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Autore: Jessy87g    23/06/2007    1 recensioni


''La stirpe dei Ravenswood si estinguerà,
quando l'ultimo erede una morta in moglie chiederà''


Sciocchezze,superstizioni..ecco cosa era quella profezia per Sesshomaru.
Ma quella cantilena,che non smetteva di ripetersi nella sua mente, cominciava ad assumere sempre di più i tristi rintocchi di un requiem.

Liberamente tratta dall'omonimo romanzo di Walter Scott.
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Rin, Sesshoumaru
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci..siamo finalmente arrivati al matrimonio.
La povera Rin è completamente nelle subdole mani della madre e di Sesshomaru non si vede neanche l'ombra.
Ce la farà a giungere in tempo per scongiurate i piani della perfida lady Asthon?

Grazie a tutte per i commenti, buona lettura
Jessy


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“Io sperai che a me la vita
Tronca avesse il mio spavento...
Ma la morte non m’aita,
Vivo ancor per mio tormento!
Da’ miei lumi cadde il velo...
Mi tradì la terra e il cielo!
Vorrei pianger, ma non posso...
Ah, mi manca il pianto ancor!”




“Allora, Sir Buclaw. Come state?” Chiese una raggiante Lady Asthon, porgendo galantemente la mano al giovane, che si affrettò a rendere il dovuto omaggio a colei che stava per diventare sua suocera.
La donna, pavoneggiandosi nel suo bellissimo, sontuoso abito di color cielo, impreziosito da tante piccole perle bianche, sorrideva raggiante. Quel giorno, finalmente, un legame si sarebbe venuto a formare, spezzandone un altro; quel giorno il suo odio per la famiglia Ravenswood avrebbe raggiunte il suo apice.
“Starò molto meglio, mia signora, quando finalmente potrò vedere la mia bellissima moglie.” Rispose il futuro genero, un po’ intontito dal frastuono che regnava nell’immenso salone del castello degli Asthon, tutto addobbato per l’occasione.
Erano giunti, da ogni parte del regno, tutti i parenti e gli amici delle due famiglie: uno splendore di nobiltà e gioielli illuminava quella tetra mattina e l’orchestra si apprestava a dare inizio alla prima danza.
Koga Buclaw si rassettò, a disagio, l’elegante abito di velluto rosso dai bottoni dorati e la cravatta di seta bianca; poi, lanciando rapide occhiate ad uno specchio posto fortunatamente lì vicino, mise in ordine con un rapido gesto della mano i pochi ciuffi ribelli, sfuggiti alla lunga coda che ricadeva fin sopra le spalle.
I muscoli tesi e l’irrequietezza con cui si guardava intorno lasciava trasparire un’impazienza, una trepidazione, che non era abituato a sopportare.
In effetti, se un anno addietro qualcuno gli avesse detto che avrebbe sposato, da Sir, la primogenita di una ricca e potente famiglia, gli avrebbe riso in faccia senza pensarci due volte.
Era solo un ladruncolo da due soldi, vestito di stracci e in perenne compagnia di ubriaconi e tagliaborse. Viveva alla giornata e si procurava il cibo attraverso gli espedienti più disparati e piccoli crimini; il suo rifugio era una sudicia osteria, dove passavano tutto il resto della giornata a ubriacarsi e a giocare d’azzardo i pochi spiccioli che aveva in tasca.
Poi c’era stato il miracolo.
Sua zia, Lady Marguerite Buclaw, che non l’aveva mai voluto vedere, né tantomeno riconoscere perché figlio di suo fratello e una contadina, morì improvvisamente vedova e senza eredi. Così, non avendo avuto tempo di fare testamento, lasciò al suo odiato nipote un patrimonio incalcolabile, un titolo nobiliare e una rete di amicizie così preziose da far impallidire anche il più importante cortigiano della reggia di Londra.

Sir Buclaw si avvicinò nuovamente a Lady Asthon e le parlò a bassa voce, non volendo essere udito dal resto della folla: “Milady…c’è una domanda che mi preme farvi sin da quando mi proponeste questo matrimonio.”
“Ditemi pure, caro genero.”
“Ho sentito delle voci, riguardo a un increscioso rapporto tra la signorina Asthon e l’ultimo erede di Ravenswood. Corrisponde forse a verità questa notizia?”
“Sì, in parte è vera.” Rispose la donna, a disagio per l’incresciosa domanda, non sentendosela di mentire del tutto “Quel folle ha osato alzare gli occhi su di lei. Ma per fortuna sono intervenuta in tempo per strappare la mia piccola a quelle empie mani!”
Koga, non del tutto soddisfatto, stava per chiedere ulteriori delucidazioni alla suocera quando, colpito dal silenzio che era sceso nell’ immensa sala, si sporse per vedere cosa stesse accadendo.
Rin, cinta dal sontuoso abito da sposa, che ricopriva metà scalinata con il suo lunghissimo strascico, fece il suo ingresso.
Il velo trasparente, fermato in testa da una corona di fiori intrecciato con gli splendenti capelli corvini, lasciava intravedere un pallore cadaverico sparso per tutto il viso. Gli occhi, vuoti e fissi verso terra, avevano completamente perduto il loro splendore, come se non potesse capire cosa le stava accadendo intorno.
Pareva una bellissima quanto fragile bambola di porcellana.
Kagome, postasi al suo fianco, sosteneva i lenti passi della padrona sorreggendola per un braccio; mentre, con la mano rimasta libera, teneva stretto il bouquet di fiori che le mani di miss Asthon non sarebbero riuscite a reggere.
Lady Asthon si precipitò verso la figlia, con un amorevole sorriso dipinto sul volto e, prendendo il posto di Kagome, si pose al suo fianco sorreggendola.
“Attenta piccola mia,” le sussurrò in un orecchio, preoccupata che quel comportamento potesse far sorgere dei dubbi nello sposo “sorridi e cerca di sembrare più felice…in fondo è il tuo matrimonio.”
Tuttavia, vedendo che la figlia non accennava a risponderle, come se non potesse o non volesse ascoltarla, aggiunse con voce ancora più bassa.
“Ricordati di tuo padre.”
Rin, sentendo quelle ultime parole decise di farsi forza, almeno per il povero Lord Asthon; anche se ormai il grido della ragione si stava facendo sempre più flebile.
“Rin e voi, mio caro genero,” Esclamò la donna in tono trionfale “venite. Andiamo sulla terrazza: tutta la contea di Lammermoor è qui per ammirare i novelli sposi!”

In effetti, non appena le grandi imposte vennero aperte dai servitori, si accorsero che Lady Asthon non aveva mentito: una immensa folla si accalcava freneticamente nel parco del palazzo.
La loro uscita venne accolta con urla e benedizioni varie; probabilmente più per effetto del lauto banchetto che la famiglia Asthon aveva fatto servire alla popolazione per quel giorno di festa, che per una vera e propria ammirazione per i due sposi.
In un angolo appartato dell’immensa tenuta, tre figure vestite di nero stavano sedute sotto un grande albero, osservando la scena mentre terminavano di banchettare con quel poco cibo che erano riuscite a racimolare.
“Però, Annie Winnie,” gracchiò una delle vecchie, addentando l’ultimo pezzo di carne “tu sei la più vecchia di noi tre, hai mai visto nozze più sontuose di queste?” “Non posso dire di averne viste,” rispose la megera, “ma credo che presto vedremo un funerale altrettanto bello.”
“E questo mi piacerebbe altrettanto,” ridacchiò la terza figura; la quale, ormai cieca, riusciva solo a percepire le indistinte grida della folla “perché ai funerali l'elemosina è altrettanto copiosa e la gente non è obbligata a far smorfie, ridere, e far boccucce e auguri a questa razza di deficienti che spadroneggiano su di noi come se fossimo misere bestie.”
“Questo è giusto, comare,” intervenne l’altra. “Che Dio ci mandi un buon Natale e un ben nutrito cimitero!”
“Ma mi piacerebbe sapere, Annie Winnie, da te che sei la più vecchia e la più saggia di tutte noi, a chi di quelli che oggi fan festa toccherà esser colpito per primo?”
“Vedete là quella graziosa fanciulla,” disse la strega, “tutta scintillante d'oro e di gioielli pallida come un fantasma, che ha a fatica la forza di alzare la mano per salutare quelli stupidi che la stanno acclamando?”
“Ma quella è la sposa,” disse la compagna il cui freddo cuore fu toccato da una specie di compassione, “quella è proprio la sposa, proprio lei! Eh, via! così giovane, così bella, così ricca... e il suo tempo è così breve?”
“Vi dico,” aggiunse la sibilla, “che il lenzuolo funebre la copre già fino al collo, lo creda chi mi ascolta. Le foglie avvizziscono presto sugli alberi, ma ella non potrà vederle danzare e turbinare al vento di S. Martino.”
“Ho sentito dire,” fece la cieca, “qualche cosa come se lady Ashton non fosse come tutti gli altri.”
“La vedete laggiù,” rispose Annie Winnie, “che si pavoneggia accanto alla figlia spaurita e a quel bel giovanotto distinto? C'è più diavoleria in quella donna, azzimata e tracotante, che in tutte le streghe della Scozia…se non nel demonio stesso.”

Dopo quella breve apparizione Lady Asthon, senza lasciare il braccio della figlia, la ricondusse all’interno della sala, dove i servitori avevano velocemente addobbato una grande tavola dove si sarebbe firmato il contratto di nozze.
Rin si sentiva stranita, come in un sogno; il brusio indistinto giungeva ovattato alle sue orecchie.
Quando, però, vide stagliarsi dietro la tavola la nera e imponente figura del sacerdote ebbe un piccolo sussulto, quasi si fosse resa conto solo in quel momento di quel che stava accadendo.
Rallentò, incerta, il passo.
Tuttavia bastò una feroce occhiata ammonitrice della madre per convincerla ad avanzare.
“Madre…madre…cosa mi sta succedendo?” Sussurrò in un’ultima, pietosa preghiera; mentre ormai il flebile lume della ragione si stava pian piano spegnendo.
“Niente piccola mia.” Cercò di rassicurarla Lady Asthon, la cui crudeltà non era stata minimamente scalfita dall’evidente sofferenza dalla figlia. “Fai quello che ti dice e vedi che andrà tutto bene.”

Giunti davanti alla tavola, Sir Buclaw si voltò verso Rin e le baciò elegantemente una mano.
“Mia signora,” Disse con dolcezza. “sono onorato di divenire il marito di un fanciulla così bella. Spero potrete essere altrettanto felice al mio fianco.”
Ma ella non rispose.
Allora Koga alzò lo sguardo interrogativo verso Lady Asthon, allarmato dal comportamento della fanciulla.
“Non preoccupatevi.” Tagliò corto, imbarazzata, la donna. “E’ così emozionata che non riesce a parlare. Dopotutto è il giorno del suo matrimonio.” E, con un sorriso forzato, gli porse sbrigativamente il contratto di matrimonio. “Prego, signor Buclaw, è già tutto scritto. Basta solo una vostra firma.”
Il giovane, non del tutto convinto, ristette per un momento; poi, lanciando un’ultima occhiata alla fanciulla che continuava a tacere, afferrò la penna e impresse il suo nome sul foglio fatale.
Venne, infine, il turno di miss Ashton per firmare il documento.
Al primo tentativo, ella cominciò a scrivere con la penna asciutta, e quando le si fece osservare la cosa, sembrò incapace, dopo molti tentativi, di immergere la penna nel massiccio calamaio d'argento che aveva dinanzi. La vigilanza di Lady Ashton si affrettò a riparare a questa deficienza. Chi avesse visto il documento, avrebbe sicuramente notato che il nome di Rin Ashton , tracciato su ogni pagina, non presentava che una lieve tremolante irregolarità a indicare il suo stato d'animo al momento della firma.
Ma l'ultima firma è incompleta, sfigurata e scarabocchiata.
Perché, mentre la mano era impegnata a tracciarla, fu udito al cancello il galoppo precipitoso di un cavallo, seguito da un passo nella galleria esterna e una voce che in tono imperioso imponeva silenzio alle opposizioni dei domestici.
La penna cadde dalle dita della fanciulla mentre esclamava con un grido soffocato:
«È venuto! È venuto!»


  
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