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Autore: fonduefortwo    09/12/2012    5 recensioni
“Era li fermo, davanti al cancello, aspettando che gli aprissi, con delle gocce d'acqua che si posavano sul suo viso così bello. Aveva un'espressione simile alla mia, quella bocca mozzafiato semiaperta, e la pioggia che continuava a scendere. Sembrava tutto un film. Un bellissimo film.
«E tu? Chi sei?»”
“Mi avvicinai alle sue dita, notai le sue mani, ed erano come piacciono a me, grandi e forti. Poi feci un tiro, e mentre aspiravo i miei occhi guardavano i suoi. Ed ecco signore e signori un’altra scena di un possibile bacio. Ma niente, mi dispiace mio amato pubblico. Però tirai fuori il fumo dalla mia bocca in faccia a lui.
«Sai che è sintomo di sesso, vero?» disse sorridendo, sempre con quella linguetta tra i denti.
«Cosa? » risposi imbarazzata.
«Dicono che quando fumi addosso ad una persona è perché te la vorresti fare. Ed ora? Andiamo in camera mia? » continuò a dire con il sorriso sul suo viso.”
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Era sotto la pioggia, ed era bellissimo.”





8.13
Erano le 8.13 e il mio cellulare non smetteva di squillare. Cercavo di trovare la forza per aprire gli occhi: Lea mi stava chiamando.
Non sapevo cosa dirle, non potevo raccontarle che tra qualche ora non ci saremo più viste, mai più viste. «Pronto?»
«Dove cazzo sei?» sempre più fine, eh?
«Io... oggi non vengo a scuola.» risposi balbettando.
«Cosa? Perché?» chiese.
Cosa potevo risponderle? Avrei preferito dirle tutto già arrivata a Londra, in quel momento il mio corpo non era resistente agli addii. In realtà non lo è mai stato.
«Ho un leggero mal di testa» le risposi fredda.
«Non mi convinci, ma okay, ci vediamo dopo, e non trovare scusanti.» Non ci vedremo né dopo né mai, cosa avrei potuto fare?
«Certo, a dopo.» attaccai subito. Sapevo di sbagliare ma non volevo farla soffrire, farla stare come me adesso. Le volevo molto bene e, conoscendola, quando l'avrei chiamate e le avrei detto che non mi sarei trovata più nella sua stessa città sarebbe andata su tutte le furie, e data la sua sensibilità, sarebbe scoppiata a piangere.
«Dana!» urlò mia madre, anzi Catherin, con quella voce stridula. Non la sopportavo.
«Alzati, devi prepararti le valigie.»
«Non posso neanche dormire?» strillai.
Sentivo i suoi passi sulle scale; poi la porta si aprì, senza nessuna mano intenta a chiederlo. «Sono grande, so fare un borsone anche da sola.» Detto ciò mi infilai sotto le coperte, col cuscino sopra la testa, e lei si sedette sul mio letto.
«Tesoro mio, le cose che ho detto ieri sera, non le pensavo davvero. Sai che ti voglio un bene dell'anima, molto più di Lea, solo che non studi, sto facendo tutto questo per te. Dalla zia starai bene, poi ci sarà anche Alma, sono sicura che vi divertirete.» Certo, secondo lei andare via da casa, lasciare i propri migliori amici era una cosa da niente, una cazzata, un "chiusa una porta si apre un portone."
«Non vedevi l'ora che me ne andassi, eh?»
«Ti ho detto che lo faccio solo per te: il tuo rendimento scolastico è al di sotto della media e la tua educazione non si addice ad una White.»
«E' questo che ti importa, certo, l'immagine. Avere una figlia che non studia è una vergogna, no?» dopo queste parole, mi tirò uno schiaffo.
Silenzio.
«Prepara tutto, dopo pranzo partirai.»
Se ne tornò giù in cucina.
Catherin non voleva ammettere che avessi ragione, non le è mai importato di me. Ha sempre pensato a come fare bella figura con gli altri, voleva essere la donna con la famiglia perfetta, ormai era il suo unico scopo. Ma per quanto mi riguardasse, lei era morta.
Presi tutti i borsoni e valigie che avevo, li riempii con tutti i capi che si trovavano nei miei armadi, e appallottolandoli li infilai dentro. In bagno feci la stessa cosa e anche con i miei oggetti della camera, escluso nessuno. Presi tutto ciò che mi appartieneva. Ma avevo sonno, quindi mi rimisi a letto, sapevo che mi sarebbe mancato da morire.

**


13.45
Suonò il campanello, ripetutamente, Scesi e andai ad aprire. Appena spalancai la porta vidi quattro facce, le uniche quattro facce che non avrei voluto vedere in quel momento. Non ne so il motivo, ma il mio impulso mi ha spinto ad afferrare la maniglia e spingerla nella direzione per la chiusura, ma sfortunatamente un piede mi fermò.
«Bell'accoglimento - disse Mad con una smorfia - aspetta, cosa significano queste valigie qui fuori? E non mentirci, so che sono tue, quella è la stessa che avevi portato in Spagna con noi.» continuò.
Non ce la feci, così scoppiai, i miei occhi iniziarono a lacrimare, quelli di Lea anche. Le sue braccia circondarono il mio collo, così le mie mani non poterono resistere e si misero intorno ai suoi fianchi, accarezzandole la schiena. Poi abbracciai anche gli altri.
«Dove vai e... quando torni? Per quanto stai via?» domandò Ryan.
«Catherin mi manda da mia zia Dominique a Londra, e finché non avrò un'ottima pagella non ritornerò»
«Cosa? Ma non è possibile.» disse Lea sconvolta in lacrime.
«Ragazzi lo so, l'ho saputo soltanto ieri sera.» risposi.
«Alla fine non ero io a lasciare te, eh?» se ne uscì Jey.
«Non è un abbandono, ma un ostacolo, ricorda.» lo consolai.
«Accidenti, venite qui, mi mancherete troppo! Noi non ci lasceremo, okay?»
«Dana, il taxi è arrivato, è ora di andare.» mi chiamò mia madre.
«Non vi dirò addio, sapete meglio di me quanto possano farmi male. Un giorno tornerò e noi saremo più uniti che mai. Potranno dividerci anche milioni di chilometri, ma noi siamo forti e supereremo ogni cosa. Qualunque cosa, anche i miei brutti voti.» ridemmo. «Arrivederci.» dissi con un sorriso.
I miei piedi seguirono uno avanti all'altro, fino a raggiungere la macchina. L'autista partì, dal vetro del finestrino salutai i miei amici col cuore in gola; ero sola, con la musica nelle orecchie.

**


Quell'aereo era enorme, mi metteva paura il solo pensiero di starci una decina di ore. Però ero costretta a salirci, quindi misi piede su quella rampa e la percorsi dal primo all'ultimo gradino.
Non trovavo il mio posto, il 16 - C, poi quando lo vidi, mi prese un colpo: lo spartito dove potevo poggiare il bagaglio a mano, era troppo alto per me accidenti!
«Vuole una mano signorina?» si offrì un biondino dagli occhi azzurro cielo, con un hamburger in mano.
«Sì, magari, grazie mille.» risposi gentilmente con uno di quei sorrisi imbarazzati.
«Uh, e ora dove lo appoggio? Eeh, ti dispiacerebbe reggermi il panino?» mi domandò. Non potevo dirgli di no, andiamo, lui era così gentile ad aiutarmi.
«Certo, mi dia pure.» dissi nascondendo sotto i baffi un'indomabile risata.
«Non te lo mangiare però bella, eh?» si raccomandò sorridendo. Caspita, che bel sorriso, molto bello, davvero molto molto bello.
«Non si preoccupi, non ho per niente fame.» ricambiai la risatina.
«Uh, fatto. Diavolo però quant'era pesante! Comunque, puoi darmi del 'tu' non ho quarant'anni, ne ho solo diciassette. Sono Niall, Niall Horan.» si presentò mantenendo quel sorriso.
«Piacere Dana.»
Dopo aver scoperto di averlo vicino tutto il viaggio, iniziammo a parlare, chiacchierammo così tanto che non ci accorgemmo neanche dell'atterraggio. Dieci ore non mi erano mai passate così velocemente. Tant'è vero che un' hostess ci è venuta a chiamare per farci scendere.
«Bene, allora, ci becchiamo in giro da qualche parte della città. Speriamo nel destino, no?» mi salutò, strappandomi un sorriso.
«D'accordo, allora, lasciamo a lui il suo lavoro!» ricambiai l'arrivederci.
Un altro taxi, mi attendeva un altro taxi, però londinese, diretto dalla zia Dominique.

**


Ero davanti al cancello della sua villetta, e che villetta! Dopo avergli dato la mancia, il tassista mi aiutò a scaricare le valigie. Così con quella montagna dietro di me entrai in giardino e suonai il campanello della porta. Nessuno rispose o aprì. Riprovai più volte, ma niente da fare.
Provai ancora.
Nada.
Nothing.
Nichts.
Mi sentivo una cretina lì fuori. Non avevo il numero né di Alma e né di zia, e non avevo intenzione di rivolgermi a Catherin. Avrei aspettato lì, mi sedetti su una valigia. E come se non bastasse, iniziò a piovere.
“Cazzo” uscì dalla mia bocca. Continuava, e anche di brutto, sempre di più! Sono zuppa, completamente bagnata.
Avete in mente quei momenti di più totale sfortuna? Ecco, era uno di quelli. Ero sola, fradicia e mi trovavo in una città a me del tutto sconosciuta. Sembrava tutto perfetto.
Sì, perfetto, mancava solo che arrivasse qualcuno, entrasse, mi prendesse, mi stuprasse e infine mi buttasse dentro un cassonetto.
Questi erano i miei film da Oscar, però potrebbe succed...
«Ehi scusami, tu, potresti venire un attimo?» disse una voce.
Merda.
Girai la testa rimanendo seduta, dandogli le spalle. Avevo paura.
Okay, mi sbagliavo forse. Cosa sto vedendo.
Era un ragazzo, un ragazzo semplicemente perfetto.
Era sotto la pioggia ed era bellissimo. I suoi capelli erano bagnati e spettinati, con dei ciuffi che gli cadevano sulla fronte. I suoi occhi, di un azzurro simile al cielo di un mezzogiorno d'agosto, irresistibili. Non era né alto e né basso, sicuramente lo era più di me. Indossava una maglietta a righe con sopra un giacchetto, e dei jeans blu.
Le sue scarpe invece erano... beh, ammetto che erano orribili. Avete presente quelle scarpe basse, tipo le ballerine? Ecco, simili. Credo siano le Toom, Tons, ah le Toms!
Era li fermo, davanti al cancello, aspettando che gli aprissi, con delle gocce d'acqua che si posavano sul suo viso così bello. Aveva un'espressione simile alla mia, quella bocca mozzafiato semiaperta, e la pioggia che continuava a scendere. Sembrava tutto un film. Un bellissimo film.
«E tu? Chi sei?»




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WRITER'S CORNER.

yeeeeeeeeeah ecco il primo capitolo wooh. vi ringraziamo per le tre recensioni, anche se sono quattro ma visto che l'ultima era corta è stata mandata per dm. (WTF? AHAHAHAHAHAHAHAH)
vi ringraziamo tanto, tanto. bhé, non è tanto lungo, come credo vi aspettavate, ma il contenuto crediamo sia bello... no? a presto con il secondo capitolo tatataaa.
  
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