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Autore: VaniaMajor    06/12/2012    1 recensioni
Ultimo capitolo della trilogia dello Scettro dei Tre. Le rinascenti forze di Takhisis continuano a minare la vita dei fratelli Majere. I Cavalieri di Solamnia premono per avere Steel in custodia, mentre Katlin cerca di recuperare la sua magia e Crysania viene messa alla gogna a causa della sua relazione con Raistlin. Sul futuro grava la minaccia di una totale distruzione...
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il ritorno dei Gemelli'
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Author’s note: Siamo ormai a pochi passi dalla fine! Come potrò mai ringraziarvi per la vostra pazienza? La magia è tornata dentro il corpo di Katlin e il futuro si apre di fronte ai suoi occhi. Steel è scomparso e i nostri amici si trovano a dover fronteggiare un combattimento non previsto. Il futuro è in bilico…

 

CAPITOLO 29
PASSATO, PRESENTE, FUTURO

Finalmente il velario era stato scostato. Finalmente, la magia era tornata con prepotenza nel suo corpo, ridandole posto nelle cose. Questo non le portò alcuna gioia.
Vide il futuro, quella disgrazia così totale e definitiva da costringere perfino gli Dei a intervenire nei fatti del mondo, a tentare di cambiare le carte in tavola trascinandola su Krynn e consentendole di riportare Raistlin alla vita. Vide il Caos, un Dio dimenticato rinchiuso in una gemma misteriosa, passata ai posteri come innocua leggenda. Vide la devastazione che avrebbe portato, l’ecatombe che si preparava, il totale disgregamento della Vita e delle leggi che la governavano. La scomparsa della Magia.
Come si poteva fermare un essere del genere? Quale speranza poteva esserci di fronte a tanta, spietata volontà di distruzione? Alcuni si pararono di fronte al gigante. Katlin vide Tasslehoff e ne conobbe la morte coraggiosa. Avvertì la fine di tante persone care, mentre coloro che ancora dovevano nascere, figli di una generazione che aveva bisogno di Eroi, avrebbero dato tutto per fermare quel potere mostruoso. Steel, ormai adulto…una ragazza sconosciuta che si proclamava figlia di Raistlin ma non lo era…un giovane dalla veste bianca che somigliava ai gemelli…
“Non ce la faranno. Non senza perdere tutto.” pensò Katlin, sconvolta.
Poi, davanti all’essere di fuoco ella vide pararsi se stessa, Raistlin, Crysania e Dalamar. Questo quartetto sembrava più concreto del resto della visione, consentendole di capire che tale alleanza era frutto dei cambiamenti che la sua venuta su Krynn aveva apportato allo scorrere del Tempo. Un tale dispiegamento unito di forze non era previsto e forse avrebbe risollevato le sorti del mondo.
Poi, ai tre giovani si aggiunse un quarto ragazzo, dal viso innocente, gli occhi verdi dal taglio allungato e i capelli neri. Si voltò a guardare non l’immagine di Katlin, parata davanti al mostro con gli altri, ma dritto negli occhi magici di lei, come se riuscisse a vederla attraverso il Tempo. Katlin fu sconvolta nel riconoscere se stessa in parte di quei lineamenti.
«Voi la troverete, Madre. Io la custodirò.» disse il ragazzo, con il suo stesso sorriso. E Katlin capì.
La visione si spezzò insieme all’incantesimo di Dalamar, strappandole un grido e scaraventando entrambi i maghi dentro a un fosso. L’elfo oscuro fu il primo a riaversi. Si tirò faticosamente a sedere, scioccato per essere stato strappato all’incantesimo con tanta violenza, scrollando la testa per cercare di schiarirsela.
«Cos’è successo? Dove siamo? Katlin…» mormorò, cercandola con lo sguardo.
La trovò accanto a sé, raggomitolata a palla, i palmi delle mani schiacciati sugli occhi e i denti stretti in una smorfia di sofferenza.
«Ti sei fatta male? Katlin!» sbottò Dalamar, chinandosi su di lei per accertarsi delle sue condizioni. Lei si raggomitolò ancora di più, emettendo un gemito da animale morente che gelò il sangue dell’elfo. «Katlin, cos’hai?! Se non me lo dici, non posso capire!- esclamò, poi si rese conto che le mani di lei erano vuote e temette che gli si fermasse il cuore- La…pietra? Dov’è la pietra rossa?! L’avevi in mano! Dove…»
«Dentro di me.» lo interruppe lei con voce strozzata. Si tolse le mani dagli occhi, che si spalancarono in uno sguardo folle e stralunato. «La magia è tornata dentro di me.»
«Questa è un’ottima notizia! Il passaggio ti ha procurato dolore? Ti senti meglio, ora?» Dalamar si alzò e le tese una mano per aiutarla a venir fuori dal fosso, stanco ma contento di sapere che per una volta le cose stavano girando nella direzione giusta. Lei ignorò la sua mano tesa, continuando a restare sdraiata a terra, in posizione fetale. L’elfo corrugò la fronte. C’era qualcos’altro.
«Cos’è accaduto?» chiese.
«La Gemma Grigia.- disse lei, in un lungo sospiro- L’ho vista, Dalamar. La fonte della distruzione che terrorizza gli Dei, il futuro che stiamo cercando di evitare. La Gemma imprigiona un Dio, più potente e terribile di tutti quelli che conosciamo. Un giorno uscirà dalla sua prigione e ridurrà a niente tutto il Creato. Egli è il Caos.»
Dalamar avvertì uno spiacevole formicolio attraversargli le membra, come se le parole di Katlin gli avessero fatto toccare con mano la propria morte. Non dubitò per un istante della veridicità della sua visione. Aveva sempre saputo che solo un fatto al di là di ogni immaginazione avrebbe potuto forzare Paladine e Gilean ad acconsentire al ritorno di Raistlin Majere.
«C’è qualcosa…che noi possiamo fare?» chiese, con voce improvvisamente roca. Katlin chiuse gli occhi, poi si fece forza e si alzò a sedere. Annuì.
«Sarà la prossima generazione a combattere, ma avere Raist, Crysania, me e te al loro fianco cambierà le carte in tavola, dandoci una speranza. Dobbiamo trovare la Gemma Grigia. Inoltre…- si alzò in piedi, vacillando per un istante- nascerà una creatura la cui esistenza non era prevista, il cui compito sarà custodire la Gemma dopo che noi l’avremo resa inoffensiva, per garantire la pace.»
«Una creatura non prevista? Che creatura?» chiese Dalamar, corrugando la fronte. Katlin si portò una mano al ventre, poi lo fissò negli occhi con un sentimento oscuro e bruciante che lo trapassò come un tempo avevano fatto le dita roventi del suo Shalafi.
«Nostro figlio, Dalamar.- rispose lei, aspra- Ieri notte abbiamo concepito un bambino.»

***
Caramon si fermò al centro del cortile ormai quasi buio, guardandosi attorno. Era già passato da lì? Non gli sembrava, ma iniziava a perdersi in quella dannata fortezza. Dov'era andato a cacciarsi suo nipote?!
«Steel!» chiamò. Perchè si era allontanato? Era stato rapito? Secondo Tasslehoff era molto improbabile che i Grigi avessero portato via il ragazzo calando semplicemente un lenzuolo dalla finestra...Steel avrebbe reagito, le guardie avrebbero sentito qualcosa. E poi, erano maghi! La magia serve proprio per questi casi di necessità, no?
Allora Steel si era allontanato di sua spontanea volontà? Ma perchè?! Sapeva quanto quella situazione fosse pericolosa, con il figlio di Ariakas detenuto nello stesso edificio. Caramon non sottovalutava l'intelligenza del nipote e Katlin era sempre stata chiara con lui riguardo ai rischi che correva. Allora, perchè?!
“Sarebbe meglio avvisare Raist?” si chiese, rabbrividendo al pensiero di ciò che gli avrebbe detto il gemello in una simile situazione, poi scosse il capo. Non solo preferiva cavarsela da solo, ma aveva affidato lo specchio a Steel per precisa volontà di Raistlin, perciò in quel momento il ragazzo doveva averlo con sé. Il pensiero gli fece corrugare la fronte, mentre un’inquietudine nuova cominciava a formarglisi nello stomaco, ma venne interrotto nei suoi ragionamenti dalla vocetta di Tasslehoff, che si era sporto da una bifora sopra di lui. Torce e lampade erano accese ormai quasi dappertutto, ma l’operazione andava avanti con disordine a causa dell’allarme in corso, perciò il corridoio era ancora al buio.
«Caramon! L’hai trovato?!» chiese.
«Macchè, neanche l’ombra!- esclamò il guerriero, alzando lo sguardo sul kender e su Tanis, che era con lui- Voi?»
«Nessuna traccia. Al momento direi che la stessa cosa vale per i Cavalieri. Pare che Steven abbia perfino fatto un sopralluogo nella cella di Ariakan, ma senza risultato.- rispose il mezzelfo, tirandosi la barba in un gesto di frustrazione- Com’è possibile che Steel sia semplicemente scomparso?! Deve essere da qualche parte!»
«Se quei Grigi gli hanno torto un solo capello, spicco loro la testa dal collo!» ruggì Caramon, con ira.
«Caramon, raggiungici! Non vieni con noi sugli spalti? Proviamo a percorrere tutti i camminamenti per controllare i cortili interni!» disse Tasslehoff, recuperando al volo una delle sue borse prima che cadesse oltre il bordo della finestra e la tracolla rischiasse di strangolarlo.
«No, faccio di nuovo il giro del pianterreno.- disse lui, scuotendo la testa- Magari troverò…»
«Zitto!» gli ingiunse di botto Tasslehoff, lasciandolo perplesso.
«Tas, cosa c’è?» chiese Tanis, guardando il visetto improvvisamente tirato del kender. Tasslehoff era ancora sporto dalla finestra, in tensione, e ascoltava qualcosa.
«Non sentite niente?» chiese, con un tono di voce che al mezzelfo non piacque affatto. Gli ricordava qualcosa di brutto, una scena già vissuta in un momento che ora sembrava appartenere alla vita di qualcun altro…
«Io non sento niente.» sbuffò Caramon, da sotto.
«Io nemme…» iniziò Tanis, prima di percepire un fischio sottile e lontano. Il suono, dapprima colto solo dalle sensibili orecchie del kender, riempì anche quelle del mezzelfo e Caramon stesso cambiò espressione.
«Cos’è questo suono?» chiese. Il fischio si fece più intenso, calando su di loro e prendendo potenza, diventando man mano più fondo, quasi un rombo. La comprensione investì tutti e tre gli amici nel medesimo istante.
«DRAGHI!!» ruggì Caramon a voce spiegata, subito imitato da Tanis e Tasslehoff, cui risposero le grida di allarme dei Cavalieri, a loro volta fin troppo usi a quel suono terribile. Uno o più draghi stavano piombando sulla fortezza approfittando della tenebra.
«Caramon, vieni su!» esclamò Tanis, prima che un corpo gigantesco riempisse il cielo sopra le loro teste, sfrecciando velocemente, subito seguito da un secondo e un terzo. Si udirono grida, due stridi da far accapponare la pelle, poi ci fu un boato che fece tremare l’edificio. Tasslehoff  fu a un passo dal volare oltre la finestra, ma Tanis fu lesto ad acchiapparlo per la treccia e tirarlo indietro.
«Ci attaccano! Caramon, vieni su!- ripeté Tanis- Andiamo in cima alla fortezza! Hanno le Dragonlance e…» Fu interrotto da un altro boato spaventoso, seguito da grida. Caramon si ritrovò in mezzo a Cavalieri che spuntavano da ogni dove, abbandonando la ricerca di Steel per raggiungere gli spalti, dov’erano montate attrezzature per lanciare le Dragonlance. Il guerriero non se lo fece ripetere due volte. Corse su per le scale, raggiunse Tanis e Tasslehoff che avevano già lasciato la finestra per seguire i Cavalieri e insieme, senza fiato, giunsero all’aperto, in cima alla fortezza.
«State giù!» gridò qualcuno, prima che uno dei draghi, un Blu dall’imponente apertura alare, passasse rasente le mura, buttandoli tutti a terra per lo spostamento d’aria e sfasciando tra le zampe due meccanismi per tirare le lance.
«Dannazione!- ringhiò Caramon, alzandosi e sfoderando la spada- Che ci fanno qui i draghi?!»
«Per fortuna non ci trovano del tutto impreparati.» disse una voce alle loro spalle. I tre si voltarono e videro Steven, che sfoggiava un brutto taglio sulla mano ma aveva negli occhi la luce dura del Cavaliere nel suo ambiente. «Vedete? Stanno già portando le Dragonlance. Li scacceremo, se non riusciremo a ucciderli. Quello che mi chiedo è perché stiano facendo una cosa tanto stupida…»
Le fiamme create dall’alito micidiale dei draghi si stavano propagando da qualche parte a ovest della fortezza e fumo si innalzava dal portone principale. Alcuni Cavalieri stavano preparando le lunghe aste micidiali nei pressi dei meccanismi di lancio, che al momento costituivano il bersaglio preferito dei draghi.
«Tanis, dai un’occhiata laggiù!» disse Tasslehoff, guardando qualcosa oltre gli spalti, prima di appiattirsi di nuovo a terra quando uno dei draghi decise di puntarli. Caramon, Tanis e Steven si prepararono allo scontro impari con le spade in pugno, prima che una pioggia di fuoco si abbattesse contro il drago, strappandogli uno strido di dolore e protesta e costringendolo a cambiare direzione. Passò sopra le loro teste con fragore e si sfogò scagliando una saetta all’interno della fortezza.
«Ma che…» mormorò Steven.
«I maghi!- sbottò Caramon, ricordando- E’ vero! I maghi del Conclave sono qui attorno, ci daranno una mano!»
«I maghi?!» chiese Steven, sbalordito. Nello stesso istante, due dardi sparati contro i Cavalieri andarono a infrangersi contro una muraglia invisibile erta a protezione della fortezza. Steven guardò Caramon, incerto.
«Maghi di Wayreth, Steven. Stazionano qui attorno per aiutarvi a fare la guardia, e…- scosse il capo- Al diavolo! Per una volta, sono contento che ci siano! Vi daranno il tempo di preparare le Dragonlance!»
Tanis zittì l’amico afferrandogli improvvisamente un braccio.
«Siamo tutti qui, vero? Ci siamo tutti riuniti qua sopra, non è vero?» chiese, febbrile.
«Sì…più o meno tutti i Cavalieri sono qui o stanno arrivando.» rispose Steven, incerto.
«Cos’altro puoi fare con tre draghi che…» iniziò Caramon, prima che la sua voce fosse soverchiata dalle strida dei tre draghi, uno dei quali aveva iniziato una battaglia di incantesimi contro i combattenti nascosti attorno alla fortezza. Si capì solo l’imprecazione di Tanis, semiassordato dal frastuono.
«Tanis, qual è il problema?» chiese Steven. Tasslehoff ansimò: la sua piccola mente sveglia aveva capito dove conducevano i ragionamenti di Tanis.
«Nessuno sta cercando Steel!» strillò, mettendosi quasi a saltare per l’ansia.
«Certo che no! Ovviamente…» disse Caramon, poi si zittì, incerto, e guardò Tanis. Il mezzelfo annuì.
«Nessuno cerca Steel e la fortezza è vuota perché siamo tutti in quest’ala a combattere!- gridò per farsi sentire oltre il baccano- Direi che è la condizione ideale per…»
«…un’evasione?!» finì Steven, con voce improvvisamente strozzata. Tasslehoff schizzò via come una scheggia, tornando a imboccare le scale, e dopo un solo istante i tre uomini lo seguirono. D’improvviso si erano resi conto che la sorveglianza dell’intera fortezza stava per essere elusa con estrema semplicità.
***
Dalamar si svegliò nel pieno delle sue forze la mattina dopo. Il sole che entrava dagli scuri socchiusi gli feriva gli occhi ma non fu a causa di questo dettaglio se passò dall’incoscienza alla lucidità con tanta prontezza. Quando avevano preso una stanza in una locanda, dopo aver lasciato Solace e raggiunto Haven – cosa avvenuta dopo un altro incantesimo spossante e riuscito solo in parte e una scarpinata da incubo protrattasi fino a notte inoltrata- aveva avuto la ferma intenzione di concludere la diatriba sorta quella mattina, ma lo shock della rivelazione fattagli da Katlin congiunta alla profonda stanchezza lo avevano tanto prostrato da fargli perdere conoscenza una volta giunto in camera, mentre ancora le chiedeva di spiegargli tutto daccapo!
Poteva essere una delle notti più importanti della sua vita, eppure non era riuscito a resistere al sonno. Era stato così fesso da lasciarsi scappare l’unico momento in cui avrebbe potuto parlarle senza la certezza di vederla chiudersi a riccio o aggredirlo?! Più tempo lasciava passare, meno il momento di passione che avevano condiviso avrebbe avuto presa su di lei. Era pur sempre la sorella dello Shalafi: gli si gelava il cuore al pensiero che lei potesse uccidere il feto nel suo grembo pur di essere libera. Oppure lo avrebbe fatto lo Shalafi stesso, contrariato per il possibile ritardo nei suoi piani? Ma quel bambino aveva un ruolo futuro da ricoprire…o no?
“Idiota! Mille volte idiota!” si disse, cercando Katlin con lo sguardo. L’altra metà del letto, però, era vuota. Come temeva…era fuggita! Tornata in possesso della magia, lo aveva lasciato nel passato per risolvere la questione a modo suo! Arrivò a mettere un piede sul pavimento prima di rendersi conto che lei era ancora nella stanza. Era seduta, vicino alla finestra. I capelli scuri erano aggrovigliati sulle spalle e le coprivano il volto, indossava solo la lunga sottoveste bianca e doveva essersi accorta del suo risveglio perché era tesa fino allo spasimo.
«Hai dormito bene?» chiese, con voce rauca.
«Io non…non avrei dovuto dormire. – mormorò Dalamar, cercando dentro di sé un modo per riprendere il filo della discussione – Dobbiamo parlare di quello che hai visto…e del bambino.»
«Immagino che sarai contento.» lo interruppe lei, tra i denti.
L’elfo oscuro tacque, limitandosi a corrugare la fronte. Rimase in silenzio, lasciando che fosse lei a muovere i primi passi sul campo di battaglia. Il momento dello scontro era arrivato.
«Di avermi umiliata, intendo.- continuò Katlin, senza voltarsi, le mani serrate sulle braccia come a proteggersi- Hai dimostrato che l’orgogliosa sorella di Raistlin Majere non ha abbastanza coerenza o autocontrollo da resistere alla passione della carne. L’ambiziosa Katlin Majere si è fatta mettere incinta dopo una notte passata con la persona che più la detesta al mondo.» Si voltò a metà, il volto contorto in una smorfia di ira e disprezzo…forse per se stessa. «Sei contento?! Sei soddisfatto, adesso?!»
«Sì.» rispose Dalamar, gelido. Lei serrò le labbra e sbiancò visibilmente anche nella penombra della camera. «Un’umiliazione ciascuno mi sembra un ottimo punto di partenza.» aggiunse, ricordandole quella ben più grave che lei gli aveva inflitto l’anno prima.  Ebbe la soddisfazione di vederla andare fuori dai gangheri. Katlin si alzò e fece tre passi verso di lui, a pugni stretti come se volesse saltargli addosso e prenderlo a cazzotti, ma riuscì a fermarsi prima di raggiungere il letto.
«Ti odio!» sibilò, sconvolta.
«Ti odio anch’io.» ritorse lui, indifferente. La vide piegarsi come per un colpo ricevuto. Si alzò con lentezza, chiedendosi perché ora si sentiva tanto forte, tanto sicuro. Da dove gli veniva tutta quella calma? Forse dal modo in cui Katlin gli aveva detto che avevano generato un figlio, con quella luce terrorizzata e piena di dolore negli occhi, come se avesse temuto di vederlo scomparire per sempre. La notte in cui avevano fatto l’amore, il suo corpo aveva parlato per lei. Gli aveva raccontato la sua disperazione, la solitudine, il bisogno di lui. L’aveva letto nella voce che aveva invocato il suo nome, sulla pelle rovente, nella stretta delle sue braccia.
Inoltre, Dalamar non si sbagliava su quanto aveva provato nel sapere che lei gli avrebbe dato un figlio. Puro trionfo. E non perché quell’anima ancora informe, un giorno, avrebbe avuto un ruolo di spicco nel combattere la tragedia che gli Dei tentavano di evitare. L’onore di una tale paternità lo sfiorava appena. No…era trionfante perché questo bambino avrebbe legato Katlin a lui per sempre. Ora nessuno gliel’avrebbe più portata via, nessuno avrebbe potuto spezzare il loro legame. Fu grazie a questa certezza che non ebbe difficoltà a mettere in parole il pensiero successivo.
«E se mi odi per lo stesso motivo per cui io ti odio, non fatico a credere che lo Shalafi ci ritenga due poveri imbecilli.» disse, sfidandola con lo sguardo dall’altra parte del letto. Katlin divenne paonazza, poi impallidì come se tutto il sangue le fosse stato tolto dalle vene.
«Cosa vuoi dire?» balbettò.
«Lo sai benissimo. Sono stato abbastanza chiaro, ieri mattina.»
Lei scosse la testa e fece un passo indietro, per poi fermarsi. Non voleva mostrarsi debole.
«No, non lo so.» disse, atona.
«Ammettilo, Katlin.»
«Cosa?»
«Ammettilo!»
«Smettila. Non so nemmeno di cosa stiamo parlando.» sbottò, alzando la voce, desiderando sfuggire a quegli occhi che improvvisamente sembravano sapere tutto.
«Ammettilo!» quasi gridò Dalamar, aggirando il letto. Katlin si coprì le orecchie con le mani, arretrando suo malgrado.
«Basta, smettila! Non ti voglio ascoltare, non voglio…NO!» Dalamar l’aveva afferrata per le braccia. «No, lasciami Dalamar!»
«Ammetti che non è finita.- disse l’elfo oscuro, affondando una mano tra i suoi boccoli aggrovigliati per costringerla a guardarlo in volto- Ammetti che non è mai finita tra noi. Che è ancora tutto qui.» La baciò prima che lei potesse rispondere e non si stupì di sentirla tremare di passione trattenuta a stento. Quando la lasciò andare, erano entrambi senza fiato. Katlin lo guardava con gli occhi blu spalancati in uno stupore smarrito, che gli fece venire voglia di baciarla ancora. La mano posata sulla sua schiena scivolò sul fianco e si fermò sul ventre di lei, facendola sussultare.
«Desidero questo bambino. Un bambino nostro.- sussurrò l’elfo oscuro sulle sue labbra – Un bambino che ti rende di nuovo mia, Katlin.» La fissò. «Hai paura?»
Negli occhi della maga si accese il fuoco del suo orgoglio indomito, ma non riuscì a trattenere una smorfia sofferta.
«Non averne. Io sono qui.» finì Dalamar, stringendola a sé come se volesse farla diventare parte del proprio corpo. Dopo qualche istante, Katlin si aggrappò a lui con tutte le sue forze.
«Ti odio…perché non riesco a separarmi da te.» mormorò, strappandogli un sorriso. Rimasero così per qualche istante, poi sciolsero l’abbraccio di comune accordo. Dalamar le chiese di ripetergli tutto ciò a cui aveva assistito durante la visione e Katlin passò l’ora successiva a descrivergli ogni singolo dettaglio che ricordava, fermandosi spesso alle osservazioni puntuali dell’elfo oscuro. Quando finì, Dalamar era pallido.
«La distruzione totale di Krynn…» mormorò.
«Ecco perché gli Dei mi hanno portata qui…e mi hanno concesso di liberare Raistlin.- annuì Katlin- Il futuro non è ancora cambiato, ma possiamo combattere, se non ci facciamo ammazzare prima dagli scagnozzi di Takhisis. Credo che Lei sia l’unica a non sapere, troppo presa dai Suoi sogni di conquista. Inoltre, il bambino…» Si posò la mano sul ventre in un gesto inconscio e corrugò la fronte.
«Non sarà un bambino qualunque, questo è chiaro. Custode della Gemma Grigia…Una vita non comune.»
«Raistlin saprà cosa fare. Ne parleremo con lui.- tagliò corto Katlin, brusca- Ciò che conta è che abbiamo una speranza. I modi e i tempi ci verranno rivelati man mano.»
Dalamar annuì senza aggiungere altro. Con tutta probabilità, ora che Katlin aveva recuperato la magia, lo Shalafi avrebbe ripreso a tramare contro il Conclave. Cosa sarebbe successo al bambino? Con chi sarebbe cresciuto? E come avrebbe acquisito il potere di tenere rinchiuso il Caos? Tutte domande che al momento non avevano risposta.
«Dobbiamo tornare a casa al più presto.- disse Katlin, interrompendo le sue riflessioni- Il nostro compito è concluso. Steel ha bisogno di me e…e voglio parlare con mio fratello.»
«Domani. Ho bisogno di riposo.» annuì Dalamar. Le vide passare sul viso una certa contrarietà e sperò che non si offrisse di tentare l’incantesimo. Se fossero tornati troppo presto nel flusso del Tempo, lo Shalafi avrebbe voluto la sua pelle. Quando la vide scrollare le spalle, riprese a respirare normalmente. Dopo tanta astinenza dalle pratiche magiche, doveva aver ritenuto meglio non rischiare.
Questo gli avrebbe dato tutta la giornata per calmarsi e godere finalmente della compagnia di lei, una breve parentesi di piacere. Le discussioni sarebbero riprese una volta nel futuro, lo sapeva fin troppo bene…Sperava solo che il piano dello Shalafi si attuasse senza danni per il ragazzo; in caso contrario, l’elfo oscuro era certo che avrebbe assistito a uno scontro epico tra fratelli.

   
 
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