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Autore: mairileni    10/12/2012    6 recensioni
Una volta ho letto che l'amore è come una dipendenza. Dopamina, Noradrenalina e Feniletilamina non agiscono in modo diverso su un innamorato o su un cocainomane.
Forse il punto è proprio riuscire a smettere.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera! *v*
 
Allora, eccomi qui con questo capitolo un po' più lungo del solito (per i miei canoni). Credo di aver "osato" un po' (non pensate male, eh?) ma volevo farlo e... basta! Spero vi piaccia! ^^
 
Ma lo sapete che ogni volta che pubblico mi emoziono? (Tratto da: "La noiosa vita di pwo_pah", edizioni DeAgostini)
 
Un grazie speciale alle lettrici che continuano a scrivere! È molto importante per me *w*! Un bacio anche a  e n d l e s s l y  <3
 
Buona lettura! ^^
 
pwo_
 
 
*** *** ***
Separation
 
 
Mentre fingo di non interessarmi al modo in cui mi hai guardato rifletto.
E mi blocco.
Aspetta un attimo: non è come pensi tu, Dom. Non è così, davvero, cazzo, lo sapevo che qualcosa sarebbe andato storto.
 
Cazzo, cazzo, cazzo.
 
Ora starai pensando che io ti eviti per quella cretina della Halls. No, no, no, Dom ti prego, pensaci meglio.
 
Appoggio il viso contro la mano attaccata al sostegno del bus, mentre le persone attorno a me mi guardano con aria interrogativa, probabilmente perché avrò farfugliato qualcosa tra me e me senza accorgermene, ma chi cazzo se ne frega, ora.
 
Dom. Oh, no, ti prego, ti prego, non puoi pensare che sia così, non è da me, lo sai.
 
Mi scoppia nel petto l'ansia, che blocca il respiro, mi ricatta, pur di fare in modo che io ti dica tutto, tutto, tutto, parlando come un fiume in piena, travolgendoti con i miei pensieri. E mi sento il cuore implodere, perché devo dirtelo, non posso perdere tutto così.
 
E ho appena iniziato.
 
Per fortuna la forza di volontà vince la lotta tra cuore e cervello, perché anche se è debole, ora sono più debole io.
 
Ha smesso di piovere.
Scendiamo alla fermata insieme, da due porte diverse, io cammino veloce davanti a te, tu rallenti apposta per mantenerti a distanza. Raggiungo il cancello del mio giardino, mi fermo per aprirlo, senza girarmi a guardarti; sento il suono ovattato dei tuoi passi leggeri ma decisi dietro di me, che non cambiano ritmo neanche per un attimo, li sento passare dal mio orecchio destro al sinistro, sempre più lontani.
 
Faccio scattare la serratura ed entro, ma prima di farlo volto la testa per un attimo, nella tua direzione, per vederti camminare velocemente e a testa bassa, orgoglioso, ferito a tradimento, ancora una volta.
 
E allora penso che, anche quando tutto questo sarà finito, non sarà mai più come prima.
 
Non è vero, Dom?
 
***
 
Cerco di gustarmi il pezzo di strada che mi separa da casa mia, pensando con orrore a tutte le possibili conversazioni che mi aspettano con la mia famiglia. Non ho voglia di parlare della mia giornata, non ho voglia di sorridere, non ho voglia di dire che il pranzo era buonissimo. Non voglio fare preoccupare nessuno, ma ormai fingere sta diventando pesante.
 
Entro in casa e grido un 'ciao' a vuoto: nessuno. 
Butto lo zaino per terra, quando un'improvvisa sensazione di gioia infinita mi invade: me l'aveva detto, stamattina, mia madre, che lei e Emma sarebbero state al centro commerciale tutto il giorno. 
Oh, gioia!
Oh, estrema contentezza!
Non vorrei essere così cattivo, ma l'idea di poter evitare le domande inquisitorie di entrambe riguardo il mio umore insolito crea una svolta nella mia giornata.
Mi tolgo la giacca bagnata, lasciando che il caldo familiare di casa mi penetri nella pelle. 
 
La cucina è a destra, ma io vado a sinistra, in sala, dove la luce accecante proveniente dalle finestre di fronte a me mi bacia il viso. 
È quella luce calda, bella, di quelle che appaiono solo dopo un acquazzone forte.
Mi appoggio allo stipite dell'entrata, rilassato, lasciando che il sole mi accarezzi il viso. Sento il calore sulle palpebre, sento le lacrime rigarmi le guance.
Fastidiosamente fredde, fastidiosamente silenziose.
 
Come te.
 
E sono squallido. 
Mi asciugo gli occhi con rabbia, mi fiondo sulle scale, spingo la porta di camera mia, e impazzisco, passo le braccia sulla scrivania, faccio cadere tutto, i libri, le penne, i quaderni, non me ne frega più un cazzo di nulla, sarò sfigato, sarò isterico, ma lo eri anche tu, prima, solo che ora hai trovato la tua occasione di popolarità e mi hai lasciato a piedi. 
C'è la nostra foto, sul comodino, quella che abbiamo fatto al luna park. È incorniciata, era il mio unico tesoro, ma ora la butto a terra più forte che posso, sperando che il vetro esploda, si disintegri, distruggendo anche la foto che protegge, e amici, amici, amici un cazzo. 
Sei uno stronzo.
Ti odio. Ti odio, ti odio, ti odio.
 
Sono allo stremo delle forze, non ho un cazzo di nessuno a cui parlare e odio tutti, me per primo. Mi sdraio sul letto, inizio a fumare, non mi fermo, ancora e ancora, finché non sono costretto a correre in bagno e a vomitare l'anima.
 
E sono squallido.
 
La giornata finisce prima che io me ne accorga, mia madre e mia sorella sono tornate entusiaste per gli acquisti, soprattutto mia sorella. Ho detto loro che non sto bene e si sono preoccupate tanto, ma almeno domani non devo andare a scuola. Ho mangiato nella mia stanza, che sono miracolosamente riuscito a sistemare, e sono sdraiato sul mio letto, sotto le coperte, con Emma accanto a me.
Mi sta ancora raccontando del centro commerciale e di quanto si è divertita e tutto. Che amore.
 
Sono le dieci e mezza quando mia madre entra in stanza per dirle di lasciarmi riposare e darmi la buonanotte.
 
Un bacio al volo, la porta si chiude e sono da solo.
 
Non ho più la forza neanche di pensare.
 
Mi sono svegliato a mezzogiorno, proprio senza vergogna.
 
Pensare a te è come una pugnalata.
 
Scendo ed entro in cucina, dove trovo un bigliettino sul tavolo, scritto con una grafia rotondeggiante.
 
 
Ciao Dommie, spero tu stia un po' meglio! Mamma oggi sarà in ufficio fino alle sei, io invece ho il laboratorio di arte, quindi dovrei tornare alle quattro e mezzo. In frigo c'è qualcosa da mangiare, se no mamma ha detto che puoi ordinarti una pizza!
Ti voglio bene.
Emma.
 
 
Sorrido nel vedere i cuoricini con cui mia sorella ha pazientemente decorato il foglio e opto decisamente per la pizza.
 
Chiamo, mi lavo, mi vesto, arriva il fattorino, pago, mangio.
 
Ripenso a te, e a quanto ti odio, a quanto sei codardo e meschino, a quanto tempo mi hai fatto perdere. A quanto odio te, il modo in cui sei intelligente, i tuoi discorsi che non fai capire agli altri, solo per mostrare di essere superiore, i tuoi vestiti neri e i tuoi occhi azzurri.
La tua bocca morbida e rossa, il tuo pallore candido, le tue dita lunghe.
 
E a quanto odio il fatto di non riuscire a elencare solo e soltanto i tuoi difetti.
 
Sono le due e mezza, ed esco, nel freddo fottuto del primo dicembre.
 
Odio l'inverno.
 
Tu invece lo adori. Non c'è mai stata gara, per te, tra inverno ed estate, vero, Bells? 
 
Mi appoggio sulla ringhiera. 
 
E aspetto. 
 
***
 
Torno a casa più nervoso del solito, perché oggi a scuola non c'eri, e vederti, anche se incazzato, anche se distrutto, mi avrebbe fatto sentire più tranquillo. 
 
E invece ora posso solo immaginarmi come tu stia in questo momento.
 
Non sei venuto a scuola e non ti ho visto, e cazzo, hai idea di quanto questo mi distrugga?
 
Il mio egoismo sul momento mi disgusta, ma è tutto quello che mi tiene attaccato a te.
 
L'ho letto in un libro. 
Tutto ciò che facciamo, anche il gesto di generosità più estrema, inconsciamente è solo per il nostro rendiconto personale.
 
Il mondo è degli egoisti, e io sono il peggiore di tutti.
 
E non mi basta, vederti felice, se è con qualcun altro.
Non me ne frega un cazzo, che tu sia felice, se non è con me.
 
Sono quasi a casa, ma alzo gli occhi e mi fermo all'improvviso, come se una macchina avesse appena minacciato di investirmi.
 
Riconoscerei quella figurina sottile tra mille.
 
Sei appoggiato al muretto che dà sulla spiaggia, a sinistra, l'unico nel raggio di metri, ancora. Cos'è, una magia?
 
Ti giri piano, con lo sguardo vuoto. Riprendo a camminare senza sapere cosa farò dopo. 
 
Siamo a un metro di distanza, ora, e non so cosa dirti.
 
Come sei bello, nella tua piccola fragilità.
 
Distacco.
No. Non è avvenuto, non ancora.
 
"Cosa ci fai qui?" chiedo atono.
"Questa è tua." mi stai porgendo una felpa nera.
 
La mia felpa nera, che ti avevo prestato quella sera di quest'estate, perché avevi troppo freddo per tornare a casa vestito com'eri.
 
"Puoi tenerla se vuoi."
"Non voglio."
Non oso guardarti negli occhi.
La prendo.
"Ok. È tutto?" no, aspetta, non volevo essere così gelido.
"No. In realtà no."
 
***
 
"No. In realtà no."
 
E ti colpisco. Un pugno, in faccia, alla cieca.
 
Non te lo aspettavi, vero, stronzo?
 
Te ne do un altro. Un altro, e un altro, ora aggiungo anche la destra. Ti spingo a terra, mi metto a cavalcioni su di te e continuo, continuo.
"Per-perché non reagisci?" grido, scuotendoti:"Perché?"
Ho gli occhi lucidi, ma neanche mi interessa apparirti patetico, ora, e tu mi guardi, da sotto, senza rispondere.
Ti colpisco altre due volte, ma per pura rabbia, perché non reagisci.
Da bravo codardo che sei.
 
Mi sollevo da te mentre ormai sto decisamente piangendo, impreco a vuoto, ma so che non avrò il coraggio di lasciarti sdraiato lì a sanguinare senza prima essermi assicurato che tu stia bene.
Da bravo codardo che sono.
 
Prendo una sigaretta e la accendo, riappoggiandomi dov'ero prima, con un piede per terra e uno contro il muretto. Guardo ovunque tranne che nella tua direzione, ma ti sto ancora tenendo d'occhio, aspettando che ti rialzi, per accertarmi che sia tutto a posto.
 
***
 
Questa proprio non me la aspettavo. Non ho reagito, perché era quello che mi meritavo.
 
Però non me lo sarei aspettato. Non così presto. Pensavo di essere preparato, e invece eccomi qua a chiedermi come io possa aver creato tutto questo con le mie stesse mani.
 
Un sapore schifoso mi invade la bocca e il naso, da cui partono scariche regolari di dolore ad ogni pulsazione del sangue.
 
Guardaci qui. 
Io sdraiato, a controllare i danni sulla mia faccia, e tu che mi sovrasti, con la sigaretta in bocca e le mani sporche del mio sangue.
 
Ma chi prendo in giro?
Non ce la farò mai.
Non ce la farò mai, ma tanto ora è troppo tardi, vero, Dom? Ti sei stufato. 
 
E fai bene.
Stare senza di me ti farà bene.
 
Ma non dimentichiamoci che io sono un fottuto egoista.
 
***
 
La visione penosa del mio migliore amico per terra mi disgusta, io mi disgusto, ma forse non mi può fare che bene.
 
Ti lancio una sigaretta, sulla pancia, come se nulla fosse, non so bene perché, forse perché è un'abitudine troppo consolidata per poterla abbandonare: tu che vieni menato dai soliti bulli, tu che vieni a casa mia per non allarmare tua madre con i segni della lotta, tu che ti siedi sul mio letto, tu che ti lasci consolare, tu che afferri la sigaretta al volo e sorridi riconoscente.
 
Tu, tu, sempre tu.
 
Te la metti tra le labbra. Ti passo la mia e tu me la prendi senza neanche girarti, da quanto ci sei abituato. La mia sigaretta accende la tua.
 
E ci ritroviamo qui, a fumare, come sempre, Matt, ed è talmente surreale che penso che potrei risvegliarmi da un momento all'altro realizzando che è stato tutto un sogno.
 
Io finisco prima di te, tu immediatamente dopo, buttando accanto a te il filtro sporcato un po' del rosso carminio del tuo sangue.
 
Stai bene.
Io ho freddo.
 
Riprendo la tua felpa nera da terra.
"La voglio."
"Eh?"
"La felpa. Ho cambiato idea. La voglio."
È vero. La voglio più di ogni altra cosa al mondo.
"Allora è tua."
"No. È tua, ma la tengo io." 
Per me cambia.
 
E me ne vado, affrettandomi quel che basta per avere il tempo di ripulirmi prima che ritorni Emma.
 
***
 
Mi sollevo a fatica.
Per essere un biondino angelico picchi duro, Dom.
 
È il primo di dicembre, è quasi il tuo compleanno. Di solito lo festeggiamo sempre insieme. Io e te, nessun altro. 
 
Dovrei anche farti un regalo, ma tutte le idee che mi vengono in mente ora sono ridicole.
 
Non so neanche come mi comporterò, quel giorno. Magari non verrai neanche a scuola.
 
Distacco.
 
Alla fine ci sono riuscito, eh, Dom?
 
***
 
Sono passati cinque giorni, da quando ti ho picchiato, ma non è cambiato nulla, se non il fatto che ora fingo di ignorarti anch'io. 
 
Domani è il mio compleanno, ma preferirei rivivere questo giorno all'infinito, pur di non essere costretto a scoprire che anche domani sarà uguale a oggi, come a ogni altro giorno.
 
Non c'è nulla che mi diverta, che mi stimoli, che mi consoli.
 
Alla fine della giornata cammino lungo il corridoio per uscire da questa schifosa scuola.
 
È un attimo. Passo davanti al bagno delle ragazze, gioco di specchi, nero, rosa, rosso.
 
Matt che limona con la Halls. 
Matt che limona con la Halls vestita di rosso.
Sono sicuro di non sbagliarmi.
 
Cazzo, ma non si staccano mai? Sono sempre insieme! 
 
Come noi prima, del resto.
 
Chissà se hanno già... ah, beh, mi stupirei del contrario.
Che schifo.
 
L'idea mi fa venire il voltastomaco, così accelero il passo e mi allontano, il più velocemente possibile.
 
***
 
Appena la Halls si degna di scollarsi da me un secondo, colgo la palla al balzo.
"Scusa, Halls, devo andare."
"Oh, ma come siamo impegnati." mi sussurra lei suadente, accarezzandomi il collo con le dita.
Fingo un sorrisetto:"Devo fare una cosa importante di cui mi sono dimenticato."
"Mh, posso anche perdonarti, se la smetti di chiamarmi per cognome. Siamo abbastanza in confidenza, no?" 
No.
"Va bene. Ora scusami."
 
Cammino velocemente fino al portone principale, ma, arrivato lì, corro.
Posso ancora farcela.
 
Mi lancio sulla strada, un'auto quasi mi investe, urto le persone, mi becco una buona dose di insulti, ma è troppo importante, ti vedo, lontanissimo, posso raggiungerti.
 
Ormai sono sudato fradicio, quindi il vento ghiacciato di dicembre mi tortura la fronte e le tempie, mentre corro, corro, corro.
 
"Dom!" grido, mentre elimino definitivamente i dieci metri che ci separano.
Ti giri, un po' sorpreso di vedermi, credo.
"Ce l'ho fatta." ansimo, felice.
 
***
 
Ti odio sempre di più.
Sei piegato in due, mezzo morto per la corsa, stai farfugliando qualcosa riguardo allo smettere di fumare e fai dei cenni con le mani per spiegare che non riesci a proseguire.
Di solito mi fai tanto ridere quando fai così.
"Ce l'ho fatta." dici.
Ti guardo schifato:"Fatta a far cosa?"
"Il tuo..." proprio non ce la fai.
"Devo andare."
"No!" gridi:"Aspetta."
Mi prendi per un braccio, anche se sono fermo, come ad assicurarti che effettivamente non me ne vada.
Sei tremendamente bello.
E ti odio sempre di più.
Alzo le sopracciglia:"Mi lasceresti?"
"Eh? Ah... sì." ti stacchi da me.
 
Finalmente deglutisci e riprendi il controllo della tua situazione respiratoria.
"Devo darti questo."
Mi porgi una busta un po' stropicciata, che guardo diffidente.
"E che cosa sarebbe?" chiedo 
"È il sei, oggi."
 
Il sei.
Che colpo basso, Matt.
 
Una delle tue fissazioni, una di quelle che adoro di più.
Ogni anno, il sei dicembre, il giorno prima del mio compleanno, mi fai un regalo.
Perché così se non mi piace sei in tempo per farmene un altro il giorno successivo.
Quando ti avevo chiesto il perché di questa ennesima follia, mi avevi risposto che era perché volevi assicurarti di farmi il regalo più bello di tutti.
 
Matthew.
 
"Se proprio vuoi prendere le distanze, allora perché cazzo non mi lasci stare?"
"Perché anche se non voglio più vederti non significa che tu non sia comunque il mio migliore amico."
 
No. No, no, no, ora basta, però.
 
"A che gioco stai giocando, Matt?"
"La prendi?" hai teso di nuovo il braccio, con la busta in mano.
"Ti ho fatto una domanda."
Sbuffi, come se fossi nella posizione di poterti mostrare seccato:"Nessun gioco. Non è un gioco."
"E allora cos'è?"
"La realtà."
"Matt, mi sto incazzando."
Sembra quasi che tu... non sappia cosa dire.
"Hai ragione." sussurri alla fine.
Mi sembra di parlare con un bambino di quattro anni:"E allora se sai che sono io ad aver ragione perché non la smetti?"
"Perché ho ragione anch'io."
 
E vorrei ammazzarti di botte, ma guardo il livido sulla tua guancia e la cicatrice sul naso.
Non voglio picchiarti ancora.
 
***
 
Scuoti la testa esasperato, ti giri e fai per andartene, ma ti devo dare questa cazzo di busta, costi quel che costi.
 
Ti prendo di nuovo per il braccio, mi strattoni, ma non ti mollo.
 
"Dominic."
"Fottiti."
"No, ascoltami!"
"Cos'è? Ora che non c'è la Halls siamo di nuovo culo e camicia? Non ci sto, Bells."
Questo era come uno schiaffo.
"Non... non è per la Halls." ringhio.
"Sì, certo. Figuriamoci."
"Ti ho detto che non è per la Halls, idiota."
"Ascolta, Matt, non ne posso più di star qui ad ascoltare le tue cazzate. Devo andare."
"Dominic. Prendi. Questa cazzo. Di busta."
Me la strappi di mano.
"È tutto?" chiedi, atono.
"Sì. Grazie."
Ci giriamo nello stesso momento, dovrei prendere la tua stessa strada ma non lo faccio. 
 
E spero solo che non brucerai quella busta.
 
***
 
Torno a casa più incredulo che arrabbiato. Perché non mi lascia stare e basta?
 
Neanche oggi c'è mia madre, quindi passo il pranzo con Emma, tentando di far parlare lei il più possibile, per non doverle raccontare altre balle su come sto io.
 
Laviamo i piatti e mi chiudo nella mia stanza. 
 
La busta è lì, sul comodino.
Vorrei avere la forza di distruggerla senza neanche guardarne l'interno, ma non sono così coraggioso.
 
Strappo l'involucro di carta.
 
Dentro ci sono una specie di cartoncino e un foglio spiegazzato.
 
Tiro fuori il cartoncino: è la nostra foto.
È la foto che ho strappato il giorno in cui ho dato in escandescenze, buttando la cornice a terra, rompendo il vetro, spaccando tutto.
Ne avevi una copia anche tu.
 
Ci sei tu con la tua faccia buffa e io che rido, guardandoti.
 
E quindi?
 
Come... come dovrei reagire?
 
Apro il foglio. 
 
È scritto male, con un pennarello nero, con la tua grafia da scienziato pazzo. È una lista di sette punti.
 
 
Consciousness raising.
 
Willpower.
 
Separation.
 
Resistance to withdrawal.
 
Detoxification.
 
Rapprochement.
 
Peaceful cohabitation.
 
 
Che cazzo...?
 
I primi tre punti sono attraversati ognuno da una linea rossa di pennarello indelebile.
 
Cosa dovrei evincere da questa cosa? 
 
Rileggo i punti cancellati.
 
Presa di coscienza.
Forza di volontà.
Distacco.
 
Aspetta.
 
Non può essere.
Un'idea assurda, ridicola, inconcepibile, ma dannatamente probabile mi attraversa il cervello.
 
No. 
Non è possibile che tu sia pazzo fino a questo punto.
 
*** *** ***
 
Eccomi! *v*
 
Che dire? Grazie a chi è arrivato fin qui!
 
Al prossimo capitolo! ^^
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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