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Autore: Hotaru_Tomoe    29/06/2007    2 recensioni
Oleander Silvestre, creatrice di oggetti magici, riceve suo malgrado l’incarico di inseguire un ladro che si è appropriato di un oggetto potenzialmente pericoloso e le sue indagini la condurranno a Hogwarts. Il primo impatto non sarà dei più positivi, perchè si scontrerà con il professore più burbero e odiato della famosa scuola di magia e stregoneria. I due sono diversissimi: lei ha un temperamento di fuoco, lui un carattere di ghiaccio. Riusciranno ad andare d’accordo?
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Severus ed Oleander'
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CAPITOLO 4 – … E BENZINA SUL FUOCO

Il giorno seguente Oleander si concesse una passeggiata nel parco di Hogwarts: in tutti quei mesi a correre di qua e di là non aveva avuto un solo giorno per riposarsi, perciò pensò che non sarebbe stato male seguire il consiglio che l’anziano preside della scuola le aveva rivolto: “Hai l’aria stanca: devi prenderti un po’ di tempo da dedicare a te stessa e rilassarti. Tanto ormai il ladro non può attraversare la barriera.”

Tuttavia la sorte non sembrava dell’avviso di lasciarla rilassare troppo, così mentre stava ammirando il lago, Oleander udì una voce che urlava “ATTENTA!”, intravide un’ombra scura sopra di sé ed istintivamente sollevò la bacchetta per proteggersi con un sortilegio scudo, ma non potè evitare che un ragazzo e la sua scopa le piombassero addosso dall’alto, buttandola a terra; l’incantesimo, però, aveva ridotto di molto la violenza dell’impatto.

“Ohi, ohi – si lamentò, massaggiandosi il fondoschiena – ragazzo, ma chi ti ha dato la patente?”

“Harry! Harry, sei tutto intero?” Ron ed Hermione corsero verso il loro amico.

“Sì – rispose Harry, sistemandosi gli occhiali sul naso – questa signora mi ha evitato il peggio.”

“Signora? Ti sembro così vecchia?” chiese Oleander, mettendosi a sedere.

Harry arrossì “Ah… ehm… mi scusi… si-signorina?”

“Va già meglio, ma penso che basti Oleander.”

Poco dopo i quattro sedevano sull’erba ed Harry cercava di capire cosa fosse successo alla sua Firebolt “Non capisco – scosse la testa sconsolato – a un certo punto ho perso quota e non riuscivo più né a frenare, né a sollevarmi di nuovo.”

“Non ti avranno fatto di nuovo il malocchio?” chiese allarmata Hermione.

“No, non era come quella volta.”

Ron gli diede una pacca sulla spalla “Dai, non è successo nulla. Fortuna che Piton non ti ha visto, altrimenti avrebbe sicuramente…”

“Tolto dieci punti a Grifondoro per questa sua bravata, signor Potter.” Disse una voce bassa e profonda alle loro spalle. Il gruppetto sussultò: nessuno aveva sentito avvicinarsi Severus Piton. Oleander lo riconobbe e prese subito le difese del ragazzo, fosse anche solo per indispettirlo: non aveva dimenticato come l’aveva zittita il giorno prima e lei non era tipo da passarci sopra “Non è successo nulla. E poi il ragazzo non l’ha fatto di proposito.” minimizzò con un sorriso a trentadue denti.

L’uomo la ignorò (cosa che non le fece certo piacere) e si sporse verso il ragazzo con gli occhiali “Sarebbe così gentile da spiegarmi cos’è successo, signor Potter?” domandò con voce soave.

“Io non lo so davvero. Non riuscivo più a controllare la scopa.” Si difese Harry.

“Non vorrà farmi credere che il miglior Cercatore di Grifondoro non riesce a compiere un semplice volo lineare?” lo canzonò Piton. Poi vide che Weasley e Granger stavano fissando l’ospite di Albus con gli occhi sgranati e si volse anche lui a guardarla: aveva appoggiato l’orecchio al manico della scopa di Potter e stava dando piccoli colpetti con le nocche sul legno. Corrugò la fronte, unendosi allo stupore generale “Cosa diavolo sta facendo?”

“Uhm… Harry, il tuo manico di scopa si è rotto.”

“Cinque punti in meno a Grifondoro per la sua negligenza nel controllarla, Potter.” Piton colse la palla al balzo.

“Ma Harry non poteva accorgersene.” si intromise di nuovo Oleander. Piton si girò verso di lei con uno sguardo carico di rabbia: nessuno, nemmeno i suoi colleghi, osavano contraddirlo così apertamente e quella donna l’aveva già fatto due volte nel giro di dieci minuti. Ron ed Hermione pensarono all’unisono che se fosse stato possibile lanciare un Petrificus Totalis con gli occhi, Oleander sarebbe diventata una graziosa statua di granito seduta stante.

“E, di grazia, perché non poteva? Sta dicendo che il signor Potter necessita di una visita oculistica?”

Oleander avvicinò il manico della Firebolt al professore “Ecco, vede? Il rivestimento esterno non presenta crepe, sembra tutto normale, ma dal rumore che fa colpendola, si capisce che alcune fibre interne si sono spezzate. Direi all’incirca… qua!” indicò il punto con un dito.

“Dev’essere successo durante l’ultima partita di quidditch, quando i battitori di Serpeverde ti hanno scagliato contro quel bolide.” Suggerì Hermione.

“Wow! – esclamò Ron ammirato, guardando Oleander – ma tu come hai fatto a capirlo così in fretta?”

La maga si strinse nelle spalle “Creare oggetti magici è il mio mestiere, quindi so anche ripararli.”

Piton si girò, facendo ondeggiare l’ampio mantello nero, scoccandole un’occhiata dal basso in alto “A questo punto mi ritiro e vi lascio a disquisire di bassa manovalanza della magia. Prestate attenzione ragazzi, può darsi che abbiate trovato la vostra strada.” disse con tono pacato, ma grondante sarcasmo. E dopo aver rivolto un ultimo, ironico sorrisetto al gruppo, si allontanò, furtivo e silenzioso come era arrivato.

Oleander era rimasta a bocca aperta “In pratica mi ha appena detto che sono due braccia rubate all’agricoltura… – si girò verso i ragazzi per averne la conferma, non credendo alle proprie orecchie – Quell’uomo odioso mi ha davvero appena dato della manovale?” urlò.

“Credo di sì.” Confermò Harry, grattandosi la nuca imbarazzato, perché l’uomo odioso in questione aveva un udito finissimo e di sicuro la stava sentendo. La rabbia della donna era anche giustificata, ma la sua reazione era talmente esagerata da risultare comica.

“Non farci caso, il professor Piton è sempre così: odia tutti e non perde occasione di essere sgradevole.” la rincuorò Hermione.

Oleander continuava a gesticolare animatamente in direzione della nera figura ormai lontana: sembrava vittima di una tarantallegra “Come fate a sopportarlo? Insomma, non vi viene mai voglia di… di… di…”

“Farlo materializzare all’interno di un vulcano?” suggerì Hermione.

“Farlo ricoprire di pustole velenose?” incalzò Harry.

“Farlo divorare da un drago selvatico siberiano?” concluse Ron.

“Oh sì!” esclamarono i tre ragazzi in coro, annuendo vigorosamente.

“Bene: il giorno che metterete in atto uno di questi propositi, fatemi un favore e chiamatemi, voglio essere presente.”

“Cambiamo discorso – disse Harry con rammarico – immagino che la mia scopa sia da buttare.”

“Sciocchezze, Harry. Giovani d’oggi: se una cosa si rompe, per voi è per forza da buttare. Dammi qualche giorno e te la rimetto a nuovo.” Gli allungò una manata sulla spalla che poco aveva da invidiare a quelle di Hagrid.

Ron porse ad Oleander la sua bacchetta, che le era caduta nell’impatto con Harry: era una bacchetta molto particolare, non ne aveva mai vista una così in tutta la sua vita. Lunga circa 30 centimetri, di legno di bambù, sottile, leggerissima e priva di impugnatura. Il crine di unicorno, invece di essere all’interno della bacchetta, come aveva sempre visto, si avvolgeva a strette spirali attorno alla stessa e il tutto era ricoperto da una vernice trasparente molto liscia e fredda. “E’ resina di alga nori – disse Oleander per rispondere allo sguardo curioso del ragazzo – la vernice più impermeabile e resistente che esista. Vent’anni e mai un graffio.”

“La tua bacchetta sembra…… strana.” notò Hermione. Veramente le era venuta in mente un’altra cosa, ma dato che non era un’osservazione troppo gentile, all’ultimo riuscì a trattenersi.

“Esprimiti pure liberamente, Hermione. Cosa ti sembra?”

Bacchette così, in effetti, Hermione ne aveva viste parecchie, quando papà Granger arriva a casa la sera con tre porzioni da asporto del ristorante Antica Pechino. “Sembra… uno di quei bastoncini per mangiare il cibo cinese.” Disse in un soffio, sperando di non risultare troppo offensiva.

“Ed è esattamente quel che sembra, Hermione.” Disse Oleander alzandosi.

Alcuni giorni dopo Oleander stava dando gli ultimi ritocchi alla riparazione del manico di scopa di Harry nel magazzino degli attrezzi di Hogwarts. La porta si aprì ed entrò Severus Piton: vista la donna, pensò quasi di fare dietrofront, ma ormai anche lei lo aveva notato, quindi si limitò a sbuffare ed entrò, cercando di ignorarla. Cosa non semplice, perché la donna gli rivolse immediatamente la parola con tono bellicoso: “Hogwarts è davvero piccola.”

“Una volta tanto sono pienamente d’accordo con lei.” Le rispose Piton, apatico. Gli fece piacere vedere Oleander arricciare le labbra indispettita… in effetti era piuttosto divertente punzecchiarla con la fine arte del sarcasmo e vederla reagire in modo scomposto. Non avrebbe potuto essere più plateale nell’esprimere i suoi sentimenti: iniziava a gesticolare (tipica cattiva abitudine italiana, aveva fatto notare Madama Bumb da buona inglese), le orecchie le diventavano rosse, spalancava i suoi grandi occhi color nocciola e strepitava… era come un piccolo vulcano.

Nel frattempo Oleander aveva appeso il manico della scopa di Potter ad una parete: attorno al punto in cui si era rotto aveva messo una specie di ingessatura. “Cos’è quello?” chiese, facendo cenno col mento.

“Anelli di corno di narvalo. Servono a tenere immobile il legno finchè la cera di api boeme che ho iniettato all’interno non ripara la crepa. Oh, ma immagino che a un esimio professore di pozioni non interessino questi discorsi di bassa manovalanza.” Rispose in tono casuale, scrollandosi la polvere di corno dal grembiule da lavoro.

A proposito di sarcasmo, anche a quella donna non mancava.

“E lei perché è qui?” chiese Oleander. Piton sollevò il calderone che aveva in mano, lo stesso che era saltato in aria il giorno del loro primo incontro, lo buttò in un angolo e andò a sceglierne uno nuovo. Con la coda dell’occhio vide Oleander avvicinarsi al contenitore di peltro sbreccato ed esaminare l’ammaccatura con occhio clinico “Non c’è alcun bisogno che lo aggiusti, ne prendo un altro…… Mi sta ascoltando?” chiese esasperato, quando vide che Oleander continuava a fare di testa sua ed ora armeggiava col manico dell’attrezzo.

“Non lo faccio per lei, ma per questo povero calderone, che può ancora rendere i suoi servizi, a patto che trovi un nuovo padrone meno irritabile.”

“Allora quel padrone non sarà lei.” disse Piton, certo che la donna avrebbe iniziato uno dei suoi spettacoli.

Di fatti vide Oleander inspirare per prendere fiato e gridare “OH! Le hai mai detto nessuno che lei è davvero un uomo…. AHIA, ACCIDENTI!” nel tentativo di togliere il manico dal suo alloggiamento, si era procurata una vistosa ferita sul palmo della mano destra. Lasciò cadere il calderone a terra e si strinse la mano con una smorfia di dolore.

“Che imbranata.” mormorò Piton alzando gli occhi al cielo.

“E’ tutta colpa sua, mi ha distratto. – lo accusò a denti stretti – Boia, che male!”

Piton si frugò nelle tasche tirando fuori un fazzoletto pulito e si avvicinò alla donna “Mi sorprende davvero che lei abbia ancora tutte e dieci le dita.” Prima che Oleander potesse protestare, le afferrò il polso con decisione e legò il fazzoletto attorno alla ferita. Lei, per deformazione professionale, per prima cosa guardò le sue mani, affascinata: erano mani molto belle, curate, con dita lunghe, abili e veloci nello stringere la benda. Sembravano fatte apposta per mescere ingredienti magici e creare pozioni, peccato che fossero così fredde... La seconda cosa di cui si rese conto fu che Severus Piton era capace anche di gesti gentili, da normale essere umano, insomma. La terza fu che, da quando lo aveva conosciuto, per la prima volta aveva l’occasione di osservarlo da vicino. Incrociò i suoi occhi… caspita, erano proprio neri, profondi come il cielo di una notte senza luna. Per un istante, nessuno dei due parlò, poi dalla ferita di Oleander, che non aveva smesso di sanguinare, caddero a terra due pesanti gocce di sangue, che si spansero come fiori scarlatti.

PLICK - PLICK

Piton le guardò e ne fu turbato: nella sua mente si riaffacciarono le stragi che aveva compiuto quand’era Mangiamorte. Quanto sangue aveva versato nella sua vita? Quanti fiori insanguinati come quelli aveva fatto sbocciare? Tanti da ricoprire prati interi.

Serrò le labbra sottili che tremavano impercettibilmente e si allontanò dalla donna. “Vada a farsi medicare da Madama Chips.” mormorò piano.

Oleander, sorpresa da quella reazione e dall’atmosfera tesa che si era creata, assunse un’aria divertita e tentò una battuta: “Oh, la prego, non mi dica che le fa impressione la vista del sangue.”

“In un certo senso è proprio così.” Rispose Piton, con una voce talmente bassa che Oleander faticò a comprendere le parole. In quel momento non era il solito arrogante e freddo professore di pozioni, sembrava… triste… e magari era a causa della sua battuta, fatta a sproposito, come al solito! Perché non rifletteva mai prima di aprire bocca? Ehi, un attimo, perché si sentiva in colpa?

Incerta sul da farsi, Oleander si dondolò sui talloni, poi disse precipitosamente “Professor Piton? Ehm… ammettiamolo, noi due siamo partiti decisamente con il piede sbagliato. Perciò che ne dice se stendiamo un Oblivion su tutto quanto successo finora e ricominciamo da capo?”

Piton raccolse un calderone nuovo e la guardò. La sua espressione era indecifrabile, nessuno sarebbe stato in grado di dire cosa stesse pensando, gli occhi erano seminascosti dai lunghi capelli che gli spiovevano sul viso e non tradivano emozioni.

Non riusciva a impedirsi di provare una certa curiosità nei suoi confronti: che uomo misterioso! Il portamento fiero, distaccato, sprezzante e l’atteggiamento scostante inducevano un timoroso rispetto ed una prudente diffidenza in chiunque lo avvicinasse, perché solitamente le persone provano una istintiva paura per ciò che non conoscono e non riescono a capire. Per lei, invece, non era così. Era stato dalla parte di Lord Voldermort, d’accordo, ma al processo Albus Silente lo aveva difeso, quindi per lei era a posto e non si sentiva spaventata o a disagio in sua presenza.

“D’accordo, mi sta bene – disse infine Piton, camminando verso di lei – dimenticherò che è entrata nel mio laboratorio senza permesso, che mi ha contraddetto due volte davanti ai miei studenti e che mi ha dato dell’odioso. Accetto le sue scuse.” La superò ed uscì, ma anche attraverso la porta chiusa udì lo scoppio di rabbia della donna “EHI! Torni indietro, guardi che ne manca un pezzo! Manca il pezzo dove lei si scusa con me… non può cavarsela così!”

Severus Piton si guardò attorno per accertarsi che non ci fosse nessuno e si lasciò scappare una risatina divertita.

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Ringraziamenti e commenti:

@MistralRapsody: i francesi non sono molto simpatici nemmeno a me… la battuta sul paziente che ha vomitato l’ho messa apposta. In questo capitolo altre scintille tra Severus e Oleander.

@Arabesque: sì, in questa storia ci sarò un’alternanza di momenti divertenti (spero) e altri più seri. Per vedere le cose muoversi tra i due, però, dovrai aspettare ancora un po’.

@La Castellana: quasi quasi mi dispiace per Neville (mi piace come personaggio), ma era l’unico che poteva fare un pasticcio del genere.

Ah, se qualcuno beccasse questa storia anche su Manga.it, sono sempre io che l’ho scritta, anche se con un nick diverso e sono leggermente diversi anche i capitoli in qualche punto, perché man mano che posto, faccio modifiche (non sono mai soddisfatta fino in fondo U_U ).

   
 
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