Danielle.
Era
in
ritardo, come al solito. Ormai non
mi arrabbiavo nemmeno più di tanto, ci ero abituata, era un
suo difetto ed
anche se fastidioso, dovevo accettarlo. Cosa non si faceva per amore..
Erano
tre
anni che ero innamorata di lui ed erano tre anni che lui faceva
l’indifferente
sorvolando ad ogni mio approccio nei suoi confronti. Non glielo volevo
dire,
volevo che lo capisse da solo e che fosse lui a fare la prima mossa.
Ero troppo
timida per farmi avanti e forse avevo davvero troppa paura di un suo
possibile
rifiuto. Preferivo guardarlo da lontano come una sua semplice amica che
non
vederlo proprio.
Il mio segreto? Mi faceva ridere.
Se
un
ragazzo era in grado di farmi ridere si poteva già ritenere
prenotato.
Non
stavo
dicendo che contava solo quello, ma riuscivano sempre a conquistarmi in
un modo
o nell’altro.
Lo
vidi
arrivare correndo.
Appoggiò
un
mano al muro in marmo e l’altra se la posizionò
sul cuore.
Lo
lasciai
riprendere fiato qualche secondo, non riusciva nemmeno a farfugliare, a
parlare, niente.
“non
morire,
mi servi” l’ultima parola perse di intonazione
quasi come se volessi
nasconderla tra le pareti della mia bocca e si, era proprio quella la
mia
intenzione.
“ce
ne vorrà
di tempo prima che tu ti sbarazzi di me” ammiccò
un occhiolino e ponendomi il
suo braccio entrammo nel bar stabilito. Non volevo sbarazzarmi di lui,
cosa
diamine aveva capito.
Idiota.
Ci
sedemmo l’uno
di fronte all’altro.
Ero
imbarazzata,
quello che mi tenevo dentro mi stava rubando tutto quello che mi
rimaneva.
“Dan,
tutto
bene?”
“si
perché?”
“hai
una
faccia..” abbassai lo sguardo, pensavo non si notasse e
invece..
“mmh
no
niente..” non sapevo per quanto ancora avrei portato avanti
questa farsa dell’amica.
Stavo
per
scoppiare.
Poco ma sicuro.
Il
tempo
passò con una velocità fulminea.
Avevo
pregato
che quel momento non finisse mai ma, come al solito, qualche coglione
lassù non
mi ha ascoltato e ha fatto finire tutto così in fretta, troppo in fretta.
Era
ancora
lì, vicino a me, con il suo cappotto in camoscio e
già sentivo che mi mancava.
Il
nostro
rapporto era così, ci vedevamo e per mesi smettevamo di
sentirci.
Ogni
volta
che mi abituavo alla sua assenza lui tornava, come a farlo apposta.
Ci
salutammo
con un schioccò di guance sotto la pioggia ed ognuno di no
andò per la sua
strada.
Infilai
le
mani in tasca senza smettere di pensare a lui.
Mi
voltai. Si
voltò. Sorridemmo e riprendemmo a camminare.
Harry.
Stavo
perdendo
il controllo della mia sete.
Quel
bar era
pieno di carne umana, pieno di corpi caldi con il sangue scorrente
nelle vene.
Sembrava
quasi
chiamare il mio nome.
Passando
osservai
il collo di una morettina seduta affianco alla finestra.
L’istinto
mi
fece scagliare fuori i canini che mi affrettai a nascondere con le mani.
Feci
un
cenno al barista, era un mio vecchio amico.
Tirai
dritto
fino al tavolo delle ragazze che mangiandomi con gli occhi mi fecero
accomodare
tra loro.
Il
loro
odore era invitante, tanto invitante che strinsi i pugni sul tavolo e
trattenni
il fiato.
I
loro
sguardi non capivano, ma io capivo benissimo.
Sapevo
che
quello non era il momento per andarsene, era il momento in cui avrei
fatto
conquiste e basta.
Allusi
a una
bionda accanto a me.
“come
ti
chiami tu piccola?”
“Charlotte”
“piacere
Charlotte, Harry” mostrai
uno dei miei
sorrisi migliori aggiungendoci un tocco di malizia che non faceva mai
male.
“te
l’hanno
mai detto che hai un sorriso bellissimo, Charlotte?” avevo
lanciato la bomba. Domanda
completamente disinteressata che portava a voler dire solo una cosa:
vuoi venire a letto con me? La ragazza
arrossì di botto e sorrise
imbarazzata. Dovevo concludere e avevo fatto centro anche sta volta.
“dove
abiti?”
“Seattle.”
“E’
lontano!”
“Già..”
“merda,
piove!” guardai il tempo fantasticando sulle mille stronzate
che le stavo
chiedendo.
“fantastico,
non ho la macchina”
“vuoi
che ti
porto io?” bingo.
“no,
tanto a
casa non ci posso andare, non ho le chiavi e dovrei aspettare mia madre
e sotto
la pioggia sinceramente la voglia cala”
“vieni
da me
allora” le porsi la mano. Rimasi titubante per un
po’ ma poi si lasciò
trasportare dai miei occhi rosso fuoco che, con la sola forza del
pensiero la
stavano trascinando a fare ciò che in realtà non
voleva fare. Era squallido e
non sapevo manco perché lo stavo facendo ma, nel tragitto a
casa riuscii a
pensare solo ad un nome:
Wendy.
Non mi
stavo innamorando, anche perché Harry
Edward Styles non si innamora mai.
La
feci
accomodare sul divano andando a posare entrambe le giacche su in camera
mia.
Il
mio
sguardo. Il suo. Si incrociarono dandosi una scossa di rabbia reciproca.
La
ragazza
di sotto mugugnava chiamando ripetutamente il mio nome.
“arrivo”
brontolai.
Né volevo una da una botta e via, non
una
appiccicosa.
“chi
è?”
Wendy sporse la testa dalle scale e scorse una capigliatura bionda.
“dai, ti
porti a casa le troiette?”
“ho
portato
a casa pure te” sbottai.
“ma
vaffanculo –fece un passo nella direzione inversa- a
proposito, il suo odore
mette i brividi” sussurrò le ultime parole per
dargli un tocco sexy e
appetitoso. Sapeva quanto io fossi debole in queste cose e si divertiva
a
provocare il mio interiore.
Wendy.
Mi
importava
anche se non doveva e la cosa mi dava ancora di più ai nervi
di quando non mi
desse lui.
Non
lo
sopportavo.
Non
lo
sopportavo.
E
non lo
sopportavo.
Il
corpo
diceva: vai a vedere cosa stanno facendo.
La
mia mente
diceva: non farlo è sbagliato.
Ed
il mio
cuore anche se aveva smesso di battere era stanco..
Eppure
qualcosa
in lui, i suoi occhi, i suoi ricci sempre morbidi, le sue mani.. tutto
di lui
mi mandava in estasi.
Li
sentii
ridere.
Li
sentii
guardare la televisione insieme.
Li
sentii
fare sesso in camera di lui.
Non
so
ancora per quanto sarei riuscita a trattenere quella sorta di rabbia e
angoscia
che mi stava disidratando l’anima. Gelosa? Si cazzo, ero
gelosa. Ammetterlo a
me stessa fu la cosa più difficile. La mia mente rinnegava
tutto ciò, ma la
ragione non può avere mai la meglio sui sentimenti. Stavo
diventato una di
quelle sdolcinate patetiche e stupide. No cazzo, no. Dovevo distrarmi,
dovevo
andare a caccia. Passai a passo svelto davanti ai due e sbattendo la
porta
corsi in mezzo alla foresta. Squartai un cervo senza pietà.
Infossai
i
miei canini nella sua pelle e con la rabbia di una neonata tale che ero
lo
squartai senza gustarmelo.
Un
po’ come
quando avevi dieci anni e ogni volta che dovevi scartare qualcosa nello
strappo
ti portavi via, bigliettino, carta regalo e fiocco. Con la mani mi
pulii dai
residui di rosso sulla mia faccia.
Soddisfatta
più
di prima tornai a casa sazia e assonnata.
Allie.
Allie
Claire Liri.
19
anni
Danver.
Segni
particolari:
ho una specie di calamita per gli stronzi.
Immaginai
la
mia vita da maggiorenne come una di quelle ragazze che si davano alla
pazza
gioia mattina e sera. Quelle il quale motto era sesso droga e
rock’n roll’ ma,
fantasie tralasciate,
la mia vita non
era affatto così.
Non
ero una
ragazza di certo casa e chiesa ma facevo del mio meglio per apparire
con sani
principi morali, anche se nel profondo ero consapevole di non sapere
nemmeno
cosa volessero dire.
Ero
una
ragazza socievole e piena di amici. Simpatica. Solare e non tanto
stabile
emotivamente.
Vivevo
con
mia zia visto che i miei genitori mi abbandonarono qualche anno prima
sul
ciglio di una strada.
Bella
fine
eh?
Avevo
appena
finito la scuola e grazie a dio mia zia mi aveva lasciato libera la
scelta se
proseguire o meno e, ovviamente fu la seconda a prevalere.
Non
pensavo
al mio futuro, ero una di quelle persone che vivevano la propria vita
attimo
per attimo e la cosa non mi dispiaceva affatto. Non vivevo
quotidianamente con
l’angoscia dell’oddiocosamiaccadràdomani e a mio avviso
tutto era molto più
semplice.
Ragazzi? Fin troppi.
Brutti? Piuttosto lesbica.
Stronza? Diciamo che
sarò pane per i tuoi denti.
Avevo
i
capelli lunghi e neri. Migliaia di lentiggini mi ricoprivano il viso.
Le
odiavo.
Snella
e
alta con un “culo da paura” almeno così
dicevano i mei compagni di classe.
La
classica “bella
ma troia” prototipo di definizione della mia migliore amica,
senza il quale
davvero, non so come avrei fatto.
Impulsiva
ma
attenta.
Antipatica
ma
non troppo.
Socievole
ma
solo con chi voglio io.
Stronza
ma
sensibile.
Insomma, ero una ragazza complicata.
Spazio autrice!
Cel’ho
fatta, dopo tanto sudore ci sono riuscita!
Apparte
gli
scherzi, questo è un po’ diverso rispetto agli
altri anche perché la storia si
sta evolvendo.
Grazie
mille
per le recensioni e per tutto come la solito.
Vi
adoro,
un bacio.
-An