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Lisa sentiva il cuore battere forte, così tanto da
rimbombarle nelle orecchie e farle venire il mal di testa. Mise una mano sulla
maniglia della porta e deglutì. “Forza, dobbiamo entrare!” si
disse.
“Buongiorno” la salutò il professore da dietro.
Sobbalzò spaventata.
“Oh, B-buongiorno…” ricambiò, arrossendo. Non
riusciva nemmeno a sostenere il suo sguardo, tanto era
nervosa.
“Stamani ti senti meglio?” le chiese, entrando nel
suo ufficio. Lei annuì, in silenzio.
“Bene, questo mi fa piacere. Mi ero preoccupato,
sabato, dopo che ti avevo vista fuggire in quel modo”
ammise.
“M-mi scusi, non mi sono comportata affatto bene
con… con tutti voi, in realtà. Volevo… volevo chiedere scusa anche a Luke e
Flora se… se possibile” disse imbarazzata. Layton sorrise.
“Sei fortunata: più tardi verranno qua a farmi
visita. In realtà, Luke voleva venire con me anche stamattina, ma suo padre l’ha
chiamato per dirgli di andare un attimo a casa e quindi non mi ha potuto
seguire” raccontò.
“O-ok”
Lisa si mise a raccogliere i vari fogli che
servivano quel giorno al professore, cercando di non pensare alla
spilla.
“Senti, posso chiederti un favore?” le chiese
Layton.
“Certo, professore. Di cosa ha
bisogno?”
“Ce la fai a decifrare questo messaggio per me?”
disse, passandole il foglio che gli aveva dato il ragazzo.
“Che cos’è?” s’informò la ragazza, incuriosita.
L’uomo si alzò e si mise a passeggiare per la stanza, con una mano sul
mento.
“Sono quasi certo che si tratti di un indizio
lasciatoci per ritrovare un gioiello antico. Me l’ha portato Luke dal suo
viaggio, perché nel nuovo paese dove ha vissuto ci sono state delle sparizioni
ultimamente. Pare che alcuni studiosi di filosofia della Harvard University
siano stati rapiti. I loro studi erano incentrati sull’antica Grecia e sulla
mitologia romana. Hai mai sentito parlare della Spilla di Venere?” domandò. Lei sbiancò
visibilmente, e dentro di sé il professore esultò: aveva avuto
ragione.
“N-no, mai” negò.
“Si tratta di un cimelio antichissimo. La leggenda
dice che sia un dono di Nettuno alla neonata Venere. Al suo interno si celano le
gocce di acqua che
“Ciò che non si sente mai nominare nei libri, quei
pochi che riportano delle informazioni su questo gioiello, almeno, è la
maledizione che sembra sia stata scagliata su chiunque ne entri in possesso”
aggiunse. Quella frase attirò l’attenzione della ragazza, che lo
guardò.
“Ma… maledizione?” balbettò impaurita. Layton
annuì pensieroso.
“Con il passare del tempo quel cimelio è stato
rubato più e più volte, sia per motivi materiali che per motivi spirituali.
Quello che avrebbe dovuto essere un dono di prosperità e fortuna, era diventato
un motivo di problemi e di lotte tra le persone. Per questo un sacerdote, uno
dei pochi sacerdoti pagani dell’epoca, nel medioevo scagliò una maledizione
sulla spilla: chiunque ne fosse entrato in possesso avrebbe sì potuto decidere
di restituire la vita, ma solo pagandola con la propria. Secondo alcune fonti,
la maledizione si è avverata negli anni successivi; secondo altre, la spilla non
è mai stata magica e quindi non aveva senso la maledizione del sacerdote;
infine, altre ancora dicono che a causa della minaccia di quell’uomo la spilla
sia stata nascosta da qualche parte, per paura che le sue parole fossero vere e
portassero solo disgrazie nel mondo” le spiegò. Lisa deglutì, incapace di
parlare.
“E… e lei che ne… pensa, professore?” chiese
infine, con un filo di voce. Lui ci pensò, poi la guardò un
attimo.
“Io sono convinto che non ci sia nessuna
maledizione, su quella spilla, e che anche la leggenda delle gocce che
porterebbero la vita sia completamente inventata” rispose. Non aggiunse del suo
incontro con il gioiello, né della perdita del suo amico, ma era meglio non
farlo al momento.
“Capisco” disse la ragazza. Guardò il foglio che
aveva in mano.
“E questo?” domandò poi.
“Nell’appunto che hai in mano, e che è stato
ritrovato da Luke in una biblioteca pubblica, c’è scritta l’ubicazione della
spilla. Puoi decifrarlo per me?” la invitò gentilmente.
Le sue mani tremarono leggermente, poi
annuì.
“Posso provarci” rispose.
Guardò il foglio: c’erano delle lettere,
intervallate da alcuni numeri.
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Le venne il mal di testa solo a dare un’occhiata a
quei simboli. Non ci capiva niente, assolutamente.
“Professore, è sicuro che sia un indizio? Io vedo
solo tanti numeri messi a caso, intervallati dalle lettere” osservò. Layton
sorrise e si avvicinò a lei.
“Guarda le cose con una prospettiva diversa” le
suggerì. Si mise alle sue spalle e poi le allungò le braccia in avanti,
circondandola con le proprie. La ragazza arrossì e sentì il fiato mozzarsi in
gola.
“Ecco, adesso vedi il trucco?” le domandò. Avrebbe
voluto rispondere che no, non vedeva nulla perché aveva la testa annebbiata dai
battiti del suo cuore, ma si contenne e strinse gli occhi per concentrarsi
meglio. “Trova il trucco” si disse. E poi, come se fossero colorate in modo
diverso, le lettere si staccarono dal foglio e si unirono davanti a lei,
formando parole ben precise, una frase sensata e intera. Cercò di focalizzarla
ancora meglio, escludendo i numeri da quella serie.
“Sulle… sulle coste di madre… patria”> iniziò a
sillabare. Prese un foglio e ci scrisse sopra il messaggio. Alla fine guardò la
frase.
“Sulle coste di madre patria, nelle grotte
nascoste dal mare, si trova
“Brava, ti faccio i miei più sentiti complimenti” si congratulò. Lisa
lo guardò e sorrise a sua volta.
“Grazie!” rispose. Quando sorrideva era
carina.
Si fissarono per un momento, poi la ragazza si
riscosse.
“Comunque non significa nulla questa frase”
commentò.
“Ne sei sicura?” le chiese incrociando le
braccia.
“Sì. Non da un luogo preciso. Madre patria può
significare qualsiasi cosa” spiegò. Il professore si mise a camminare per lo
studio. Lisa aveva notato che era un suo comportamento frequente, come quello di
incrociare le braccia e portare una mano sotto al mento per
pensare.
“Io non penso. Sono convinto che chi ha scritto
questo appunto ci volesse indicare un luogo preciso. Pensiamoci un attimo, ti
va?” le propose. La ragazza si sedette sul divano rosso e lo ascoltò,
interessata.
“Sappiamo che
“Perché non quella greca?”
“Nella mitologia greca Venere si chiamava
Afrodite,
“Ha ragione, è vero” ammise
lei.
“Quindi possiamo dedurne che parliamo dell’antica
Roma. Ora, la madre patria per Venere può essere solo un posto” le disse. A quel
punto, Lisa iniziò a capire. E si sentì male.
“L’Italia” sussurrò. Casa
sua.
“Esattamente. Le coste di madre patria sono
evidentemente un richiamo alle spiagge italiane, con molta probabilità quelle
situate nei pressi di Roma” spiegò. La ragazza avrebbe voluto
piangere.
“E… e quindi?” chiese
infine.
“Luke mi ha chiesto una mano per venire a capo di
questo mistero, perché suo padre era amico dei filosofi scomparsi. Adesso
dobbiamo solo decidere una data” rispose.
“U-una data?” squittì lei. Nella sua mente già
sapeva la risposta, purtroppo, ma non voleva ammetterla.
“Dobbiamo andare in Italia per aiutare quelle
persone. Come mia assistente, tu devi venire con noi” spiegò. Lisa chiuse gli
occhi per fermare le lacrime, tentata di fermarsi un secondo. Ma il suo respiro
affannoso fece sì che la testa le girasse. Riuscì a risvegliarsi solo un paio
d’ore dopo.
“Papà… mamma… PAPA’! MAMMA!” gridò. Si svegliò col
respiro affannoso e il cuore che batteva a mille, senza sapere cosa fosse
successo o dove si trovasse.
“Ferma, non muoverti” le sussurrò la voce di
Layton, dolcemente. Si voltò a guardarlo.
“P-professore… dove sono?” gli chiese,
disorientata.
“Ti ho portata a casa. Ti sei sentita male nel mio
studio e ho pensato fosse meglio riportarti nel tuo appartamento” le spiegò. Le
mise una pezza bagnata sulla fronte e poi si sedette su una
sedia.
“Siamo… siamo a casa mia? Come mi ci ha portata
qua?” domandò. La voce le tremava ancora un po’.
“Ma che domande! Con
“Ho capito”
Rimasero in silenzio e la ragazza iniziò a
sentirsi un po’ in imbarazzo: erano soli, nel suo appartamento, nella sua camera
da letto.
“Quanto tempo è passato?”
“Da cosa, cara?”
“Da quando sono svenuta”
“Non più di un paio d’ore, in verità. Appena Luke
e Flora sono arrivati nel mio studio mi sono fatto aiutare a trasportarti sulla
macchina, così ti ho potuta portare qui. In realtà, il fatto che tu sia piccola
ci ha aiutati molto” spiegò.
Lei rimase zitta, arrossendo: si era ricordata il
motivo per il quale era svenuta. E non le faceva piacere.
“Posso farti una domanda?” disse Layton. Lei
annuì.
“Tu hai detto di essere italiana, giusto? Da dove
vieni?” indagò.
“Io vengo dal mare. Abitavo vicino Roma, in un
paesino sperduto sulle coste tirreniche”
“Lisa, io non ti ho chiesto per caso di venire con
me in Italia” ammise infine. Si alzò e si mise di nuovo a girare per la stanza,
come faceva sempre.
“I-in che senso?” balbettò
lei.
“Il punto è che io conoscevo benissimo
“E quindi?” lo spronò.
“Devi sapere che molti anni fa feci un viaggio in Italia, proprio dalle parti di Roma. Un mio vecchio amico viveva là e mi aveva chiamato per chiedermi aiuto su una questione delicata. Incuriosito, mi recai là per vedere se c’era qualcosa che potevo fare. Quando arrivai, lui mi accolse con tanto calore e mi portò a casa sua, dove sua moglie e i suoi figli ci stavano aspettando. Una volta che i bambini furono fuori portata di orecchio, il suo sguardo s’incupì. Mi disse di essere incappato in un problema mille volte più grande di ciò che avrebbe mai potuto affrontare e di non sapere come fare per venirne fuori” ricordò. Aveva lo sguardo concentrato, perso nel vuoto.
“Durante un’escursione, lui e sua moglie si erano
imbattuti in una setta, L’Occhio di
Venere, e avevano visto cose che non avrebbero dovuto vedere: i membri di
questo gruppo avevano rapito un uomo per costringerlo a trovare
Fece una pausa e i suoi occhi si
incupirono.
“Io fui chiamato solo per aiutarlo a decodificare
ciò che c’era riportato nel quaderno, niente più, ma capii subito che c’era
qualcos’altro che disturbava il mio amico. Alla fine, mi disse che era quasi
sicuro che l’Occhio di Venere fosse a
conoscenza del fatto che loro due avevano visto tutto e che temeva per i suoi
figli” Layton si interruppe, malinconico.
“Io dovetti ripartire e non potei aiutarlo in
alcun modo, nonostante sentissi che aveva bisogno di me. L’anno dopo mi arrivò
la notizia che lui e la moglie erano scomparsi, e i due figli erano stati
adottati da un uomo poco raccomandabile” sospirò. Si sentiva in colpa e si
capiva benissimo, ma Lisa continuò a stare zitta, con la paura di interrompere
un momento importante.
“Sapevo benissimo che tu venivi dallo stesso paese
di quel mio amico. L’ho immaginato quando mi hai detto di essere italiana e ne
ho avuto la conferma prima, quando sei svenuta. Quindi ho bisogno del tuo aiuto”
ammise infine.
“I-il mio… aiuto?” chiese lei,
confusa.
“Sì. Ho bisogno che tu mi aiuti a ritrovare quei
due fratelli. Devo parlare con loro della spilla” spiegò.
La ragazza fissò il soffitto un secondo, poi
annuì.
“D’accordo, le darò una mano” decise infine. E i
sensi di colpa che provava nei confronti del professore si moltiplicarono in
maniera esponenziale.