detto qualcosa di profondamente sbagliato.
Mangiare da sola è un ritorno ai vecchi tempi e lui mi manca più di quello che avrei potuto pensare, è brutto sentirsi da soli in una mensa affollata.
Alla fine delle lezioni mi aspetta accanto alla macchina, ha un’aria un po’ abbattuta.
“Ehi, tutto bene?”
“Uhm? Sì, mi ha solo consegnato il compito di matematica, una F di merda.
Lavoriamo a casa mia, Josie ci raggiungerà lì.”
Io storco la labbra al nome della vacca.
“Mi dispiace, DeLonge. Se solo fossi un po’ più brava in mate ti darei una mano.”
“La chiederò a Scott. Quel piccolo bastardo, nonostante abbia tre anni in meno di noi, è un genio con questa roba.”
“Perfetto.”
Entriamo in macchina e lui alza a palla la radio in cui ha messo una cassetta dei Sex Pistols: la radici del punk.
Deve essere il suo modo per dire che non vuole parlare, oggi è stranissimo e sono sicura che non c’entri la F che si è preso in matematica: uno come lui deve esserci abituato e non mi sembra nemmeno uno che ci tenga ad avere una media alta.
Arrivati a casa sua – una villetta modesta alla periferia della cittadina – mettiamo qualcosa sotto i denti e ci mettiamo a lavorare.
Solo dopo un’ora mi accorgo che la regina non si è presentata, dove cazzo è finita quella stronza?
Bigia già la prima volta?
Non crederà che io e Tom faremo anche la sua parte di lavoro?
“Tom, mi daresti il numero di telefono della puttana, per favore?”
Lui annuisce e me lo detta mentre lo compongo con furia crescente.
Il telefono squilla a vuoto per un po’,poi una voce infantile risponde: deve essere un maschietto sugli otto anni.
“Casa Perry. Chi è?”
“Mi chiamo Jen, sono una compagna di scuola di tua sorella Josie, posso parlare con lei?”
“Veramente non c’è. Ha telefonato dopo la scuola dicendo che andava a fare shopping con delle amiche, per me è uscita con il suo ragazzo.”
Brutta. Pallara. Del. Cazzo.
Domani a scuola mi sente.
“Grazie… Come ti chiami?”
“Jhonny.”
“Grazie Jhonny, sei sveglio e sincero a differenza di tua sorella, spero che tu non le assomiglierai mai.”
Dopo avermi salutato piuttosto imbarazzato mette giù il telefono e io posso urlare la mia rabbia.
“CI HA BIDONATI, TOM. CI HA BIDONATI, TI RENDI CONTO?
ED è SOLO LA PRIMA VOLTA IN CUI DOBBIAMO TROVARCI.”
Lui non mi risponde, mi guardo in giro e non lo vedo, dove è?
Alla fine lo individuo, è sdraiato sul divano del salotto e non sembra troppo felice.
È un divano ad angolo e io mi sdraio dal lato opposto, i nostri piedi si scontrano.
“Josie non viene, vero?
Beh, pazienza, non ho voglia di fare biologia in realtà.”
“Capisco, cosa c’è?
È tutto il giorno che sei strano.”
Lui scuote la testa.
“È per oggi?
Ok, lo ammetto è stato poco carino dirti che non mi saresti mancato ed è stata una bugia perché mi sei mancato eccome a pranzo. Scusa.”
Sul suo volto appare un flebile sorriso.
“Grazie per avermelo detto e sono contento di esserti mancato, ma non è per quello che sono di questo umore di merda.”
“Se ne vuoi parlare io sono.”
“Ieri mia madre e mio padre hanno firmato il divorzio.”
Per un attimo rimango senza fiato immaginandomi i miei divorziare. È vero, odio mio padre, ma non vederlo più in giro per casa o sapere che  potrebbe vivere dalla sua amante dimenticandosi di noi mi causa una fitta allo stomaco.
Immagino che per Tom sia lo stesso e che ora stia male perché sente il suo mondo scosso da qualcosa che non può controllare.
“Vieni qui.”
“Cosa?”
“Vieni qui.”
Gli indico un po’ imbarazzata il petto, lui si alza dal suo posto.
Si ferma poco prima di sdraiarsi, sovrastandomi con la sua altezza.
“Sono pesante, ti schiaccerei.”
“Non-non importa!”
Lui esegue, si sdraia cauto su di me e appoggia la testa sul mio seno. È imbarazzante e anche lui è rigido, sono io quella deve sbloccare la situazione. Con la mano che trema leggermente gli accarezzo i capelli, passando piano le dita.
Questo lo fa rilassare e lo sento pesare di più su di me, ma non mi dà fastidio.
Continuo ad accarezzarlo piano, cercando di infondergli calma e affetto, è brutto vederlo così.
Non so quanto rimaniamo così, so solo che a un certo punto sento la maglietta bagnarsi: sta piangendo e non pensavo mi facesse così male sapere che lo sta facendo.
Continuo ad accarezzarlo e seppellisco il mio naso tra i suoi capelli corti baciandoli leggermente, senza dire nulla.
Non c’è nulla da dire, bastano i nostri  corpi a parlare.
Spero che questo sia in grado di farlo stare meglio, lo spero con tutto il cuore.

 

Non so quanto tempo rimaniamo solo così, so solo che la luce del salotto cala piano piano e il suo respiro si calma.
“Andrà tutto bene.”
Gli sussurro all’orecchio.
“Ci credi davvero?”
“Sì, in qualche modo andrà bene. Non come vogliamo noi, ma andrà bene.”
Lui rimane un attimo in silenzio, poi si siede sul divano senza guardarmi.
“Scusa per lo spettacolo pietoso, grazie per avermi consolato.
Sono stato un poppante.”
Gli tiro una pedata non troppo forte.
“Non fare il macho con me che non attacca.
Hai pianto, succede a tutti quando si sta male.
Prego.”
Lui scuote la testa.
“I buffoni non dovrebbero piangere, fortuna che Josie non c’era.”
Io mi tiro a sedere di scatto.
“Oh, certo! Fortuna che la regina non c’era o avresti perso la tua futura possibilità con lei, vero?”
Lui scuote la testa, triste.
“No, non hai capito.
Sono stato fortunato a trovare te invece che lei perché ormai ho capito che quella che mostra a Mark è solo una facciata, non è una tizia da poter considerare amica.”
Io mi rilasso.
“Perché l’hai fatto?
Pensavo mi trovassi odioso e che non ti importasse poi così tanto di me.”
Io mi irrigidisco di nuovo. Questa è una domanda scomoda, è una di quelle che implica lo svelare un po’ di sé rischiando di rimanere feriti.
“Io… io, beh, ho semplicemente provato a immaginare cosa avrei provato se fosse successo ai miei ed è stato una vera merda. Cioè, mio padre lo odio, ma da qui a non vederlo più girare per casa ce ne passa…
Peggio ancora se andasse a vivere con la sua baldracca, li ucciderei!
E alla fine mi sono detta che un abbraccio era la cosa migliore!”
Il tutto balbettato alla velocità della luce, arrossendo sempre di più.
Mi aspetto che lui mi prenda in giro, invece rimane serio e mi guarda comprensivo.
“Non sei abituata a parlare dei tuoi sentimenti, vero?”
“Già, nessuno me  lo chiede e quando chiedono non lo faccio mai, perché non capiscono.
Non capiscono la mia rabbia, i miei ragionamenti, la mia passione per le cose macabre. Non si capacitano di come io non parli delle cose da ragazze.
Forse sono davvero un’aliena.”
“Io odio le ragazze che ti sviscerano le loro emozioni e si aspettano che tu le capisca, nemmeno fossi uno psicologo. Preferisco una tizia che mi parla di quello che le piace e che non sia make-up, vestiti o altre cazzate.”
“Quello anche io. Non so, preferisco tenerle per me,  farle uscire significa farle sparire.
Bah, lascia perdere.
In parole povere, solo se c’è qualcosa di veramente importante ne parlo con qualcuno e deve essere qualcuno di cui mi fido.”
“Vedo che su alcune cose la pensiamo allo stesso modo.”
“Già.”
“Grazie ancora per tutto.”
“Figurati e non lo dirò a nessuno.”
“Grazie e… vieni qui!”
Lo guardo interrogativa – senza sapere dove voglia andare a parare – e lui mi fa cenno di sedermi accanto a lui.
Eseguo un po’ titubante – il che non ha senso, dato che siamo stati abbracciati tutto il pomeriggio – e lo guardo senza capire.
Lui si limita a sorridere – un sorriso vero, da bambino, non uno dei suoi soliti ghigni – e mi abbraccia.
Strano da dirsi, ma questo gesto inaspettato mi fa piacere, più piacer di quello che pensassi.
Mi abbandono senza difese al suo abbraccio, godendomi il suo calore e la stretta e chiedendomi come diavolo abbia solo potuto pensare di far finta che non esista.
“Oh, Jen! Sono quasi lo sei, continuiamo o ci mangiamo qualcosa?”
Io rido tra le sue braccia e con gentilezza lo allontano e mi dirigo verso il tavolo dove c’è sparso il lavoro che abbiamo fatto in questo pomeriggio inconsueto.
Non è tantissimo, ma nemmeno poco, diciamo che è un’accettabile via di mezzo.
“Mangiamo, se quella vacca di Josie si fosse fatta viva avremmo fatto di più.”
“Se quella vacca di Josie si fosse fatta viva non ci sarebbe stato questo pomeriggio fantastico.”
Io abbasso gli occhi e la testa, lui me la rialza e mi guarda, anche questa volta è serio. Non c’è traccia del buffone mentre scandaglia i miei occhi blu con i suoi – scuri, ma con delle sfumature più chiare color cioccolato – alla ricerca di qualcosa.
Respiro a malapena quando lui appoggia delicatamente le sue labbra sulle mie, dandomi tutto il tempo per respingerlo e insultarlo.
La cosa strana è che non lo faccio, ho i brividi e sono paralizzata, mi risveglio solo quando lui cerca dolcemente di forzare le mie labbra con la lingua.
Credo sia il suo modo di chiedere il permesso e anche questa volta non lo allontano e non lo insulto, le socchiudo dandogli libero accesso.
Non è come il bacio del parco, questa volta è dolce, le nostre lingue si accarezzano e si scoprono a vicenda, quasi impacciate – strano per uno come lui.
Mi stringo di più a lui, cercando di arrivare ai suoi capelli dal basso del mio metro e sessanta, facendolo ridacchiare. Mi fa sedere sul tavolo e riprendiamo a baciarci, io finalmente posso giocare con i suoi capelli ossigenati, lui mi accarezza piano i fianchi.
In questo momento non c’è nulla del ragazzo stupido, dello sbruffone e del buffone e nemmeno del ragazzo irruento.
Ci sono solo Jen e Tom: due adolescenti un po’ strani in modi diversi che si stanno baciando come se non ci fosse domani.
Ci stacchiamo con un po’ di dispiacere, lui mi accarezza la guancia sempre con quel sorriso da bambino, che per me è ancora una novità da metabolizzare.
“Come devo considerare questo bacio?”
“Come la ricompensa della tua comprensione oggi oppure come una dimostrazione del fatto che le ragazze come te mi piacciono, scegli tu.”
“Non sparirai dopo questo, vero?”
Lui mi guarda un po’ divertito e un po’incredulo e mi molla un pugnetto sulla testa.
“No, zuccona, non sparirò!
Dovrai sopportarti talmente tanto a lungo che alla fine sarai tu a sparire. Dalla disperazione!”
“Ti piacerebbe, eh?
Invece no, rimarrò e sarai tu a maledire il giorno in cui ti sei voluto intestardire con una stramboide come me!”
Ridiamo insieme e mi sembra bellissimo – strano, ma bellissimo.
Dopo questo meraviglioso pomeriggio me ne vado da casa DeLonge un po’ più sollevata e felice, dicendomi che forse oggi non mi accadrà nulla di brutto.
Mi sbaglio.
Seduto sul muretto fuori casa mia c’è l’ultima persona che vorrei vedere e che solo poco tempo fa avrei desiderato essermi più vicina: Mark.
Tutti i miei campanelli di allarme si mettono a suonare: cosa vuole?
Perché dopo avermi ignorata torna  a farsi vivo?
Parcheggio la macchina e scendo, lui scende dal muretto e si fa avanti con una faccia scura.
“Come mai così felice?”
Mi chiede.
“Non credo siano fatti tuoi.”
“Sei stata da Tom, vero?”
“Come se la tua dolce metà non ti avesse già avvisato che Dalton mi ha messo con Tom nei gruppi di biologia.
Ah, e ringraziala da parte nostra per aver saltato oggi!”
“Lascia da parte Josie.
E non mi sto riferendo solo a oggi, è un po’ che ti vedo girare con lui.”
Io rido sarcasticamente.
“Cos’è? Hai paura che ti freghi il tuo miglior amico?”
“No, ma so come è fatto.
A lui non interessano le storie sere, solo le scopate senza complicazioni.
Se ti sta corteggiando o sta facendo il carino con te è per quello.”
Inizia a salirmi inesorabilmente il crimine, cosa diavolo vuole, a parte rompere le palle?
“Sei venuto qui solo per questo?”
“Sono tuo amico.”
Mi risponde con una serafica faccia da schiaffi.
“Sì?
Dove sei stato in queste settimane?
Non è che sei solo geloso di non avere più una ragazzina adorante ai tuoi piedi?”
“Sei solo una stupida ragazzina!”
“E allora vattene, Hoppus!
Vattene e non farti mai rivedere! Io sarò una ragazzina, ma tu sei uno stronzo!”
Lui si allontana a grandi passi, io entro in casa sbattendo la porta e maledicendolo.
Ero felice, avevo avuto l’impressione di interessare a un ragazzo, perché è venuto a lui a distruggere subito le mie illusioni?
Non poteva farsi un’altra scopata con quella Josie?
Non so se credere o meno alle sue parole, so solo che mi si sono infilate nella testa e stanno mangiando la mia felicità come un tarlo malefico.
Davvero Tom sta facendo tutto questo solo per un po’ di sesso?
Davvero?
Il dubbio mi distrugge.
Mark ti detesto.

Angolo di Layla

Ringrazio eve182 e MatyOtaku per le recensioni.
   
 
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