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Autore: Fink    04/12/2012    6 recensioni
Si tratta di un crossover NCIS-Lie to me. Premetto che, nei rapporti tra i personaggi, la vicenda segue la fanfiction in corso d'opera... si lo so è un caos...ma si risolverà tutto appena l'altra sarà completa...
A Quantico viene trovato un marines morto e alcuni file top secret scompaiono, ma il caso non è così semplice e il team di Gibbs dovrà ricorrere all'aiuto di un "vecchio amico"...
Spero di riuscire a mantenermi il più possibile fedele ai personaggi delle du serie creando una collaborazione. Buona lettura e se vi va, esprimete la vostra opinione.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abigail Sciuto, Altro Personaggio, Jennifer Shepard, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Maybe in another life'
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Eccoci al round finale di questa storia. Buona lettura.


CAPITOLO TREDICESIMO

Loker arrestò l’auto nel parcheggio sotterraneo del palazzo che ospitava la sede del Ligthman Group, i quattro scesero chiudendo le portiere con un tonfo sordo. Lo spazio era invaso dall’odore dei gas di scarico delle auto e da un inconfondibile puzzo di urina, pari a quello che si sentiva nei sottopassaggi della metro o delle stazioni ferroviarie, come se quei luoghi fossero gli unici gabinetti in tutta Washington: Abby arricciò il naso e si coprì la bocca con una mano per evitare di inalare quell’odore nauseabondo.
“Sono due giorni che è così. Il sistema di areazione è difettoso, hanno chiamato i tecnici, ma non si sono ancora visti.” Cercò di spiegare Eli.
Gibbs e Abby seguirono i due collaboratori di Lightman nell’ascensore e insieme salirono al quinto piano e poco dopo entrarono nel lungo corridoio sul quale si affacciavano i vari uffici e laboratori. La parete di destra, accanto all’ingresso, era coperta da un enorme poster sul quale erano raffigurati uomini politici, personalità dello spettacolo e autorità religiose e su ciascun volto si leggeva un’espressione diversa. Abby si fermò incuriosita davanti al pannello “ehi Gibbs…questa faccia la fai sempre quando Tony dice una cavolata… questa invece quando il direttore Shepard ti richiama all’ordine…”
“Abby!”
“…oh, ora invece hai un’espressione più simile a questa.” Disse puntando il dito verso un J. F. Kennedy alquanto indispettito.
Gibbs non riuscì a nascondere un sorrisino divertito, poi si ricompose e si rivolse a Torres “ci porti dal dottor Lightman. Voglio parlare con Rebecca.”
Ria li accompagnò nell’ufficio di Cal: Jethro notò che era molto spazioso, con una bella scrivania di fronte alla grande vetrata che si apriva sulla città; c’era inoltre una seconda porta alla sinistra del tavolo, probabilmente uno stanzino, pensò Gibbs.
Rebecca era seduta sul divanetto assieme a Gillian e scattò in piedi non appena vide Jethro “scusi agente Gibbs, so che non avrei dovuto lasciare la casa di Abby se non per venire al NCIS, ma volevo tentare con l’aiuto della dottoressa Foster per far riaffiorare i miei ricordi ed esserle di aiuto.”
Gibbs annuì “dov’è il suo collega?” chiese rivolto a Gillian.
“Il dottor Lightman vi sta aspettando in uno dei laboratori.” Rispose uscendo dallo studio assieme agli altri “so che avremmo dovuto portare Rebecca da lei” iniziò Gillian “ma credo che qui saremo in grado di venire a capo dell’intera faccenda.”
Gibbs si limitò a sorriderle, Ducky aveva ragione, era davvero una bella donna. Camminarono lungo il corridoio ed entrarono in una stanza buia con un grande cubo di vetro al cui centro c’era un tavolino con due sedie affrontate. Abby guardò con interesse l’ambiente e l’unica cosa che pronunciò fu un’esclamazione di stupore davanti a tutta quella tecnologia informatica “McGee andrebbe in brodo di giuggiole.” Esclamò.
Il dottor Lightman stava armeggiando con uno dei computer e si limitò a rivolgere un cenno del capo ai nuovi arrivati.“Siamo pronti. Tesoro, entra con Rebecca. Voi invece restate qui.” Ordinò a Gibbs e Abby.
Appena presero posto sulle sedie Gillian iniziò a far rilassare Rebecca che ben presto entrò in uno stato di semincoscienza. “Bene Rebecca, ora torniamo indietro di qualche giorno, sei a Quantico, perché ti trovi lì?
“Stavo andando a trovare il mio compagno, il colonnello Joseph Withman.”
“E come mai non sei andata da lui?”
“Non..non potevo… c’erano due uomini…uno ha sparato era…i suoi occhi…ricordo i suoi occhi, erano grigi…sì era lui…” la ragazza iniziò ad agitarsi.
“Va bene, va bene Rebecca, al mio tre ti sveglierai…1...2…3.”
“Ora ricordo!”
“Ce ne vuoi parlare?”
“Vivevo con i miei George Town, papà era un medico molto conosciuto e molto bravo come chirurgo plastico. Io ero l’unica figlia e i miei sono sempre stati molto apprensivi. Un giorno un uomo alto, con i capelli castani e degli splendidi occhi grigi si presentò a me come collega di papà, disse che i miei non potevano venirmi a prendere, c’era stata un’emergenza, anche mamma era medico. Mi mostrò il tesserino dell’ospedale. Gli credetti.
Mi tenne rinchiusa per una settimana, non so dove…ma i suoi occhi. Non dimenticherò mai i suoi occhi, né la sua voce. L’ho risentita quando hanno sparato a quel povero marines e lì che l’ho visto.”
Gillian mise davanti a Rebecca a foto segnaletica di Ventris “è questo l’uomo?”
La ragazza annuì con la testa.
“Visto, agente Gibbs. Anche noi ce la caviamo discretamente.” Sentenzò ironico Cal.
“Non direi. Ha parlato di due uomini. Ne manca uno. Le mostri la foto di Freeman.”
Cal entrò nel cubo e sussurrò qualcosa all’orecchio della dottoressa Foster, poi ritornò accanto a Gibbs e Abby.
“L’altro uomo. Chi era? Forse questo?”
“No.”
“Ne se sicura, Rebecca?”
“Assolutamente, l’uomo che ho visto io era piccolo, con corti capelli scuri ed era piuttosto giovane, questo è troppo vecchio.”
“Il maggiore Price” esclamò Gibbs e prese il cellulare. “Ziva, il nostro uomo è…”
“Il maggiore Price, capo. Tony e McGee hanno trovato a casa un set di bicchierini dello stesso tipo di quello trovato nella casa del colonnello. Price è in stato di fermo, ma non parla. Prima che lo arrestassimo ha fatto una telefonata. McGee ha ristracciato il numero, è quello di Ventris…”
“Se uccideranno Rebecca, non ci sarà nessuno a testimoniare…”Gibbs riagganciò.
 Rebecca e Gillian uscirono dal cubo “soddisfatto agente Gibbs?”
“Ve la cavate bene. Ma Rebecca è ancora in pericolo, temiamo che Ventris miri a lei per far sparire le prove. Perciò torna sotto la nostra protezione.”
Lightman e Foster accompagnarono gli ospiti alla porta e Gibbs uscì salutando cordialmente, accompagnato da Abby e dalla sua amica.
Stavano attraversando la strada quando un’auto partì a tutta velocità cercando di travolgerli; Gibbs spinse di lato sia Rebecca che Abby, estrasse la pistola e sparò alle ruote dell’auto che si fermò sul marciapiede a poca distanza da loro. Si avvicinò al conducente con la pistola spianata, Ventris aveva battuto la testa sul volante e un rivolo di sangue gli colava dalla fronte. L’uomo fu ammanettato e Gibbs aspettò che arrivassero i suoi uomini per portare via Ventris.
Appena rientrati al NCIS Tony guardò Ziva con un sorriso sornione “beh, il caso è chiuso…mi devi una cena, ricordi?”
Ziva lo scrutò per qualche istante, davvero voleva invitarla a cena? Aveva pensato si trattasse solo di uno scherzo. Continuò a fissarlo senza rispondere.
“Allora, siamo d’accordo. Domani sera a casa mia alle otto.”
Ziva si limitò ad annuire.
 
 
L’appartamento di Tony si trovava al secondo piano in pieno centro città. Ziva suonò al campanello che mancavano cinque minuti alle otto: sentì alcuni rumori provenire dall’interno, poi lo scatto della serratura che si apriva. “Sei in anticipo…prego accomodati.” Le disse apparendole davanti con un grembiule con l’immagine di Spock e con mezza faccia sporca di pomodoro
Ziva lo guardò e scoppiò in una fragorosa risata, subito interrotta da un’occhiata del suo collega “EHI!”
“Scusami Tony…è che sei così buffo. Ho portato un dolce e del vino.” Disse ricomponendosi.
“Grazie David ma non ti dovevi disturbare, sei mia ospite.” Tony si comportava in modo stranamente cortese, doveva esserci sotto qualcosa pensò Ziva,
L’appartamento non era molto grande ma era arredato con gusto, anche se mancava qualcosa, un tocco femminile, forse.
“Ti mostro la casa.” disse Tony.
“So com’è fatta casa tua…quando Gibbs è andato in pensione sono venuta a trovarti ogni tanto.” Rispose l’agente del Mossad.
Tony non le prestò ascolto e indicò un ambiente alla destra dell’ingresso “Ecco, questo è il salotto.” C’erano un comodo divano di pelle e un televisore a schermo piatto affiancato da due mobili colmi di dvd, cd e, Ziva non se lo aspettava, libri. “Da quando ha una libreria?” le chiese alquanto stupita.
“Da sempre…solo che erano nascosti dietro al resto…ho fatto un po’di ordine.”
Proseguirono il giro turistico entrando in cucina e il profumo delle pietanze nel forno stuzzicò le narici di Ziva “il profumo sembra invitante.”
“Siediti.” La pregò Tony indicando una tavola apparecchiata per due con al centro un candelabro che sorreggeva due candele accese. Ziva provò una strana sensazione, l’atmosfera era eccessivamente romantica per una semplice cena tra colleghi.
Tony estrasse dal forno una teglia di crespelle coperte da un abbondante strato di besciamella, si tolse il grembiule e si sedette di fronte a Ziva che guardava incuriosita la portata.
“Guarda che è commestibile.”
“Complimenti Tony, è davvero buona” si congratulò l’iraniana dopo aver assaggiato un boccone delle crespelle “non pensavo sapessi anche cucinare.”
Tony si limitò a sorridere compiaciuto.
Finita la prima portata, Tony ritornò vicino ai fornelli e prese una pentola che conteneva delle polpette di carne al sugo e le servì a Ziva, la quale guardò il suo collega, sempre più sorprese dalle sue abilità.
Mangiarono con tranquillità, discutendo dei risvolti del caso, della collaborazione con il Lightman Group, fino ad arrivare a parlare di film.
“Scherzi Ziva, non hai mai visto “La stangata” con Robert Redford e Paul Newman, nei panni di due imbroglioni che vogliono fregare un boss della malavita per vendicare un amico? È un classico! Un capolavoro della commedia americana!”
“Per te tutti i film sono dei classici e dei capolavori.”
“Ma questo lo è davvero. Vieni.”
“Si è fatto tardi. Meglio che vada.” Rispose Ziva alzandosi.
“Eh, no. Non mi sentirò del tutto sdebitato per la tua ospitalità se non ti avrò fatto vedere questo film. E poi non abbiamo ancora mangiato il dolce.”
Ziva si lasciò convincere e si accomodò sul divano mentre Tony inseriva il dvd e avviava il film. Non passò molto tempo che l’agente DiNozzo, si alzò e sparì in cucina per riapparire poco dopo con due fette della crostata di mele fatta dalla sua collega “mi sono permesso di aggiungere un po’ di panna” riferì Tony appoggiando i piattini sul basso tavolino davanti al divano e versando dello spumante in entrambi i bicchieri.
Forse fu colpa del caldo, della compagnia o del coraggio datogli da qualche bicchiere di troppo, ma ad un tratto Tony prese una mano di Ziva tra le proprie e le parole gli salirono alla bocca semplici e dirette “credo di essermi innamorato di te, agente David.”
Ziva sbiancò e arrossì di colpo “piantala Tony, non scherzare.” Disse vedendo gli occhi del collega lievemente offuscati dall’alcool.
“No, Ziva. Lasciami parlare e per favore non dire nulla finchè non avrò finito… sì, forse è il vino a darmi coraggio, ma è la verità. Mi sono sentito attratto da te dal primo giorno in cui ti ho vista varcare la porta del NCIS, con quei tuoi pantaloni di tela chiari e quei tuoi occhi caldi. Quando il direttore mi ha affidato quella missione sotto copertura, mi sono sentito male, vedendo quanto la mia relazione con Janne ti facesse soffrire. L’amavo, ma non quanto amo te. L’ho capito quando ho visto che provavi interesse verso quel caporale che ci aveva quasi ammazzatti di botte. Non erano i colpi ricevuti a farmi male, ma il fatto che tu fossi attratta da lui e non da me…ero geloso. ”
“Tony…”
“No, aspetta. La verità è che non mi importa se non sarò corrisposto, ma era giusto che lo sapessi, è giusto che tu sappia che io farei di tutto per te, per renderti felice, anche se questo significa che dovrò lasciarti andare. E non me ne frega niente della stupida regola di Gibbs…io ti amo Ziva David.”
Con una rapida torsione del torace Tony si girò verso Ziva, le prese il viso tra le mani e le sfiorò le labbra con un bacio delicato.
“Ora puoi anche picchiarmi.” Disse, aspettandosi una reazione violenta dalla sua collega.
“No, Tony….perchè anche io ti amo. E quanto alla regola di Gibbs, non credo sarà un problema, visto che lui per primo l’ha infranta.”
“Ahaha. Avevo ragione. McGee mi deve 20 $.”
Ziva gli gettò le braccia al collo e lo baciò, lasciando che i loro respiri si confondessero l’uno nell’altro.
 
 
L’open space era semideserto: dopo che i suoi uomini avevano passato la mattinata a stillare il rapporto sul caso, Gibbs aveva concesso loro il pomeriggio e la serata liberi; tuttavia lui era ancora lì e stava scendendo in sala autopsie dove era sicuro di trovare il dottor Mallard ancora al lavoro.
“Ciao Jethro.” Lo salutò Ducky “sei ancora qui?”
“Ti devo parlare.”
“Dimmi tutto, nonostante ami dominare la conversazione, so essere anche un buon ascoltatore.”
“Si tratta di Jen.”
“Me lo immaginavo.” Ducky avvicinò una della due sedie a Gibbs mengtre lui prendeva posto sull’altra.
“Tu le hai parlato…lo so che l’hai fatto. Puoi dirmi che cos’ha?”
“Sì, le ho parlato. A dire il vero quando sono andato da lei era a terra svenuta…”
“Pensavi di dirmelo?”
“…si è ripresa subito. È già stata da un medico, ha ricevuto il risultato delle analisi ieri mattina.”
“E…”
“E niente. È con lei che devi parlarne, non con me… mi avvalgo del segreto professionale.”
“Vuoi scherzare dottor Mallard?”
“No, Jethro. Mi dispiace. Vai a parlarne con lei.” Concluse Ducky alzandosi dalla sedia e ritornando a sfogliare alcuni referti.
Gibbs spalancò la porta dell’ufficio del direttore, aveva l’aria preoccupata e furibonda allo stesso tempo “vuoi dirmi di cosa si tratta?”
“Moderi il tono agente Gibbs.”
“No. Jen. Basta con questa farsa del direttore. Sono stato da Ducky e mi ha detto che non spetta a lui dirmelo. Allora si può sapere che cos’hai!”
“Non qui Jethro…ne parliamo a casa.”
“No! Smettila di usare questo tono con me. Smettila di fare la donna orgogliosa; ti comporti come quella volta a Parigi, ma sappi che la prossima volta non tornerò più…”
“Aspettiamo un bambino.” Disse Jen tutto d’un fiato sorridendo al suo compagno.
Gibbs sgranò gli occhi e le ultime parole gli morirono in bocca “ma come è possibile…cioè so come…ma…”
“Lo so. Neanche io ci pensavo più. Insomma, ho quasi quaranta anni , eppure…”fece una pausa mentre i suoi occhi si posavano su quelli increduli di Gibbs “…sarai di nuovo padre Jethro.”
“Padre.” Sussurrò Gibbs “Jen...ti ho mai detto quanto ti amo!” disse e la abbracciò con slancio dandole un bacio.
Jen sentì la morbida dolcezza di quel bacio mescolarsi al sapore salato delle lacrime: l’agente speciale Leroy Jethro Gibbs stava piangendo.


FINE



ANGOLINO AUTRICE:
Gibbs che piange? Lo so, finale pessimo, però ho cercato di immaginare cosa potesse provare, scoprendo, dopo anni e anni dalla morte di sua figlia, quando ormai non pensava mai più di poter avere una famiglia e all'improvviso, non solo ha Jen ccanto, ma addirittura diventa padre.
Io ho dato le mie motivazioni, ora vado a prendere un ombrello molto grande per ripararmi dai lanci di pomodori.
   
 
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