Finita. L’effetto è sempre strano, quando
succede. Sono felice, e anche malinconica – ma forse non c’è vera felicità
senza malinconia, boh? XD
Non è che questa storia mi abbia proprio
convinta, diciamo pure per niente. Ma mi ha fatto bene superare i miei limiti
come per esempio il rifiuto di scrivere di bambini e famiglie alle prime armi,
e la difficoltà a seguire dei prompt per trarne slice of life. Quindi penso di
aver fatto un passo avanti – e i passi avanti quando mi trascino dietro Sasuke&Co sono sempre soddisfacenti XD
Grazie a tutte per esservi trascinate con me,
perché altrimenti io non sarei andata proprio da nessuna parte!
Alla prossima, Filomena J
Esplosioni
Ha
bisogno di una cosa.
Sasuke pensava di sapere cosa sarebbe successo
nel momento in cui avesse varcato la soglia di casa. La voce di Sakura gli
avrebbe trapanato i timpani, per esempio. Okaeri, bentornato, con l’evidente sottotitolo spero che sia abbastanza in forma da sopportare me e i miei capricci
del momento. O forse era Itachi che gli lasciava intendere qualcosa del
genere. In ogni caso, era certo che almeno uno di loro non aspettava altro che
abusare di lui.
«Okaeri».
Sasuke si passò una mano sull’orecchio con
leggerezza, quasi carezzevole e piena di compassione per se stesso.
«Sasuke-kun, entrando controlla se a Itachi
serve qualcosa».
Tutto nella norma.
«E poi potresti passare ad apparecchiare la
tavola? Io ho altro da fare».
E l’odore suggestivo che proveniva da poco
lontano suggeriva chiaramente che la cucina era sul punto di trasformarsi in un
inferno. Tutto, nelle mani di Sakura,
finiva per bruciare. Quando glielo faceva notare lei si innervosiva, o in
alternativa, se era di particolare buonumore, gli faceva notare che anche lui,
ogni tanto, tra le sue mani, bruciava.
Sasuke annuì distrattamente. La routine era
diventata in un certo senso confortante. Gli piaceva poter predire tutto quello
che succedeva nella sua famiglia. Perciò rimase agghiacciato quando la vista di
Itachi gli provocò una stretta allo stomaco.
Stava bene, in apparenza. Nemmeno si era accorto
che lui era tornato, altrimenti si sarebbe dato una mossa a saltargli tra le
braccia e a rovesciargli addosso una lista infinita di preghiere e capricci.
Semplicemente, giocava. E giocava da solo. E adesso era più facile capire
perché Itachi da un po’ si era messo in testa di imparare a fare le voci.
Tentava di far interagire due peluche – a uno mancava il braccio, ma anche
questo non era niente di sorprendente, soprattutto perché il braccio amputato era
in bocca all’altro.
Quello che fece tremare il mondo di Sasuke era
la velocità e il cipiglio con cui Itachi passava a impersonare prima un peluche
e poi un altro, sbuffando furiosamente per la fatica.
Sasuke lo fissò per qualche istante,
rannuvolato, prima di ritornare sulla strada per la cucina. Si rilassò contro
lo stipite della porta, eppure il mondo continuava a tremare. Sasuke non
riusciva a capire come fosse possibile che Sakura non se ne accorgesse. Doveva
dirglielo, in qualche modo.
«Gli hai detto che è quasi ora di cena? Ha
bisogno di qualcosa?»
Tutto
tremava. Perché Itachi era solo – aveva addosso una solitudine che né lui né
lei potevano colmare.
Sasuke annuì senza nemmeno accorgersene, mentre
le si avvicinava, a piedi nudi. Gli sembrava di camminare su acque agitate. «Ha
bisogno di una cosa, sì».
Dalla pentola il fumo usciva in spirali
sinistre. Sakura lo guardò abbattuta, arricciando il naso. Le dispiaceva essere
totalmente impedita in cucina, però dopo tanti anni aveva capito che era brava
e indispensabile per molte altre cose – per delle persone – e se n’era fatta
una ragione, pian piano.
«Di cosa ha bisogno?» indagò, attenta.
Sasuke prese fiato, poi le adagiò con calma una
mano sul ventre.
Il mondo smise di tremare quando Sakura spalancò
gli occhi – erano tanto grandi da abbracciarlo tutto, da calmare anche il caos.
E allora il mondo diventava pronto per
esplodere. Di nuovo. Di vita. Bellissima.
Il regalo
più grande.
«Proviamo a parlargliene ora?» propose Sakura,
davanti a una pentola diversa ma dal contenuto inquietante come quello della
pentola che l’aveva preceduta.
Sasuke annuì,
voltandosi verso Itachi quando si accorse che stava
entrando in cucina. «Vieni qui», lo chiamò, sollevandolo da terra appena lui
gli si avvicinò. Sasuke lo poggiò sul bancone, poco
distante dai fornelli, abbastanza da tenerlo al sicuro da quegli effluvi
malefici.
Sakura lo osservò per qualche istante,
indagatrice. Poi si rassegnò a dover cominciare, mentre Itachi
si premurava di tenersi le braccia del padre attorno ai fianchi anche se la
seduta era sicura. «Itachi, ti sei comportato bene
ultimamente?»
Il bambino la guardò con sospetto, davanti agli
occhi con ogni evidenza aveva tutte le malefatte dell’ultimo periodo. «Certo,
mamma».
Sakura ne sorrise, divertita – non si era
aspettata una risposta diversa, ma sentirla pronunciare con voce angelica era
sempre un po’ stupefacente. «Noi vogliamo farti un regalo, ma per averlo devi
promettere che ti comporterai sempre bene. Solo i migliori possono avere questo
regalo» spiegò, vaga ma perentoria.
«Cos’è?» indagò Itachi,
già felicissimo. «Papà, diglielo anche tu che ieri sono andato a letto presto
anche se lei era al lavoro».
Lo sguardo di Sasuke
si assottigliò, malevolo. «Mi hai fatto leggere una storia terribile, Itachi».
Il bambino lo scrutò offeso, negli occhi aveva
la promessa di una vendetta particolare. «Comunque»,
divagò, per assicurarsi di non farsi sfuggire niente. «Dov’è il mio regalo?»
«Arriverà» lo rassicurò Sakura, riportando per
un istante l’attenzione sulla pentola. I duelli in cucina erano sempre
inconsumabili.
«Ma cos’è?»
«Un otouto» sfiatò Sasuke, di colpo.
Itachi rimase
interdetto, con gli occhi spalancati, la bocca un po’ aperta. La meraviglia sul
suo viso era delicata ma consistente, quasi concreta. Ci mise qualche istante
per rielaborare la notizia. Il sorriso, subito dopo, gli venne naturale.
«Sperando che sia meno insopportabile di te»
smozzicò Sasuke, sollevato.
Itachi non si
scompose, così per un momento furono in tre a bocca aperta. In genere, quando Sasuke lo prendeva in giro così, lui si fingeva mortalmente
offeso e decideva di perdonarlo solo dopo averci guadagnato un regalo più o
meno impegnativo. Sasuke riusciva a guardare oltre
quella finzione, e non gli dispiaceva. Forse perché anche se non l’avrebbe
ammesso mai, quello che non gli dispiaceva era riempire di regali il suo unico
figlio.
Uno oggi
e uno per sempre.
Sasuke
dovette lottare non poco per tirare suo figlio fuori dalla vasca.
«Stavo raccontando una cosa a mamma, dovevo
finire!» sbraitò Itachi, scalciando tra le sue
braccia.
«Stavi parlando con la pancia di tua madre, per
essere precisi».
Sakura li osservava divertita in mezzo a tanta
schiuma, e Sasuke tirò fuori uno sguardo di
sufficienza quando tentò di piazzare un asciugamano sulla testa di suo figlio. Lo
avvolse velocemente nell’accappatoio e se lo trascinò nella stanza. «Non
muoverti», lo avvertì, uscendo di corsa.
Naturalmente, Itachi
si affrettò a scendere dal letto e a macchinare in giro per la stanza.
Sasuke,
spiandolo da fuori, annuì soddisfatto. Era sempre un piacere notare che tutte
le sue predizioni si avveravano nel giro di pochi secondi. Ce n’era una però
che gli stava creando qualche problema. Per esempio da qualche mese Itachi si era deciso a non offendersi più per nessun
insulto e a non chiedere più alcun regalo. Voglio
solo il migliore, dichiarava, solenne, quando a Sakura veniva in mente di
indagare.
Sasuke aveva
accolto quelle ammissioni con sospetto, poi con timore. Niente, nemmeno un fratello amato già prima di venire al mondo,
doveva costringere Itachi a crescere prima del tempo.
Sakura era della stessa idea, ma prendeva le
cose con più leggerezza. Ora era lì, vicino a lui, che sorrideva guardando di
nascosto suo figlio che si rigirava tra le mani un regalo inaspettato. Itachi era felice.
«È impaziente di potersi occupare di suo
fratello, mica stupido. Lo sa che questo regalo è per oggi e l’altro è per
sempre. Ed è comunque capace di goderseli entrambi» disse lei,
meravigliosamente rapita.
Risposte.
«È vero papà,
è il regalo migliore del mondo», sospirò Itachi,
emozionato. «Ma non è strano che il regalo migliore del mondo sia anche un po’
bruttino? Di faccia, dico».
Sasuke si
ritrovò a trattenere una risatina lieve, scrutando l’ultimo regalo che lui e
Sakura avevano fatto a Itachi. Il bambino si sporse
velocemente verso di lui, di nuovo, pregandolo di fargli stringere tra le
braccia il suo regalo – l’aveva detto
così tante volte che ormai anche le infermiere avevano capito quella storiella.
«Siediti lì», gli disse Sasuke,
prendendolo sul serio. Gli sistemò il regalo contro il petto, vicinissimo.
Gli mancò un po’ il fiato quando si accorse che
i suoi figli sembravano già una cosa sola mentre erano tanto stretti. E poi
qualcosa gli esplose dentro, quando osservò un’ombra rossa negli occhi di Itachi.
«Cosa c’è papà?»
Lo sharingan.
Anche lui
voleva ricordare tutto. Solo che non se ne rendeva nemmeno conto.
Il regalo di Itachi
scoppiò in lacrime quando avvertì un minimo movimento del fratello. Itachi lo scrutò colmo di disappunto. «Uffa, ma sei proprio
insopportabile» sbuffò, calcando l’ultima
parola.
Sasuke
sollevò un sopracciglio, dubbioso. Era già arrivato al punto di non sapere a
chi dei due figli dedicarsi prima, soprattutto quando Itachi
invece di mollare la presa si era intestardito a dare un buffetto sulla fronte
del suo regalo.
Sasuke glielo
tolse dalle mani velocemente, cercando di porre fine a quel pianto disperato.
«Secondo te l’ha capito che gli voglio bene?»
indagò sostenuto Itachi, nascondendo nel fondo dello
sguardo un po’ di apprensione.
Sasuke si
abbassò per andargli più vicino e guardarlo negli occhi. Era calmo. Anche se la
vita gli esplodeva sotto le dita. Bellissima. «Si dice le voglio bene, Itachi».
E lei aveva l’aveva capito, che il fratello gli
voleva un mondo di bene. Ci mise solo qualche mese a rispondere, quando
pronunciò la sua prima parola.
‘ta-chi.