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Autore: Martu89    29/06/2007    0 recensioni
Raelene non è la protagonista di questa storia, ma ben altro. Questo è il viaggio oltre i confini della nostra realtà di sei ragazzi, che affrontando prove di ogni sorta, comprenderanno la fondamentale importanza di essere sè stessi.
"Fu un attimo. Nello stesso momento in cui aveva aperto la pagina, fu come se un paio di mani l’avessero afferrata le spalle e l’avessero tirata avanti con una forza tale da farla sparire all’interno del libro. "
Genere: Commedia, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Vai, Scarlett!” gridò Becki Hall alla sua compagna di squadra, alzandole la palla in modo perfetto. Scarlett saltò in alto, più in alto di quanto non avesse mai fatto prima e schiacciò la palla con forza nell’altro campo; vano fu il tentativo della squadra avversaria di murare il suo potente attacco, infatti, la palla cadde a terra poco lontano dalla linea di fondo campo.
“E con questo fortissimo attacco del loro capitano, le Venus Fighters vincono il match!” urlò la voce del telecronista sovrastando le grida di gioia del pubblico e delle sei ragazze in campo, buttatesi tutte addosso a Scarlett.
Scarlett Proudfoot aveva 17 anni ed era il capitano della squadra di pallavolo della sua città ormai da due, e quella era la terza volta che portava le sue compagne alla vittoria, contro le loro più acerrime nemiche della città di Mars Burgh. La sua bravura a pallavolo, era il miglior opposto che le Venus Fighters avessero mai avuto, le aveva garantito un’ottima popolarità a scuola, non che ne avesse bisogno essendo una bellissima ragazza: i suoi lunghi capelli del color dei rubini, i suoi scintillanti occhi verde chiaro e il suo corpo atletico e sinuoso, avevano fatto palpitare innumerevoli cuori, peccato, pensava Scarlett, che nessuno avesse mai fatto palpitare il suo. Tante ragazze avrebbero dato di tutto pur di avere la sua notorietà, eppure a lei non importava. Snobbava le infinite feste alle quali era invitata, respingeva le insistenti proposte dei ragazzi più belli e ricchi della scuola, evitava i gruppi delle ragazze più popolari come evitava accuratamente la loro amicizia, ma perché? Non era timida, non era strana, non si sentiva più importante di altri; l’unica cosa che desiderava era stare semplicemente con i suoi amici: era davvero un crimine così orribile?
Dopo essersi fatta una doccia e cambiata velocemente, Scarlett si diresse di gran carriera verso la redazione del “Venus High Daily”, ma prima che potesse varcare la soglia della porta della palestra, urtò violentemente un povero ragazzo che stava entrando; rimasero in equilibrio per puro miracolo, ma la macchina fotografica che il ragazzo stringeva nelle mani, cadde a terra, senza però danni apparenti.
“Opsss… – soggiunse piano, sorridendo al ragazzo – mi dispiace tanto. Scusa la mia irruenza… Devo pagarti qualcosa per la macchina fotografica?”
Il ragazzo abbozzò un sorriso, e scosse la testa. “Non ti preoccupare, era della scuola.” Ma prima che potesse aggiungere altro, sbucò una ragazza dalla porta, era davvero carina, aveva dei lunghi capelli boccolosi color miele. Evidentemente era la sua ragazza. “Logan, dobbiamo andare – disse rivolta al ragazzo, poi vide Scarlett – bella partita, complimenti!”
Scarlett mormorò un timido ringraziamento, poi si voltò di nuovo verso Logan scusandosi ancora ed infine uscì dalla palestra, lasciandosi alle spalle i due ragazzi.
Dentro alla redazione, come al solito, c’era una confusione assurda, e quel giorno era triplicata, poiché il giorno seguente sarebbe dovuto uscire il nuovo numero del giornale, ma erano, come al solito, in tremendo ritardo. Prima che Scarlett potesse mettere un piede dentro all’aula, quello che pareva un turbine, ma che non era altro che una ragazza, le venne incontro di corsa. “Allora?” le domandò Emma, guardandola impaziente.
Scarlett la guardò con aria afflitta e sospirò.
“3 a 2…” rispose mestamente.
“Oh, tesoro, mi dispiace…” tentò di consolarla Emma.
“Ma che hai capito?! – le urlò Scarlett, iniziando a saltare – 3 a 2 per noi!”
Emma avrebbe decisamente voluto strozzarla con la sue stesse mani, ma era troppo felice che la partita fosse stata vinta, che iniziò anche lei ad urlare e saltare, improvvisando una balletto sul posto.
Emma Heckett era una ragazza non particolarmente magra, aveva i capelli neri e lisci che le ricadevano dolcemente sulle spalle e un paio di occhi grigi, che le davano ogni tanto le sembianze di un gatto. Al contrario di Scarlett non era un asso negli sport, preferiva decisamente stare seduta davanti allo schermo di un computer e scrivere; non a caso, infatti, era la capodirettrice del giornale scolastico. Definire Emma Heckett e Scarlett Proudfoot migliori amiche era fin troppo riduttivo, si conoscevano ormai da quando, ormai 15 anni prima, la famiglia Heckett si era trasferita nella casa accanto a quella dei Proudfoot; all’epoca Emma aveva 3 anni mentre Scarlett 2, ma mai quell’anno di differenza era pesato alle due ragazze, anzi, aveva fortificato la loro unione tanto che, anche quando Emma cambiò di nuovo casa, nulla mutò tra loro.
“Emma, scusa puoi venire un attimo?” interrupe Megan Palmer, mentre Scarlett stava narrando appassionata di una splendida azione. Nello stesso momento in cui Emma si diresse a parlare con Magan di un articolo che stava dando parecchi problemi, dalla porta infondo all’aula uscì pigramente un corpulento ragazzo. Non aveva decisamente i canoni classici di bellezza, però era alquanto affascinante, teneva i capelli castani costantemente legati stretti in una coda e aveva dei profondi occhi nocciola, che in quel momento si stava stropicciando stancamente; appena vide Scarlett si diresse verso di lei, facendole un cenno di saluto.
“Deduco – esordì Daniel, indicando fiaccamente Emma – dagli strilli di quella gallina, che tu abbia vinto la partita. Brava Scarlett!”.
Quando finì di parlare, Emma si voltò di scatto a guardarlo con gli occhi ridotti a due fessure che lampeggiavano pericolosamente: in quel momento sembrava davvero un gatto.
“Chi sarebbe la gallina?!” gli urlò, facendo sobbalzare metà redazione, mentre l’altra metà, avvezza ai suoi scatti d’ira, continuò a tranquillamente a lavorare.
“Tu – rispose Daniel, pacato – urli sempre come un’ossessa, anche prima che arrivasse Scarlett.”
“Oooh, magari perché io qui faccio un lavoro?! TU, piuttosto, cosa diavolo stavi facendo di là?!”
“Dormivo.”
Daniel Bennet era l’ultimo del loro trio d’amici; aveva conosciuto Emma e Scarlett 5 anni prima, quando appena trasferito nella piccola Venus Town, solo e senza nessun amico, aveva incontrato le due, che senza farsi alcuno scrupolo, avevano cercato subito di stringere amicizia, nonostante da quelle parti il suo aspetto non fosse visto di buon occhio. Daniel, inizialmente sconcertato dall’irruenza di Emma e Scarlett, non ci mise molto tempo ad affezionarcisi, e spinse da un lato il suo orgoglio che non accettava di essere amico con due ragazze; ma come si dice, un’amicizia non si rifiuta mai e così, quella che nacque tra i tre fu unica, speciale, ma soprattutto, sincera.
Prima che Emma, decisamente sconvolta dalla leggerezza con cui Daniel le aveva risposto, poté ribattere, Scarlett s’intromise tra i due.
“Ehi, ehi… Non che voi due potreste sbranarvi, che so, dopo, un altro giorno, mai? Vorrei chiedervi una cosa.” Emma e Daniel passavano la metà delle loro conversazioni a battibeccare, più che litigare, fatto che Scarlett faceva molta fatica ad sopportare, ma infondo sapeva che quei due si volevano davvero un bene inimmaginabile. Ad esempio, quando due anni prima, Caroline e Victor, i genitori di Emma, avevano divorziato, e lei era caduta in depressione, Daniel le era stato costantemente vicino, anche più di Scarlett, non l’aveva mai lasciata da sola e le aveva dedicato mille attenzioni, fin quando non le era passata la crisi.
Emma incrociò le braccia e fece segno di acconsentire, guardando ancora torva il ragazzo, Daniel fece lo stesso in una spassosa imitazione della ragazza, che la fece sorridere divertita. Scarlett sarebbe stata pronta a scommettere che, in fin dei conti, i due trovavano molto divertenti quelle piccole discussioni, mentre lei le trovava semplicemente snervanti.
“Bene, finalmente. – disse Scarlett – Avevo in mente di andare al Mansfield stasera, giusto per festeggiare con voi la vittoria. Le mie compagne di squadra mi avevano gia chiesto di uscire, quindi se voi non ne avete voglia, ci metto un secondo a raggiungerle”
“Scherzi? Certo che veniamo! Non era nemmeno da chiedere” rispose prontamente Daniel.
“Perfetto. Mi passate a prendere, allora? Alle 9?” chiese Scarlett.
“Certo! Alle 9 da te” disse Emma, annuendo. Scarlett li salutò e velocemente uscì dalla redazione per tornare a casa.
Daniel, invece, sbadigliando e stiracchiandosi, si diresse stancamente verso la porta infondo all’aula, da dove era uscito poco prima.
“Ehi, dove credi di andare?! – gli urlò dietro Emma – Ho bisogno del tuo aiuto!”. Ma il ragazzo si limitò a scuotere noncurante la mano in aria, ed infine si richiuse la porta alle spalle.
***
Appena Scarlett varcò la soglia di casa sua, sentì una forte esplosione provenire dalla cucina, una qualsiasi normale persona si sarebbe immediatamente preoccupata e sarebbe corsa nell’altra stanza per scoprire la causa di tutto quel fracasso, ma non Scarlett. Pigramente salì le scale e dopo aver lasciato tutte le sue cose in camera, scese per controllare i danni dall’esplosione.
“Perché diavolo – pensò Scarlett scendendo le scale – non posso avere una famiglia normale?!”
La famiglia Proudfoot non era una famiglia, come dire, normale; era abbastanza stramba, o almeno strambe erano le attività dei suoi componenti. Il padre di Scarlett, Nathan, era professore universitario e ricercatore, passava la maggior parte del suo tempo chino su grossi testi antichi, ed univa questa sua passione ad una mania quasi ossessiva: collezionare pietre antiche. Il signor Proudfoot avrebbe potuto dire quello che voleva a proposito di resti di antiche città o castelli, ma quel masso posto accanto alla porta d’ingresso, ce n’erano in tutta la casa, sembrava proprio solo un grande sasso vecchio. Alice, la madre di Scarlettt, era casalinga, ma aveva lavorato in passato come chef in un grande ristorante, e da qui la sua passione per la cucina, ma non per la cucina normale, doveva costantemente provare nuove ricette, accostando gli ingredienti più strani, tanto che non di rado si sentivano forti esplosioni provenire dalla cucina, tanto che ormai in casa nessuno ci faceva più caso. La sorella maggiore di Scarlett, Ashley, aveva avuto un bambino a 17 anni, ma i Proudfoot non erano genitori normali, invece di arrabbiarsi ne furono assolutamente deliziati; Alice spiegò che infondo aveva avuto Ashley quando aveva solo un anno in più, quindi non vedeva cosa ci fosse di male, ad avere un bambino a quell’età. Poi c’era il secondogenito, Douglas, ora frequentava l’università, ovviamente aveva scelto la stessa facoltà del padre e condivideva con lui quella che Scarlett chiamava “mania ossessiva dei sassi”. Poi c’era Scarlett, ed infine Celeste e Owen, gli altri due fratelli, che ancora, per fortuna, non avevano sviluppato hobby troppo strani. Anche se Celeste si divertiva spesso ad aiutare sua madre in cucina e Owen aveva qualche volta accompagnato suo padre alla “raccolta ossessiva di sassi”. I Proudfoot erano una famiglia molto strana, e l’unico desiderio di Scarlett era che fossero semplicemente normali, vani furono i tentativi di Daniel ed Emma di farle capire quanto erano meravigliosi, proprio perché sempre uniti in qualsiasi situazione.
Scarlett entrò cauta in cucina, nel caso in cui magari una salsa al tabasco fuori controllo l’avesse voluta attaccare, ma la stanza era pulita e immacolata, e una Scarlett in formato più grande stava semplicemente chiudendo qualcosa (Scarlett non volle sapere cosa fosse) in dei contenitori di plastica. Alice Proudfoot aveva superato ormai la quarantina, ma non sembrava tanto più vecchia di quando aveva 30 anni; come la figlia, aveva lunghi capelli rosso scuro e occhi di un verde sfavillante, ed un corpo sinuoso, sebbene ormai meno atletico. La donna si voltò sorridendo verso la figlia, mentre Scarlett apriva lo sportello del frigo e tirava fuori una bottiglia di succo.
“Cara, come è andata la partita?” chiese Alice, continuando a macchinare attorno ai contenitori in plastica.
“Bene, abbiamo vinto” bofonchiò Scarlett in risposta, trangugiando una lunga sorsata di succo.
“Sono felice per te, tesoro. Tu vai via con i tuoi amici stasera, giusto?” Scarlett annuì continuando a sorseggiare il nettare di albicocca.
“Perfetto. Io vado a mangiare da Celia. Questa sera tuo padre invece rimarrà in facoltà a lavorare. Celeste dorme da Jenny, mentre Owen è dalla nonna. Quindi hai campo libero.”.
Scarlett quasi si strozzò con il succo. “Cosa vuol dire “campo libero”?!” domandò tentando di non soffocare. Alicia si lasciò andare ad una risata, poi impostando un sorriso a 32 denti, disse “Intendevo, non so, potresti portare qui il tuo ragazzo.”
“Quale ragazzo, scusa?! Il mio fidanzato invisibile?” “Non lo so. Vuoi dire che ancora non hai un ragazzo?! Dolcezza, ti dovresti dare una mossa…”
“Per poi ritrovarmi incinta come qualcun altro? No, grazie. – Alice inarcò leggermente le sopracciglia lanciandole un’occhiata malevola – Tu non dovevi andare da Celia?”
“Sto andando. Ciao zuccherino”. Prese i suoi contenitori di plastica e la borsa, ed uscì di casa.
Scarlett si decise a salire in camera per cambiarsi, aveva già messo la mano sul corrimano della scala, quando sentì una voce, o per meglio dire, un sussurro, provenire dalla biblioteca del padre in cantina. Cauta si diresse verso la rampa di scale che portava di sotto: non sembrava ci fosse nessuno. La biblioteca era una grande stanza, che occupava tutta la cantina di casa Proudfoot, ma conteneva più scaffali di quanti ce ne potessero effettivamente stare, tutti stipati fino in cima di libri e vecchi tomi.
Scarlett scorse tutti gli scaffali, quando arrivò all’ultimo provò una strana sensazione, come se dovesse andare in quella direzione, come se ci fosse qualcosa che la spingesse avanti. Si ritrovò davanti al ripiano di uno scaffale, dove sembrava appoggiato così per caso uno strano volume. Un po’ impaurita lo prese tra le mani tremanti. Non sembrava né vecchio né nuovo, era rilegato in pelle di colore vermiglio e sopra c’era incisa una “K” color oro, titubante Scarlett aprì il libro ad una pagina a caso. Fu un attimo. Nello stesso momento in cui aveva aperto la pagina, fu come se un paio di mani l’avessero afferrata le spalle e l’avessero tirata avanti con una forza tale da farla sparire all’interno del libro.
  
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