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Autore: Il Rilegatore    04/12/2012    5 recensioni
- Drake scese dallo scuolabus sistemandosi la giacca e notò subito la figura di Nick che si avvicinava al marciapiede guardando in basso. Indossò il falso viso arrabbiato e giudicatore e si incamminò deciso verso il migliore amico, con i soliti passi lenti e decisi, mentre l’altro sembrava attendere con impazienza l’ora del giudizio. Non appena si trovarono abbastanza vicini Drake aprì la bocca per iniziare a sparare qualche parolaccia all’amico ritardatario, ma subito lo investì un odore, uno strano aroma che lo mandò per pochi attimi in visibilio e gli fece dimenticare che in quel momento doveva strigliare Nick. “E’ strano, ha sempre questo odore quando perde lo scuolabus e me lo ritrovo a scuola.” -
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo III

Eccomi tornato con il terzo capitolo ragazzi! Scusate l’enorme attesa, ma io e la scuola stiamo avendo un rapporto difficile >.<

Tenterò di non farvi aspettare troppo per il quarto capitolo, promesso!

Fatemi sapere cosa ne pensate, aspetto le vostre recensioni!!!

 

 

CAPITOLO III

 

27 settembre 2011, 14.00

Campo da Football, Annapolis Senior High School, Maryland

 

Veronique si considerava una ragazza seria. Era stata cresciuta come ragazza seria, con una scala di valori, aveva sempre avuto il massimo dei voti, perfetta cheerleader, suonava il piano divinamente da quando aveva sei anni, frequentava i bravi ragazzi ed era giudiziosa. Questo, da tutta la vita.

Perciò, essendo una ragazza seria, non poteva credere di star facendo una cosa simile. Essere scorretta a tal punto da chiedere a Drake informazioni su Nick, senza dargli un motivo apparente, quando in realtà un motivo, e bello grosso, c’era. Era ignobile, imperdonabile. Ma lo stava facendo.

“E tutto per quella stupida Alice!” pensò irritata la ragazza, mentre i due camminando raggiungevano il resto della squadra. “Chiedermi di fare indagini su Nick, come se fosse facile. Drake non è stupido, lo sa che Nick non mi è mai interessato, quindi non ci metterà molto a capire che sto facendo il gioco sporco. E poi cosa vuol dire che devo tentare di estorcere qualche informazione utile? Quella ragazza, proprio non la capisco. Nick non ha la fidanzata, questo è appurato, ma pur di chiedere se è un bravo ragazzo che dovrei fare?” Per quanto Veronique sapesse essere sicura di sé con in mano un paio di pon-pon, nelle situazioni ingestibili l’ansia diveniva sovrana. Decise finalmente di porre l’ultima, fatidica domanda prima di lasciare la parte da detective dell’ultima ora e rivestire i panni della capo-cheerleader, molto più comodi.

«A Nick interessa qualcuno? Intendo, qualche ragazza?»

«Da quanto ne so, no.» fu la risposta secca di Drake, che non riusciva ancora a capire perché improvvisamente Veronique si fosse interessata così tanto a Nick. Non gli aveva fatto domande imbarazzanti, era rimasta sul generale, e non aveva tirato in ballo il rapporto tra i due amici, quindi gli sembrò logico escludere che sospettasse qualcosa della sua infatuazione temporanea. Scartò anche l’idea che Veronique si fosse presa una cotta per Nick: la conosceva bene, non si sarebbe mai esposta a tal punto da fare domande su di lui, con la paura di essere scoperta. E poi, Veh sbavava già dietro a Devon, un bel ragazzo mingherlino con un profilo un po’ greco. Drake lo conosceva perché lo vedeva fare atletica con Nick, eterni rivali anche se esperti di diverse discipline: invece del salto ad ostacoli, Devon si era specializzato in salto in lungo, su consiglio del coach che tentava di distribuire i più bravi in modo da avere una squadra capace di tenere testa alle altre scuole su tutte le discipline atletiche. Quei provini programmati che duravano una settimana intera, all’inizio dell’anno, erano stressanti per tutti. Drake cercò istintivamente Nick nella moltitudine della squadra di atletica al di là del campo; correva in testa al gruppo, con Devon alle calcagna. “In effetti, pensandoci bene, il primo anno avevano iniziato bene, quei due. Nick mi parlava spesso di Devon, sembravano diventati amici prima... prima di quelle audizioni, o come diavolo le chiamavano. È li che hanno litigato, ma Nick non mi ha più spiegato. Bah, sarà stata la solita storia, Devon era geloso perché Nick era più forte di lui, quindi hanno discusso e non si sono più parlati. Dopotutto, è successo lo stesso con metà scuola...” Drake controllò con la coda dell’occhio Veronique, e notò che era assorta nel contemplare la figura dell’atleta prediletto correre, con occhi trasognanti, e uno strano sorriso rassegnato.

“A questo punto, l’unica possibilità, sempre che non mi stia facendo domande su Nick per il semplice gusto di conoscerlo, è che stia indagando per qualche altra ragazza, forse una sua amica, ma non sono sicuro che lo farebbe. Forse è per questo che sembra così agitata, si fa prendere dall’ansia quando si sente a disagio...” D’un tratto lo sguardo le andò sulla squadra di cheerleader, e cambiò di colpo, divenendo serio e freddo. Anche Drake guardò nella stessa direzione dell’amica, e notò una ragazza che sembrava osservare la scena attenta. Era Alice, del primo anno; Drake non la conosceva bene, faceva parte del genere “gallina” con cui non voleva avere niente a che fare. Odiava in modo particolare la sua fissa di toccarsi continuamente i capelli, prendersi la coda tra le mani e strofinarla, come se dovesse spremerla. Lo considerava insulso, e abbastanza schifoso. Anche ora, mentre li guardava parlare, si strofinava con un ghigno beffardo quei capelli nero corvo senza alcun ritegno. Ebbe finalmente un sussulto quando incrociò lo sguardo accusatore di Veronique, poi spostò gli occhi su Drake, probabilmente per controllare che non avesse visto la scena (cosa che in realtà era successa) e si girò di scatto, raggiungendo con passo deciso il gruppo di ragazze.

“Così, è a quella zoccoletta che interessa Nick.” pensò Drake, alzando il sopracciglio destro in segno di grave disapprovazione. Ma subito tentò di essere ottimista, e evitare pregiudizi. “Non è detto, Drake. Non saltare a conclusioni affrettate. Magari quell’ochetta era solo in fissa, non stava guardando noi. Non devo pensarci.”

 

Drake arrivò al centro del campo e salutò le ragazze con quanta più naturalezza gli era possibile, evitando di fare smorfie quando incontrò lo sguardo di Alice. Sorrise anche a lei, passando oltre e sedendosi per lo stretching di riscaldamento. Veronique espose in poche e semplici parole la coreografia che avrebbero preparato quel giorno; essendo all’inizio dell’anno, il gruppo stava ancora lavorando sulle figure essenziali, per far abituare le più giovani, ed era arrivato il momento di testare lo stunt, l’alzata in aria delle ragazze da parte di Drake. Una alla volta, le nuove arrivate nella squadra dovevano riuscire nel minor tempo e con più grazia possibile a salire sulle spalle di Drake, per poi provare una Pyramid completa con le altre ragazze, a fine allenamento. Un po’ di teoria dello stunt, e le ragazze erano già in fila per provare l’ebbrezza di essere innalzate dal male-cheerleader.

Veronique sorrise compiaciuta quando l’ultima piccola allieva poggiò i piedi a terra, e constatò che non aveva mai visto delle ragazze apprendere così in fretta l’arte del chearleading. Beh, certo, tranne lei stessa.

«Bene, ragazze. Siete state bravissime. Ora proviamo una bella Pyramid. Allora, ricordatevi, Drake come base al centro che sorregge la più alta, con un double-leg stunt, due laterali che poggiano sulle altre basi. E state attente all’equilibrio.»

La coreografia fu pronta in qualche minuto, e Drake fu contento di vedere sul viso di Veronique un’espressione compiaciuta e fiera. Il suo sguardo cambiò direzione quando vide Nick che sfrecciava sulla pista davanti al gruppo di cheerleader, impegnato a correre. Drake si fermò a contemplare la figura dell’amico e i suoi muscoli tesi per lo sforzo. La pelle lucida, bagnata dal sudore, marcava ulteriormente il fisico da sportivo di Nick, dandogli un fascino incredibile. I capelli castani scuri avevano il potere di divenire durante la corsa ancor più disordinati di quanto non fossero di solito; il povero Nick tentava in tutti i modi di renderli presentabili, ma ogni prova non aveva effetto su quei ciuffi ribelli. C’era di bello, però, che erano straordinariamente morbidi al tatto, soffici. Più che capelli, sembravano quasi vello, il mantello leggero di qualche fantastico animale. Litri e litri di balsamo: Drake ne era quasi certo.

L’attimo di paradiso di Drake fu bruscamente interrotto da un urlo, che scoprì subito essere di Alice. E fu in questo momento che si rese anche conto che stava sorreggendo proprio lei nella coreografia.

«Ehi, Nick!»

Furono queste le parole esatte che uscirono da quella bocca. Più che bocca, Drake in quel momento la vedeva più come una fogna. Una fogna con una forma di sorriso da vera e propria meretrice, da cui era uscita una voce stridula che aveva detto una frase che poteva, doveva risparmiarsi!

Drake sentì il sangue ribollirgli nelle vene; spalancò gli occhi, digrignò i denti e iniziò a insultare mentalmente quella stronza che stava poggiando i piedi sulle sue sacrosante spalle.

“Cosa pensa di fare, arrivare di colpo e ottenere Nick come una facile preda, portarselo in giro per la scuola come un trofeo e poi mollarlo dopo una settimana? Oh, non credo proprio, cara! Non ti permetterò di averlo.”

Drake era in preda all’agitazione. Era ovvio che Veronique avesse fatto tutte quelle domande per conto di Alice, ed era palese che ad Alice piacesse Nick. Come alla maggior parte delle ragazze nella scuola, dopotutto, ma nessuna si era mai permessa di arrivare a Nick tramite lui, non in modo così fottutamente spudorato!

L’ansia non lo lasciava in pace, i muscoli erano tesi e quindi fu naturale cominciare a sentire un certo tremolio alle gambe. Doveva controllarsi, ma non ne era in grado in quel momento. Improvvisamente gli cedette il braccio destro, non intenzionalmente, fu come un riflesso incondizionato. Il muscolo perse potenza e si riprese in una frazione di secondo, togliendo l’equilibrio alla struttura, e soprattutto ad Alice che barcollando scivolò sulla spalla di Drake, cadendo al suolo in maniera alquanto brutale. Drake cadde di schiena, fortunatamente senza urtare la testa. Alzandosi vide la figura di Devon avvicinarsi e prendere Alice in braccio portandola verso l’infermeria, seguito dallo sciame di ragazze che tentavano di accertarsi della situazione fisica dell’amica. Nick arrivò di corsa guardando la scena di Alice soccorsa dal compagno e si avvicinò a Drake per controllare che stesse bene. Gli poggiò una mano sulla spalla e la strinse affettuosamente, mentre con l’altra gli prese il volto all’altezza delle guance e lo scosse, come fanno le nonne con i nipotini durante i cenoni di famiglia nel giorno del Ringraziamento.

«Ehi, stai bene? Niente di rotto?»

Drake liberò la mascella dalla stretta mortale dell’amico, sorridendo compiaciuto delle attenzioni ricevute da Nick.

«Non preoccuparti, sto bene grazie. Un po’ di mal di schiena, ma niente di che.»

«Mh... secondo me dovresti andare a farti controllare in infermeria.»

«Non ci penso nemmeno, sarebbe solo una perdita di tempo! L’infermiera ha le capacità tecniche di un’ameba!»

Nick sorrise sotto i baffi, tentando di mantenere l’aria seria e autoritaria che in quel momento gli serviva per convincere l’amico a sottoporsi a minimi controlli medici. «La signorina Sanchez è un’ottima infermiera, Drake. Smettila con queste cattiverie, e vai a farti vedere!»

«Tenterò...»

«Promettimelo.»

«Va bene, te lo prometto. Andrò a farmi controllare dall’ottima infermiera Connie Sanchez così da evitare una possibile morte. Contento, mamma?»

Nick sorrise soddisfatto «Estasiato, Drake. Ci vediamo dopo.» e si allontanò verso la pista di atletica per riprendere l’allenamento interrotto a metà.

 

Veronique era rimasta immobile guardando alquanto infastidita la scena di un Devon preoccupato che soccorreva la pivellina ferita sul campo da gioco. Drake si avvicinò all’amica assorta nei suoi pensieri, e dopo qualche attimo la sentì sussurrare una frase che non si sarebbe mai immaginato di sentir uscire dalle sue labbra.

«Quella piccola troietta...»

Drake rise, pensando che perlomeno non era l’unico a pensarlo. Veronique si riprese imbarazzata, e scostò lo sguardo, così da non guardare in faccia l’amico, almeno non prima di aver sentito il rossore della vergogna sparire dal viso. Drake si godette i pochi momenti di pace, pronto alla strigliata che sarebbe sicuramente arrivata, anche solo per il fatto di aver rovinato il capolavoro uscito dopo una giornata di allenamento. Infatti, tempo dieci secondi, Veh si girò con sguardo accusatore e, secca, disse: «Ora spiegami cosa è successo.»

Drake la guardò, spaesato, e alzò le spalle.

«Non saprei, sinceramente... Mi è sembrato un indebolimento del muscolo, forse un calo di zuccheri improvviso... sai, oggi non ho fatto colazione. Non l’ho fatto apposta, è ovvio.» Tutte affermazioni vere e deduzioni corrette, dopotutto. Non aveva fatto colazione quella mattina, un calo di zuccheri era plausibile. Ed era vero anche che non l’aveva fatto apposta, la sua mente era stata infatti completamente assorta dal lanciare insulti ad Alice, non da piani omicidi nei suoi confronti.

Veronique lo guardò perplessa, e poi gli lanciò una delle sue occhiate da “non me la bevo”.

«Vuoi dirmi che non c’è nessun collegamento tra il saluto di Alice a Nick e l’improvviso cedimento del tuo braccio che l’ha portata a mangiare la polvere pochi secondi dopo?»

Drake imprecò dentro di sé. Avrebbe dovuto tener conto del fatto che Veh si sarebbe sicuramente ricordata della lezione di psicologia su Freud. Non era stato approfondito troppo, come argomento, ma i concetti chiave erano stati spiegati correttamente. E Veronique sembrava averli assimilati tutti.

Era stato un fottutissimo sintomo nevrotico, il suo, creato dalla lotta tra il desiderio inconscio di chiudere la bocca a quella stupida ragazzina e l’opposizione della parte razionale del suo cervello, che per ovvi motivi voleva impedire l’atto volontario. Il risultato era stata una scarica elettrica al muscolo dell’avambraccio destro, un modo come un altro di soddisfare il piacere rimosso senza farlo effettivamente apposta. O almeno, questa sarebbe stata la spiegazione di Sigmund Freud. E anche quella che stava pensando Veronique, a quanto sembrava.

«Drake, che cosa sta succedendo?»

«Nulla, è solo stanchezza.» Mentì. Certo, non era una delle sue scuse migliori, ma non aveva tempo materiale di inventarne una più convincente. «Senti, posso andare?»

Lo sguardo dell’amica era cristallino: la storia non finiva li. Ma Drake era riuscito nel suo tentativo, rimandare al più tardi possibile quel discorso. Aveva bisogno di tempo, tanto tempo. Per pensare, e per decidere.

«Ok, vai pure.»

Il giovane si incamminò nel corridoio, ringraziando la capo-cheerleader della grazia ottenuta, e compiacendosi delle sue doti di attore. Aprì la porta dello spogliatoio, quando la voce di Veh lo fermò.

«Mi raccomando, Drake: fai il bravo.»

Allora si girò, e sorrise.

«Hai per caso dubbi a riguardo?»

Veronique sorrise di rimando e uscì nel campo, mentre la porta dello spogliatoio le si chiudeva alle spalle.

 

L’allenamento era finito dieci minuti prima, quindi Drake poté fare la doccia con calma dato che aveva ancora più di mezz’ora per aspettare Nick, e un po’ di riposo era quello che cercava. Si spogliò dalla divisa, prese l’accappatoio e lo shampoo ed entrò nelle docce. L’acqua scese subito calda, probabilmente qualche ragazza si stava già lavando nella stanza accanto. Drake si lasciò andare sotto lo scroscio caldo, sentì l’acqua scendergli sulla testa e attraversargli tutto il corpo e così riuscì a scaricarsi da quella pressione che sentiva ancora addosso.

E riuscì, finalmente, a ragionare.

Ripercorse tutta la scena nella sua testa, ricollegò lentamente tutto ciò che era successo, e ripensò a ciò che aveva provato. Era geloso, non ci voleva certo una laurea in psicologia per capirlo. Ed era anche comprensibile: era geloso di natura, lo sapeva. Non tanto con le poche ragazze che aveva avuto, quanto con gli amici e specialmente con Nick. Lo vedeva così diverso da sé stesso, così lontano, che aveva paura ogni volta che lo vedeva con qualcun altro. Era il terrore di perderlo, di essere messo da parte, il precursore di tutto quel casino emotivo. Quella paura che era cominciata pochi anni prima, quando si era accorto di detestare il fatto di vedere l’amico con altri ragazzi che non fossero lui, anche solo per scambiarsi qualche battuta o una risata. Solo col tempo e un bel po’ di auto-analisi coscienziosa si era reso conto che quella sua gelosia era assurda, che non poteva impedire a Nick di avere altre amicizie maschili solo perché aveva paura di essere rimpiazzato. Era inimmaginabile. Capendolo, aveva potuto superarla, anche se certo, ci aveva messo un po’.

Drake si insaponò i capelli, massaggiandosi la testa con tutte e due le mani e premendo i polpastrelli sulla cute. Si appoggiò alle piastrelle del muro delle docce, e puntò il viso verso il getto d’acqua.

Crescendo le cose erano cambiate, certo, ma a conti fatti non in meglio, dato che adesso doveva affrontare un altro tipo di gelosia ben più problematica: non vedeva più Nick come amico, e, malgrado tutto, la paura che qualche ragazza avrebbe potuto portarglielo via era sicuramente più fondata.

“Ma non per questo giusta.”

L’acqua smise di scendere dalla doccia, Drake si asciugò velocemente i capelli e le spalle, poi legò la salvietta alla vita e si andò a vestire.

“Nick non è il mio ragazzo, quando si innamorerà di una ragazza non potrò di certo mettermi in mezzo. Anche perché non avrei alcuna possibilità. È logico, Nick deve avere la sua vita, le sue storie.

Quindi la gelosia non può essere tollerata, non questo tipo di gelosia.”

Drake si mise a posto velocemente i capelli allo specchio e, presa la sacca, spense le luci dello spogliatoio ed uscì. Fece una breve tappa nell’infermeria scolastica, dove Mrs. Sanchez gli somministrò una compressa di antidolorifico. Notò un rotolo di bende elastiche appoggiato sul lettino medico, e si ricordò dell’incidente avvenuto in campo con Alice. Si sentì quindi in dovere di chiedere della ragazza, forse solo per placare i sensi di colpa che iniziavano ad assillarlo.

«Scusi, signorina Sanchez, è per caso venuta una ragazza mezz’oretta fa? Una cheerleader?»

«Sì, sì, la cheerleader, è venuta. Aveva solo una piccola distorsione alla gamba destra, una fasciatura e un paio di stampelle; fra qualche giorno la tua amica ritornerà come nuova, Coleman.» Sogghignò la donna.

«Non è mia amica, solo una compagna di chearleading.» tenne a sottolineare Drake «Comunque, sono venuti a prenderla i suoi genitori?»

«Oh, no, li ho mandati a chiamare ma sono al lavoro. Si è offerto un ragazzo di accompagnarla a casa, come si chiama... Carter. Ecco, Carter, è andata con lui.»

Devon, come immaginavo. Pensò divertito Drake. Se lo sapesse Veronique.

Il ragazzo lasciò l’infermeria ringraziando la signorina di origini spagnole e si diresse verso il campo da football.

Erano le quattro e dieci minuti, non avrebbe dovuto aspettare troppo il migliore amico.

Si sedette sulle gradinate, estrasse un libro dal borsone e si mise a leggere.

 

Nick si allacciò le scarpe salutando gli ultimi compagni di atletica che uscivano dallo spogliatoio. Era rimasto l’ultimo ad andarsene, come al solito.

“Non ci sono più i vestiti di Devon, ma non l’ho visto... Beh, probabilmente è venuto a prendere le sue cose prima che l’allenamento finisse, avrà accompagnato a casa quella ragazza.”

Accomodò le salviette e le ciabatte nel borsone e lo chiuse tranquillamente, poi tentò di pettinare la massa informe di capelli alla bell’e meglio e uscì dallo spogliatoio controllando l’orologio al polso.

“Quattro e venti, spero che Drake non mi abbia aspettato troppo.”

Stava per imboccare il corridoio che dava all’uscita sul campo quando si trovò davanti agli occhi una Alice seduta sulla panchina, con la gamba destra fasciata all’altezza della caviglia e un paio di stampelle. Alzò lo sguardo dall’arto fasciato, e si accorse che la ragazza lo stava guardando, sorridendogli. Le sorrise anche lui alquanto imbarazzato.

Pensò che doveva dire qualcosa, per rompere il silenzio e quegli scambi di sorrisi insensati. Gli uscì dalla bocca l’unica cosa che gli pareva in quel momento: «Ehi... come stai? Tutto bene?»

Alice abbassò gli occhi sulla caviglia, sbuffando, per poi rialzare lo sguardo verso Nick.

«Insomma... non riesco a camminare molto bene, mi servirebbe una mano per alzarmi e qualcuno a cui appoggiarmi, ma sono andati via tutti.»

A Nick sembrò strano che Devon se ne fosse andato lasciandola lì da sola, ma non poteva di certo mettersi a discutere con una ragazzina dalla caviglia slogata.

«I tuoi non possono venirti a prendere?»

«Ora sono al lavoro, devo aspettare che mamma arrivi alle sei.»

Calò il silenzio. Ora, secondo il buon costume, Nick avrebbe dovuto fare il prossimo passo e tentare di aiutare la donzella in difficoltà.

“Drake capirà, non posso lasciarla qui sola. Poi, era lui che continuava a dire che devo trovare una ragazza, no?”

«Vieni, va! Non puoi restare qui fino alle sei, abiti vicino? Dici che riesci a camminare fino a casa se ti accompagno?»

Il viso di Alice s’illuminò e divenne raggiante «Vicinissimo. Non preoccuparti, ce la farò. Grazie mille, sei un angelo!»

Nick rise e si mise il braccio di Alice attorno al collo così da reggere almeno una parte del peso che gravava sulla gamba ferita.

«A proposito, io sono Nick.»

«Piacere, Alice. Davvero felicissima di conoscerti.»

 

 

Ore 17.15

Gradinate del campo da Football, Annapolis Senior High School, Maryland

 

Drake girò l’ultima pagina, e dopo qualche secondo chiuse la copertina. Aveva finito il libro, nell’ora passata ad aspettare Nick.

Cinque chiamate al cellulare a cui rispondeva la segreteria, due chiamate senza risposta a casa e in quell’istante gli stava per mandare il quarto, ultimo messaggio per accertarsi delle sue condizioni di vita. Aveva già controllato negli spogliatoi, due volte.

E non c’era ombra di Nick.

“Dove si è cacciato quell’idiota?” Drake raccolse il borsone e scese le gradinate. Uscì dal campo e si diresse verso la fermata degli autobus.

Era preoccupato, Nick aveva il cellulare spento, non era a casa, non era a scuola, e gli aveva dato buca senza avvisarlo. Non era assolutamente da lui.

Sperava solo che non gli fosse successo niente di grave, e se così fosse stato sperava che stesse abbastanza bene per poterlo poi uccidere verbalmente.

Come poteva avergli dato buca? Per quale astruso motivo non aveva nemmeno provato ad avvisarlo? Non era difficile, accendere quel cavolo di cellulare e digitare un numero!

Drake era furioso. L’amico gli avrebbe dovuto molte spiegazioni al prossimo incontro.

Il semaforo pedonale all’incrocio diventò verde e Drake riprese a camminare sulle strisce pedonali. D’un tratto qualcosa lo fece fermare, in mezzo alla strada.

Sul lato opposto dell’incrocio, a passo spedito, Nick si dirigeva verso casa sua.

Gli occhi di Drake rimasero fissi sull’amico, la bocca mezza aperta, i muscoli di nuovo in tensione. Sentì di nuovo le braccia tremare, ma questa volta tentò di immobilizzarle.

Riprese a camminare, sorpassò velocemente l’incrocio, e raggiunse l’altro.

Quando Nick si girò sentendosi toccare la spalla e vide lo sguardo di fuoco di Drake capì che probabilmente aveva fatto la più grande cazzata della sua vita, e che probabilmente Drake non avrebbe accettato le sue spiegazioni.

  
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