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Autore: Brokenhearted    05/12/2012    2 recensioni
Raccolta di Song-Fic, canzoni diverse di artisti diversi e storie ambientate in tempi diversi - ma su una stessa linea temporale. USUKUSUKUSUK. Non vi piace? Non leggete. Il rating momentaneamente è giallo, perché non metto una mano sul fuoco sulla mancanza di parolacce (causa: bocca di Inghilterra e canzoni punk), ma potrebbe aumentare. Non prometto niente~
[Track One] Bruised - "Si guardò le mani. Tremavano. Eppure, non poteva fare così male, non era previsto!"
[Track Two] Thank You Mom - "Non voleva che la gente pensasse che fosse dipendente da Arthur."
[Track Three] A Little Less [...] - "Una volta che la fiducia da lui offerta veniva tradita, si ritirava come una cozza nel suo guscio."
[Track Four] Hard To Say - "In quella notte si concedeva di odiare Francis più del solito, perché era anche colpa sua se lui se n’era andato."
[Track Fife] Addicted - "Fu una cosa veloce, morbida, al retrogusto di caffè. Nulla di più profondo di un bacio a stampo."
{ dedicata alla mia compagna di sventura (?) - alias compagna di UsUk }
Genere: Angst, Fluff, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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Incredibilmente, ce l'ho fatta. Per davvero. :3 Sono contenta e soddisfatta, stranamente, perché nonostante tutto sono riuscita a ripagarvi delle vostre dolcissime recensioni e anche solo di aver letto! :3 Vi dirò, volevo fermarmi. E penso che dopo questo capitolo ci metterò un'altra vita a riaggiornare - ma essere riuscita a terminare mi ha rialzato di morale! :3 Quindi boh. Spero vi piaccia, non ne sono così soddisfatta... però chissà. Ah, e poi c'è Mattie. Perché Mattie è figo e io lo amo e senza di lui le cose non sarebbero le stesse.

Vi dico di nuovo che se avete canzoni da usare per loro, parlate. Cioè, lo so che ho giusto due che mi recensiscono, e che nessuno vuole consigliarmi canzoni, ma per favore su ;3; ho fatto del mio meglio per questo capitolo... *puppy eyes* ;3; ...Naaah, scherzo, vi ringrazio anche solo per leggere questa schifezza che chiamo raccolta~

Canzone: Hard To Say by The Used
Ambientazione Temporale: post!American Revolution, imprecisato (comunque prima della WWI)
Genere: Angst. Angst. Angst. Ho già detto angst? E poi introspettivo. E un po' Hurt/Comfort.

Ringrazio ancora una volta la mia fantastica beta, la mia metà Mari. Seriamente, senza di te mi dici un po' come farei? ♥ E boh. Per te, che sai di essere tu. Questa storia l'ho cominciata per te, la sto scrivendo per te anche se abbiamo litigato. E mi dispiace tanto, davvero. Ma non ci posso fare niente. Nel senso, potrei dirti che non importa o che va tutto bene, ma lo sappiamo che non è così e che tutto tornerà come adesso, se la finiamo in questo modo. E vorrei davvero che tornasse tutto come prima, ma non ci credo più. Quindi non so più che dire. Sono una codarda a scrivertelo qua, lo so, ma non so che altro fare. Però ti voglio bene e te ne voglio tanto. E te ne vorrò sempre, anche se mi sto comportando da idiota.


Matthew non sapeva perché, ogni quattro luglio, si ritrovava in un vecchio pub inglese, immerso nella puzza di birra e di vomito, insieme a colui che considerava un “fratello maggiore”. Forse sentiva che fosse un suo dovere rispondere alla chiamata di Francis, e fare compagnia ad Inghilterra… tuttavia, di certo non lo trovava piacevole. Oltretutto, erano comunque passati anni da quando America se n’era andato – l’altro avrebbe dovuto esserci passato sopra tempo fa! Canada aveva iniziato a stancarsi di dover essere sempre una spalla su cui piangere.
Infatti, sebbene nessuno lo notasse, era stato lui ogni volta a consolare Arthur, da quando Alfred l’aveva lasciato. Molti pensavano fosse stato Francis… E questa era la dimostrazione di quanto le altre nazioni poco conoscessero Inghilterra.
In quella notte, quell’unica notte di tutto l’anno, Arthur si concedeva di deprimersi, di ricordare. Si concedeva di odiare Francis più del solito, perché era anche colpa sua se lui se n’era andato. Si concedeva di ubriacarsi e piangere come una ragazzina.

The singer sheds a tear, her fear of falling out
And it's hard to say how I feel today
For years gone by and I cried

La storia era sempre quella. Inghilterra, appena arrivati al pub, iniziava a bere un whisky dopo l’altro, per ubriacarsi il prima possibile. Poco gli importava del mal di testa del giorno dopo, poco gli importava delle lacrime che, non più bloccate dal suo autocontrollo, iniziavano a scendere, continue. In quei momenti semplicemente cadeva nel baratro, in un’oscurità da cui non voleva più rialzarsi.
“S-sai. hic, qual è la cosa che più m-m-mi fa soff-hic-rire?” disse una volta, fissando Matthew con occhi languidi, “è che n-non so neanche, hic, come mi sento. N-non sono, hic, più così triste. È come se, hic, mi avesse tolto ogni emozione che pote-hic-ssi avere…”.
Matthew aveva continuato a fissarlo, attonito. Non credeva che l’americano avesse fatto così tanto male all’inglese da renderlo così.
“E sono, hic, già passati così tanti anni…”

My worries weigh the world, how I used to be
And everything, I'm cold, seems a plague in me

A Matthew non piaceva fare il “consolatore” anche per un altro motivo. Perché faceva male. Era dannatamente doloroso vedere il proprio modello, la propria figura paterna, ridotta ad un ometto debole e sofferente. Era troppo per lui. Le preoccupazioni dell’altro diventavano le sue, e non era sicuro di poterle sopportare. Anche lui aveva diritto ad avere qualcuno che lo proteggesse sempre, come prima lo aveva avuto America. Perché invece gli toccava la parte contraria?
Eppure mai una volta s’era lamentato, mai una volta aveva rifiutato di confortare l’altro. Non importava quanto fosse una piaga per lui doverlo fare, accettava tutto con un sorriso, anche se l’altro ricambiava solo uno sguardo freddo. Ma sapeva di far del bene, soffrendo al posto suo. Il male di Arthur era un male che solo lui, con affetto, poteva curare. O almeno così sperava.
 

It's hard to say that I was wrong
It's hard to say I miss you
Since you've been gone, it's not the same

It's hard to say I held my tongue
It's hard to say if only

“La verità, hic, è che mi manca. M-mi manca il suo, hic, sorriso, mi m-manca il suo affetto, i suoi abbracci, t-tutto. N-nulla potrà portarlo indietro… ed è colpa mia, hic. S-se non gli avessi alzato le tasse… se, hic, fossi tornato più spesso… è tutta colpa mia, e ora lui non c’è e ogni quattro luglio io sono qui, hic, a romperti l’anima… p-patetico, vero?”
E Matthew non sapeva che altro fare, se non guardarlo con occhi vuoti. Forse non c’era speranza, e Arthur non sarebbe mai guarito davvero, senza Alfred. Forse era troppo tardi per sperare.
“S-se soltanto gli avessi detto la verità… s-se gli avessi d-detto, hic, che lo amavo davvero… forse non s-sarebbe mai andato via…”
Quella volta, il canadese era rimasto davvero sconvolto. Non era sicuro di che tipo d’amore parlasse l’altro, ma era relativamente certo che non si trattasse d’amore fraterno. Dopo poco Inghilterra s’era addormentato sul bancone, e lo aveva riportato a casa, in preda a vari pensieri. Quella notte non sarebbe riuscito a dormire.
  
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