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Autore: LairaWolf    09/12/2012    4 recensioni
Duncan si è appena trasferito in un luogo sperduto, a due passi da una foresta misteriosa. Qui troverà qualcuno di molto speciale, che occuperà il suo cuore. Ma la verità è un'altra... una verità orribile, che metterà a rischio la sua stessa vita.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duncan, Gwen | Coppie: Duncan/Gwen
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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CAPITOLO 6 - La fiducia
  
"Non devi venire... te lo proibisco" 
 

 

 
Mi risveglio sul letto, a pancia in su. Sento qualcosa sulla testa, che preme e che ruota. E una strana sensazione di calore e qualcosa di... Frizzante. Sì, frizzante.
Provo ad aprire gli occhi e lentamente ci riesco. Non metto subito a fuoco, e le prime cose che vedo sono un sacco di macchie di grigio.
-          Duncan?? Duncan??? Svegliati! –
-          Mmhngrfhgt... Sì? –
Improvvisamente sento piangere. Ma non singhiozzi qua e là, proprio un pianto dirotto. Cerco di alzarmi, ma mi gira fortemente la testa e la pressione che avevo sulla testa si fa più intensa, spingendomi giù.
-          No, non ti a-alzare... Rimani q-qui, okay? B-bravo... –
Capisco che è Gwen a parlare. Sento anche il suo odore. Ma che cavolo è successo? Così, improvvisamente mi sono sentito malissimo...
-          Gwen... Che cosa è successo? Smettila di piangere, sto bene... –
Ma lei non smette. Raccolgo tutte le mie forze per alzarmi e girarmi verso di lei. Riesco a vedere abbastanza bene da capire che ha gli occhi gonfi e il viso rigato di lacrime. La guardo duramente.
-          Ho detto: smettila di piangere. –
Mi guarda sorpresa e terrorizzata. Ma singhiozza ancora.
-          Ho detto SMETTILA! –
Cade a terra, sbattendo contro il muro sotto la finestra. Mi alzo a fatica e la raggiungo, senza togliere mai per un secondo il mio sguardo dal suo.
-          Smettila. Non c’è nemmeno un motivo per piangere in questo modo. Sei patetica. -
Emette un gridolino di stupore, guardandomi spaventata con i suoi occhi neri.
Ma che mi sta succedendo? Erano mesi che non ero più così...
Il dolore alla testa riprende appena Gwen mi sfiora con la mano. Cado sul pavimento, prendendomi la testa fra le mani, urlando. È come se qualcuno mi avesse conficcato una lama nella testa e la stesse rigirando.
Le mie mani vengono tolte, un corpo esile si appoggia sul mio e altre mani finiscono sulla mia testa. E poi la sento. Il canto che tempo fa avevo udito mentre andavo da Gwen. Lo cantava lei.
Lo sento ora, ma è come un mantra, cantato sussurrando. Le mani riprendono a fare cerchi sulle mie tempie e improvvisamente ritorna la sensazione di caldo e frizzante. È tutto così strano...
-          Duncan... Tranquillo... io sono tranquilla, quindi anche tu... Sei tranquillo... Se io sono arrabbiata, lo sei anche tu...–
Che vuole dire? Che significa se lei è calma allora lo sono anch’io?
Cerco di risollevarmi ma lentamente, in modo che capisca che sto bene e non le foglio fare nulla. Mi metto a sedere e la guardo.
-          Che vuoi dire? Prima, hai detto... Che se tu sei calma, lo sono anch’io... E poi... Prima... Intendi un fatto psichico? –
Abbassa la testa, abbracciandosi le ginocchia.
-          Vedi, devo confessarti una cosa... ma non lasciarmi da sola... Ti prego... –
-          Non capisco nulla Gwen. Io non ti lascio, promesso, ma dimmi che succede. Ti prego! –
-          Vedi... ti sarai accorto che non sono del tutto... Normale. –
-          Sì, ma non mi importa. Continua. –
-          C’è una cosa strana: quando ho un’emozione forte, di qualunque genere, basta che tocco una persona alla quale tengo molto e... Che tiene a me a sua volta, riesco a fargli provare queste emozioni. Non lo so perché. Anche con la mia mamma succedeva spesso: quando era triste io lo avvertivo e diventavo triste anch’io. Solo che tu... anche tu eri triste prima vero? Perché... Hai reagito male, molto male... Oppure il tuo spirito non è riuscito a reggere quello che ti ho trasmesso... –
-          Ferma, ferma! Vuoi dire che, come in una sorta di telepatia, io ho provato quello che provavi tu grazie al fatto che ci eravamo toccati? –
-          Sì... –
-          È assurdo! Gwen sii realista! Sarà stata una coincidenza, mi farà male la testa perché avrò la meningite... suvvia! –
-          Ma è vero! Te lo posso giurare! –
-          Gwen, il gioco è bello quando dura poco. –
-          Ma... Duncan... –
Mi blocco. Gwen ha gli occhi lucidi, ed è lì lì per piangere. Oddio, ma che ho fatto? Non mi sarei mai comportato così in una situazione normale... ma che mi sta succedendo??
-          Gwen... Mi dispiace... –
-          Anche a me. –
-          Senti, io non volevo dire quello che ho detto... non mi sento in me... –
-          Duncan, non ci credo. –
Carogna. Utilizza la mia stessa moneta ma stavolta contro di me.
Si alza, dirigendosi verso la finestra. La apre e fa per scendere. Io mi precipito su di lei e la prendo per il braccio prima che possa scendere sulla quercia.
-          Dove vi Gwen? –
-          A casa mia. Lontano da te. Lo sapevo che in fondo, eri come tutti gli esseri umani. Ma io no, volevo continuare a credere che mi volevi bene per quello che ero. Ciao Duncan, e ora lasciami! –
Diede un forte strattone e la mia presa sul suo braccio non ci fu più. Non ci fu più nemmeno lei. Un scroscio di foglie, rami che si spezzano e un tonfo.
Sbarrai gli occhi. Incapace di muovermi.
Gwen era sotto al quercia, a quattro zampe, perfettamente ritta. Mi ricordava molto un gatto: aveva addirittura la schiena dritta e la testa alta. Mi stupì non poco questa dimostrazione di abilità. Si mise in piedi e si girò verso di me.
-          Non venire da me la terza sera. –
-          Come? Non ho capito quello che vuoi dire. –
Sbuffò e si pulì le braccia.
-          Le prossime due sere puoi venire da me normalmente. Ma la terza sera no. Te lo vieto assolutamente, non devi nemmeno uscire di casa. Sono stata chiara? –
-          Sì, certo... Ma perché non posso venire da te? Mi dici almeno il motivo? –
-          No. Mi dispiace. Ciao, ci vediamo. – e fa per andarsene.
-          Aspetta!! – Gwen si ferma, girandosi. – Almeno stasera... Rimani qui a dormire. Ti prego... –
Cerco di non far notare nella mia voce un tono di supplica. Difficilissimo.
Il fatto è che... non lo so, ma è come se avessi rovinato tutto. Io non volevo dire quelle cose, mi sono uscite prima di me, come se il mio cervello non avesse filtro.
Gwen mi guarda dal basso, è un po’ lontana ma vedo chiaramente i suoi occhi lucidi.
-          No, per stasera non voglio più stare con te. Ci incontriamo domani sera, se vuoi. Ciao. –
E prima che potessi ribattere, è già svanita nel nulla.
Rimango lì alla finestra, fermo come un baccalà. Quando riesco finalmente a recuperare la sensibilità, lentamente chiudo la finestra e abbasso le tende. Mi lascio cadere a peso morto sul letto: è ancora caldo. Immergo la testa nel cuscino, aspirando l’odore di Gwen. Continuo a pensare a poco fa e continuo a cercare risposte. Seriamente quello che mi diceva Gwen era vero? È possibile che mi abbia trasmesso le sue emozioni? Ed è possibile che per colpa di quelle emozioni io sia svenuto con un atroce mal di testa? In effetti la seconda volta che mi sono sentito male lei mi ha preso la mano e solo in quell’istante ho avvertito dolore. Forse dopotutto, non è stata una coincidenza...
E poi quando le ho risposto in quel modo? Insomma... Mi sono allenato tanto per cambiare tutto di me, ho cambiato il mio essere per essere apprezzato dai miei genitori e per evitare che si lasciassero... Il punk strafottente e cinico, dalla risposta pronta e tagliente me lo ero lasciato alle spalle dopo lunghe sedute di psicologa e mi sono creato una lavagna nuova, dove sto disegnando quello che voglio essere. Ma è come se qualcuno avesse preso un gessetto e sulla lavagna avesse disegnato il punk maleducato che ero una volta. Io non mi sentivo più in me.
So che tutto questo può sembrare un vaneggiamento senza senso, un capriccio... Ma è quello che penso, e mi sta frullando nella testa come una farfalla impazzita.
Guardo l’ora: le due e mezza del mattino. Forse è il caso che vada a dormire.
 
 
Il mattino dopo mi sveglio e mi sento la testa di svariate taglie più grossa, insieme a un sapore amaro in bocca. Sono appena le undici ed è molto strano il fatto che io non abbia sonno. Sono stanco moralmente, questo sì, ma non ho sonno.
Vago come uno zombie tutta la mattina per casa, pulendo e sistemando eventuali disordini dovuti a ieri sera. Mi sento anche molto... Malinconico. Sì, malinconico. Non triste.
Mia madre arrivò solo alle cinque del pomeriggio, quando io praticamente ero in uno stato semivegetativo. Entrò quasi a passo di danza, sorridendomi in modo ebete.
-          Ciao Duncan! Come hai passato queste ore? –
-          Mi sono annoiato a morte. Tu invece? Ti vedo contenta... – e mi siedo sul divano.
-          Sì infatti! Questa conferenza è stata un’idea geniale, è andato tutto ben oltre le aspettative! – si siede pure lei. – Vedrai, fra non molto avremo tanti soldi! Non sei contento?? –
-          Sì, mamma... –
Mia madre non è convinta: glielo leggo in faccia.
-          Duncan... Va tutto bene? –
-          Sì, certo. Perché... Me lo chiedi? –
-          Rispondi a monosillabi, hai un tono che esprime tutto fuorché felicità e hai una faccia simile a uno che deve fare un’operazione senza anestesia. Secondo me c’è qualcosa che non va... Su, a me lo puoi dire. –
-          Mamma, ti giuro che va tutto bene. –
-          Non è vero. –
-          Okay. Perché tu e papà vi siete lasciati? Non me lo avete mai spiegato. È per caso colpa mia? Colpa del mio comportamento? Dimmi la verità. –
Stavolta è lei che ha la faccia di uno che deve fare un’operazione senza anestesia. Fa un lungo sospiro.
-          Beh, vedi... Lo sai che ci siamo sposati perché mi aveva messo incinta mentre eravamo fidanzati. Non sembrava tanto allegro di prendersi tutte queste responsabilità. Ma dopo il matrimonio sembrava che tutto andasse per il meglio e lo sembrava anche dopo che sei nato. Ma poi... Lentamente ci siamo allontanati. Tuo padre non sopportava più la vita familiare e... Me. Così cominciò a farsi quella sottospecie di Bambi bionda. E mi lasciò. Tutto qua. Tu non centri niente, cucciolo... –
-          Ma io credevo che fosse colpa mia, del mio comportamento maleducato e strafottente. Quando vedevo che tra voi le cose non andavano, mi sono impegnato a cambiare, ti ricordi tutti quei pomeriggi spesi dalla psicologa? Cercavo di cambiare. –
-          Lo abbiamo notato, Dunky... –
-          Non chiamarmi così. Ecco, io credevo che fosse per colpa mia, ma quando un mese fa avete firmato il modulo di divorzio... Mi sono sentito male. Era come se avessi lavorato duramente per niente. Vi eravate lasciati: erano finiti i bei giorni della vita tranquilla a casa nostra. Ho capito che non ero più un bambino, ma anche che ero completamente solo. Tu eri febbrile, papà glaciale. –
-          Oh... Mi dispiace... Ma se mi avessi detto... –
-          Mi avresti sbranato. –
-          Ma non dire... – si blocca. Ho ragione. – Sì, forse è vero... Ma ero ancora sconvolta per il divorzio... non è facile. E scusami se ti ho trattato in quel modo... –
-          Sai una cosa? Mi sembra troppo surreale, quasi finto, il fatto che tu, così facilmente ti scusi, pentendoti delle tue malefatte. –
-          Sono sincera. –
-          Lo spero. Tu e papà mi avete fatto molto male. Non sapete quanto. Ma ora è passato. Grazie per aver spiegato. E... Non mi dispiace il termine “Bambi Bionda” per quella sottospecie di battona. –
-          Oh. Credevo che ti stesse simpatica quella donna… –
-          Mi sta sul culo e non sai quanto. Spara rifatta e finto da tutti i pori. Orribile. –
-          La cosa mi fa piacere. Comincio a preparare da mangiare! –
 
Sono ancora un po’ stordito, ma sono deciso ad andare da Gwen. Mia madre si è decisa ad andare a dormire solo mezz’ora fa e sono le dieci e mezza. Con molta cautela scendo la quercia, cercando di coprirmi gli occhi dal forte vento che sbatte i rami di qua e di là. Ma riesco a scendere intero e correndo in modo folle, arrivo all’entrata della tana di Gwen. Appena entro la mia testa sembra esultare dal fatto che il tormento ventoso sia finito: il vento mi fischiava nelle orecchie in modo moooolto fastidioso. Quando ho finito di percorrere tutto il corridoio, c’è Gwen sdraiata sul letto intenta a leggere dei vocabolari che le avevo portato due giorni fa, insieme a dizionari e il famoso libro di religione. Tanto non mi serviva più a niente...
Si gira e mi guarda. Accenna a un saluto con la testa e ritorna a leggere. Sicuramente è ancora arrabbiata con me...
Mi siedo vicino a lei, cercando di essere amichevole ma non si gira nemmeno.
-          Ciao Gwen... –
-          Ciao. –
-          Sei ancora arrabbiata? –
-          No. Ti sto solo valutando di nuovo. –
-          Che vuoi dire? –
-          Ti credevo diverso. Speciale. Ma anche tu mi emargini per tutte le stupidaggini che dico, nevvero? – (sicuramente questa parola l’ha trovata nel dizionario).
-          No! Senti Gwen, io non mi controllavo, non volevo dire quelle cose. È come se... Qualcuno mi stesse obbligando a dirle. –
-          Non ci credo. –
-          E hai ragione... Non ti do torto. Mi dispiace. È l’unica cosa che posso dire di concreto. –
Silenzio. Si diverte tenendomi sulle spine??
-          Giuralo Duncan. –
-          Lo giuro Gwen. Giuro, giuro e giuro. –
-          Hai giurato tre volte, come nel film di ieri. –
-          Vedo che qualcosa hai imparato... –
-          Sì... –
Non mi guarda ancora  ma almeno ha smesso di sfogliare il vocabolario. Sospira.
-          Duncan  non mi sto divertendo a “tenerti sulla spine”, – ma legge nel pensiero?? – il fatto è che non so se fidarmi ancora di te. Io qui ho da perdere la vita, devo capire di chi mi posso fidare. E poi ho letto in giro “Meglio soli che mal accompagnati”. –
-          Quindi... – deglutisco. – Vuoi che me ne vada? Per sempre? –
-          Non ho detto questo. Duncan hai frainteso. –
-          Scusami, è che... Insomma io ci tengo a te, e mi dispiacerebbe moltissimo se tu mi allontanassi... –
Silenzio. Gwen si è girata a guardarmi con bocca semispalancata. Anche il mio IO interiore ha la stessa espressione. Ma che cavolo ho detto? Così, apertamente! Era un segreto che avrei dovuto conservare. Di nuovo dico le cose senza pensare.
-          Menti. Lo hai detto solo per... Consolarmi. – dice Gwen abbassando gli occhi.
-          N-no... Ero sincero... Giuro... –
-          Lo hai giurato. È che mi sembra assurdo... Tutto qua. –
Ha la voce che le trema ma cerca di avere ancora l’aria severa. Improvvisamente si stiracchia e sbadiglia.
Qui voglio far notare due cose:
1)      Il modo di stiracchiarsi di Gwen è particolare: si mette a quattro zampe e inarca la schiena come fanno i cani.
2)      Non avendole mai insegnato il bon ton, non si è messa la mano davanti alla bocca.
Per questo ho notato immediatamente che i suoi denti sono molto più... Appuntiti del normale. Okay, prima li aveva leggermente a punta ma ora... Sono un po’ di più a punta, non so se mi spiego.
Fatto sta che mi fece una grande impressione, ma non lo diedi a vedere.
-          Dormiamo? Ho sonno... –
Mi fa la domanda con assoluta naturalezza, anche con un pizzico di infantilità nella voce. Cosa che mi fa sciogliere come un gelato al Sole d’estate in una spiaggia in California.
Le dico di sì, e cerco di mettere tutta la tranquillità che ho nella voce per non farle cambiare idea.
Ora il suo dolce odore di selvatico mi stuzzica le narici come una droga. Non si è lasciata abbracciare come al solito, purtroppo. Ed è un peccato, perché stasera mi pare che abbia la pelle molto più morbida, come se avesse un sottile strato di pelo, di piumino... Si vede che fa freddo!
 
 
La sera dopo la trovai che era intenta a... Grattarsi l’orecchio sinistro con il piede. Rimasi un po’ di sasso lì per lì, ma poi mi decisi a pensare che forse, erano solo abitudini che erano in vigore nel suo popolo... Insomma, non conosco Gwen così bene da poter fare dei pregiudizi! Quando si era accorta di me, ha subito smesso ed era imbarazzatissima e quando le facevo delle domande, cercava in ogni modo di allontanarmi da quel discorso. Allora le ho chiesto perche non voleva che domani sera andassi da lei. Si fece subito cupa e mi sussurrò che era una notte particolare, che non avrei potuto capire. Ma che per la mia sicurezza non sarei dovuto nemmeno uscire di casa. Questo mi incuriosì non poco: okay il fatto che solo per domani sera non mi volesse vedere, ma addirittura di non uscire! La bersagliai di domande ma si chiudeva sempre di più in sé stessa e non ottenni alcuna risposta. Tanto peggio.
Anche quella notte dormì più distaccata da me e mi fece un po’ male. Avevo perso parecchi punti nel suo libro delle alleanze.
Oggi mia madre mi ha spedito a raccogliere legna per il camino, che è finita. Quella della foresta mi sembrava troppo umida, ma in realtà ci sono dei ciocchi perfetti. Oltre alla grande gerla (che già da sola pesa una tonnellata e mezzo) mi sono portato un cestino: per i funghi... A me piacciono veramente tanto. Meno male che Al e Geoff non mi possono vedere: mi sfotterebbero per tutta la vita.
Tipo adesso sto analizzando dei funghi che non ho mai visto, ma mi sbrigo per il peso sulle spalle che comincia a diventare troppo. Quando alzo lo sguardo, vedo una figura bianca in lontananza che si sposta velocemente. Allora prendo dal collo il mio piccolo binocolo (non chiedetemi perché me lo porto sempre dietro) e strizzo gli occhi per vedere meglio.
Non ci posso credere. È Gwen! Ed è senza vestiti... Sarà forse per questo che non riesco a togliere gli occhi di dosso?
Ma la cosa sconcertante è la sua velocità e la sua agilità e... Il fatto che la sua struttura ossea è diversa. Vi faccio un esempio: una persona quando si mette a quattro zampe ha la testa molto più in basso del bacino e se prova a muoversi è peggio di un paralitico.
Gwen invece sta correndo a quattro zampe e assomiglia moltissimo ai ghepardi che corrono nella savana nei documentari della National Geographic. Sta inseguendo quello che sembra un coniglio. E improvvisamente con uno scatto fulmineo gli balza addosso e forma un nuvolone di polvere, terra e foglie. Quando si dirada la vedo col coniglio/lepre in bocca e gli sta spezzando il collo. Poi corre via, sparendo alla mia vista.
Sono abbastanza scioccato. Comincio a stropicciarmi gli occhi e tirarmi pacche sulla testa. Andiamo, non poteva essere lei, magari mi sono immaginato tutto... Sì, deve essere proprio così!
Torno a casa e trovo la domestica Sierra che puliva da fuori le finestre e mi vede. Mi sorride ma poi mi guarda con un’espressione perplessa.
-          Signorino Duncan? Tutto... Bene? –
-          Sì... Non mi sento tanto bene, ho un po’ di mal di testa niente di che. – non mento in fondo.
La sorpasso velocemente e poggio la gerla vicino al camino (ma non troppo) e corsi in camera. Mi butto sul letto e chiusi gli occhi, cercando di scacciare i pensieri terribili che mi frullano nella testa.
 
È notte inoltrata e sto guardando fuori dalla finestra. Voglio assolutamente andare da Gwen, anche se non me lo ha permesso. Perché non vuole che io vada da lei? Perché non vuole nemmeno che esca? Perché in questi giorni si è comportata in modo sempre più strano, più... Animalesco?? Possibile che non sia un essere umano? Magari è... Una di quelle bestie che si vedono nei film dell’orrore. Ma non esistono, ovviamente!
Non ne sono così sicuro...
Voglio andare da lei, ma allo stesso tempo sono spaventato. Sono un po’ preoccupato per Gwen. Perché non mi ha detto nulla? Credeva... che non fossi degno di saperlo? Che l’avrei tradita?
Sì.
Ma non mi importa. Ho deciso: andrò e mi farò spiegare tutto. Le dirò anche che mi piace.
Detto questo, apro la finestra e mi precipito giù.
  
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