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Autore: La neve di aprile    12/12/2012    4 recensioni
(Luca e Laura) Laura stringe le labbra in una smorfia e gonfia le guance. Luca si avvicina cautamente, superando il muro di lenzuola stropicciate che lo separano dal corpo nudo di lei. Stesa su un fianco, può leggere il rilievo delle vertebre e disegnare una ragnatela di baci tra le asperità delle scapole sporgenti.
(Cecilia e Marco) Perché Cecilia è fatta così, emblema di pacatezza il novanta per cento del tempo e vulcano di tutto per il restante dieci: non conosce mezze misure perché nelle cose fatte a metà non ha mai creduto davvero, ma se non è convinta a pieno allora preferisce risparmiarsi per qualcosa che verrà in futuro e che meriterà il dispendio di cuore.
[Fanfiction partecipante all'iniziativa del Collection of Starlight "Addobba l'albero di Natale con il COS!"]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Due di uno'
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Disclaimers
Luca, Laura © La neve di aprile
L’intreccio qui descritto rappresenta copyright dell’autrice (La neve di aprile).


Partecipante all'iniziativa "Addobba l'albero con il Cos!"

III giorno
Parola: biscotto.
Warning: fluff.
Prompt: "Il vero messaggio del Natale è che noi tutti non siamo mai soli" - Taylor Caldwell.
Fandom: Naruto





 

A Francesco che vorrebbe più azione,
e meno "orletti e merletti".

 

DUE DI UNO
Luca e Laura

 

 
“Dai, vieni qui.”
“No.”
“Dai…”
“Quale parte del no ti è sfuggita, la n oppure la o?”
“Non farei così, amore…”
“Faccio come mi pare e piace!”
“Non mi piace supplicarti, lo sai.”
“Non ti sto mica chiedendo di supplicarmi, ti ho chiesto di lasciarmi in pace.”
“E io non voglio!”
“E allora non lamentarti se poi ti ritrovi a supplicarmi.”
“…”
“…”
“Dammi un bacino.”
“No.”
“Dammi un bacino.”
“Non mi va.”
“Bugiarda.”
“Non mi va, in quante lingue te lo devo dire?”
“Dammi un bacino e facciamo pace.”
 
Laura stringe le labbra in una smorfia e gonfia le guance.
Luca si avvicina cautamente, superando il muro di lenzuola stropicciate che lo separano dal corpo nudo di lei.
Stesa su un fianco, può leggere il rilievo delle vertebre e disegnare una ragnatela di baci tra le asperità delle scapole sporgenti.
Una costellazione di nei, nella pennellata bianco latte della pelle scoperta, lo invita a congiungere ogni puntino scuro in punta di dita come se, facendolo, potesse leggervi una qualche verità su di lei che ancora non conosce.
Una pozzanghera di briciole gli si conficca nel fianco quando si protende per abbracciarla: Laura protesta, ringhiando a denti stretti qualcosa di irripetibile e irrigidendosi nella stretta calda delle sue braccia; nel mare di ciocche scure che si riversano sul cuscino la conchiglia pallida di un orecchio lo invita a bisbigliare piano il suo pentimento.
 
“Scusami, non pensavo fosse l’ultimo biscotto.”
 
Glielo dice piano, scostando delicatamente la massa buia dei capelli per trovare con il naso la curva elegante del collo.
S’impiglia nella sottile catenina, nel ciondolo a forma di cuore che le ha regalato per il loro primo anno assieme.
Una tenerezza tiepida gli scalda il petto, ma affonda i denti nella carne delicata della gola scoperta come a volerla punire per il suo silenzio.
 
“Ti ho detto che mi spiace, davvero, non tenermi il muso…”
 
Non la sta supplicando, non più.
C’è una nuova morbidezza nelle spalle che Laura ancora gli rivolge, il segno impercettibile di un perdono già concesso quando ancora lo sguardo si perde verso il piccolissimo albero di Natale che li veglia dall’alto della cassettiera.
Semmai la vezzeggia, con la stessa tenace pazienza che gli è costato corteggiarla per strapparla al limbo d’inesperienza e timidezza dove l’ha scovata impantanata.
 
“Amore, dai, dimmi qualcosa…”
“Qualcosa.”
 
Un ringhiare sommesso, non più veramente arrabbiato, pregno di un orgoglio difficile da abbattere e scavalcare.
Può immaginarla assorta in una lotta interiore tra il desiderio di voltarsi e l’incapacità fisica di lasciar andare, la stessa ritrosia acuta delle persone che troppo hanno concesso e perduto per poi imparare ad amarsi e proteggersi con timore soverchiante di una nuova sofferenza.
Paura scaccia paura, ma una corazza di paura è difficile da svestire.
Troppo stretta, troppo pungente, cucita addosso: non si può strappare via – si strapperebbe anche l’anima che protegge – ma va disciolta nel calore dell’amore, dell’affetto.
È una creatura fragile e ostinata, Laura, ma Luca sa essere più cocciuto di lei.
Perché amore è anche questo, combattere le guerre degli altri per risparmiare loro la fatica dello scontro e la sofferenza delle ferite.
 
“Sei proprio stupida a volte, amore.”
 
Ride contro di lei, tra i suoi capelli, nella sua gola, lungo il profilo spinoso della spalla che accarezza di baci.
Due tazze sul pavimento hanno smesso di fumare da un bel po’, reliquie di una merenda sfociata poi nel dramma di un ultimo biscotto rubato e il capriccio di un momento evolutosi in battibecco.
C’è silenzio, sulla parete bianca s’inseguono i bagliori delle lucine dorate avvolte attorno al piccolo albero carico di gingilli.
C’è silenzio, ma il sussurro delle lenzuola strusciate già può intuirlo quando sente la schiena di Laura premere contro il suo petto.
L’accoglie con un sorriso sfacciato e un bacio sulla fronte, lasciandole spazio di rannicchiarsi contro di lui e scalciare via la coperta che si è aggrovigliata attorno alle sue gambe.
Avrà freddo tra un momento – la conosce -, ma la lascia fare riempiendosi il petto dell’odore del suo shampoo, della sua pelle, del suo amore.
 
“E tu un brutto ciccione.”
 
Ma lo dice ridendo stentata, di quelle risate impacciate che suonano sempre un po’ strane dopo un’emozione troppo violenta.
E Luca, che ciccione non lo è affatto, questa volta non ha proprio nulla da ridere perché ha vinto.

   
 
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