Eccomi tornato con
il terzo capitolo ragazzi! Scusate l’enorme attesa, ma io e la scuola stiamo avendo
un rapporto difficile >.<
Tenterò di non farvi
aspettare troppo per il quarto capitolo, promesso!
Fatemi sapere cosa
ne pensate, aspetto le vostre recensioni!!!
CAPITOLO
III
27 settembre 2011,
14.00
Campo da Football, Annapolis
Senior High School, Maryland
Veronique si
considerava una ragazza seria. Era stata cresciuta come ragazza seria, con una
scala di valori, aveva sempre avuto il massimo dei voti, perfetta cheerleader,
suonava il piano divinamente da quando aveva sei anni, frequentava i bravi
ragazzi ed era giudiziosa. Questo, da tutta la vita.
Perciò, essendo una ragazza seria, non poteva credere di
star facendo una cosa simile. Essere scorretta a tal punto da chiedere a Drake
informazioni su Nick, senza dargli un motivo apparente, quando in realtà un
motivo, e bello grosso, c’era. Era ignobile, imperdonabile. Ma lo stava
facendo.
“E tutto per quella
stupida Alice!” pensò irritata la ragazza, mentre i due camminando
raggiungevano il resto della squadra. “Chiedermi di fare indagini su Nick, come
se fosse facile. Drake non è stupido, lo sa che Nick non mi è mai interessato,
quindi non ci metterà molto a capire che sto facendo il gioco sporco. E poi
cosa vuol dire che devo tentare di estorcere qualche informazione utile? Quella
ragazza, proprio non la capisco. Nick non ha la fidanzata, questo è appurato,
ma pur di chiedere se è un bravo ragazzo che dovrei fare?” Per quanto Veronique
sapesse essere sicura di sé con in mano un paio di pon-pon, nelle situazioni
ingestibili l’ansia diveniva sovrana. Decise finalmente di porre l’ultima,
fatidica domanda prima di lasciare la parte da detective dell’ultima ora e
rivestire i panni della capo-cheerleader, molto più comodi.
«A Nick interessa
qualcuno? Intendo, qualche ragazza?»
«Da quanto ne so,
no.» fu la risposta secca di Drake, che non riusciva ancora a capire perché
improvvisamente Veronique si fosse interessata così tanto a Nick. Non gli aveva
fatto domande imbarazzanti, era rimasta sul generale, e non aveva tirato in
ballo il rapporto tra i due amici, quindi gli sembrò logico escludere che
sospettasse qualcosa della sua infatuazione temporanea. Scartò anche l’idea che
Veronique si fosse presa una cotta per Nick: la conosceva bene, non si sarebbe
mai esposta a tal punto da fare domande su di lui, con la paura di essere
scoperta. E poi, Veh sbavava già dietro a Devon, un bel ragazzo mingherlino con
un profilo un po’ greco. Drake lo conosceva perché lo vedeva fare atletica con
Nick, eterni rivali anche se esperti di diverse discipline: invece del salto ad
ostacoli, Devon si era specializzato in salto in lungo, su consiglio del coach
che tentava di distribuire i più bravi in modo da avere una squadra capace di
tenere testa alle altre scuole su tutte le discipline atletiche. Quei provini
programmati che duravano una settimana intera, all’inizio dell’anno, erano
stressanti per tutti. Drake cercò istintivamente Nick nella moltitudine della
squadra di atletica al di là del campo; correva in testa al gruppo, con Devon
alle calcagna. “In effetti, pensandoci bene, il primo anno avevano iniziato
bene, quei due. Nick mi parlava spesso di Devon, sembravano diventati amici
prima... prima di quelle audizioni, o come diavolo le chiamavano. È li che
hanno litigato, ma Nick non mi ha più spiegato. Bah, sarà stata la solita
storia, Devon era geloso perché Nick era più forte di lui, quindi hanno
discusso e non si sono più parlati. Dopotutto, è successo lo stesso con metà
scuola...” Drake controllò con la coda dell’occhio Veronique, e notò che era
assorta nel contemplare la figura dell’atleta prediletto correre, con occhi
trasognanti, e uno strano sorriso rassegnato.
“A questo punto,
l’unica possibilità, sempre che non mi stia facendo domande su Nick per il
semplice gusto di conoscerlo, è che stia indagando per qualche altra ragazza,
forse una sua amica, ma non sono sicuro che lo farebbe. Forse è per questo che
sembra così agitata, si fa prendere dall’ansia quando si sente a disagio...”
D’un tratto lo sguardo le andò sulla squadra di cheerleader, e cambiò di colpo,
divenendo serio e freddo. Anche Drake guardò nella stessa direzione dell’amica,
e notò una ragazza che sembrava osservare la scena attenta. Era Alice, del
primo anno; Drake non la conosceva bene, faceva parte del genere “gallina” con
cui non voleva avere niente a che fare. Odiava in modo particolare la sua fissa
di toccarsi continuamente i capelli, prendersi la coda tra le mani e
strofinarla, come se dovesse spremerla. Lo considerava insulso, e abbastanza
schifoso. Anche ora, mentre li guardava parlare, si strofinava con un ghigno
beffardo quei capelli nero corvo senza alcun ritegno. Ebbe finalmente un
sussulto quando incrociò lo sguardo accusatore di Veronique, poi spostò gli
occhi su Drake, probabilmente per controllare che non avesse visto la scena
(cosa che in realtà era successa) e si girò di scatto, raggiungendo con passo
deciso il gruppo di ragazze.
“Così, è a quella
zoccoletta che interessa Nick.” pensò Drake, alzando il sopracciglio destro in
segno di grave disapprovazione. Ma subito tentò di essere ottimista, e evitare
pregiudizi. “Non è detto, Drake. Non saltare a conclusioni affrettate. Magari
quell’ochetta era solo in fissa, non stava guardando noi. Non devo pensarci.”
Drake arrivò al
centro del campo e salutò le ragazze con quanta più naturalezza gli era
possibile, evitando di fare smorfie quando incontrò lo sguardo di Alice.
Sorrise anche a lei, passando oltre e sedendosi per lo stretching di
riscaldamento. Veronique espose in poche e semplici parole la coreografia che
avrebbero preparato quel giorno; essendo all’inizio dell’anno, il gruppo stava
ancora lavorando sulle figure essenziali, per far abituare le più giovani, ed
era arrivato il momento di testare lo stunt, l’alzata in aria delle ragazze da
parte di Drake. Una alla volta, le nuove arrivate nella squadra dovevano
riuscire nel minor tempo e con più grazia possibile a salire sulle spalle di
Drake, per poi provare una Pyramid completa con le altre ragazze, a fine
allenamento. Un po’ di teoria dello stunt, e le ragazze erano già in fila per
provare l’ebbrezza di essere innalzate dal male-cheerleader.
Veronique sorrise
compiaciuta quando l’ultima piccola allieva poggiò i piedi a terra, e constatò
che non aveva mai visto delle ragazze apprendere così in fretta l’arte del
chearleading. Beh, certo, tranne lei stessa.
«Bene, ragazze.
Siete state bravissime. Ora proviamo una bella Pyramid. Allora, ricordatevi,
Drake come base al centro che sorregge la più alta, con un double-leg stunt,
due laterali che poggiano sulle altre basi. E state attente all’equilibrio.»
La coreografia fu
pronta in qualche minuto, e Drake fu contento di vedere sul viso di Veronique
un’espressione compiaciuta e fiera. Il suo sguardo cambiò direzione quando vide
Nick che sfrecciava sulla pista davanti al gruppo di cheerleader, impegnato a
correre. Drake si fermò a contemplare la figura dell’amico e i suoi muscoli
tesi per lo sforzo. La pelle lucida, bagnata dal sudore, marcava ulteriormente
il fisico da sportivo di Nick, dandogli un fascino incredibile. I capelli
castani scuri avevano il potere di divenire durante la corsa ancor più
disordinati di quanto non fossero di solito; il povero Nick tentava in tutti i
modi di renderli presentabili, ma ogni prova non aveva effetto su quei ciuffi
ribelli. C’era di bello, però, che erano straordinariamente morbidi al tatto,
soffici. Più che capelli, sembravano quasi vello, il mantello leggero di
qualche fantastico animale. Litri e litri di balsamo: Drake ne era quasi certo.
L’attimo di paradiso
di Drake fu bruscamente interrotto da un urlo, che scoprì subito essere di
Alice. E fu in questo momento che si rese anche conto che stava sorreggendo
proprio lei nella coreografia.
«Ehi, Nick!»
Furono queste le
parole esatte che uscirono da quella bocca. Più che bocca, Drake in quel
momento la vedeva più come una fogna. Una fogna con una forma di sorriso da
vera e propria meretrice, da cui era uscita una voce stridula che aveva detto
una frase che poteva, doveva risparmiarsi!
Drake sentì il
sangue ribollirgli nelle vene; spalancò gli occhi, digrignò i denti e iniziò a
insultare mentalmente quella stronza che stava poggiando i piedi sulle sue
sacrosante spalle.
“Cosa pensa di fare,
arrivare di colpo e ottenere Nick come una facile preda, portarselo in giro per
la scuola come un trofeo e poi mollarlo dopo una settimana? Oh, non credo
proprio, cara! Non ti permetterò di averlo.”
Drake era in preda
all’agitazione. Era ovvio che Veronique avesse fatto tutte quelle domande per
conto di Alice, ed era palese che ad Alice piacesse Nick. Come alla maggior
parte delle ragazze nella scuola, dopotutto, ma nessuna si era mai permessa di
arrivare a Nick tramite lui, non in modo così fottutamente spudorato!
L’ansia non lo
lasciava in pace, i muscoli erano tesi e quindi fu naturale cominciare a
sentire un certo tremolio alle gambe. Doveva controllarsi, ma non ne era in
grado in quel momento. Improvvisamente gli cedette il braccio destro, non
intenzionalmente, fu come un riflesso incondizionato. Il muscolo perse potenza
e si riprese in una frazione di secondo, togliendo l’equilibrio alla struttura,
e soprattutto ad Alice che barcollando scivolò sulla spalla di Drake, cadendo
al suolo in maniera alquanto brutale. Drake cadde di schiena, fortunatamente
senza urtare la testa. Alzandosi vide la figura di Devon avvicinarsi e prendere
Alice in braccio portandola verso l’infermeria, seguito dallo sciame di ragazze
che tentavano di accertarsi della situazione fisica dell’amica. Nick arrivò di corsa
guardando la scena di Alice soccorsa dal compagno e si avvicinò a Drake per
controllare che stesse bene. Gli poggiò una mano sulla spalla e la strinse
affettuosamente, mentre con l’altra gli prese il volto all’altezza delle guance
e lo scosse, come fanno le nonne con i nipotini durante i cenoni di famiglia
nel giorno del Ringraziamento.
«Ehi, stai bene?
Niente di rotto?»
Drake liberò la
mascella dalla stretta mortale dell’amico,
sorridendo compiaciuto delle attenzioni ricevute da Nick.
«Non
preoccuparti, sto bene grazie. Un po’ di mal di schiena, ma niente di che.»
«Mh...
secondo me dovresti andare a farti controllare in infermeria.»
«Non
ci penso nemmeno, sarebbe solo una perdita di tempo! L’infermiera ha le
capacità tecniche di un’ameba!»
Nick
sorrise sotto i baffi, tentando di mantenere l’aria seria e autoritaria che in
quel momento gli serviva per convincere l’amico a sottoporsi a minimi controlli
medici. «La signorina Sanchez è un’ottima infermiera, Drake. Smettila con
queste cattiverie, e vai a farti vedere!»
«Tenterò...»
«Promettimelo.»
«Va bene, te lo
prometto. Andrò a farmi controllare dall’ottima infermiera Connie Sanchez così
da evitare una possibile morte. Contento, mamma?»
Nick sorrise
soddisfatto «Estasiato, Drake. Ci vediamo dopo.» e si allontanò verso la pista
di atletica per riprendere l’allenamento interrotto a metà.
Veronique era
rimasta immobile guardando alquanto infastidita la scena di un Devon
preoccupato che soccorreva la pivellina ferita sul campo da gioco. Drake si
avvicinò all’amica assorta nei suoi pensieri, e dopo qualche attimo la sentì
sussurrare una frase che non si sarebbe mai immaginato di sentir uscire dalle
sue labbra.
«Quella piccola
troietta...»
Drake rise, pensando
che perlomeno non era l’unico a pensarlo. Veronique si riprese imbarazzata, e
scostò lo sguardo, così da non guardare in faccia l’amico, almeno non prima di
aver sentito il rossore della vergogna sparire dal viso. Drake si godette i
pochi momenti di pace, pronto alla strigliata che sarebbe sicuramente arrivata,
anche solo per il fatto di aver rovinato il capolavoro uscito dopo una giornata
di allenamento. Infatti, tempo dieci secondi, Veh si girò con sguardo
accusatore e, secca, disse: «Ora spiegami cosa è successo.»
Drake la guardò,
spaesato, e alzò le spalle.
«Non saprei,
sinceramente... Mi è sembrato un indebolimento del muscolo, forse un calo di
zuccheri improvviso... sai, oggi non ho fatto colazione. Non l’ho fatto
apposta, è ovvio.» Tutte affermazioni vere e deduzioni corrette, dopotutto. Non
aveva fatto colazione quella mattina, un calo di zuccheri era plausibile. Ed
era vero anche che non l’aveva fatto apposta, la sua mente era stata infatti
completamente assorta dal lanciare insulti ad Alice, non da piani omicidi nei
suoi confronti.
Veronique lo guardò
perplessa, e poi gli lanciò una delle sue occhiate da “non me la bevo”.
«Vuoi dirmi che non
c’è nessun collegamento tra il saluto di Alice a Nick e l’improvviso cedimento
del tuo braccio che l’ha portata a mangiare la polvere pochi secondi dopo?»
Drake imprecò dentro
di sé. Avrebbe dovuto tener conto del fatto che Veh si sarebbe sicuramente
ricordata della lezione di psicologia su Freud. Non era stato approfondito
troppo, come argomento, ma i concetti chiave erano stati spiegati
correttamente. E Veronique sembrava averli assimilati tutti.
Era stato un fottutissimo
sintomo nevrotico, il suo, creato dalla lotta tra il desiderio inconscio di
chiudere la bocca a quella stupida ragazzina e l’opposizione della parte
razionale del suo cervello, che per ovvi motivi voleva impedire l’atto
volontario. Il risultato era stata una scarica elettrica al muscolo
dell’avambraccio destro, un modo come un altro di soddisfare il piacere rimosso
senza farlo effettivamente apposta. O almeno, questa sarebbe stata la
spiegazione di Sigmund Freud. E anche quella che stava pensando Veronique, a
quanto sembrava.
«Drake, che cosa sta
succedendo?»
«Nulla, è solo
stanchezza.» Mentì. Certo, non era una delle sue scuse migliori, ma non aveva
tempo materiale di inventarne una più convincente. «Senti, posso andare?»
Lo sguardo
dell’amica era cristallino: la storia non finiva li. Ma Drake era riuscito nel
suo tentativo, rimandare al più tardi possibile quel discorso. Aveva bisogno di
tempo, tanto tempo. Per pensare, e per decidere.
«Ok, vai pure.»
Il giovane si
incamminò nel corridoio, ringraziando la capo-cheerleader della grazia
ottenuta, e compiacendosi delle sue doti di attore. Aprì la porta dello
spogliatoio, quando la voce di Veh lo fermò.
«Mi raccomando,
Drake: fai il bravo.»
Allora si girò, e
sorrise.
«Hai per caso dubbi
a riguardo?»
Veronique sorrise di
rimando e uscì nel campo, mentre la porta dello spogliatoio le si chiudeva alle
spalle.
L’allenamento era
finito dieci minuti prima, quindi Drake poté fare la doccia con calma dato che
aveva ancora più di mezz’ora per aspettare Nick, e un po’ di riposo era quello
che cercava. Si spogliò dalla divisa, prese l’accappatoio e lo shampoo ed entrò
nelle docce. L’acqua scese subito calda, probabilmente qualche ragazza si stava
già lavando nella stanza accanto. Drake si lasciò andare sotto lo scroscio
caldo, sentì l’acqua scendergli sulla testa e attraversargli tutto il corpo e
così riuscì a scaricarsi da quella pressione che sentiva ancora addosso.
E riuscì,
finalmente, a ragionare.
Ripercorse tutta la
scena nella sua testa, ricollegò lentamente tutto ciò che era successo, e
ripensò a ciò che aveva provato. Era geloso, non ci voleva certo una laurea in
psicologia per capirlo. Ed era anche comprensibile: era geloso di natura, lo
sapeva. Non tanto con le poche ragazze che aveva avuto, quanto con gli amici e
specialmente con Nick. Lo vedeva così diverso da sé stesso, così lontano, che
aveva paura ogni volta che lo vedeva con qualcun altro. Era il terrore di
perderlo, di essere messo da parte, il precursore di tutto quel casino emotivo.
Quella paura che era cominciata pochi anni prima, quando si era accorto di
detestare il fatto di vedere l’amico con altri ragazzi che non fossero lui,
anche solo per scambiarsi qualche battuta o una risata. Solo col tempo e un bel
po’ di auto-analisi coscienziosa si era reso conto che quella sua gelosia era
assurda, che non poteva impedire a Nick di avere altre amicizie maschili solo
perché aveva paura di essere rimpiazzato. Era inimmaginabile. Capendolo,
aveva potuto superarla, anche se certo, ci aveva messo un po’.
Drake si insaponò i
capelli, massaggiandosi la testa con tutte e due le mani e premendo i
polpastrelli sulla cute. Si appoggiò alle piastrelle del muro delle docce, e
puntò il viso verso il getto d’acqua.
Crescendo le cose
erano cambiate, certo, ma a conti fatti non in meglio, dato che adesso doveva
affrontare un altro tipo di gelosia ben più problematica: non vedeva più Nick
come amico, e, malgrado tutto, la paura che qualche ragazza avrebbe potuto
portarglielo via era sicuramente più fondata.
“Ma non per questo
giusta.”
L’acqua smise di
scendere dalla doccia, Drake si asciugò velocemente i capelli e le spalle, poi
legò la salvietta alla vita e si andò a vestire.
“Nick non è il mio
ragazzo, quando si innamorerà di una ragazza non potrò di certo mettermi in
mezzo. Anche perché non avrei alcuna possibilità. È logico, Nick deve avere la
sua vita, le sue storie.
Quindi la gelosia
non può essere tollerata, non questo tipo di gelosia.”
Drake si mise a
posto velocemente i capelli allo specchio e, presa la sacca, spense le luci
dello spogliatoio ed uscì. Fece una breve tappa nell’infermeria scolastica,
dove Mrs. Sanchez gli somministrò una compressa di antidolorifico. Notò un
rotolo di bende elastiche appoggiato sul lettino medico, e si ricordò
dell’incidente avvenuto in campo con Alice. Si sentì quindi in dovere di
chiedere della ragazza, forse solo per placare i sensi di colpa che iniziavano
ad assillarlo.
«Scusi, signorina
Sanchez, è per caso venuta una ragazza mezz’oretta fa? Una cheerleader?»
«Sì, sì, la
cheerleader, è venuta. Aveva solo una piccola distorsione alla gamba destra,
una fasciatura e un paio di stampelle; fra qualche giorno la tua amica
ritornerà come nuova, Coleman.» Sogghignò la donna.
«Non è mia amica,
solo una compagna di chearleading.» tenne a sottolineare Drake «Comunque, sono
venuti a prenderla i suoi genitori?»
«Oh, no, li ho
mandati a chiamare ma sono al lavoro. Si è offerto un ragazzo di accompagnarla
a casa, come si chiama... Carter. Ecco, Carter, è andata con lui.»
Devon, come
immaginavo.
Pensò divertito Drake. Se lo sapesse Veronique.
Il ragazzo lasciò
l’infermeria ringraziando la signorina di origini spagnole e si diresse verso
il campo da football.
Erano le quattro e
dieci minuti, non avrebbe dovuto aspettare troppo il migliore amico.
Si sedette sulle
gradinate, estrasse un libro dal borsone e si mise a leggere.
Nick si allacciò le
scarpe salutando gli ultimi compagni di atletica che uscivano dallo
spogliatoio. Era rimasto l’ultimo ad andarsene, come al solito.
“Non ci sono più i
vestiti di Devon, ma non l’ho visto... Beh, probabilmente è venuto a prendere
le sue cose prima che l’allenamento finisse, avrà accompagnato a casa quella
ragazza.”
Accomodò le
salviette e le ciabatte nel borsone e lo chiuse tranquillamente, poi tentò di
pettinare la massa informe di capelli alla bell’e meglio e uscì dallo
spogliatoio controllando l’orologio al polso.
“Quattro e venti,
spero che Drake non mi abbia aspettato troppo.”
Stava per imboccare
il corridoio che dava all’uscita sul campo quando si trovò davanti agli occhi
una Alice seduta sulla panchina, con la gamba destra fasciata all’altezza della
caviglia e un paio di stampelle. Alzò lo sguardo dall’arto fasciato, e si
accorse che la ragazza lo stava guardando, sorridendogli. Le sorrise anche lui
alquanto imbarazzato.
Pensò che doveva
dire qualcosa, per rompere il silenzio e quegli scambi di sorrisi insensati.
Gli uscì dalla bocca l’unica cosa che gli pareva in quel momento: «Ehi... come
stai? Tutto bene?»
Alice abbassò gli
occhi sulla caviglia, sbuffando, per poi rialzare lo sguardo verso Nick.
«Insomma... non
riesco a camminare molto bene, mi servirebbe una mano per alzarmi e qualcuno a
cui appoggiarmi, ma sono andati via tutti.»
A Nick sembrò strano
che Devon se ne fosse andato lasciandola lì da sola, ma non poteva di certo
mettersi a discutere con una ragazzina dalla caviglia slogata.
«I tuoi non possono
venirti a prendere?»
«Ora sono al lavoro,
devo aspettare che mamma arrivi alle sei.»
Calò il silenzio.
Ora, secondo il buon costume, Nick avrebbe dovuto fare il prossimo passo e
tentare di aiutare la donzella in difficoltà.
“Drake capirà, non
posso lasciarla qui sola. Poi, era lui che continuava a dire che devo trovare
una ragazza, no?”
«Vieni, va! Non puoi
restare qui fino alle sei, abiti vicino? Dici che riesci a camminare fino a
casa se ti accompagno?»
Il viso di Alice
s’illuminò e divenne raggiante «Vicinissimo. Non preoccuparti, ce la farò.
Grazie mille, sei un angelo!»
Nick rise e si mise
il braccio di Alice attorno al collo così da reggere almeno una parte del peso
che gravava sulla gamba ferita.
«A proposito, io
sono Nick.»
«Piacere, Alice.
Davvero felicissima di conoscerti.»
Ore 17.15
Gradinate del campo
da Football, Annapolis Senior High School, Maryland
Drake girò l’ultima
pagina, e dopo qualche secondo chiuse la copertina. Aveva finito il libro,
nell’ora passata ad aspettare Nick.
Cinque chiamate al
cellulare a cui rispondeva la segreteria, due chiamate senza risposta a casa e
in quell’istante gli stava per mandare il quarto, ultimo messaggio per
accertarsi delle sue condizioni di vita. Aveva già controllato negli
spogliatoi, due volte.
E non c’era ombra di
Nick.
“Dove si è cacciato
quell’idiota?” Drake raccolse il borsone e scese le gradinate. Uscì dal campo e
si diresse verso la fermata degli autobus.
Era preoccupato,
Nick aveva il cellulare spento, non era a casa, non era a scuola, e gli aveva
dato buca senza avvisarlo. Non era assolutamente da lui.
Sperava solo che non
gli fosse successo niente di grave, e se così fosse stato sperava che stesse
abbastanza bene per poterlo poi uccidere verbalmente.
Come poteva avergli
dato buca? Per quale astruso motivo non aveva nemmeno provato ad avvisarlo? Non
era difficile, accendere quel cavolo di cellulare e digitare un numero!
Drake era furioso.
L’amico gli avrebbe dovuto molte spiegazioni al prossimo incontro.
Il semaforo pedonale
all’incrocio diventò verde e Drake riprese a camminare sulle strisce pedonali.
D’un tratto qualcosa lo fece fermare, in mezzo alla strada.
Sul lato opposto
dell’incrocio, a passo spedito, Nick si dirigeva verso casa sua.
Gli occhi di Drake
rimasero fissi sull’amico, la bocca mezza aperta, i muscoli di nuovo in
tensione. Sentì di nuovo le braccia tremare, ma questa volta tentò di
immobilizzarle.
Riprese a camminare,
sorpassò velocemente l’incrocio, e raggiunse l’altro.
Quando Nick si girò
sentendosi toccare la spalla e vide lo sguardo di fuoco di Drake capì che
probabilmente aveva fatto la più grande cazzata della sua vita, e che probabilmente
Drake non avrebbe accettato le sue spiegazioni.