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Autore: Mikayla    27/06/2007    4 recensioni
Sorrido.
Ma vorrei solo piangere.
[ Della serie Tales of True Life. ]
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chibiusa, Hotaru/Ottavia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sentiero


La primavera porta la luce.
Sempre.


Per questo non mi trattengo.
Le mie labbra si inclinano.

Sorrido

Mi pettino, piano.
Mi vesto, lentamente.
Mi fascio con il kimono lilla.
Stringo l'obi rossa sulla mia vita.
Indosso le geta.
Alzo lo sguardo e mi specchio.
Sorrido.

« Sei pronta, Hota? »

Sì.

« Non ancora. »
« Non far aspettare troppo Chibi! »

Mi guardo allo specchio, scruto i miei occhi color ametista.

Devi sorridere, Hotaru. Ricordati di sorridere. Sempre. Qualunque cosa accada.

Allungo la mano destra sul comodino.
Afferro il ventaglio.
Lo stringo in mano.
Osservo il cerchietto d'oro sul mio anulare sinistro.
Brilla al riflesso della luce della lampada.
Sorrido, davvero.

« Eccomi! »

Sorrido.
Esco.

« Sei bellissima, Hota! »

Takashi mi stringe tra le braccia e mi bacia sulla fronte.

« Non sei bravo, a mentire. »
« Non mento. »
« Mah… »

Sento il mio kimono tirarmi verso il basso.
O per meglio dire, sento qualcuno afferrare il mio kimono e tirare con forza.
Abbasso lo sguardo.
Incontro occhi vermigli.
Il mio sorriso s'incrina.

« È vero! »

Chiudo gli occhi, un secondo.
Li riapro, subito.
Sorrido.

« Anche tu sei molto bella, Chibiusa. »
« Grazie! »

Saltella, la bimba di cinque anni.
Sorride allegra, stringendo in un pugno il mio abito.
Fa tintinnare i kanzashi assieme alle sue buffe codine.
Scalpiccia con i suoi geta sul pavimento di legno.
Inciampa sul kimono troppo lungo, strattonandomi e cadendomi sulle gambe.
Si rialza ridendo e incastrandosi sull'obi che si è slacciata.
Cade all'indietro, prontamente salvata da Takashi.

« Attenta, Chibiusa! »

È un vero terremoto, questa bimba.

« Ops! »

Proprio come lo era la mia, di Chibiusa.

« Veni qui, che ti sistemo. »

M'inginocchio di fonte a lei.
Lei mi si avvicina sorridente.
Sorrido.
S'immobilizza davanti a me.
Alza le mani.
Si fa allacciare l'obi.

« Fatto. »
« Ora usciamo? »
« Sì. »
« Yuppi! »

Afferra al volo la sua borsetta e corre verso la porta.
Takashi la insegue, preoccupato.
Io m'incammino, col cuore, stranamente -finalmente- sereno.

« Che bello! »
« Ti piace, Chibi? »
« Sì, sì! È bellissimo qui! »
« Sono felice che ti piaccia! »
« E a te piace, Hota? »

Alzo lo sguardo su Takashi ed annuisco, piano.
Ho raggiunto un equilibrio, ora.
Non voglio perderlo.

« Mi piace, Chibiusa. »

Sorride, la piccola birbante.
Stringe la borsetta al kimono color ciliegia.

« Mi prendi i pesciolini rossi, Taka? »

Takashi non sa resistere agli occhioni da cucciola della piccola Chibiusa.

Come io non sapevo resistere a quelli della mia, di piccola Chibiusa.

Solo che lui non è mai stato capace di prendere un pesciolino con le palette di carta di riso.

Come io non ero capace di fare i giochi che mi chiedeva.

Ma non si scoraggia.
Si rimbocca le maniche del kimono e si dirige al banchetto.
So che proverà e riproverà finché non ne avrà preso almeno uno.

Come io non mi scoraggiavo. Ingoiavo l’amaro della mia malattia e della mia fragilità per mettermi a correre. Giocavo e correvo finché non mi mancava il respiro e stramazzavo al suolo. Felice.

Sorrido.
Guardo la schiena di mio marito e sorrido.
Lo vedo disperarsi per l’ennesimo fallimento e sorrido.
Osservo uno spruzzo d’acqua bagnarli il viso e sorrido.
Incontro il suo sorriso imbarazzato e sorrido.
Sorrido.

« Mi annoio, Hota! »

Guardo i capelli rosa attaccati al mio abito.

« Cosa vuoi fare, Chibiusa? »

La mia mano destra sfiora indecisa la sua chioma.
Poi si ritira: non è lei che voglio coccolare.

« Andiamo là? »

Con il dito indica un sentiero buio e fuori dalla festa.
Il sentiero che porta al laghetto.

« Va bene. »

Mi incammino.
Mi fermo.
Mi guardo alle spalle.

« Non vieni, Chibiusa? »

E’ rimasta ferma al suo posto.
Mi guarda.
Sorrido.

« Chibiusa? »
« … »
« Chibiusa, non volevi passeggiare? »
« Perché mi chiami Chibiusa, Hota? »

Perché devo distinguerti dalla mia Chibiusa. Da Chibi.

« … »

Perché mi guardi con quegli occhi, bimba?

« Mi puoi chiamare Chibi? »

E’ una supplica, non una richiesta.
Qualcosa di più profondo, nei suoi occhi.
La richiesta di colmare un vuoto che neppure sa di avere.
Possibile che senta la mia assenza senza aver mai neppure provato la mia presenza?
Che mi voglia… amica?
Nonostante tutto?

« Non posso, scusa. »

Invece di pensarlo l’ho detto a voce alta.
E l’ho ferita.
Vedo la sofferenza sul suo viso infantile.
La stessa sofferenza che io nascondo da anni.
Vorrei abbracciarti, ora.
Stringerti a me e coccolarti.
Farti sentire il mio calore, il calore che ho imparato da Chibiusa.
Quello che avevo perso, freddato dalla sua scomparsa.
Che ho ritrovato in parte grazie a Takashi.

Somigli un po’ di più alla mia Chibiusa, ora. Sei scottata dalla vita, come fu lei, come lo sono io. Solo con un’amica accanto, piccolina, riuscirai a trovare il vero sorriso… quello che io ho perso.

« Mi prendi in braccio, Hota? »

Sì, questo posso farlo.

Faccio due passi avanti, specchiandomi in quei rubini che ha al posto degli occhi.
Mi abbasso e la sollevo.
Circonda il mio collo con le braccia, non più paffute.
Nasconde il visino nell’incavo del mio collo, mentre i miei capelli le fanno da tendina.
Questa volta non mi sporcherà.

« Grazie. »

E’ un sussurro, nulla di più.
Ma mi scalda il cuore.

Sorrido.
Sento il suo abbraccio innocente.
Sorrido.

« Di nulla. »

E’ un sussurro, nulla di più.
Ma le scalda il cuore.

Cammino.
Carezzo i suoi capelli.
Sorrido.

« Hota? »

Sorrido.
Carezzo i suoi capelli.
Cammino.

« … Mh? »

Carezzo i suoi capelli.
Guardo il paesaggio incantato.
Cammino.
Sorrido.

« Tu sei la mia amica speciale, vero? »

Cammino.
Carezzo.
Guardo.

« Non lo so, Chibiusa. »

Mi fermo.

« Guarda, Chibiusa. Guarda quante lucciole. »

Scosta il velo dei miei capelli.
Osserva.
Spalanca la piccola bocca.

« Sono tantissime! »

Si divincola dal mio abbraccio.
Si precipita tra gli insettini luminosi.

« Sono fate, Hota! »

Percorre avanti ed indietro il sentiero di lucciole.
Prova a prenderle, gridando dalla gioia.

« Hota, le hai chiamate tu? »


« Hota, tu puoi richiamare le lucciole? »
« Certo che no, Chibi! Le lucciole sono insetti provvisti di loro volontà! »
« Che peccato… »
« Perché le volevi vedere? »
« Mamma mi diceva sempre che se una lucciola si posava di sua
spontanea volontà sulla tua mano potevi esprimere un desiderio! »
« Che desiderio volevi esprimere? »
« Di restare per sempre con te! »

Era il ricordo di una soffitta buia.
Di due bambine distese su un materasso ammuffito.
Di rubini immersi in ametiste.
Di un sorriso complice.
Di una risata cristallina.

« No, Chibiusa. Non le posso chiamare. »

Mi abbasso, verso di loro.
Mi inchino, al loro cospetto.
Sfioro l’erba col kimono.
Tengo il ventaglio nella mano sinistra, accanto al corpo.
Distendo la mano destra a coppa.

« Un solo desiderio. »

Le sto pregando.

Chiedo solo di riavere la mia Chibiusa.

Con occhi tristi ed trepidanti osservo una piccola lucciola girovagare sopra il mio pollice.
Sono circondata dalle mie omonime.
Ma nessuna mi concede un desiderio.

« Uno solo, per favore. »

La lucciola sembra avermi sentita.
Con un percorso ondulato si sposta verso il mio palmo.
Lo illumina bene, ora.
Ma non si posa.
Si avvicina al mio viso e si ferma davanti i miei occhi.

« Ho capito. »

Sospiro.

« Hota, Chibi, eccovi! Vi ho cercato dappertutto! »

Faccio per alzarmi quando sento la presa di Chibiusa sulle mie spalle.
E’ stanca, di certo.

« Schh… »

Poso un dito sulle labbra di Takashi.
Mi sorride e si offre di portare la piccola.
Nego col capo.

« L’hai preso il pesciolino rosso? »
« Guarda tu stessa! »

Mi mostra fiero il sacchettino con dentro un pesciolino.

« Te l’ha dato per pietà? »
« … »
« Dai, non ti offendere! »

Mi scuso, regalandogli un bacio a fior di labbra.
Mi perdona, passandomi la mano tra i capelli.

« Ti voglio bene, Hota. »

Biascica piano Chibiusa nel mio orecchio.
La sento solo io.

« Sei la mia migliore amica. »

Infondo la primavera può regalare tiepidi raggi di sole.




Note di fine Fan Fiction:
Ed eccoci alla primavera, con la tipica festa giapponese.
Bisogna specificare che sono passati ben quattro anni e tre mesetti dallo scorso inverno. Faccio un piccolo riassunto costruttivo di quello che è accaduto in quel lasso di tempo ed è attinente alla fic. Hotaru si è laureata e si è sposata con Takashi. Chibiusa ha ormai cinque anni e le è nato da poco un fratellino -che lei non sopporta. A questa festa dovevano portarla i genitori, ma il piccolo si è ammalato e quindi sono stati costretti a non andare, però Hotaru e Takashi -che erano stati costretti dalla piccola ad andare alla festa con lei e i genitori- accettano di accompagnarla comunque.
Ora… vocabolarietto!
Obi è la fascia del kimono, quella che lo tiene fermo.
Le geta sono i sandali ad infradito che si indossano tipicamente con il kimono; sono in legno e possono essere con la zeppa o bassi.
Kanzashi è qualsiasi ornamento per i capelli che viene indossato con il kimono.
Come sempre ringrazio le persone che hanno letto, ed in particolar modo coloro che hanno recensito.
Usagi_84: Ci hai proprio azzeccato: Hotaru ha perso il suo punto di riferimento. Se si pensa alla storia Hotaru sarebbe rimasta da sola per sempre -o peggio, uccisa da Haruka, Michiru e Setsuna- se non avesse incontrato Chibiusa. Che poi la paragoni a Takashi è un apprezzamento -un po’ particolare- del ragazzo stesso: sa che sono diversi, che si comportano in modi differenti, però per lei hanno la stessa importanza, così grande, che si trova a confrontarli. Ma solo negli atteggiamenti. Non li confronta mai in base ai sentimenti. ^^ Ad ogni modo l’assenza delle altre non è reale, semplicemente la prendo in momenti in cui non ci sono o, se ci sono, le lascio in disparte. ^^ Prego, è stato un piacere aiutarti, un bacio!
Strega_mogana: No sai quanto mi dispiaccia che Hotaru porti solo dolore, io per prima vorrei che fosse felice. Però bisogna ammettere che è stato un colpo duro la perdita di Chibiusa. Che se almeno fosse stata totale non avrebbe sofferto così tanto, si sarebbe messa il cuore in pace, ma la costante presenza dell’omonima che è lei e non lo è, la mette davvero in crisi. Da qui l’importanza di Takashi. Perché lui la capisce -o quasi- e quindi la rende meno sola. Almeno ci prova. ^^ Sono felice che ti sia piaciuto anche questo capitolo, e per rispondere alla tua domanda, devo ammettere che le immagini non le ho fatte io -non so neppure tenere una matita in mano T.T- ma le ho trovate in giro. Sono delle fan art anonime.
anonima (?): Eh, so che sembra decisa, Hotaru. Però effettivamente non lo è: se lo fosse metterebbe una pietra sopra tutta la questione e andrebbe avanti. Invece si rode. Pensa una cosa, ne dice un’altra e si comporta in tutt’altro modo. Ho cercato di farla sembrare decisa, almeno sulla linea da prendere, mentre invece è sempre indecisa e si fa condizionare dagli altri. Spero di averlo reso meglio in questo capitolo! Un bacione :*
   
 
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