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Autore: giuly_etta    12/12/2012    2 recensioni
Sola.
Triste.
Inutile.
Esclusa.
Depressa.
Non amata.
Dimenticata.
E' così che mi sento ogni giorno..
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sola.

Triste.

Inutile.

Esclusa.

Depressa.

Non amata.

Dimenticata.

 

E' così che mi sento ogni giorno quando, dopo aver controllato lo stato di salute di mia madre in ospedale, vado a lavoro.

Entro come d'abitudine per la porta dei dipendenti e dopo essermi cambiata raggiungo il bancone del bar.

Lavoro qui da cinque anni e tutto ciò che ho ricevuto in cambio è stato solo odio, apprensione e pena per la mia situazione.

I vecchi proprietari, due cordialissimi signori italiani, mi trattavano come una figlia, purtroppo è durata davvero poco quella quiete, che mi faceva quasi aver voglia di lavorare, poiché sono morti e l'albergo è andato nelle mani della figlia, una cinica trentenne, capace di distruggere la giornata di ogni dipendente con una sola parola, e la mia la distrugge ogni giorno.

Nonostante lavori qui da tempo, in tutto avrò servito tre birre e un cocktail, questo albergo è davvero dimenticato da Dio.

«Orfana, dobbiamo discutere del tuo stipendio, domani mattina presentati nel mio ufficio.» Orfana. Questa parola risuona, riecheggia, rimbomba nella mia mente. Fa male tutto questo.

«Sì.» Annuisco mentre asciugo un bicchiere. I miei genitori sono entrambi vivi, lei non ha motivo di chiamarmi così, non può permetterselo, ma io non le rispondo perché ci tengo a pagare le cure per mia madre.

Mio padre è sparito anni fa, non so dove viva, ma ogni mese ricevo una sua lettera nella quale mi scrive cosa fa, come sta e mi chiede come io stia, peccato io non possa mai rispondergli e dirgli che qui va tutto male, che i soldi che mi manda non li uso per il college come crede ma per pagare l'affitto dell'appartamento dove vivo, dato che non mi lascia mai un indirizzo.

E' tutto uno schifo. Non ho un' amica o un fidanzato da quando ho finito la scuola superiore, ho bisogno di affetto, di calore umano, ne ho davvero bisogno, e il fatto che io viva in questo piccolo paesino irlandese, dove tutti mi conoscono e compatiscono non mi aiuta affatto.

 

Il mattino seguente, alle nove, senza aver fatto visita a mia mamma, vado in albergo per parlare col mio capo, busso e mi lascia entrare.

«Evidentemente, non sai cosa intendo io per “mattina”, puoi anche andare a lavorare, al tuo stipendio ci penserò da sola, e non credere aggiungerò altri soldi, che non ti guadagni, fallita.»

«Ma sono appena le nove..» Replico, cercando di poter restare lì dentro per discutere.

«Non m'interessa. Sparisci dalla mia vista.» Esco dal suo ufficio e mi viene da piangere, così lo faccio, piango silenziosamente mentre entro nello spogliatoio e indosso la divisa.

Devo sopportare tutto per mia mamma.” Mi ripeto mentalmente mentre mi asciugo le lacrime che non hanno alcuna intenzione di fermarsi.

Mi rigano le guance copiose, mi bagnano la camicia e non ho il potere di farle smettere.

Sono così stanca di questa vita..

Quando le lacrime cessano di cadere e infrangersi ovunque, esco dallo spogliatoio e vado al mio posto, asciugo qualche bicchiere pulito e mi dedico a contemplare il quadro proprio di fronte a me.

Ritrae i due vecchi proprietari dietro il bancone che sorridono, e questo bar pieno di gente mentre beve qualcosa, fuma e gioca a carte.

Era un posto così felice prima.

Sono totalmente incantata, penso a come sarebbe bello darmi da fare, ma è tutto inutile, io ormai sto qui per pietà, non per lavoro.

«Ehi!» Una voce maschile mi distrae e mi volto verso il proprietario.

«Dimmi pure.» Dico gentile, sarà la quinta ordinazione che mi fanno.

«Vorrei una Corona.» Gliela prendo dal frigo, mi accerto che non sia scaduta e gliela stappo. Gli servo la birra sotto un tappetino e insieme gli do un bicchiere, sperando che lo usi.

«Una Corona al Corona, che cosa carina.» Mi dice.

Che stia tentando di fare conversazione? Gli sorrido e torno a fissare il quadro.

«E' molto che lavori qui?»

«Saranno cinque anni.» Gli rispondo distogliendo il mio sguardo dalla parete e porgendolo a lui.

I suoi occhi sono di un azzurro nel quale si può annegare, il suo sorriso, che sta rivolgendo a me, è splendido.

«E tu quanti ne hai?» Mi chiede interessato a capire qualcosa di me.

«Ne ho ventuno. Tu?»

«Diciannove.» Risponde alzandosi e lasciando i soldi per la birra.

Non saluta, esce dal bar e sparisce.

Avrò fatto qualcosa?” Mi tormento mentre lavo il bicchiere e tolgo la bottiglia vuota dalla circolazione.

 

E' passata una settimana da quel giorno, eppure quegli occhi sono impressi vividamente nella mia memoria.

Mi sembra strano riuscire a ricordare solo quell'unico particolare del suo viso, è come se io non avessi visto il resto della sua faccia ma solo gli occhi che, sicuramente non vedrò più.

«Sai, a volte le persone si credono realizzate ma non lo sono, tu probabilmente credi che la tua vita faccia schifo, ma secondo me semplicemente non la stai vivendo come dovresti.» Esordisce qualcuno entrando nel bar.

«Scusa, ma mi conosci?» Lui.

«In effetti no, ma sono qui da una settimana e la gente mi ha raccontato cose sicuramente inventate, quindi, visto che sei la diretta interessata, vorrei sapere la tua versione della tua vita.» Il ragazzo si avvicina allo sgabello dell'altro giorno e lo scavalca sedendocisi senza grazia.

Lo guardo negli occhi, sono bellissimi. Perché vuole sapere il mio passato?

«E perché dovrei raccontare tutto a te?» Chiedo curiosa.

«Perché non ti conosco e non ti giudicherei mai.» Risponde semplice.

«Cosa te ne faresti del racconto di una ragazza qualunque?»

«Vediamo, potrei ascoltarti, sicuramente ti farebbe piacere. I tuoi occhi stanno parlando per te, soffrono in silenzio, anche se tu vuoi sembrare più forte di ciò che sei.» Afferma sicuro di sé e ciò che dice.

«Mio padre se n'è andato circa quando avevo dieci anni, mia mamma è in stato vegetativo a causa di una malattia da quando ne ho quindici, lavoro da quando ho sedici anni perché i risparmi che ho usato per pagare l'affitto dell'appartamento mi sono finiti, i miei parenti sono spariti insieme a mio padre e i miei amici, loro non sono mai esistiti.» Racconto in fretta, truce, omettendo particolari come i miei pianti notturni o quella che mi tratta da serva della gleba.

Mi sta fissando, sarà sconvolto, lo capisco, probabilmente anche io avrei quella faccia di fronte qualcuno con un passato simile.

«Non pensavo fosse così.. Scusami, io.. Non volevo assolutamente..» Prova a dire non concludendo nemmeno una frase.

«Tranquillo.» Lo rassicuro.

«Ehi biondo! Prendi qualcosa o vattene, la barista ha da lavorare.» Tuona una voce spietata.

«Sì, mi dai una Corona?» La cinica sparisce sentendo l'ordinazione e mi domando se davvero lui voglia questa birra, lo guardo confusa, lui annuisce e gliela stappo.

«Sai cosa mi è mancato più di tutto in questi due anni che non sono stato qui in Irlanda?» Chiede retorico.

«Dimmelo tu.»

«Una persona vera e sincera.» Dice convinto.

«Chi ti dice che io non mi sia inventata una storia assurda per essere compatita?»

«Sempre i tuoi occhi.» Mi risponde e sorride, gli sorrido anche io.

«A che ora finisci qui?»

«Alle ventidue.»

«Ti passo a prendere qui, a dopo.» Si alza dallo sgabello, lascia i soldi sul bancone ed esce.

Tolgo il bicchiere e la bottiglia mentre il mio capo entra.

«Chi era quello? Un tuo parente impietosito? Sei davvero stupida se pensi che quel ragazzo non voglia solo usarti e lasciarti perdere. Sapevo fossi un'idiota, ma non così tanto.» Esce dal bar prima di darmi possibilità di risponderle.

Perché sottolineare che è proprio quel ragazzo?

Perché farmi pesare ogni mia scelta?

Perché dire che sono un'idiota?

Perché sono io, è ovvio.

 

Esco dall'albergo con una maglietta bianca, un jeans chiaro e le converse bianche, senza borsa.

E' sotto il lampione che mi aspetta.

«Stai meglio così che strizzata in quella camicetta.»

«Ehm..» Arrossisco senza dire niente, lui s'incammina e io lo seguo.

All'improvviso mi fermo, non sente più i miei passi dietro di sé, si ferma e gira.

«Perché ti comporti così con me?» Chiedo.

«Così come?»

«Come stai facendo ora. Mi dici che usciamo ma nemmeno mi conosci. Perché?»

«Perché sicuramente sei meglio di tutte le persone che conosco messe insieme, perché voglio capire il motivo che mi ha spinto a ritornare al Corona.» Non gli rispondo, e lui torna a camminare, questa volta al mio fianco.

«Vedi, la cosa che mi ha incuriosito di più di te è che non mi ha nemmeno come mi chiami. Questo tuo infischiartene del mondo mi porta davvero a pensare che tu sia una persona che si distingue dalla massa.»

«Neanche tu mi hai chiesto il mio nome.»

«Forse perché ce l'hai ricamato sulla camicetta che usi al bar, Ully?!» Sono proprio stupida.

«E qual'è il tuo nome?» Chiedo, un po' insicura.

«Niall.»

«Hai più una faccia da James, sinceramente.»

«Lo pensa anche mia mamma sai? E' il mio secondo nome.» Scoppio a ridere, ho fatto una figuraccia di quelle indimenticabili e rido, lui mi segue.

«Hai un bellissima risata, è cristallina.» Mi dice fermandosi.

«Grazie.» Arrossisco per la seconda volta in dieci minuti e mi abbraccia.

Sono anni che non sento calore umano sulla mia pelle.

E' una sensazione bellissima, rassicurante.

«Io voglio essere tuo amico. Voglio capirti. Voglio volerti bene. Lasciami entrare nel tuo mondo.» Mi sussurra all'orecchio mentre mi stringe ancora.

Sono emozionata, mi viene da piangere.

Inizio a bagnarli la maglietta e sento le sue labbra posarsi sulla mia guancia.

«Vorrei capire perché piangi ora..»

«Perché sono anni che qualcuno non mi abbraccia.» Mi stringe ancora più forte, mi sta facendo sentire bene.

Ricordata.

Integrata.

Protetta.

Amata.

Felice.

Utile.
 

«Grazie Niall.» Pronuncio il suo nome per la prima volta e ho voglia di dirlo altre mille.




#Angolo autrice:
Buona sera! Oggi è il
12-12-2012 e non potevo mancare nel pubblicare qualcosa.
Che dire di questa One Shot? Il titolo mi è venuto sabato, l'idea domenica e l'ho scritta fra ieri e oggi.

Ully è triste, depressa, non sa più per cosa vivere e Niall appare nella sua vita, le dice di volerla capire e lei si sente amata.
Ok, mi sto sminuendo da sola.. Comunque spero che via sia piaciuta, se mi volete lasciare una recensione non mi offendo. Ahahah!
Passate una buona vita (?) e se volete leggere ancora qualcosa di me, ho una fan fiction in corso, si chiama
Remember us.
Inoltre mi trovate su
Twitter e se volete chiedermi qualcosa anche su Ask.
Tanti baci, 
giuly_etta

 

   
 
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