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Autore: Prue786    26/06/2007    2 recensioni
E se ad un tratto qualcosa cambiasse? E se il mondo in cui vi trovate non fosse più lo stesso? E se l'unica cosa di cui foste sicuri fosse la vostra esistenza? E se perfino la vostra identità fosse messa in discussione? Se non riusciste più a distinguere il sogno dalla realtà? Cosa accadrebbe se, quelli che fino a pochi istanti prima credevate dei fotogrammi, improvvisamente diventassero le uniche persone su cui poter contare?
Genere: Generale, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Sorpresa, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 7

CAPITOLO 7

Mi rendo conto che è finalmente tutto finito quando mi ritrovo di botto sul letto.

“Finalmente un atterraggio morbido!” Penso tra me, sollevandomi a sedere.

“Ehi, ma è tardissimo!”

Inclino la testa guardando la giovane Gatsby che guarda fuori e sbircia l’orologio.

La fisso inarcando un po’ le sopracciglia, mentre un pensiero fugace mi attraversa la mente.

La giovane continua a guardare fuori…

“Patty, tutto ok?”

“Si, perché?” Domanda senza voltarsi.

“Niente, è solo che… sai, mi stavo chiedendo se…”

Non continuo la frase e vedo Gatsby che si volta: “Allora?”

“Sei sicura che vada tutto bene?”

“Si, certo… o almeno credo!”

La fisso con aria poco convinta.  A quel punto la giovane sorride.

“Dai, non basta così poco per spaventarmi, sai!”

“Mi fa piacere… però ho visto il tuo ragazzo un pochino scosso… e non nego che il tutto abbia fatto un certo effetto anche su di me!”

Patty sospira, abbassa lo sguardo e non risponde.

“Ah, sei sicura che possa rimanere  qui stanotte?” Chiedo con aria dubbiosa.

L’altra alza gli occhi e con un sorriso appena accennato esclama: “Ma certo, nessun problema, e poi…”

“Raggiunge il suo letto e vi si siede sopra.

“E poi cosa?” Chiedo inarcando le sopracciglia.

“Non vorrei che ne combinassi un’altra delle tue!” Gatsby alza le spalle e, prendendo il pigiama esce dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

“Un’altra della mie?” Mi chiedo senza riuscire a capire.

Arriccio il naso e comincio ad infilami sotto le coperte: “Non è certo colpa mia se qualcuno ci ha preso gusto a divertirsi alle nostre spalle!”

Sbadiglio e con un sospiro poggio la testa sul cuscino.

“Notte!” Sussurro a me stessa e alla stanza, prima di chiudere gli occhi.

 

“Che ne dici di fare un giro questa mattina?”

Sono appena entrata nella sala da pranzo, ancora un po’ assonnata, quando Patty mi accoglie con questa domanda.

“Ma non ci sono gli allenamenti della squadra?” Chiedo sedendomi e sbadigliando senza ritegno.

“Dopo tutto il “casino” di questi giorni ho voglia di un po’ di tregua!”

Alzo le spalle, mi alzo controvoglia e porto una mano davanti alla bocca non riuscendo a reprimere l’ennesimo sbadiglio.

“Se la metti così, per me va bene, però, prima mi vesto, ok?”

 “Ah, per me è lo stesso, anche se esci conciata in quel modo, chi vuoi che ti dica nulla!”

“Simpatica!”

“Chi, io?” Gatsby sorride con aria divertita.

Scuoto la testa e mi dirigo a piano superiore.

 

Il tiepido sole rende l’aria più mite e non fa avvertire il freddo di quella mattinata d’autunno.

Le strade sono piene di negozi simpatici e non ci vuol molo per rimanerne completamente rapiti.

“Wow!” Esclamo schiacciando il naso su di una vetrina variopinta.

“Guarda che bella quella maglia!”

Il mio sguardo è stato rapito da un maglione dai colori pastello.

“Già, anche se preferisco quell’altra!” Dice Patty indicando un altro capo nella vetrina.

“Che ne dici di entrare e dare un’occhiata?”

Annuisco vivacemente e faccio per seguire la giovane, che ha già aperto la porta dell’edificio, ma, non ho neppure poggiato il piede a terra per fare il primo passo che, un qualcosa di non identificato mi sbatte contro ad una velocità pazzesca.

Il colpo è talmente violento da scaraventarmi a terra e, il qualcosa che mi ha colpito mi finisce addosso.

Per poco non rischio di soffocare (esagerata, lo so!), ma, le risate di Patty, mi fanno aprire di colpo gli occhi.

“Che ha da ridere?” Domando con un filo di voce.

“Scu-scusa, ma avresti dovuto vederti, è stata una caduta troppo buffa!”

“Buffa? Un corno!” Urlo quando il peso svanisce.

Mi sollevo, mettendomi seduta e massaggiandomi il fianco sul quale sono atterrata: “Ahi-ahi… che male…!”

“Scusa, sono mortificato! Mi sono distratto un attimo!” Esclama una voce maschile.

“Un attimo?” Penso tra me: “Adesso te ne dico quattro!”

Mi giro di scatto, pronta ad assalire il tizio che ha parlato, ma sono costretta a spegnere di colpo i bollenti spiriti.

Il giovane che mi è di fronte mi fissa abbozzando un sorriso imbarazzato, mentre il volto gli si imporpora leggermente. Si passa una mano fra i capelli castani, scompigliandoli un po’ e chiede: “Ti sei fatta male?” Sollevando un po’ le sopraciglia e, tendendomi una mano: “Posso aiutarti?”

“I… io… “ Le parole sembrano morirmi in bocca mentre continuo a fissare gli occhi verdi del ragazzo e compiendo uno sforzo enorme per non restare a bocca aperta come una scema.

“Tutto ok!” Esclamo di botto, distogliendo lo sguardo ed afferrandogli la mano, mentre un brivido mi percorre la spina dorsale.

“Cavoli, che mi prende?” Domando a me stessa, quasi in preda al panico.

“Mi dispiace, sono uno sbadato!” Esclama facendo spallucce.

“Giò? Dove sei, impiastro di un ragazzo?”

La voce profonda scuote il giovane che si volta indietro preoccupato ed esclama: “Scusa ancora, devo andare! Ciao!”

Pochi istanti e ricomincia a correre, scomparendo tra la folla.

Apro e chiudo gli occhi, come per accertarmi di essere completamente sveglia e, improvvisamente, mi rendo conto di quello che è successo.

“Assassino! Teppista, delinquente, scellerato! Diavolo di un ammazza pedoni!”

“Ehi, vacci piano con gli insulti!” Esclama Patty sorridendo.

“E perché?” Chiedo indignata.

“Perché te lo stavi praticamente mangiando con gli occhi!”

“Cos… che cosa?” Quasi urlo mentre avverto un calore crescente.

“Scusate, avete visto un ragazzo, circa 16 anni, alto, moro, che correva senza motivo?” Chiede all’improvviso un giovane sui 30 anni alquanto trafelato.

“Un poco di buono?” Domando a mia volta.

“Ehm…no, non direi.”

“Allora sono spiacente, ma non l’ho visto!”

Il tipo sospira sconsolato e ferma un altro passante.

“Forse stava cercando il giovane che ti ha fulminata!” Dice Gatsby ridacchiando.

“Uno del genere dovrebbe essere ricercato solo dalla polizia! Uno che corre in quel modo può aver commesso solo una rapina!”

Incrocio le braccia al petto e comincio a camminare.

“Ma… ma non dovevamo entrare nel negozio?”

“Se tu vuoi andare, vai! A me è passata la voglia e per di più sono tutta dolorante!”

La giovane fa spallucce e scuote la testa: “Ok, ho capito, cupido ha scoccato la sua freccia!”
Evito volontariamente di rispondere alla provocazione, limitandomi ad grugnito cavernicolo.

“È proprio fuori strada, ma che le salta in mente… cupido… mah…!”

Cammino a passo spedito, incurante dei richiami di Gatsby.

“Ma io non lo so, c’è tanta di quella gente strana al Mondo… si, certo, anche io a volte sono strana, però… non penso di riuscire a sorpassare un certo limite… “

“La vuoi smettere di correre?”

“Ti sbagli, Patty, non sto correndo!” Esclamo allungando il passo.

“No? E allora questo come lo chiami?”

“Camminare velocemente!”

“Benissimo, allora, smettila di… camminare velocemente, ok?”

Mi fermo di botto, cominciando a ridacchiare.

“E ora che ti pende?” Chiede Patty con l’aria di chi ha a che fare con una poco sana di mente.

“Niente, è tutto ok!”

“Sono felice per te!”

Sorrido con aria innocente: “Continuiamo il nostro giro?”

“Si, certo, non chiedo di meglio!”

Lancio subito un’occhiata oltre la ragazza: l’insegna luminosa di una pasticceria mi fa venire immediatamente un languorino allo stomaco…

“Pattyyyy… che ne dici di…”

Mi sento afferrare un braccio e trascinare lontano dall’oggetto de miei desideri.

“Ehi, ma… Patty!”

Mi volto indietro cercando la ragazza con lo sguardo.

“Dove stai andando?” Mi sento chiedere, ma non ritengo di essere nella posizione di poter rispondere con precisione.

Senza saperne il motivo, mi ritrovo a correre sul marciapiede, facendo lo slalom tra le persone per evitare di travolgerle.

Uno strattone e mi vedo costretta a girare improvvisamente a sinistra dove la persona davanti a me si blocca di colpo e la sua stretta sul mio braccio si allenta.

Mi piego in due, respirando affannosamente e deglutendo a fatica.

“Scu-scusa ancora, ma… ma…”

“Ma ti ha dato di volta il cervello!

Sollevo la testa e fisso con aria assassina il giovane che mi è di fronte; questa volta il suo bel visino non m’incanta.

”Prima mi scaraventi a terra, poi mi trascini per la strada, ma hai qualche problema?”

Il ragazzo mi fissa con aria colpevole: “Hai ragione, ma… ecco, il tuo era l’unico viso conosciuto…”

“Bella scusa, non avrei saputo inventare di meglio!” Esclamo aprendo le braccia con aria allibita.

“Mi dispiace, ma… sto cercando di… di sfuggire alla mia guardia del corpo!”

“La tua… cosa?”

“La mia guardia del corpo!”

L’espressione seria del giovane è in netto contrasto con la voglia matta che ho di ridere.

“E da quando la gente scappa dal proprio bodyguard?”

“Se sapessi l’intera storia, mi daresti ragione, contaci!”

Gli occhi verdi sembrano implorare, ma io sospiro, per niente convinta.

Sposto lo sguardo oltre il giovane e solo allora mi accorgo di essere in un vicolo cieco.
”Bel modo per scappare da qualcuno!” Penso scoraggiata: “Ok, ora, se non ti dispiace, io tornerei indietro, Patty mi starà cercando!”

Mi volto e faccio per muovere un passo…

“No!” Esclama l’altro afferrandomi per un braccio e tirandomi indietro con uno strattone.

“Ma dico sei impazzito?” Urlo inviperita.

“Io… ti prego, aiutami!”

“Aiutarti? Dopo tutto questo mi chiedi anche di aiutarti?”

“Prometto di spiegarti tutto!”

“Ma con tante persone per strada, proprio contro di me dovevi sbattere?” Domando sospirando con aria afflitta.

“Ti devo un favore!”

“Cos… ehi, aspetta un attimo, non ho ancora detto che…”

Il giovane si irrigidisce al suono di una voce.

“Tienimi il gioco!” Esclama indietreggiando e trascinandosi dietro il mio braccio.

“Povera me, povera me, povera me!” Continuo a gemere mentre l’altro si acquatta contro un muro consunto e mi fa cenno di avvicinarmi.

“Ma chi me lo fa fare!”

Mi piazzo davanti al giovane e domando: “Così va bene, capo?”

Un cenno della testa, accompagnato da un sorriso, e le mie gambe cominciano a non volerne più di stare in piedi.

“Giò?”

Mi giro istintivamente al suono della voce.

Mi sento avvinghiare la schiena da un braccio e sono sul punto di urlare ma mi freno, mentre l’uomo sussurra: “Scu… scusatemi!” Scomparendo dalla visuale.

La mia respirazione riprende solo dopo esser mi allontanata dallo sciagurato che mi è di fronte.

“Grazie!” Mi guarda sorridendo e non riesco a dire altro che :“Di nulla!” Con voce melliflua.

“Ok, sembra che abbiamo via libera!” Si sposta da muro e torna indietro.

“Oh, io sicuramente!” Esclamo riprendendo il controllo e raggiungendo la strada affollata.

“Aspetta!”

“La vuoi smettere di darmi ordini?!” Sbotto innervosita dal suo tono di comando: “Io neanche ti conosco, quindi possiamo andare ognuno per la propria strada!”

Una folata di vento mi fa rabbrividire.

“Fantastico, ora ci manca solo la pioggia!” Mi lamento guardando il cielo che si sta riempiendo di nuvole grigiastre.

“Giorgio Sinar!”

Mi volto verso il giovane senza riuscire a capire cosa stia dicendo: “Cosa?”

“Mi chiamo Giorgio Sinar!”

Lo guardo un po’ infastidita: “ E che ci fai a Fujisawa?”

“Ci vivo!”

Mi sento avvampare per la stupidità della domanda e per l’ovvietà della risposta e rimango in silenzio.

“E tu?”

MI giro dall’altra parte: “Non sono di qui!”

“Eccoti, finalmente!” Patty mi corre incontro.

“Meno male!” Sospiro sollevata.

“Di nuovo lui!”

“Già, sta diventando un’ossessione!”

Il giovane fissa Patty: “Ci conosciamo?”

“Non direi!”

“Eppure hai un’aria familiare!”

“Patty, ti prego, andiamo via o gli salto al collo con le peggiori intenzioni!”

“Dove stavate andando, prima che mi intromettessi?” Chiede il ragazzo, come se nulla fosse.

“Stavamo cercando di fare shopping, ed ora, se no ti dispiace, vorremmo continuare!”

“Se per voi non è un problema posso accompagnarvi!”

Fisso il giovane con aria confusa ma il suo viso ha assunto un’espressione indecifrabile.

“Ma certo, perché no! Così almeno eviteremo intrusioni improvvise!” Gatsby sorride e mi fissa furbescamente.

Alzo le spalle con aria falsamente noncurante. “Per me è lo stesso!”

 

Camminiamo per qualche minuto senza dire nulla, ognuno perso nei propri pensieri quando, ad un tratto, Patty domanda:”Dove hai detto che abiti?”

“Ehm…” Il giovane ridacchia e attende qualche istante prima di rispondere: “Villa Sianar!”

“Davvero?”

“Perché che c’è?” Chiedo stupita per la reazione di Gatsby.

“È una delle ville più grandi nei dintorni!”

Inarco le sopracciglia: “Pensavo che quella più grande fosse di Benji!”

La giovane ridacchia: “Beh, non è l’unica!”

“Ma fra qualche anno sbaraglierete la concorrenza, vero?” Ammicco ad una Patty amaranto.

“Smettila, o ti faccio fare una brutta fine… ti assicuro che non sarà un bello spettacolo e siccome non voglio spaventare nessuno…” Indica con la testa il giovane Sinar: “… sei pregata di piantarla!”

“Ok, ok, mi arrendo!”

Alzo le mani e lancio di sfuggita un’occhiata al ragazzo e che ci guarda divertito.

Un’auto nera di passaggio lo fa bloccare.

“Credo che mi fermerò qui!”

Ci voltiamo entrambe verso Sinar senza capire.

“La fuga è finita, Giò!”

Vediamo avvicinarsi due uomini; il primo porta jeans e giacca scura sotto la quale si intravede una camicia bianca, ed ha un’espressione indecifrabile in volto, il secondo è il tipo che ha parlato e si avvicina con aria imbronciata: indossa un jeans chiaro e una camicia hawaiana dai colori sgargianti.

“E quella sarebbe una guarda del corpo? Mi chiedo costernata mentre il mito della bodyguard dal vestito nero e impeccabile, occhiali da sole scuri e l’auricolare nell’orecchio si frantuma poco a poco e la domanda: “Come accidenti ho fatto a non notare prima quella camicia?” si fa largo insistentemente nella mia testa.

Giorgio alza le mani in segno di resa: “Ok, ho capito, mi arrendo!” Sbuffa scuotendo il capo.

“Questa è la terza volta che faccio questa strada, oggi!

“Solo tre, mi deludi Vinc!” Un sorriso beffardo si fa largo sul volto di Sinar.

“Non abusare del mio buonumore! Su, andiamo!” Afferra il giovane e lo spinge verso la macchina.

“Ehi, perché devi costringerlo a venire con te se non vuole?” Esclamo in vena di atti di eroismo.

Il tizio si volta e mi fissa per qualche istante.

“Perché non tengo mai la bocca chiusa?” Mi chiedo mentre l’altro sogghigna.

“Io ti conosco!”

“Benissimo!” Penso tra me facendo un passo indietro

“So io che ti ci vuole!”

A quelle parole fisso Patty che scuote il capo con aria confusa.

Mi sento afferrare il braccio per l’ennesima volta in quella mattinata e, mentre l’altro uomo apre lo sportello posteriore, vengo letteralmente lanciata nell’auto.

“Mettete giù le mani! Fatela uscire immediatamente!”

Vedo Patty scagliare pugni contro il tipo in giacca e poi nulla più perché avverto un forte colpo al fianco che mi fa gemere: “Ahi! Che cavolo!”

“Questa volta non è colpa mia!” Esclama Giorgio, massaggiandosi la testa.

“Chiamo la polizia!” urla Patty.

“Si, certo!” La voce della bodyguard, con la maglia hawaiana è canzonatoria.

Uno scossone violento e la macchina riparte, mentre qualcuno mugugna: “Ragazzina! Mi verranno i lividi!”

“Fermi! Fermatevi!”

Mi volto e vedo Patty dal vetro posteriore che corre e si sbraccia per poi scomparire in lontananza.

“Magnifico!” Penso da me.

“Adesso, voi due mi spiegate cosa credevate di fare!”

“Niente!” Sbotto abbassando lo sguardo e inarcando le sopracciglia.

“Pensavate di prendermi per i fondelli? Ora vedr…”

“Adesso basta, Vinc!” Urla il ragazzo affianco a me.

“E poi parla al singolare, lei non centra nulla! Le ho chiesto io di aiutarmi… piuttosto, perché l’hai spinta in macchina?”

“Vorrei presentarla a tua madre…così le farà il terzo grado e le passerà la voglio di giocare a guardie e ladri?”

“Io non stavo giocando a…”

“Si, si, lo so, dicono tutti così!”

“Ma…” Fisso allibita il giovane Sinar e improvvisamente mi viene una voglia matta di aprire lo sportello e uscire fuori dalla macchina. Guardo con mal celato interesse la maniglia e sto quasi per avventarmici sopra quando una mano sulla spalla mi ferma.

“Tranquilla, a mia madre ci penso io!” Mi sento sussurrare all’orecchio e con un sospiro accantono l’idea della fuga: “Ma perché non mi ha colpita un fulmine quando ho deciso, mio malgrado, di aiutarlo?”

 

Una manciata di minuti e la macchina si ferma davanti ad un altro cancello.

“Che iella… se mi chiudono dentro non posso neppure scavalcare!” Sorrido con aria tetra mentre la macchina entra all’interno.

Una costruzione color rosa pesca fa la sua bella figura, contornata da un vasto appezzamento di terreno.

“Beh!” Penso facendo spallucce: “Non è poi così grande… almeno non come la futura casa Hutton!” Sghignazzo un po’ troppo ad alto volume.

“Che c’è, ti fanno ridere le case di questo colore?” Domanda “mister Hawaii” con voce sprezzante.

“No, assolutamente, non vedo come potrebbero, se la tua camicia mi ha lasciata indifferente!”

“Tu! Piccola…”

“Vincent, ti prego!” Esclama Giorgio non riuscendo a reprimere un sorriso.

Scendiamo dall’auto e non abbiamo neppure il tempo di fare pochi metri, che la porta d’ingresso viene spalancata da una donna dall’aspetto gradevole: ha i capelli corvini che le arrivano sotto il mento ed indossa un abito alla moda.

Ha l’aria alquanto nervosa e quando si accorge della mia presenza mi lancia un’occhiata indignata.

“Cominciamo bene!” Dico in un soffio.

“Dove sei stato!” Chiede con voce gelida.

“Solo a fare un giro!”

“Lei chi è!”

“È stato Vincent a spingerla in macchina… contro la sua volontà!” Lancia uno sguardo alla guardia del corpo che si limita ad alzare le spalle.

“Entrate!”

Il rumore delle scarpe alte della donna, rimbomba nell’ampio atrio d’ingresso, rendendo il tutto alquanto surreale.

Rimango ancora qualche secondo sulla soglia: “Sembra una casa stregata… e lei è la donna vampiro!” Penso tra me inarcando le sopracciglia.

“Solo pochi minuti e poi ti farà andare via!” Sussurra il giovane Sinar, invitandomi ad entrare.

“Se lo dici tu… “ Muovo pochi passi all’interno e il portone si chiude alle mie spalle.

Seguo Giorgio fino ad un’ampia stanza e mi accomodo su di una poltrona color avorio.

La porta viene chiusa dal ragazzo mentre mi dice, lanciandomi un’occhiata: “Non farti spaventare da mia madre! In realtà non è così burbera!” Sospira e si accomoda su una delle sedie che circondano un grande tavolo ovale: “Vedi… quando avevo cinque anni i miei genitori si sono separati, mio padre ha lasciato la casa e, stando a quello che dice mia madre, anche il Paese!”

“Cioè, ora vive in un’altra nazione?” chiedo dubbiosa.

“Si, per quanto ne so sembra di si! Da allora io rappresento per mia madre tutta la sua famiglia. Sono affezionato a lei come lei a me solo che… ecco, il suo attaccamento rasenta il morboso, credo! È gelosa di me, forse più di quanto lo sia stata di mio padre. Fino a qualche anno fa non risentivo della situazione ma da quando ho cercato di avere più indipendenza, beh, è stato quasi il caos! È per questo che ha assunto Vincent!”

“Per tenerti d’occhio?!”

“Si, anche se non ci riesce più di tanto!” Il giovane sorride furbescamente: “Ogni volta è la solita storia!”

“Quindi non sono la prima persona che finisce nelle… grinfie di tua madre!?”

“Assolutamente!”

“Questo mi rincuora!”

Un tuono ci fa voltare verso la finestra.

“Uff… spero che qualcuno abbia il buon cuore di darmi un passaggio…!”
”Signor Sinar, la vogliono al telefono… credo sia quella ragazza manesca di prima!” L’uomo entra nella stanza porgendo la cornetta del cordless al ragazzo che però non fa in tempo a rispondere perché quasi gli salto addosso afferrando il ricevitore: “Patty!”

“Tutto bene? Sei viva?!”

Caccio la lingua: “Per tua sfortuna si!”

“Che stai facendo?”

“Niente di che… c’è la signora Sinar che… beh, penso voglia farmi il terzo grado, ma credo di riuscire ad arrivare per il pranzo!” Dico sorridendo mentre vedo l’uomo che esce, chiedendosi la porta alle spalle.

“Perfetto, allora ti aspetto… ah… stai attenta!”

“A cosa?”

“Boh, non lo so, era giusto per dire!”

La sento ridacchiare dall’altro capo della cornetta: “Va bene, come vuoi, ciao!”

Chiudo la chiamata e vado a sedermi di nuovo. In quel momento la porta si riapre e sulla soglia compare la signora Sinar che, camminando lentamente, percorre tutta la stanza in silenzio. Si ferma davanti alla finestra e guarda fuori, dove, nel frattempo è cominciata a scendere una leggera pioggerellina e il paesaggio è stato oscurato dal nuove plumbee.

“Allora, cosa ti è preso, questa volta?”

“Niente, mamma, volevo andarmene in giro da solo, tutto qui!”

“E perché, allora, Vincent ti ha trovato in compagnia di questa signorina?” Chiede girandosi e indicandomi con il capo.

“Le ho chiesto solo di aiutarmi!”

“E ti sembra quello il modo di chiede aiuto?!”

Il giovane sospira, frustrato: “Non ho avuto molto tempo per riflettere!”

“E la nostra ospite cos’ha da dire?”

“Sono stata coinvolta senza volerlo! Io stavo solo cercando di fare compere!”

“Queste ragazze d’oggi! Bene, però non metti in dubbio il fatto che mio figlio sia un buon partito, o no?”

A quelle parole fisso la donna allibita mentre il giovane salta in piedi: “Ma cosa dici? Ti sembrano domande da fare?”

“Sto solo cercando di fare conversazione!” Esclama la signora con noncuranza: “Allora, sto aspettando una risposta!”

“Quando suo figlio mi ha trascinata per la strada, non sapevo neppure come si chiamasse! Fra l’altro non sono neppure di qui! Sono ospite da un’amica!” Sbotto continuando a fissare la donna negli occhi.

“E da dove vieni?”

“Europa!” Mi lascio sfuggire un ghigno all’espressione contrariata della signora Sinar.

“Sei per caso una girovaga?”

“No di certo!”

Gli occhi della donna si riducono a due fessure: “Bene, ma ciò non toglie che la tua amica… quella che ha preso a pugni Stean, non ti abbia, come dire… informata!

Sbuffo ed esclamo: “Non vedo perché dovrei essere interessata a suo figlio! Non lo conosco neanche da un’ora!” A dispetto delle mie parole però, mi sento avvampare ed abbasso lo sguardo. Avverto la donna tossire, come per voler smentire la mie parole. Comincio a sentire la rabbia salire; serro i pugni lungo i fianchi, ma, cercando di parlare con un tono di voce calmo, domando: “Ora posso, per favore, tornare a casa della mia amica?” Alzo di poco lo sguardo e vedo l’altra che mi fissa con malcelata ironia: “Ci sono ancora della cosa che debbono essere chiarite.”

“Quali cose?”

“Adesso non sono dell’umore giusto!” Esclama attraversando la stanza ed avvicinandosi alla porta.

“Ma… io non posso rimanere qua a vita!” Sbotto inviperita, alzandomi con una scatto improvviso.

“Ed io non intendo discutere con una ragazzina!” Urla la donna con il volto rosso.

“Questo è sequestro di persona! Io chiamo la polizia!”

“Provaci!” Esclama la signora con un sorriso beffardo.

Sento la rabbia ribollirmi dentro mentre gli occhi prendono a bruciarmi.

“Quando avrai perso quest’aria di strafottenza e potremo parlarne da persone civili, potrai andare dove vuoi!”  Si allontana velocemente e sbatte la porta.

Nella stanza cala il silenzio.

“Tutto bene?” Chiede Giorgio avvicinandosi.

Annuisco senza parlare, mentre cerco di far sbollire la collera.

Guardo nel vuoto, ma, quando avverto una mano che mi si poggia sulla spalla, vengo scossa da un brivido.

Il giovane lascia la presa a mi viene di fronte. Evito di guardarlo e resto in silenzio anche quando mi sento stringere in un abbraccio. Resto immobile per qualche secondo fin quando non circondo a mia volta la schiena del giovane.

Restiamo in silenzio, senza neanche provare a parlare, tanto da riuscire ad avvertire il rumore della pioggia, che nel frattempo è diventata battente.

“Mi dispiace” Sussurra il giovane: “Scusala se puoi!”

Scrollo le spalle e mi allontano di un passo: “Quando sarò fuori di qui, forse troverò il coraggio per farlo!” Sorrido leggermente e guardo fuori dalla finestra, sospirando.

“Mi è venuta un’idea!”

Guardo interrogativamente il giovane che mi afferra una mano e prende a trascinarmi per la casa, facendomi salire le scale.

“Perché non usiamo la porta?” Chiedo, con il terrore di sapere quello che ha intenzione di fare.

“Troppo prevedibile!” Il giovane scrolla le spalle.

Entriamo in una stanza vuota, con all’interno un solo armadio, che il ragazzo apre tirandone fuori delle lenzuola.

“Non vorrai… o povera me!Non potrei mai farcela! E poi, non so se hai presente quell’ammasso di ferraglia che circonda la tua casetta!?”

Giorgio annuisce mentre comincia a strappare la prima striscia di cotone: “Si, lo so, ma ho usato questo metodo  per la prima volta a 11 anni, e sono ancora vivo!”

“Se lo dici tu… ma io ancora non mi fido! Sarebbe più sicuro uscire dalla porta d’ingresso!“

Un ghigno compare sul volto del giovane: “Si vede che non conosci mia madre!”

 

Guardo con aria scettica, l’ammasso di lenzuola bianche, posate a terra: “Tu sei pazzo, completamente pazzo! E non sto scherzando!” Esclamo quando il ragazzo apre il balcone, oltre il quale la pioggia continua a cadere con forza.

“Pronta?”

“No! Non ho nessuna intenzione di calarmi da un balcone! Adesso uscirò da questa casa!” Esclamo incrociando le braccia: “ E lo farò usando la porta!”

Esco dalla stanza scuotendo con foga la testa: “Ma dove sono capitata! Ma come mi è saltato in mente di perdere tutto questo tempo guardando un tizio mettere insieme tante strisce d cotone… ho bisogno di aria!”

Scendo velocemente la scalinata ma prima che possa arrivare alla fine, vedo arrivare Vincent di gran carriera: “Dove credi di andare?”

Mi blocco e fisso l’uomo senza dire nulla.

“Forse ancora non hai capito chi comanda in questa casa!”

L’uomo socchiude gli occhi e incrocia le braccia al petto.

Inarco le sopracciglia e sbuffo rumorosamente: “ E va bene, come non detto!”

Mi giro e risalgo gli scalini uno ad uno.

“Si, brava, vai a fare la nanna!” Una risata ironica.

“Idiota!” Serro le labbra e raggiungo il giovane.

Lo ritrovo intento a fissare la corda di lenzuola.

“Pronta?” Chiede nuovamente, come se non fossi mai uscita dalla stanza.

Lo guardo con aria dubbiosa: “ Sto sognando… sto avendo un’allucinazione, tutto questo è troppo… strano per essere vero!”

Esco sul balcone e spruzzi di pioggia cominciano a bagnarmi i jeans e le scarpe. Deglutisco e afferro il tessuto bianco, per poi scavalcare l’inferriata.

“Ok, stai calma, è tutto ok, stai solo sognando… o forse stai impazzendo, ma tanto è la stessa cosa… stai cal…!”

Una mano che si posa sulla mia, blocca il mio… flusso di coscienza e mi fa alzare lo sguardo. I miei occhi incrociano quelli del giovane Sinar e per la prima volta lo vedo teso.

“Stai attenta!”

“Cercherò!” Sussurro continuando a fissarlo: “Forse era a questo che si riferiva Patty!”

Scuoto la testa e impedisco alla mia testa di formulare altri pensieri.

Comincio a scendere… lentamente, molto lentamente… le mani bagnate dalla pioggia e dal sudore, i piedi che penzolano nel vuoto… un improvviso colpo di vento e comincio ad oscillare paurosamente da una parte all’altra: “Oddio, ora precipito!” Penso mentre mi irrigidisco sulla fune improvvisata: “No, non voglio morire! Sono troppo giovane! Non voglio essere raccolta da quelli della scientifica!... orrore, poi dovranno farmi l’autopsia… e se…”

Un brivido di freddo mi distogliere dai miei pensieri (devo dire, molto filosofici!) facendomi aprire gli occhi. La pioggia mi colpisce violentemente il viso, la mia visuale è ridotta praticamente a zero…

“Tutto a posto?” Mi sento chiede da un punto sopra di me.

“Si, si tutto bene… almeno credo!”

Abbasso una mano dopo l’altra e riprendo a scendere finché, senza preavviso, mi ritrovo con la terra ferma sotto i piedi.

Tiro un sospiro di sollievo mentre porto una mano al petto: “Mai più! Mai più una cosa del genere… non posso rischiare di farmi venire qualcosa… se tutti gli uomini fossero stati abituati ad uscire così dalle abitazioni, perchè avrebbero dovuto costruire le porte?”

Alzo la testa, gli occhiali colmi di piccole gocce, e fisso il balcone dal quale il giovane Sinar sta cominciando a scendere: è decisamente più pratico di me!

Una fascio di luce compare dalla stanza. Trattengo il respiro mentre il ragazzo è quasi arrivato a terra…

“Giò?”

“È Vincent!” Sussurra Giorgio scendendo a terra senza far rumore.

“Giò?” La voce si fa più forte e vicina.

Guardo il ragazzo e poi le lenzuola che penzolano dal balcone.

“Corri!” Esclama indicando un punto imprecisato del giardino.

Non me lo faccio ripetere due volte e, arrivata di fronte al cancello d’ingresso di Villa Sinar, mi blocco, indecisa sul da farsi. Guardo in su, l’enorme ammasso di ferro e inclino la testa da un lato, sospirando: “So già cosa mi toccherà fare!”

“Allora, non sali? Hai paura?” Sghignazza il giovane, con il fiatone.

“Non un’altra parola o giuro che mi siedo qua e non muovo neppure più un passo… tu e le tue idee brillanti!” Scuoto la testa e comincio ad arrampicarmi.

“Te le cavi bene! Forse in una vita passata eri una scalatrice!” Esclama con aria ironica.

“Simpatico! Questo è puro istinto di sopravvivenza!”

 

Arrivare in cima non è poi tanto difficile, lì però la cancellata si conclude con punte di ferro acuminate.

Le squadro ed esclamo, con un sorriso sinistro: “ A prova di ladro!”

“Tranquilla, ce la facciamo!”

“Dimmi un po’, hai fatto anche questo all’età di 11 anni?”

“No, a dire il vero quando tentai di scappare, fui afferrato da mia madre prima che potessi mettere un piede aldilà del balcone!”

Alzo gli occhi al cielo: “Fantastico!”

“Su, donna di poca fede! Un piede su quella sporgenza ed è fatta!”

“Oh, un piede su quella sporgenza ed è fatta!” Esclamo scimmiottando la voce del ragazzo: “La fa semplice, lui!”

Poggio il piede dove mi è stato indicato e, con una spinta più forte del dovuto, mi ritrovo a fare acrobazie sotto la pioggia… altro che cantare!

Finalmente mi ritrovo dall’altra parte e, con un sospiro di sollievo comincio la discesa, con le mani che tramano ogni qualvolta lascio la presa per scendere più giù.

Sono a pochi metri dal suolo quando decido di saltare e atterro sull’asfalto nero, con le gambe intirizzite per l’impatto.

Un tonfo mi fa voltare: “Allora, hai visto, è stato facile!” Esclama il ragazzo sospirando con aria soddisfatta:

“Ok, si, lo ammetto!” Dico massaggiandomi le gambe, che non vogliono smetterla di tremare: “Ma ora se non ti dispiace, io me ne torno indietro!”

Camminando velocemente mi allontano sempre più dall’imponente abitazione e, anche se non sono sicura al 100% di riuscire a trovare la strada, continuo, con andatura immutata.

“Certo che sei strana!”

“Strana?” Domando, appena il ragazzo mi si affianca.

“Si, lo sei!”

“Ah, ma mai quanto te…accidenti a questi occhiali!” Sbotto stizzita, togliendoli e cercando di pulire le gocce di pioggia con la maglia bagnata, riuscendo solo a peggiorare la situazione: “ Dovrei far istallare dei tergicristalli!”

“Cosa?” Domanda il giovane cominciando a ridere.

“Ehi, non prendermi in giro! La mia è un’idea geniale!” Mi blocco e guardo con aria torva la strada.

“Che c’è?”

“Un secondo! Non so se l’hai notato, ma sono leggermente miope e in questo momento non riesco neppure a distinguere la tua faccia!” Esclamo facendo oscillare paurosamente gli occhiali che ho in mano: “ Però riesco a vedere il sorriso stupido che stai facendo adesso!” Sbotto non riuscendo ad evitare mio malgrado di ridere. Il ragazzo tossicchia  e si volta.

 

In una manciata di minuti, arriviamo al punto in cui siamo stati caricati in macchina, qualche ora prima e, senza preoccuparmi del fatto che sia bagnata, mi siedo pesantemente su di una panchina.

“Tregua! Non ne posso più!”

Respiro profondamente e guardo la pioggia che continua a scendere con il suo immutato ticchettio. I passanti, sotto i loro ombrelli variopinti, camminano con passo affrettato, lanciandoci occhiate scandalizzate. Sorrido, incurante  e, a dispetto perfino della pioggia che continua a bagnarmi il viso, mi sento bene. Sono completamente inzuppata d’acqua, ma avverto un calore dentro... sarà tutta quella situazione assurda: l’essere a Fujisawa, il trovarmi in un nazione straniera, l’aver conosciuto persone che non ritenevo reali, il trovarmi, sotto un  acquazzone, con una ragazzo che mi manda in confus…”

“Ti senti bene?”

Apro gli occhi di colpo: il giovane Sinar mi scruta con aria curiosa.

“Ehm… io… no, niente, mi ero rilassata a tal punto che… stavo riflettendo, ecco tutto!”

Distolgo lo sguardo mentre mi sento arrossire.

“Accidenti, hai la capacità di disturbarmi nei momenti meno opportuni!”

“Scusate tanto, signora badessa se ho interrotto i vostri gravi pensieri!”

Sorrido e mi alzo: “ Ma smettila!”

Il giovane comincia a ridacchiare: “Di tipi strani ne ho incontrati, ma tu li batti tutti!”

“È la seconda volta che me no dici e se questo era un pessimo tentativo di fare un complimento, apprezzo la buona volontà!”

Il giovane mi fissa senza dire niente ed io aumento l’andatura procedendo per quella che mi sembra essere la strada giusta.

“Da quanto tempo sei qui?”

“Perché?”

“Sai dove stai andando?

“Penso di si e anche se non lo sapessi, non me ne farei un problema! Ci sarà di sicuro qua intorno qualcuno che sa dov’è casa Gatsby! E se non lo trovo, chiederò di casa Hutton!”

“Hutton?” Chiede l’altro con aria dubbiosa: “Il calciatore?”

“Si, certo, Oliver Hutton!”

“E a cosa ti servirebbe, scusa?”

Sbuffo, per poi sorridere: “Patty è la manager della squadra… mi sembra ovvio che Holly sappia dove abiti!”

“Ecco perché aveva un viso conosciuto!” Esclama Giorgio sbattendosi una mano sulla fronte.”Hai conoscenze importanti, allora!”

“Si, modestamente!” Assumo un’aria di finta importanza per poi guadare di sottecchi il giovane che guarda distrattamente la strada. Alzo lo sguardo e vedo finalmente qualcosa di vagamente familiare.

“Dev’essere quella!” Esclamo indicando un’abitazione.

Suono al campanello e rimango in attesa… il portone viene aperto da una signora anziana.

Rimango a fissarla con la bocca mezza aperta: “Che sia la nonna di Patty?” Mi chiedo mentre la donna mi scruta con aria contrariata: “Cosa volete, signorina?!”

“Ehm… io stavo cercando casa Gatsby!”

La signora indica con la mano l’abitazione attigua: “È quella!”

“Ah…” Sorrido imbarazzata: “Scusate!”

“Buongiorno!” Esclama la donna, chiudendo la porta.

Ridacchio da sola e torno indietro.

“Bella memoria!”

“Zitto!” Sbotto spingendo il giovane con una mano.

 

“Cos’è successo?” Domanda Patty, appena aperta la porta.

“Ehm…siamo scappati!”

“Chi? Cos… va bene, non lo voglio sapere!” la giovane sospira scuotendo i capo  e allontanandosi dell’ingresso per farmi entrare.

“Allora, io vado!” Dice il giovane Sinar, fuori dall’abitazione.

“Non vuoi un ombrello?” Chiede Patty.

“Non grazie, ormai non ne ho più bisogno… tanto è quasi sicuro che incontrerò Vincent per la strada!” Sorride facendo qualche passo indietro e salutando con la mano.

“Ciaociao!” Esclamo salutandolo a mia volta.

Il giovane si vota e si allontana lentamente…con la pioggia che continua a cadergli addosso, impietosa.

“Spero di non rivederlo più!” Sbotta Patty chiedendo la porta.

“Già…” Sussurro accennando un sorriso: “Anch’io…” Sospiro e, lanciando un ultimo sguardo alla porta, seguo la giovane al piano superiore.

 

 

 

   
 
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