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Autore: Meredith Write    12/12/2012    0 recensioni
"Je t'aime"
"Je t'aime"
Ripeté, cercando di convincersi che necessitavano solamente quelle parole per poter essere felici.
Sfortunatamente, lo sapeva, non bastavano.
Ambientata a Pargi nel 1912, l'anno del incredibile disastro del transatlantico Titanic, ha solo un lieve nesso con la ben nota avventura del film Back To Titanic. Danielle, giovane dama borghese, è finita in miseria a causa del fallimento della banca del padre, il quale morì poco dopo. Aveva già smarrito la madre precedentemente, quindi Danielle rimane sola e povera, con la fedele compagnia della migliore amica Anastasie. Precedentemente, Anastasie aveva sposato per ovvio scopo di lucro il cinquant'enne marchese Blanchard, di conseguenza non aveva certo problemi di sostentamento. Danielle, abbandonata, decide di accogliere dentro di sé l'apparentemente folle idea di impossessarsi di un preziosissimo diamante, sfruttando le sue incantevoli doti seduttrici. Ma l'amore intralcia il suo cammino...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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CAPITOLO 2⃣

4 Aprile 1912
Londra

"David.. Why? Perché sei così determinato a salpare sul Titanic, senza di me.. Senza compagnia?"
*David.. Perché?*
"There's always a reason, Audry."
*C'è sempre una ragione, Audry*
Il conte Spencer la guardava con amore, mentre le accarezzava teneramente la pallida guancia.
"But Why?"
*Ma perché?*
Lei non osava accettare che lui la lasciasse.
"Amore mio, non è un addio, lo sai. Terminato il viaggio, attendimi nella tua città natale, New York."
Lei esitò, schiudendo le sue rosee labbra per convincerlo, ma lui riprese parola ancor prima.
"L'attesa snervante che dovrai sopportare varrà la pena, Audry del mio cuore."
Audry Arget sospirò, rassegnata. I suoi capelli biondo platino cadevano lisci e perfetti fin poco oltre le spalle. Indossava una fregiata camicia da notte semitrasparente, ornata di pizzi e merletti. Si sedette sul letto a baldacchino, producendo un fastidioso cigolio dovuto alle molle sotto il materasso. Il copriletto turchese le accarezzava le cosce, mentre guardava il conte Spencer con i suoi occhi azzurri, grandi e meravigliosi. Sapeva di esercitare un certo potere su di lui, un po' come una figlia scaltra nei confronti del padre adorante.
Gli alti soffitti della camera da letto del Conte, concavi, vantavano di meravigliosi affreschi, raffiguranti scene bibliche. Appesi alle pareti, color panna, ritratti in vari luoghi e posizioni del Conte Spencer, adornato dalle più lussuose vesti. Uno di essi raffigurava Audry Arget, nella medesima vestaglia che sfoggiava ora, distesa in una fin troppo provocante posizione sul divano color porpora, sottostante al quadro. Era stato dipinto dal Conte, la quale passione era appunto l'arte del pennello.
Il soggetto guardò il proprio ritratto perplessa.
"I tuoi Religiosi genitori non ritengono quel quadro un po'.. Osceno?"
Lui sfoderò uno dei suoi più affascinanti sorrisi. Nei suoi occhi verde muschio scintillò un briciolo di malizia, mentre osservava la donna per cui stravedeva distesa sul suo letto.
"Penso proprio di sì. In ogni caso, lo volto solamente quando sei presente. Per ricordarti che ti amo."
Con immenso dispetto di David, lei non accolse la sua dichiarazione, alzandosi ed avvicinandosi al suo ritratto.
"Oppure quando non ci sei, per rammentarmi della tua surreale bellezza.."
Continuò lui poetico, sperando anche solo in un suo adorante sguardo. Ma lei pareva non aver udito. Sfiorò il quadro sospetta, alla ricerca di una rivelazione.
"Lo volti?"
Domandò poi, apparentemente ignara del nervosismo del Conte.
"Prova a voltarlo."
Curiosa, scoperse un ritratto familiare dell'infanzia David Edward, circondato dai suoi rigidi e nobili genitori e dai suoi tre scalmanati fratelli minori. Il dipinto raffigurava inoltre le sue due sorelle, una delle quali in fasce tra le braccia della madre, che ispiravano tutt'altro che accoglienza materna. Non fece domande, consapevole che la piccola era morta qualche mese dopo. Un argomento che rattristava fin troppo David.
"Ingegnoso.."
Ammirò, mentre lo posizionava nella sua precedente versione.
"Così mi piace di più."
Terminò, senza vergognarsi della sua illimitata vanità. Ciò suscitò un sorriso sul volto del conte, che si avvicinò a lei cingendole la vita. Audry gli diede un bacio svogliato, distaccandosi poco dopo.
L'intero paese sveniva dietro a quei lucenti capelli neri e a quei penetranti occhi verdi, eppure lei lo rifiutava.
"Che accade, Audry? Ti ho forse recato alcun danno, dato il comportamento ostile che mi rivolgi?"
Ora il Conte era spazientito e nervoso, ma, soprattutto.. Ferito.
Lo sguardo di lei fu indecifrabile. Era un misto di dispiacere e stupore.
"O scusami caro.."
Dispiaciuta, si accostò a lui, accarezzandogli il viso. Il suo sguardo duro attendeva una spiegazione, opponendo resistenza alla forte tentazione Di addolcirsi al suo irresistibile sguardo.
"È che.. Oggi.. Non mi sento molto bene."
Mentì Audry Arget spudoratamente, per mascherare il suo imminente capriccio. Non voleva che lui partisse e pensava che, fingendosi arrabbiata, lui avrebbe annullato tutto, come accadeva sempre. Ma, a quanto pareva, la situazione non stava prendendo il verso giusto, e a Audry non aggradava affatto. Lei amava, anzi, pretendeva, di avere sempre tutto sotto controllo.
"I'm very sorry, David.. Mi gira la testa.." Simulò teatralmente un mancamento, nella vana speranza di far scaturire in lui compassione e tenerezza. Il Conte, invece, si voltò
Annuendo, mentre  iniziava a sfilarsi l'elegante abito da conte sul rosso porpora, adornato d'ogni sorta di gingillo.
"Quando salperai?"
Si arrese lei.
"On the tenth"
Rispose lui distratto, mentre si spogliava lentamente degli altri vari strati di veste.
Offesa, si rivestì in fretta, in attesa di alcune sue scuse, di un suo gesto di tenerezza. Ma il Conte rimase concentrato su di sé, pareva quasi non notarla. Bruscamente, lei abbandonò l'ampia camera, sbattendo con veemenza le alte scarpe turchesi sul pavimento in legno di ciliegio, proprio come un'infantile bimba capricciosa. I suoi timpani fremevano, in attesa di un suo richiamo, in attesa di essere reclamata. Ma nemmeno quando chiuse violentemente la porta, lui non  le rivolse un singolo sguardo.
Si fermò al di là della porta, nell'affrescato corridoio ottocentesco, adornato di colonne dai capitelli corinzi. Qua e là si stagliavano ritratti degli antenati degli Spencer, tutti nella medesima postura rigida e dallo stesso sguardo fermo ed orgoglioso. "I nobili" pensò con una nota di vivo disprezzo.
Attese, convinta che David Edward avrebbe spalancato la porta e sarebbe giunto da lei, per implorarle perdono. Ma ciò non accadde. Lacrime d'impotenza colmarono gli splendidi occhi turchesi di Audry Arget, per poi rigarle impetuosamente i delicati lineamenti. Un'infantile smorfia di rabbia sfregiò il suo pallido viso, mentre correva trafelata verso l'esterno del lussuoso e labirintico palazzo ottocentesco, dipingendo sui volti della servitù un'imbarazzante espressione sbalordita.
Ma non se ne vergognò.
Due ormai spenti occhi verdi la osservavano indifferenti calpestare il minuzioso giardino, consapevoli che quella bambina doveva crescere.
 Da sola.
Un quadro dalla posa fin troppo provocante venne voltato, mascherato da un incantevole ritratto familiare.
Il suo svolazzante abito celeste, come i suoi platinati capelli biondi si dissolsero nel buio della desolata strada londinese notturna, traversata solamente da qualche carrozza scalpitante.
Si disperse nei vicoli bui, senza mai cessare il suo impetuoso pianto e la sua disperata corsa, consapevole del pericolo che, come una mano lesta, potrebbe insinuarsi nelle sue vesti e mutare la sua infantile espressione in un afono grido di sofferenza ed aiuto.


3 Aprile 1912
Parigi


Danielle si dilettava, tra una sonata di Bach, un valzer di Chopin e l'incantevole 'Per Elisa' di Beethoven,  ed il suo portentoso talento musicale stingeva gli alti affreschi, la cui grazia impallidiva al confronto delle sue doti melodiose. Il delicato sono del pianoforte giungeva misticamente al suo orecchio, deliziandone il turbato animo e placando le sue tristi inquietudini. Danielle socchiuse gli occhi, incantata dalla musica, e nelle sue palpebre si dipinsero i suoi ambiziosi desideri. Lei danzava, protagonista di un immenso e lussureggiante salone, e la grazia dei suoi passi stingeva la bravura delle più ricche e colte nobildonne francesi. I suoi piedi si muovevano fatati e, mentre piroettava tra le braccia di un meraviglioso uomo, le parve che aleggiassero qualche istante di più di quello che avrebbero dovuto, quasi alati.
Schiuse le sue labbra, spogliando la desolata realtà dei suoi sogni, ammirando davanti a sé le sue diafane dita che premevano delicatamente sugli ormai vagamente ingialliti tasti in avorio.
'Lungi da me l'idea di divenire una lurida ladra!'
Si rammentò con decisione, armandosi di tridente per espellere dalla sua mente alcuni infernali pensieri, che l'assillavano continuamente.
S'alzò, e vagò per la sua silenziosa e disabitata dimora alla vana ricerca di un qualcosa.. Un qualcosa di cui aveva un disperato bisogno.
Solo dopo rammentò di non averla mai posseduta, ma le baluginò in mente l'adatto metodo per procurarsela.. E la consona scusa.


Un sonoro bussare la destò dal suo sogno fatato, dove Pierre era il suo unico ed incondizionato marito. Per un attimo temette la presenza di Nicolas, ma poi realizzò con piacere che lui era a Berlino. Inoltre, suo marito spalancava le porte senza preavviso, non con il rispettoso gesto da lui considerato consono solamente alla servitù. 'Povero Nicolas' pensò con ironia 'si rifiuta di bussare per non screpolarsi le nocche.' Anastasie Tamburellò le dita sul muscoloso petto di Pierre, accanto al quale si era addormentata, in attesa che la snervante presenza avesse rinunciato Nel suo intento di disturbarla.
Almeno, così sperava.
Un altro fastidioso bussare giunse al suo orecchio, facendola sbuffare dal nervosismo. S'alzò e indosso la sua vestaglia turchese, orlata di fregiati pizzi e merletti, ordinatamente posata da Edgard sulla lettiera. Pierre tradusse la sua dolce occhiata di avvertimento, nascondendosi sotto il letto e portando con se le loro spiegazzate vesti. Il lungo, pesante e vellutato copriletto blu gli ostruiva la visuale, perciò decise di saziare la sua curiosità con l'udito.
"'Qu'est-ce qui c'est?"
*Chi è?*
Domandò rabbiosa, nel vano tentativo d'intimidire il suo interlocutore.
"Mon amie, je suis Danielle!"
*Amica mia, sono Danielle*
Subito Anastasie si pentì di essere stata talmente brusca. Spalancò la porta, tentando di assumere l'espressione più accogliente possibile, celando il suo nervosismo.
Generalmente con Danielle chiacchierava per ore.. E non sarebbe affatto stato un problema, se il suo giardiniere non si trovasse, nudo, sotto il suo letto.
"Salut, Dani!"
*Ciao, Dani!*
"Salut, Ana!"
Rispose Danielle, ricambiando l'educato bacio sulla guancia. Solo dopo si rese conto delle condizioni della sua amica.. Vestaglia, capelli arruffati.. La spiegazione si dipinse nella sua mente, per quanto strana.
"Pisolino pomeridiano?"
Domandò Danielle incredula.
Anastasie rise nervosamente, mentre frugava tra le sue idee alla ricerca di una scusa plausibile.
"Oh, Oui! Mi sentivo talmente fatiguée.. Ho pensato che una dormita non poteva nuocermi.. Giusto?"
Indossò il più convincente dei sorrisi, che Danielle contraccambiò più che per educazione che per spontaneità.
Nonostante la sua apparente ingenuità, un minimo di perspicacia la possedeva.
"Je suis desolée.. Non era mia intenzione disturbarti, Ana"
*Sono desolata..*
"Oh, ce n'est pas un problème! Gradirei farti accomodare, ma la mia camera non è momentaneamente molto ospitale.."
*Oh, non è un problema!*
Anastasie ammiccò alla sua stanza, mentre una stupita Danielle contemplava il disordine del letto, dove un groviglio di coperte e lenzuola torreggiava sotto il baldacchino. Si fece largo verso di esso, dal quale Anastasie tentava disperatamente di tenerla lontana.
"Mi pare di scorgere una veste, sotto il letto, sbaglio?"
Domandò sincera Danielle. Effettivamente, dovette constatare Anastasie, la sua gonna verde limone sbucava dal copriletto. Fortunatamente era la sua, non la sgualcita salopette blu di Pierre.
Prima che Danielle potesse agire di testa sua, Anastasie si precipitò a raccogliere la sua veste.
"Mi domando come vi è finita."
Disse, fingendo un'impacciata nonchalance. La posò delicatamente sull'intarsiata lettiera in legno.
Determinata a lasciarsi alle spalle quel luogo che provava il suo tradimento, Anastasie propose di abbandonare la sua stanza.
"Desideri che ti offra un the, giù in salotto?"
"Oh, non ve n'è bisogno, ti ringrazio. Ti ho già disturbato abbastanza, Ana. Ero passata a trovarti solamente per domandarti se mi potevi prestare 'Le Monde'"
Anastasie annuì mentre la conosceva ai piani inferiori, guardandola incuriosita. Troppo tardi se ne pentì, realizzando che il motivo per cui non ne possedeva uno erano i franchi. "Sai.."
Si trovò a dover giustificare Danielle.
"Scommetto che erano terminati. Mi è stato detto che il mio era l'ultimo!"
Mentì Anastasia, per agevolare la sua amica. Lei non avrebbe mai contemplato il prezzo di un 'Le Monde', dato che se ne occupava Edgard. "Proprio così." le sorrise Danielle riconoscente, mentre Anastasie le porgeva il suo 'Le Monde'. Fremeva che se ne andasse, in pensiero per il suo amato.
"Grazie Ana, come sempre colmi tutte le mie lacune"
Anastasie le sorrise sbrigativa, mentre la conduceva verso la porta.
"Mi rincresce molto di non averti potuto offrire altro.."
Mentì per educazione, sperando che Danielle non fosse dell'intenzione di scroccare una tazza di the.
"Figurati! Tolgo istantaneamente il disturbo."
Dopo averle baciato la guancia, Danielle varcò la soglia in marmo, scendendo elegantemente i cinque gradini che la separavano dal curato giardino. Per quanto impoverita, Anastasie l'ammirava. Riusciva a mantenere il suo contegno e la sua classe, nonostante la disgrazia che aveva portato la banca di Monsieur Blanchard al fallimento.
"Au revoir, Dani!"
Agitò la curata mano destra in cenno di saluto, che venne subito ricambiato da Danielle.
"Aurevoir, ma chère Ana!"


Una volta assicuratasi che la sua amica Danielle avesse varcato il nero cancello che proteggeva la sua villa, lei si precipitò trafelata ai piani superiori, ignorando gli sguardi interrogativi che le rivolgevano i membri della servitù.
Una volta In camera, trovò un deluso Pierre intento ad infilarsi la sua sgualcita salopette. Aveva riposto i suoi vestiti sul letto, in una squallida imitazione di un'ordinata piegatura.
Anziché innervosirsi, Anastasie gli sorrise teneramente.
"Je suis desolée, mon amour.."
*Sono desolata, amore mio..*
Si scusò, mentre gli appoggiava le diafane mani sul petto. Lui le carezzò teneramente il viso, reprimendo un risolino.
"Non è successo nulla, Ma Petite Ana"
*Mia piccola Ana*
Lei, Maliziosa, tentò di slacciare i bottoni della salopette, ma Pierre la fermò. Lei finse un broncio, pretendendo una spiegazione.
"Lo desidererei tanto, mon amour, ma non possiamo. Devo lavorare."
Disse lui arbitrario. Lei fece per protestare, ma lui le posò l'indice sulle carnose labbra, carezzandole delicatamente.
"Mi dispiace, Ana, ma la gente si porrà delle domande, notando la mia scala misteriosamente accostata al tuo balcone."
Lei gli sorrise scoraggiata.
"Stasera?"
Domandò speranzosa.
"Magnifico, così quel ficcanaso di Edgard farà due più due."
Lei sbuffò, fintamente arrabbiata, ma sinceramente delusa.
"Demain"
*Domani*
Disse infine lui.
"Demain."
Ripeté sorridente Anastasie, prima di donargli un breve, ma romantico, bacio.
Lo osservò impugnare i suoi attrezzi e scostare la scala su un albero accanto, mentre lui le rivolgeva sguardi adoranti.
"Demain"
Ripeté a se stessa come incoraggiamento, mentre faceva  scivolare la tenda sulla sua finestra, lasciando Pierre al suo faticoso e minuzioso lavoro.
"Demain"


Danielle camminava lesta nella sua  veste madreperlacea, lanciando sguardi sprizzanti d'invidia alle rigogliose ed intarsiate carrozze che traversavano gli affollati boulevard di Parigi. Le sue scarpette violacee producevano un regolare battito sul grigiastro asfalto, ed invano lei tentò di concentrarsi su esso. Non riusciva a non guardarsi attorno ad ammirare  lo splendore Parigi, gli alti palazzi che torreggiavano negli ampi viali brulicanti di persone, dai ben noti tetti neri d'ardesia.  frivole dame ed eleganti gentiluomini, nelle loro ricche vesti. Danielle Si rodeva d'invidia osservando le lussureggianti vesti di cui s'adornavano le eleganti  nobildonne accanto alla ricca dote, finalmente scovata. I loro ingenui mariti, illusi di aver conquistato il cuore di giovani e splendide ragazze.
Danielle Aveva sempre ritenuto il Marchese Nicolas Sébastien Doudelet una colta e rispettabile persone, la cui compagnia era un grato dono. Mai avrebbe immaginato che si sarebbe fatalmente invaghito della sua amica Anastasie e perdutamente convinto di essere ricambiato. Era praticamente certa che Anastasie lo tradisse, anche se lei non glie ne aveva mai fatto parola. Anastasie non amava Nicolas, questo era ben nitido a gran parte dei suoi, e di conseguenza miei, amici.
Povero Marchese, divenuto un ridicolo zimbello di fronte ai più ricchi membri dell'alta borghesia, a causa del suo sconfinato ed innocente  amore per Anastasie.
Svoltò per il lungo Senna, le cui torbide acque brulicavano di caratteristici 'bateaux  mouches' , colmi di coppie innamorate e turisti affannati. Ancora una volta, i suoi nitidi ricordi le affollarono la mente e lei rimpianse i tempi in cui si dilettava traversando la Senna in battello, ovviamente assieme alla preziosa compagnia di Anastasie.
"Miei emeriti signori..vi ho radunato qui per esporvi una lieta notizia.."
Lo sguardo di Danielle si soffermò su un gentiluomo sulla quarantina, dai capelli appena brizzolati e dalle eleganti basette, il cui nome le sfuggiva dalle carnose labbra. Era certa di averlo sentito nominare più volte e di averlo anche incontrato, quando i suoi occhi dorati brillavano ancora di ricchezza.
Codesto signore era circondato da signorotti tali e quali a lui, pendenti dalle sue labbra. Le Parve che fossero in attesa di un bateau mouche, ma non erano affatto contrariati, anzi, sembravano non notare la fila che si diramava dietro e davanti a loro. . 'Quale notizia voleva svelargli?' per un attimo questa domanda attraversò anche l'affollata mente di Danielle, sopraffatta dalla curiosità.
Rallentò il passo, prestando attenzione a non farsi notare ad origliare.
"Je suis vraiment désolé.. Ma presto dovrò abbandonare la vostra piacevole compagnia."
*Sono veramente desolato..*
Lo scorrere della Senna accompagnava le sue preziose parole, pronunciate con una voce sì calda e profonda da attrarre persino Danielle.
"Quale arcano motivo la conduce a questa scelta, Monsieur Maupassant ?"
Prese la parola un uomo a lui accostato, anch'esso dalla peluria brizzolata, forse addirittura più anziano, date le, seppur lievi, rughe che gli solcavano il viso e la roca voce.
Maupassant, giusto. Il nome le balenò in testa appena venne pronunciato. Certo, l'aveva conosciuto al ricevimento di matrimonio organizzato da Anastasie e Nicolas, novelli sposi. Ci aveva addirittura scambiato qualche parola, Lui l'aveva sommersa di lodi e complimenti che Danielle non era convinta di meritare. Pensandoci su, si rammentò sorridendo che Anastasia  le aveva suggerito di adottare la sua stessa tattica con Maupassant, ma lei aveva reagito con una smorfia di disgusto. Non riusciva ad immaginarsi il suo corteggiatore rugoso avvolto dalle coperte del loro letto nuziale. Dato ciò, vi aveva sempre tenuto una ben nota distanza. Desiderò con tutta se stessa che lui non la notasse e, sopratttutto, che non la riconoscesse, almeno non nelle umili condizioni in cui si trovava.
Monsieur Maupassant rise sguiatamente, dando un'amichevole pacca sulla spalla dell'amico.
"Oh, nulla di permanente, mon cher Guillaume! Il sette aprile mi recherò nella cittadina di Cherbourg, grazie al lucroso biglietto di un treno. Il dieci, miei cari compagni, salperò sul Titanic, la plus grande croisière du monde!"
Danielle trasalì assieme alla gente attorno che aveva udito la precedente notizia. Era evidente che aveva alzato il tono di voce esclusivamente per creare scalpore, vantandosene.
Lei Strinse il 'le monde', il quale citava le medesime parole.
Un brivido le percorse la schiena, mentre ammirava l'imponenza, la maestosità e l'eleganza Del Titanic, in una scolorita foto in inchiostro nero sul giornale, che non le rendeva abbastanza.
'La plus grande croisière du monde.'
  
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