10)
Halloween
“Adesso
sei perfetta” Alle parole di
Dominique, Rose sollevò lo sguardo dallo specchio che stava
usando per rifinire
il proprio trucco, si voltò verso Daria e la fece alzare per
ammirare la loro
opera. Lei, Daria, Moira e Domi si erano riunite in camera di Meg,
l’unica ad
avere una stanza tutta sua, per prepararsi insieme, o meglio lei Dom e
Moira si
erano preparate insieme e insieme avevano preparato Meg e Daria.
Nessuna di
loro tre si fidava molto delle altre due.
Osservò
l’amica con occhio critico, girandole
intorno. Il lungo vestito blu senza spalline rendeva la sua figura
ancora più
slanciata e il profondo spacco laterale dava quel tocco di
sensualità che
mancava. I suoi occhi blu erano stati valorizzati dal colore del
vestito e dal
trucco blu, sapientemente steso e sfumato da Dominique.
L’unica cosa che non la
convinceva erano i capelli sciolti. Le stavano benissimo, ma forse i
capelli
raccolti erano più adatti a quel vestito.
“Sei
sicura di volerli lasciare sciolti? Il
vestito è senza spalline, avrebbe più senso
raccogliere i capelli e lasciare le
spalle completamente scoperte”.
“Se
devo sembrare un’altra, facciamolo come
si deve. I capelli raccolti sono il mio marchio di fabbrica”
Sbuffò,
contrariata. “E poi così mi sento un po’
meno nuda”.
Rose
alzò un sopracciglio: era strano che
volesse tenere i capelli sciolti, ma non protestò oltre.
Aveva perso fin troppo
tempo in passato per convincerla a non legarli, non si sarebbe
lamentata
proprio ora che era lei stessa a proporlo.
“Almeno
tu hai il vestito lungo! Io nuda lo
sono veramente”.
“Tranquilla
Meg. Stai benissimo e non sei
nuda. Il vestito non è così corto”.
L’altra rossa sbuffò alle parole di Moira e
Rose sorrise. Anche lei era un piccolo capolavoro di cui essere
orgogliosa. Indossava
un vestito corto a balze beige, tranne per alcune balze di un marrone
più scuro
e l’ombretto dorato le valorizzava i grandi occhi color miele.
“Siete
assolutamente splendide! E noi siamo
assolutamente geniali! Ottimo lavoro colleghe!” Dominique
alzò un pugno al
cielo in segno di esultanza, muovendosi con grazia quasi surreale nel
suo
splendido vestito chiaro.
“Sì,
abbiamo ottenuto un bel risultato, ma
avevamo anche una buona materia prima” Disse Moira, senza
distogliere lo
sguardo dallo specchio a figura intera che stava usando per finire di
mettersi
a posto l’acconciatura. “Non è tutto
merito nostro e non c’è motivo di essere
così esaltata, Dom”. La bionda le fece una
linguaccia, ma non sembrò essersela
presa. Quelle due andavano abbastanza d’accordo, ma mai
quanto Moira e Meg.
L’affinità tra loro era sorprendente, erano
entrate in confidenza in pochissimo
tempo e senza alcuno sforzo e Rose ne era entusiasta.
Speriamo
che Dave non si comporti da idiota e dia a Mo le attenzioni che si
merita.
Moira,
infatti, sarebbe andata al ballo con
Zabini e Rose sperava che le cose tra loro cominciassero ad andare nel
verso
giusto.
Voglio
dire Moira è bellissima, stasera. Se non la nota
è proprio scemo.
Vestito
verde e argentato, capelli raccolti e
tacchi vertiginosi, Moira non era mai stata così splendida e
Rose era davvero
convinta che Dave non potesse semplicemente non notarla.
Era
l’unica a pensarlo, però. Daria non si
era pronunciata in merito, mentre Moira le aveva detto che si stava
illudendo e
che non sarebbe bastato un vestito corto perché lui la
guardasse come guardava
lei.
“Siamo
sicure che Jam non avrà la malsana
idea di mascherarsi?”
“Assolutamente
sì. Mi sono occupata personalmente
dei vestiti di tutti i miei
cugini e ho mandato Louis ad accertarsi che non facciano di testa loro.
Visto
che è troppo piccolo per partecipare al ballo tanto vale che
si renda utile e
si assicuri che quei trogloditi non facciano sfigurare la
famiglia.”
“A
quello, Dom, ci ha già pensato mio padre
anni fa. Con quel suo orrendo abito da cerimonia marrone.”
Rose rabbrividì
disgustata. Tra sua madre, che aveva sempre preferito le librerie ai
negozi di
abbigliamento, e suo padre, che indossava certe cose, era un miracolo
che lei
avesse un minimo senso estetico.
La
rossa Serpeverde tornò a dedicarsi al
proprio trucco e, dopo cinque minuti buoni, annunciò:
“Pronta!”
“Era
ora! Ci hai messo secoli Rose”.
“La
bellezza richiede tempo e pazienza Meg.
Tempo e pazienza. Essere sempre bellissima non è uno
scherzo. Non lasciarti
trarre in inganno da me, che lo faccio sembrare semplice e
naturale.” Disse con
aria da maestrina e atteggiandosi a gran diva. “Bisogna
essere costanti,
pazienti, attenti e….”
“E
soprattutto modesti, vero Rose?”
“Hai
centrato il punto, Moira”. Annuì con
esagerata convinzione. “Ci vuole anche la modestia, prendete
esempio da me”.
“Ma
ti sei sentita? Sembri Potter!” Disse
Meg, ridendo.
Moira
scosse la testa sconsolata. “E dopo
questa sferzata di umiltà, direi che possiamo andare. Prima
che a Daria venga
una crisi isterica”.
“Giusto!
In marcia!”
Rose
si alzò in piedi e procedette per prima
oltre la porta, spedita ed aggraziata nel
vestitino azzurro e verde che le lasciava scoperte le gambe lunghe e magre.
Era
prontissima per la serata. Si sarebbe
divertita e goduta il suo bel cavaliere e, soprattutto, sarebbe stata
alla
larga da Malfoy. Avrebbero dovuto ballare insieme, ma non sarebbe stato
così
tragico: si trattava di una sola canzone, al termine della quale si
sarebbe
affrettata a mettere una distanza di sicurezza tra sé e Mr.
Presunzione.
Magari
prima di allontanarmi gli pesto un piede.
Che
splendida idea!
Se
gli
faccio abbastanza male gli renderò impossibile ballare con
quell’oca della
Baston.
Ridacchiò,
malefica, tra sé e sé al pensiero
di fare un dispetto sia a Malfoy che alla sua simpaticissima dama.
***
***
Concentrata.
Un passo dietro
l’altro, calma e attenzione. Aventi, pratico le arti marziali
io. Un paio di
tacchi non può mandarmi in crisi no? Pensò,
mentre si
concentrava al massimo per riuscire a camminare senza ammazzarsi.
Scoccò
un’occhiata colma d’odio alle tre ragazze poco
più avanti, che incidevano con
grazia e sicurezza. Lei era certa di sembrare un’impedita.
Meg le camminava
lentamente accanto, nemmeno la Grifondoro sembrava particolarmente a
suo agio
su quei trampoli.
Sì,
ma almeno lei non sembra una
giraffa zoppa.
Sbuffò
frustrata. Odiava i tacchi.
“Qualcosa
non va, Al?”
“Ti
odio Rossa. Profondamente”.
“Tranquilla
Daria! Ti sostengo io!” Disse Dom affiancandola ed offrendole
il braccio.
L’altra le sorrise grata.
Oh,
me ne stavo per dimenticare
Cercò
la bacchetta tra le pieghe del vestito e la utilizzò per
appellare una fialetta
contenente un liquido rossastro. Le ragazze in genere non portavano la
bacchetta
a feste come quella, ma lei come Rose e Domi, lo faceva sempre. Erano
cresciute
coi racconti di guerra e certe precauzioni, come avere sempre la
bacchetta a
portata di mano, venivano loro naturali.
“Che
cos’è?”
“Una
pozione inibitrice”.
Rose
si voltò, ancora, di scatto. “Una pozione
inibitrice? Ma ti indebolirà”.
“Se
non la prendessi rischierei di impazzire e di finire K.O. per uso
esagerato dei
miei poteri, Ros. Preferisco avere qualche energia in meno”.
La
pozione inibitrice avrebbe, appunto, inibito le sue eredità
individuali,
rendendole impossibile utilizzarle per qualche ora. Detestava prenderla
e lo
faceva raramente. Non la prendeva nemmeno per gli esami, solo
l’anno prima, in
occasione dei G.U.F.O. e su insistenza dei commissari esterni, aveva
accettato
di prenderla.
Quella
pozione oltre a privarla temporaneamente dei suoi poteri ausiliari, le
portava
via anche parte delle sue energie. Era un po’ come un calo di
pressione
improvviso. Non era il massimo, ma era l’opzione migliore.
L’alternativa,
il non prenderla, avrebbe avuto effetti peggiori.
Con
tutto quel baccano, con tutta quella gente che ballava, parlava,
urlava,
sussurrava, rideva, piangeva… sarebbe impazzita, poco, ma
sicuro. Non sarebbe
riuscita a tenere sotto controllo il suo udito, a limitarlo, come
faceva di
solito. Avrebbe captato tutto, perché per lei era naturale
captare più suoni
del normale e non farlo, tenere il suo udito a bada richiedeva sempre
un po’
della sua concentrazione. Ci era abituata e in condizioni normali non
era un
grosso sforzo, ma quelle non erano condizioni normali.
La
sua telepatia, poi, aveva un nemico, o un alleato, naturale, a seconda
dei
punti di vista: l’alcool.
Era
sicura che il punch, se conosceva un po’ Fred, sarebbe stato
corretto
pesantemente. E questo per lei era un piccolo disastro. Non sapeva bene
per
quale motivo, ma era in grado di sentire i pensieri di chi aveva bevuto
un po’.
Più che sentirli, era come se le venissero urlati nelle
orecchie, come se
glieli martellassero nel cervello.
Probabilmente
l’alcool, rendendo i pensieri più indisciplinati,
li rendeva anche meno legati
alla persona che li formulava, meno “privati”. Le
si fiondavano da soli nel
cervello, senza che lei li cercasse e senza che lei o il proprietario
dei
pensieri lo volessero e, non essendo abituata a ricevere, Daria, non
era brava
a schermarsi, a tenere i pensieri altrui fuori dalla propria testa.
Trasmettere
le veniva naturale, ma ricevere no. Non in quel modo, almeno.
Tutte
quelle informazioni non richieste l’avrebbero mandata fuori
di testa e tutto
quell’uso involontario, ma esagerato delle sue
eredità l’avrebbe mandata K.O.
Tutti gli Eredi dovevano usare i propri poteri aggiuntivi con
parsimonia,
perché usarli li stancava.
Stappò
la fialetta e ingoiò la pozione in un solo sorso. Storse il
naso per il sapore
amaro e rabbrividì. Detestava quella sensazione. Non poter
contare sulle sue capacità
extra…. era come essere cieca e sorda.
Sentì
qualcuno afferrarle l’altro braccio e sorrise, vedendo che
era Rose e che
l’aveva presa a braccetto.
“Finirai
per svenire, italiana. Sei già abbastanza debole di
costituzione”.
Un
paio di rampe dopo, Dominique le lasciò il braccio e disse:
“Io scendo per
prima! Voglio vedere la faccia di James!” E
schizzò via con la sua solita,
innata grazia.
“Non
riesco a capire come faccia ad essere sempre così aggraziata
e femminile”.
“I
geni Veela, Meg. I geni Veela”.
“Bene.
Muoviamoci”.
“Quanta
fretta D! Cos’è non vedi l’ora di
volteggiare tra le braccia di Jam?”
“Ah
ah. No. Prima arriviamo in Sala Grande, prima mi posso
sedere”.
Lei
e Rose si incamminarono a braccetto, Meg accanto all’altra
rossa e Moira pochi
passi più avanti.
Quando
iniziarono a scendere l’ultima rampa, entrando nella visuale
degli studenti che
erano già arrivati nell’ingresso, Daria fu certa
di stare arrossendo
brutalmente. Era imabarazzatissima e assolutamente a disagio. Sperava
ardentemente che nessuno la riconoscesse, perché lei di
sicuro non si
riconosceva: senza la sua divisa un po’ trascurata, ma comoda
o i jeans logori,
non era lei, non si sentiva se stessa.
Teneva
lo sguardo basso, concentrato sulle sue decolté blu, ma,
sentendosi osservata
intensamente, lo sollevò di scatto, incrociando quello di
Al. Non si preoccupò
di decifrarlo o di capire cosa il ragazzo stesse pensando, ma si
affrettò a
tornare a guardare le proprie scarpe. Tirò un sospiro di
sollievo, quando i gradini
finirono e lei si staccò dall’amica per
avvicinarsi a James.
Domi,
in piedi accanto al fidanzato, li osservava con aria estremamente
divertita.
“Non è prudente restare a bocca aperta tanto a
lungo, ragazzi: potrebbe
entrarci qualcosa”.
James
sorrise e le passò un braccio dietro alla vita, lasciando la
mano sul suo
fianco all’altezza dell’anca, e
l’italiana, a quel tocco intimo e familiare, si
sentì immediatamente più a suo agio,
più tranquilla. Il contatto con James era
così giusto, così naturale e normale per lei, da
avere lo stesso effetto di un
calmante.
“Wow”
Esordì il moro, restando letteralmente a bocca spalancata,
per lo stupore. “Sei
assolutamente stupenda, Daria”.
“Mmm”.
Fece lei, poco convinta.
Lui
la strinse un po’ più vicina e si piegò
verso di lei, per sussurrarle: “ Non
devi essere a disagio. Indossi abiti diversi, ma sei sempre
tu”. Sapeva sempre
cosa dire e cosa fare, il suo James.
Sono
maledettamente fortunata ad
averlo con me.
Gli
sorrise grata e si prese un secondo per osservarlo. Pantaloni neri e
camicia
rossa, rigorosamente senza cravatta, coi primi bottoni rigorosamente
slacciati.
Era proprio bello da morire il suo migliore amico. “Anche tu
non sei niente
male, Marmellata. Ma cerca di non montarti la testa”.
Lui
ignorò bellamente il suo ultimo consiglio e si
gonfiò come un tacchino. “Altro
che niente male! Sono un figo da paura. Sei proprio fortunata ad avere
un
accompagnatore così figo. Sono così bello che mi
porterei al ballo da solo”.
“Ecco.
Come non detto”. Ridacchiò lei.
“Allora
James, che ne dici: abbiamo fatto un bel lavoro?” Alle parole
di Dom la loro
piccola bolla privata scoppiò, ma la ragazza rimase
abbastanza rilassata,
merito della stretta familiare e un po’ possessiva
dell’altro.
“Anche
troppo, cugina. Dovrò passare la serata a tenerla sotto
stretta sorveglianza e
a tenerle lontano qualunque essere senziente e di sesso
maschile”.
“Mi
so proteggere da sola, Jam”. Sospirò, scoccando
un’occhiata raggelante ad un
paio di ragazze che la stavano guardando male da lontano. Evidentemente
rientravano sia nell’ampia schiera di ammiratrici del
ragazzo, sia
nell’altrettanto ampia schiera di oche che non capivano il
loro rapporto.
***
***
“Io
scendo per prima! Voglio vedere la faccia di James!”
“Non
riesco a capire come faccia ad essere sempre così aggraziata
e femminile”.
Commentò, Meg, osservando Dominique sparire dietro
l’angolo.
“I
geni Veela, Meg. I geni Veela”.
“Bene.
Muoviamoci”.
“Quanta
fretta D! Cos’è non vedi l’ora di
volteggiare tra le braccia di Jam?”
“Ah
ah. No. Prima arriviamo in Sala Grande, prima mi posso
sedere”.
Rose
sorrise e si incamminò sostenendo l’amica. Anche
lei, come la cugina, era
curiosa di vedere la reazione dei ragazzi, di vedere che facce
avrebbero fatto
i loro amici trovandosi davanti una Daria vestita decentemente. Non
potevano
immaginare che l’italiana fosse così bella, non
quando lei stessa non faceva
niente perché lo notassero e si impegnava per passare
inosservata.
Era
quasi certa che James avrebbe deciso di tenerla sotto stretta
sorveglianza per
evitare che qualche “bruto” la portasse via al
fratello.
O
così o la manda a cambiarsi. Non che
lo permetterei, sia chiaro.
Suo
cugino James era uno spasso.
Era
decisa a concentrasi sulle reazioni di Jam, Al e Jake. Non avrebbe
considerato Malfoy.
Non le importava di
essere notata da
lui, la sua opinione era del tutto ininfluente.
Scese
le scale puntando i suoi occhi azzurri sul suo cavaliere, focalizzando
la sua
attenzione sullo sguardo del ragazzo. Fece una smorfia di disappunto:
quell’espressione
compiaciuta non le piaceva.
Illuso.
Io non mi sono di certo fatta
bella per lui.
Non
è così importante.
Nessun
ragazzo lo sarà mai
Spostò
la sua attenzione su James, sicura che la sua, di reazione, non
l’avrebbe
delusa. E infatti il caposcuola
stava
fissando la sua collega con una tale intensità da essere
quasi preoccupante.
Provò a scrutare l’espressione di Meg per vedere
se si era accorta dello
sguardo di James, ma lei sembrava totalmente concentrata su Ethan,
anche se il
rossore sul suo viso non le tornava. La
Grifondoro non era tipo da arrossire così facilmente.
Secondo lei, l’aveva
notato eccome, lo sguardo perso ed estasiato di James.
Peccato
che Daria sia troppo concentrata
sulle sue scarpe per accorgersi di qualunque cosa, eccetto il colore
dei
gradini.
Poi
spostò lo sguardo sull’altro Potter e
rischiò quasi di cadere e far cadere
l’amica: aveva un’espressione strana, sorpresa e un
po’ buffa, che Rose non
sapeva spiegarsi e che, di sicuro, non si sarebbe mai aspettata di
vedergli
addosso. Quello sguardo le era familiare. Si era vista guardare in quel
modo
molte volte, ma non se lo sarebbe mai aspettato da Al. Era
l’espressione che
avevano a volte i ragazzi quando restavano profondamente colpiti,
ammaliati dal
suo aspetto.
Sorrise
divertita e lanciò uno sguardo malizioso all’amica
che non si era accorta di
nulla, lasciandola poi andare per avvicinarsi a Jake. La smorfia di
disappunto
di nuovo al suo posto. Avrebbe dovuto rivolgerle uno sguardo diverso.
Non si
aspettava certo di vedergli la stessa espressione di James, nemmeno lo
voleva,
ma il ragazzo avrebbe dovuto guardarla nello stesso modo in cui Al
aveva
guardato Daria. Un po’ meno sorpreso, magari.
Pretendo
troppo?
Mi
sa di sì.
“Non
è prudente restare a bocca aperta tanto a lungo, ragazzi:
potrebbe entrarci
qualcosa”.
Jake,
quando lo raggiunse, le rivolse i soliti, tipici complimenti di rito,
che lei
accolse con un sorriso falso quanto l’oro dei Lepricani. Non
sapeva perché, ma
lui la irritava. Era tanto compiaciuto solo perché al ballo
con lei, Rose
Weasley, e la cosa non aveva senso.
Ho
accettato il suo invito solo per far
irrita…
No. Ho accettato solo perché è
un bel ragazzo.
Di
certo non pensavo che avrebbe fatto
irritare me!
Cercò con lo
sguardo qualcuna delle sue
amiche, per condividere con
loro il suo
neonato malumore, ma la cosa non ebbe l’effetto sperato.
Daria stava
chiacchierando con Domi e James, Meg si stava dirigendo in Sala Grande
insieme
a Ethan, e Moira, in piedi accanto a Dave, stava parlando con Malfoy e
compagna. Il biondo non la notò, ma, in compenso,
incrociò lo sguardo della
Baston, che le sorrise e fece un cenno di saluto.
Non
era una ragazza antipatica, oggettivamente parlando, ma Rose non la
poteva
sopportare. Era un ottima cacciatrice, aveva bei voti e un bel fisico
ed era
Grifondoro: in pratica la sua rivale naturale.
Bionda,
minuta, con tutte le giuste curve e un vestito rosa pallido che faceva
risaltare il suo fisico. Sembrava fatta a posta per stare
lì, in piedi con la
mano di Malfoy sulla schiena.
Rose
si voltò irritata, tornando a prestare attenzione a Jake.
***
***
“Ho
assoluto bisogno di sedermi Jam”. Disse Daria, con un sorriso
e il fiato corto.
Alla
fine, contrariamente alle sue aspettative, si stava divertendo. Tutto
merito di
quei due pazzi scatenati di James e Fred. Il rosso si era presentato al
ballo
da solo, come suo solito, con il preciso scopo di rimorchiare qualcuna
durante
la serata. Per il momento, però, aveva passato
più tempo con loro, che alla
ricerca di una povera anima in pena da poter consolare.
I
due cugini l’avevano fatta ballare, girare e saltare,
passandosela come se
fosse una palla. Ora a girare era la sua testa.
Si
aggrappò al braccio di James per recuperare un minimo di
equilibrio. Il mondo
intorno a lei vorticava. Il ragazzo
si voltò a guardarla, gli occhi castani preoccupati.
“Hai preso di nuovo quella
pozione orribile, vero?”
“Non
avevo molta scelta, Jamie. Lo sai. Comunque sto bene, davvero. Mi devo
solo
sedere”. Lui sbuffò e le passò un
braccio dietro la schiena, mentre con l’altro
le afferrava le gambe per sollevarla.
“Mettimi
giù, Potter. Non c’è bisogno di fare
tutte queste scene”.
“Allora
non farne e smettila di dimenarti”. Lui le rivolse un
sorrisetto divertito.
Ovvio, metterla in imbarazzo era uno dei suoi hobby preferiti.
Insieme
a cercare di farmi mettere
con suo fratello. No quella è più che altro
è un’ossessione.
Il
ragazzo la posò finalmente su una delle sedie e poi si
portò le mani dietro la
schiena, come per massaggiarsela, una finta smorfia di dolore sul viso.
Almeno
Daria sperava fosse finta. “Morgana che fatica. Sei una finta
magra tu, sai?”
“Nessuno
ti aveva chiesto di prendermi in braccio, infatti. È stata
tutta una tua idea,
ora non ti lamentare”.
“Sei
tu che non ti dovresti lamentare. Sai quante ragazze darebbero una
gamba per
farsi portare in braccio da me?”
“Fammi
indovinare: nessuna?”
Lui
fece una smorfia, fintamente contrariato. “A milioni. Sono il
sogno erotico dei
tre quarti delle ragazze di questo castello”.
“Esagerato”.
James
le sedette accanto, passandole un braccio intorno alle spalle, con fare
protettivo. “Comunque avresti dovuto dirmelo. Avrei evitato
di farti stancare
così”.
“E
perdermi lo spettacolo di te e Fred che travolgete la Corner, facendole
dare
una sonora culata per terra? Giammai”. Entrambi i ragazzi
risero al ricordo di
una Viperanda, furiosa e mortificata, che si era ritrovata col sedere
sul duro
pavimento di marmo freddo. Travolta dal ballo sfrenato dei due cugini.
“Non
vorrei essere nei panni del mio povero fratellino”.
“Nemmeno
io. La Corner è solo una stronza. Stronza e troia. Albie
dovrebbe mollarla”.
Daria sollevò gli occhi su Rose che aveva appena parlato con
tono piuttosto
irritato.
“Vacci
piano con tutto questo buon umore, cugina. Potresti rischiare di
sorridere. Non
sia mai!” Il sarcasmo di James non era esattamente
l’idea migliore con una Rose
di pessimo umore.
“Jamie,
carissimo, perché non vai a prendermi qualcosa da
bere?” Daria intervenne prima
che la rossa potesse scoppiare.
“Giusto.
Perché non vai a prenderle qualcosa da bere?” Rose
lo fece alzare con uno
strattone, per poi rubargli il posto.
“Ah
le donne”. Il Grifondoro si allontanò con le mani
incrociate dietro la testa.
“Jam!
Analcolico mi raccomando!” Il ragazzo le fece un sorrisetto
diabolico, che
convinse l’altra a non bere nulla di quello che le avrebbe
portato. Se lei si
fosse ubriacata non sarebbe bastata una semplice, debole pozione
inibitrice a
sedare i suoi poteri. Nella migliore delle ipotesi avrebbe sparato i
suoi
pensieri nelle menti di tutti i presenti.
“Allora
Rossa, come procede?” L’altra sbuffò e
incrociò le braccia al petto. “Così
male?”
“Mitchell
è un idiota. Un idiota irritante. È convinto che
io sia stata ammaliata da lui.
Dico ma ti rendi conto? Io ammaliata da qualcuno. Da
un’idiota simile poi”.
Daria
le passò un braccio intorno alle spalle. “Povera
Rose. Però pensaci: è naturale
che si sia montato la testa. Sei sempre andata al ballo con Dave,
sempre, poi
all’improvviso rompi una tradizione di anni e accetti il suo
invito. È logico
che si sia illuso. Senza contare che non ha mai brillato di
intelligenza, il
ragazzo”.
“Umf.
Dovrei smetterla di cercare di fare la persona altruista. Finisco solo
per
complicarmi la vita. Come riesci a farlo sempre? È
estenuante”.
“Mah..
abitudine? E comunque in questo periodo sto facendo ben poco di
altruista.
L’hai notato? Ci siamo scambiate i ruoli. Io sono talmente
fuori fase che non
noterei nemmeno un gigante in mezzo alla Sala Comune. Tu, invece,
sembri dotata
di un radar”.
Rose
sorrise, un po’ più rilassata. “Vedi?
Sempre detto io: siamo la coppia
perfetta. Ci compensiamo pure in queste cose. Quando tu diventi un
po’ più
egocentrica, io sviluppo un po’ di altruismo. Siamo
PER-FET-TE”.
“Assolutamente
sì. Dovremmo sposarci, Ros”.
“Adesso
non esagerare, Al”.
Daria,
comunque era un po’ preoccupata per l’amica. Se ne
accorgeva solo ora, ma
l’altra aveva qualcosa di strano. Era diventata sul serio
molto meno
concentrata su se stessa e molto più attenta ai sentimenti e
ai bisogni altrui.
Non che prima fosse la fredda stronzetta egocentrica, che cercava di
sembrare.
No, era sempre stata abbastanza attenta e sensibile, ma gli altri erano
sempre
venuti un pochino dopo. Ora, invece.. era come se si stesse
accantonando un po’
di più. Di per sé erano cambiamenti positivi, un
indice di maturità. Quello che
la inquietava erano le ragioni dietro quei cambiamenti.
Sembra
quasi che si concentri sugli
altri per non pensare a sé. Come se avesse paura di cosa
potrebbe scoprire se
si fermasse troppo a pensare a se stessa e ai suoi problemi.
“Ecco
a lei, Miss. Un drink noiosamente analcolico”. Daria
alzò gli occhi blu su
James, che le stava porgendo un bicchiere di plastica pieno di un
liquido
colorato. Poi li spostò sul viso del ragazzo, la sua
espressione soddisfatta
non la convinceva.
“Chissà
perché non mi fido”. Afferrò il
bicchiere e scrutò il contenuto, dubbiosa.
“Tieni, Rossa, assaggia e dimmi
cos’è”. Schiaffò il bicchiere
in faccia
all’amica, che non obbiettò e bevve un sorso.
“Analcolico
alla frutta. Lamponi, mirtilli e fragole, direi”.
Daria
sorrise e prese a sorseggiare la bevanda.
“Mi
ferisci, Daria. Non ti fidi di me?” Il ragazzo si
abbandonò su una sedia,
accanto a quella dell’amica. “Sul serio, non ti
avrei mai preso qualcosa di
alcolico. Non correrei mai il rischio di crearti dei problemi, lo
sai”.
“Hai
ragione. Scusami”. James, fece un cenno con il capo, come per
dirle che non
c’era problema.
“Piuttosto,
cuginetta che ci fai tu ancora qui? Non dovresti essere da qualche
parte a
ballare, o ad imboscarti col tuo simpaticissimo cavaliere?”
“Non
so dove sia finito quell’idiota, e non mi interessa
minimamente”. Rispose Rose,
stizzita.
“Signorina
Weasley! Signor Potter! Signorina De Lupo! Vi stavo cercando!”
I
tre si voltarono di scatto sentendosi chiamare, in tempo per vedere un
ansimante professor Belby urtare un tavolo e far quasi cadere una
brocca di
punch. Dietro di lui camminava un divertito Albus Potter.
La
Serpeverde si alzò in piedi. Era ora del suo ballo con Al.
Lanciò un’occhiata
preoccupata all’amica. Era anche ora del suo ballo con
Scorpius.
“Bene.
Bene. Signor Potter tu puoi restare qui con la signorina De Lupo. Voi
due
invece venite con me: dobbiamo trovare il signor Malfoy e la signorina
Waterfall”.
“Mi
scusi, ma cosa centriamo io e la Waterfall?”
“Non
sono solo gli aspiranti futuri Caposcuola a dover ballare, ma anche
quelli
attuali”.
James
si alzò di scatto, entusiasta. “Finalmente una
regola sensata”.
“Jamie,
comportati bene e cerca di non far imbarazzare né incazzare
Meg! E tu Rose
cerca di non uccidere Scorpius! Nemmeno azzopparlo è una
buona idea!” Urlò
Daria, con una punta di preoccupazione nella voce, vedendo i suoi amici
allontanarsi con il professore.
“Stai
tranquilla. Preoccuparsi non serve: non puoi fare niente, quindi tanto
vale
cercare di non stare in ansia”.
“Non
è così facile. Prima o poi mi porteranno
all’esaurimento”. Si sedette di nuovo
sulla sedia, il Grifondoro fece altrettanto.
“Uhm,
Daria non ho ancora avuto modo di dirtelo, ma… sei davvero
bellissima”.
Lei
sussultò e abbassò immediatamente lo sguardo,
sentendo le guancie andare a
fuoco. I complimenti la imbarazzavano in modo allucinante.
Fece
un respiro e alzò gli occhi blu su Al. Non la stava
guardando e sembrava
imbarazzato: aveva una mano tra i capelli scuri e gli occhi fissi su un
punto
imprecisato della stanza.
Daria
si prese un secondo, prima di rispondergli. Un secondo per osservarlo.
Indossava una camicia blu scuro con tanto di cravatta e un paio di
pantaloni
grigi. Era bello. In modo diverso dal fratello, la cui bellezza era
plateale,
ostentata e perfino un po’ arrogante. Non era figo, ma bello.
E Daria, per un
secondo, faticò a distogliere lo sguardo.
“Gr-grazie,
Al. Anche tu stai molto bene”. Si prese un secondo, poi
aggiunse, per spezzare
quella strana atmosfera intensa che si era venuta a creare:
“Siamo abbinati.
Nemmeno a farlo a posta”.
Il
ragazzo tornò a guardarla e sorrise. “Vero.
Perfetto lascio Amanda a James e
divento il tuo di accompagnatore, che ne dici?”
“Che
James rischierebbe un attacco di schizofrenia. Tra la gioia del saperci
insieme
e la disperazione di doversi subire Viperanda, lo faremmo andare fuori
di
testa”.
Entrambi
si misero a ridacchiare, immaginando la scena. Poi la canzone
cessò e la voce
del piccolo preside richiamò gli studenti
all’ordine, invitandoli a prestare
attenzione ai Caposcuola e agli aspiranti futuri tali che avrebbero
ballato la
canzone successiva, dando prova della loro grande affinità.
“Più
che dare prova di affinità Rose e Scorpius possono
dimostrare quanto sia facile
dare fuoco alla scuola anche senza la magia”. Fece Al,
offrendole il braccio e
guidandola in mezzo alla sala.
Daria,
appesa al braccio dell’amico, non poté fare a meno
di deglutire, preoccupata e
agitata. Poteva percepire con precisione gli occhi degli altri studenti
incollarlesi addosso e il proprio imbarazzo raggiungere vette
preoccupanti.
“Ehi,
calmati Daria. Non c’è bisogno di avere una crisi
di panico”. L’altra deglutì
di nuovo e scoccò un’occhiata preoccupata ai
ragazzi radunati ai margini della
sala. “Avanti. Non è niente di così
difficile: non hai fatto altro che ballare
con Jam finora. Non c’è differenza”.
“Ce
n’è eccome”.
“Capisco.
Hai paura. D'altronde è comprensibile sei una vile
Serpeverde. Niente coraggio,
niente orgoglio. Senti un po’ ma tutti gli Eredi sono
così fifoni o sei solo tu
a darne una pessima rappresentanza?”
“Senti
un po’ ma tutti i Potter sono così idioti o sei
solo tu a darne una pessima
rappresentanza?” Lo imitò lei, con tono di
sprezzo. Sulle labbra però aveva
dipinto un sorriso. Al stava cercando di farla calmare punzecchiandola.
E
un po’ ci sta riuscendo.
Poi
la musica cominciò e Daria si ritrovò, quasi
senza rendersene conto, tra le
braccia del ragazzo, che fino a un mese prima non poteva sopportare e
che ora
era uno dei suoi più cari amici. Il profumo di Albus la
colpì, inaspettato. I
suoi occhi si spalancarono dalla sorpresa e il suo cuore
iniziò a galoppare,
anche più veloce di quanto non stesse già
facendo. Conosceva benissimo
quell’odore: apparteneva all’unica cosa di cui
sentiva ancora nostalgia quando
era lì.
Apparteneva
al mare. Al suo mare.
Com’è
possibile che lui abbia
esattamente lo stesso odore del Mar Mediterraneo? Non può
essere un profumo o
un dopobarba: non sarebbe così uguale. Non capisco.
E
poi comprese, non come mai lui avesse quel profumo, ma il motivo per
cui
nell’ultimo periodo la sua malinconia si era enormemente
attenuata. Aveva
creduto di starsi abituando all’assenza del mare e la cosa
l’aveva un po’ rattristata,
invece si era sbagliata: aveva avuto Al intorno tutti i giorni, era
stata
continuamente circondata dal suo odore e, nonostante la sua mente non
l’avesse
realizzato consciamente, il suo subconscio aveva impiegato meno di un
istante
per identificarlo e sentire meno la nostalgia.
Daria
sorrise, rinunciando a capire e si rilassò tra le braccia di
Al inspirando il
suo profumo e godendosi la pace e il senso di appartenenza che le
infondeva.
“Stai
bene?” le chiese il Grifondoro, avendo, probabilmente, notato
la sua precedente
rigidità.
“Hai
lo stesso, identico odore del mio
mare”. Gli rispose lei, con gli occhi chiusi e un sorriso
sereno.
“Tu
invece profumi di sole e agrumi” fece lui, senza scomporsi
per la strana risposta
e sorridendo a sua volta.
E
Daria scoprì che riusciva rilassarsi anche senza i suoi
jeans logori, o il
tocco familiare di James. Quel profumo ancora più familiare
e la mano di Albus
sulla sua schiena, immersa nei suoi morbidi boccoli castani erano un
ottimo
sostituto.
***
***
Che
Merlino sia maledetto, affatturato e
pure picchiato alla babbana.
Perché
doveva essere così dannatamente
bello e sexy? È un essere ripugnante dovrebbe avere un
aspetto ripugnante.
Rose
stava fissando Malfoy. Non avrebbe voluto ma non riusciva farne a meno.
L’aveva
evitato per tutta la sera, fino a quel momento non aveva nemmeno idea
di come
fosse vestito. Ma ora che se lo trovava così vicino non
poteva farci niente.
Era più forte di lei.
Jeans,
camicia nera con la cravatta grigia un po’ allentata, i
capelli biondi
spettinati ad arte, Rose era quasi certa che gli venissero naturali,
senza
nemmeno bisogno di gel.
Non
la stava guardando, fissava un punto lontano, le sopracciglia
aggrottate per la
concentrazione. Aveva l’impressione che lo facesse per non
dover posare i suoi
occhi grigi su di lei.
Malfoy
si diresse verso il centro della pista e la ragazza lo
seguì. Forse il preside
aveva detto qualcosa, magari aveva pronunciato uno dei suoi tanto amati
discorsi introduttivi. Se
l’aveva fatto,
Rose non se n’era accorta.
Poi
cominciò la musica. Il ragazzo biondo si
avvicinò, posando le mani sulla sua
schiena. Lei fu costretta a passare con riluttanza le proprie intorno
al collo
elegante del Grifondoro. Un contatto così intimo e
ravvicinato, troppo intimo e
ravvicinato. La pelle chiara sotto le sue mani e i capelli morbidi,
rimasti
intrappolati tra le sue dita la confondevano. Il suo viso, le sue
labbra e i
suoi occhi così vicini le impedivano di concentrasi. Tutta
quella situazione,
assurda, sbagliata e pericolosa com’era, la destabilizzava.
Poteva percepire
ognuno di quei traditori dei suoi ormoni agitarsi in modo assolutamente
ingiusto, stupido e sbagliato.
È
solo Malfoy. Un ragazzo come tutti gli
altri. Fisicamente non è molto diverso da Jake.
E
allora com’è che Jake non mi fa nessun
effetto?
La
risposta la conosceva. Era attratta da Malfoy.
Non
lo sopportava, ma era irrimediabilmente, incredibilmente attratta dal
suo corpo
e tenere le distanze, sforzarsi di ignorarlo non stava funzionando.
Per
fortuna lui sembrava determinato, quanto lei ad ignorare la situazione,
a
fingere di star ballando con un pezzo di legno.
Doveva
solo restare concentrata, pensare ad altro, tenere la mente lontana da
pensieri
pericolosi e sbagliati. Doveva fare di tutto per mantenere il controllo
sui
suoi poveri e deboli neuroni.
Scelse
qualcosa di semplice: si concentrò sul proprio respiro.
Era
uno dei tanti trucchetti per il controllo della rabbia che le aveva
insegnato
Daria. Quel genere di espedienti l’italiana li conosceva
tutti: a lei avevano
insegnato a reprimere la rabbia sin da quando era nella culla.
Rose
quei trucchetti li aveva usati spesso, quasi sempre nel tentativo di
non
lanciare fatture a Malfoy. Non avevano mai funzionato
granché.
Sperò
che avessero risultati migliori con i suoi ormoni disertori, di quelli
che
avevano avuto in passato con la sua rabbia.
Inspira,
espira, inspira, espira,
inspira, espira, inspira, espira…..
Era
talmente concentrata sul proprio respiro che quasi non si rese conto
della fine
della canzone e perse l’occasione di azzoppare il Grifondoro.
Sbuffò
per la propria distrazione e seguì il biondo verso uno dei
lati della sala,
vicino al tavolo a cui lei e Daria erano seduto prima della canzone. Le
sembrava fossero passate ore, invece che pochi minuti.
Meg,
James, Al e Daria erano già lì.
“Ho
voglia di fare due passi”. Esordì Rose, la sua
voce impaziente e brusca, quasi
arrabbiata.
“Sì
anche io”. Meg sembrava irrequieta, come lei. Qualcosa la
turbava.
“Vi
accompagnerei, ma è meglio se me ne resto qui”.
Concordava con l’amica: il suo
pallore non le piaceva per niente.
Forse
sarebbe dovuta restare con lei, ma aveva davvero
bisogno di muoversi, di uscire da quella stanza che si era fatta
stranamente
piccola e soffocante.
Comunque
non mi devo preoccupare, c’è
Jamie con lei. Non le permetterà di strafare.
Si
allontanò insieme a Meg, mosse dalla stessa, strana fretta.
Erano quasi dalla
porta, quando Moira le raggiunse.
“Andate
a fare due passi?” Rose annuì con impazienza.
“Vi accompagno”.
La
rossa Serpeverde annuì ancora e si affrettò ad
oltrepassare la soglia. Appena
fu in corridoio, Rose iniziò a sentirsi meglio.
Si
voltò verso Meg, curiosa di scoprire il motivo della sua
voglia di uscire.
L’altra rossa stava prendendo lunghe boccate
d’aria, quasi affannata, quasi
come se avesse trattenuto il respiro fino a quel momento.
La
Weasley
sollevò un sopracciglio, interrogativa. “Toglimi
una curiosità, Maggie: come
mai avevi tanta voglia di uscire?”
L’altra
alzò gli occhi ambrati per incontrare i suoi.
“Potrei farti la stessa domanda,
Rose”.
La
Serpeverde alzò le spalle con noncuranza. “Le mie
ragioni le conosci”. Continuò
a sostenere il suo sguardo, senza timore né esitazioni. Le
sue amiche
conoscevano, almeno in parte, la sua situazione con Malfoy. Con loro
non aveva
bisogno di nascondersi o mentire.
Fu
Meg a imbarazzarsi e distogliere lo sguardo, quello strano rossore di
nuovo
sulle sue guancie. “Sì.. beh, le mie sono diverse.
Ero solo stufa di stare là
dentro”. Qualcosa non la convinceva, la sua voce era quasi
incerta. Però non
voleva indagare. Non era sicura fosse il caso.
Moira
sembrò dello stesso avviso, perché chiese:
“Meg tu non hai ancora diciassette
anni, vero?”
“No.
Li compio a metà Novembre”.
“”Giusto!
Bisogna organizzare una festa coi fiocchi! La stanza delle
necessità sarà
perfetta! Chiederò a Freddie di procurarmi un po’
di alcool di contrabbando, mi
procurerò della musica babbana e..”
“Rosie,
frena. Ti ricordo che io sono Caposcuola e tu prefetto. Ti rendi conto
di aver
appena fatto un elenco di infrazioni al regolamento?”
“Soprattutto,
Rose, ti rendi conto che stai parlando con Meg? Non
infrangerà mai le regole di
sua volontà. È più probabile che Daria
scelga spontaneamente di mettersi una
minigonna”.
“Giusto.
Bisogna fare qualcosa Moira: abbiamo due gravissimi casi di
seriosità acuta.
Non possiamo permettere che la cosa vada avanti così. Se non
troviamo una cura
rischiamo il contagio”.
“Non
siamo seriose.” Meg storse il naso, vagamente offesa.
“Teniamo ai nostri doveri
e non ci piace trattare il nostro corpo come se fosse merce da vendere.
Dovreste provare ogni tanto”.
“Pure
permalosa! La situazione è davvero gravissima! Moira
sta’ attenta a non passare
troppo tempo con lei, ti potrebbe contagiare”.
“Sé”
fece Moira, con scettico sarcasmo. “ Tra l’essere
contagiata da lei e l’essere
vittima della tua pazzia, mi sa che il mio futuro non si prospetta
molto roseo.
Farei meglio a cercarmi delle altre amiche. Qualcuno di normale. Anzi
qualcuno
di semplicemente sano di mente andrà benissimo”.
Rose
fece una smorfia, contrariata. “Umpf. Fa pure se vuoi.
Cercati delle amiche
sane di mente, ma, ti ricordo, che tu non sei messa meglio di noi,
anzi. Ah e
ti ci vorrei proprio vedere con queste nuove amiche, non saranno mai
favolose e
perfette come noi. Vero, Meg?”
“Merlino,
ma per quale motivo mi sono andata a invischiare con delle Serpeverde?
Avrei
fatto meglio a starmene per i fatti miei. Cavolo fate paura, tutto
questo
sarcasmo prima o poi mi avvelenerà”.
Aveva
un’espressione talmente preoccupata che Rose non
riuscì a trattenere una
risata.
Poi,
sentirono uno strano rumore. Si voltarono tutte e tre di scatto.
“Proveniva
da quello sgabuzzino”.
“D’accordo
andiamo a controllare”.
“Lascia
perdere Meg: sarà solo una coppietta che si è
imboscata”.
L’altra
rossa però non l’ascoltò e si
avvicinò alla porta dello stanzino, impugnando la
bacchetta. Rose inarcò un sopraciglio: non credeva che anche
lei avesse il vizio
di portarsi sempre dietro le bacchetta.
Spalancò
la porta con un incantesimo non verbale perfettamente eseguito e
utilizzò un
lumus per vincere l’oscurità dello sgabuzzino.
Rose
aveva ragione: c’era proprio una coppietta lì
dentro. Le ci volle un istante
per riconoscerli e capire che, a volte, avere ragione non era una bella
cosa.
Dentro
lo stanzino, tra scope e secchi c’era una seminuda Amanda
Corner, più coperta
dal corpo del ragazzo che dai propri indumenti. Ma non era Amanda il
problema
più grave in quel momento. Non quando il corpo avvinghiato
al suo era quello di
Ethan Davies. Il ragazzo di Meg.
I
due boccheggiarono per qualche lunghissimo istante, poi il ragazzo
aprì la
bocca per dire qualcosa, per cercare di giustificarsi forse.
“Davies,
Corner cinquanta punti in meno”. La voce di Meg era di
ghiaccio, priva di
qualsiasi inflessione, atona. Rose si voltò a guardarla
preoccupata, ma l’altra
non incrociò il suo sguardo. Si girò con un
movimento fluido e si allontanò
lungo il corridoio.
“Maggie
aspe..” La Grifondoro mosse appena la bacchetta, senza
parlare e senza
voltarsi, e Davies si ritrovò ad aprire e chiudere la bocca
senza emettere
suono.
Rose
avrebbe voluto veramente tanto fermarsi lì e
affatturarli in modo
grave, ma sapeva che la cosa più importante in quel momento
era seguire
Margaret. Ci sarebbe stato tempo per la vendetta.
***
***
Daria
stava guardando le schiene delle sue amiche allontanarsi in fretta,
quando la
vista cominciò ad appannarlesi e le ginocchia le cedettero.
Non cadde solo
perché qualcuno la afferrò al volo. Una stretta
familiare: James.
“Ottimo
tempismo”. Bofonchiò con un debole sorriso. Lui
non le rispose, ma ordinò al
fratello di sostenerla un secondo. Daria si sentì afferrare
da un altro paio di
braccia, poi quelle di James la lasciarono. Lo vide estrarre la
bacchetta e
puntarla ad una delle sedie. Un secondo dopo al posto della sedia
c’era una
panca, abbastanza lunga perché lei si ci potesse sdraiare.
James la afferrò di
nuovo, con delicatezza, e la fece stendere sulla panca.
La
vista le si stava appannando sempre di più e sentiva le
palpebre pesanti, così
decise di chiuderle. Non si addormentò. Ascoltò
distrattamente la conversazione
dei ragazzi. Dai loro toni di voce Albus e Scorpius sembravano
parecchio
preoccupati. James, invece, sembrava più che altro irritato.
Da lei
probabilmente.
“Riassumendo:
Daria è un’incosciente”.
Decretò James, cinque minuti più tardi, dopo aver
spiegato agli altri due la situazione e essere andato a prenderle
qualcosa da
bere.
Daria
aprì gli occhi e vide che le stava porgendo un bicchiere. Si
mise a sedere con
un movimento fluido e senza sforzo. I tre ragazzi scattarono in
contemporanea
verso di lei, forse per farla sdraiare ancora, forse per afferrarla se
avesse
avuto un altro cedimento.
Alzò
gli occhi al cielo e afferrò il bicchiere, scacciando con un
gesto della mano,
quelle preoccupate dei suoi amici. “Sto bene. Mi sono
già ripresa
perfettamente”. Bevve un sorso della bibita che Jam le aveva
portato, poi
aggiunse. “E non sono un incosciente. Ci tengo alla mia
integrità fisica e
mentale e ho un buon istinto di autoconservazione, io. Sono una
Serpeverde: ce
l’ho nel sangue. Non dovreste preoccuparvi”.
“Ah
no?” Di nuovo quel tono irritato. Daria non aveva
più dubbi che Jam fosse
irritato proprio con lei. “E allora come la chiami
questa?”
Lei
alzò le spalle con noncuranza. “Come vedi sto
già meglio. E sapevo che se fossi
caduta tu mi avresti presa al volo. A proposito, Jamie,
grazie”.
Lui
sbuffò e incrociò le braccia, fissandola con
sguardo truce. Anche Al e Scorp la
stavano fissando e nemmeno loro sembravano particolarmente contenti del
suo
comportamento.
Lei
sospirò seccata. Non le piaceva che le persone si
preoccupassero per lei.
Sapeva badare a se stessa. “Sul serio ragazzi, piantatela di
preoccuparvi. Mi
basta stare seduta un atro po’ e sarò come
nuova”.
“Stai
tranquilla tu non ti muovi di lì”.
Daria
sbuffò. Stava iniziando ad irritarsi anche lei.
“Non provare nemmeno a farmi la
predica Jam. Tu rischi la pelle ogni trenta secondi per fare le cose
più
stupide dell’universo. Anzi se vedi qualcosa di pericoloso ti
ci cacci in
mezzo, canticchiando. Se provi anche solo a pensare di sgridarmi ti
affatturo”.
James
arrossì appena. Daria avrebbe potuto scommettere che stava
proprio pensando di
farle una bella ramanzina. Sbuffò di nuovo.
All’improvviso
ebbe un’illuminazione: se non poteva placare la sua
preoccupazione, allora
perché non dirottarla su qualcos’altro? O meglio
su qualcun altro.
“Comunque,
non è passato un po’ troppo tempo da quando quelle
due si sono allontanate?
Forse dovrei andarle a cercare”. Posò il bicchiere
sul tavolo e fece finta di
volersi alzare. La reazione fu immediata. James scattò in
piedi in un secondo.
“Vado
io. Tu resta lì e non muovere un muscolo”.
“Ti
accompagno, James”.
Il
moro annuì a Scorpius poi si rivolse al fratello.
“Mi raccomando Al, te la
affido. Stai attento è molto brava a convincere la gente.
Non lasciarti
circuire e non lasciare la postazione, potrebbe scappare”.
“Non
sono un animale, James. Sparisci, va a cercare Meg”.
Il
ragazzo non se lo fece ripetere oltre e si allontanò con
Scorpius.
“Non
me l’aspettavo. Cioè mi avevi detto di essere di
salute cagionevole, ma non ti
avrei mai creduta così.. fragile”.
Daria
sorrise a quell’aggettivo. Nessuno lo aveva mai usato per
descriverla e, a
pensarci bene, avrebbe dovuto infastidirla. Però,
stranamente, non lo fece,
anzi quasi le piacque: forse fu per lo strano tono stupito, quasi
ammirato del
ragazzo o forse perché non aveva abbastanza energie per
sopportare un malumore.
Restarono
in silenzio per un po’. Era strano stare in silenzio con Al:
lui era uno che
parlava sempre tanto, anche troppo. Non le dispiaceva, però,
a lei il silenzio
piaceva. Ci si sentiva a suo agio.
Stranamente
non fu Al a rompere il silenzio, e nemmeno Daria. Fu Moira. Una Moira
ansimante
e abbastanza sconvolta. “Daria devi venire subito. Meg ha
bisogno di te”.
La
castana fece per alzarsi in piedi, ma fu fermata dal braccio che Al le
posò su
una gamba. Sussultò per il contatto e abbassò lo
sguardo sulla mano del
ragazzo. Ne sentiva il calore attraverso la stoffa blu del vestito.
“Sei sicura
che Daria sia necessaria? È molto debole e non è
una grande idea farla
muovere”.
“Certo
che è necessaria. Indispensabile. Tutto merito di quella
troia della tua
ragazza. Dovresti tenerla d’occhio un po’ meglio
sai?”
“Che
vuoi dire? Cosa c’entra Amanda?”
“L’abbiamo
beccata a darsi da fare con il ragazzo di Meg”. Daria
scostò la mano di Al e si
alzò, pronta a seguire l’amica. Avrebbe potuto
essere in punto di morte e non
le sarebbe importato. Nulla era più importante delle sue
amiche, per lei.
***
***
“Vado
a chiamare Daria”. Rose annuì alla proposta
dell’amica. Daria, anche se un po’
fuori fase, restava sempre Daria e pertanto era comunque più
indicata di loro
in una situazione simile. Lei non aveva idea di cosa fare e Moira non
sembrava
saperne molto di più.
“Io,
invece, resto qui. Nel caso in cui quei due decidano di ricomparire.
Gli devo
un migliaio di fatture”.
Moira
fece una smorfia strana, arrabbiata e si allontanò in
fretta. Rose voltò le
spalle all’angolo dietro cui era appena sparita la mora, per
fronteggiare il
corridoi da cui venivano, bacchetta in mano e sguardo furente.
Quello
stronzo, bastardo, pezzo di merda
di troll, figlio di banshee me la pagherà cara. Ha osato
fare del male alla
persona sbagliata. Gli farò implorare pietà. Lo
ridurrò in briciole talmente
piccole che nemmeno sua madre sarà in grado di riconoscerlo.
“Rosie!”
La sequela di insulti e minacce mentali con cui la Serpeverde stava
cercando di
sfogare la sua ira fu interrotta dalla voce di James, che si stava
avvicinando,
seguito a ruota da Malfoy. “Non vi vedevamo tornare
così siamo venuti a
cercarvi. Dov’è la Waterfall?”
“In
camera credo. Se n’è andata di corsa, intimandoci
di non seguirla. Io ho un
paio di persone da ammazzare. Moira è andata a chiamare
Daria per capire cosa
fare”.
“Rose
non capisco cosa è successo?”
“Quello
stronzo di Davies! L’abbiamo beccato con un’altra!
Brutto bastardo, infame
traditore..”
“Che
cosa ha fatto Davies?? E Margaret come sta? Dov’è?
Come ha reagito? Sta bene?”
“Cazzo,
James come pensi che possa stare bene?! E ti ho già detto
che probabilmente è
in camera! Come credi che abbia reagito?! Ha levato un sacco di punti a
tutti e
due e se n’è andata!”
Non
aveva nemmeno finito di parlare che già il moro si stava
allontanando in
direzione delle scale. “Jam! Torna qui! Non vuole vedere noi,
figurarsi te!”
L’altro
si voltò, la mascella contratta e lo sguardo talmente
arrabbiato da farla quasi
rabbrividire. “Ho il mantello.” Replicò,
secco. “Voglio solo vedere come sta”.
“Vedere
come sta e poi andare a spaccare la faccia a Davies”. Lo
corresse Malfoy. “Per
la seconda parte chiamami, Jam: te lo tengo fermo”.
Suo
cugino annuì appena, prima di voltarsi e sparire.
“Io
avevo pensato a una lunga serie di fatture dolorose, ma nemmeno la tua
idea è
tanto male”.
“Si
possono mettere in pratica tutte e due, Weasley”.
La
rossa annuì. “Era quello che stavo pensando. Gli
farò rimpiangere di essere
nato”. La sua voce, colma di rabbia e desiderio di vendetta,
somigliava
tremendamente al sibilo mortale di un taipan1).
“Cavolo
Weasley, cerca di calmarti, ora. Fai paura”.
Lei
gli scoccò un’occhiata raggelante che avrebbe
fatto indietreggiare chiunque,
tranne ovviamente il Grifondoro, che come la stava guardando col suo
solito
ghigno strafottente.
E,
come al solito, questo bastò ad accendere la miccia-Rose e
farla scoppiare come
una bomba. “NON HO ALCUNA INTENZIONE DI CALMARMI!”
Si mosse fulminea verso il
biondo, la bacchetta puntata alla sua gola.
Ignorò
platealmente gli allarmi preoccupati che il suo cervello le stava
mandando, non
si curò di essersi avvicinata troppo, nè si rese
conto della pericolosità della
situazione. “E se ci tieni alla testa, smetterai di
consigliarmi cazzate”. La
sua voce, di nuovo ridotta a un sibilo.
Il
Grifondoro però non sembrò minimamente
intimorito, il ghignetto ancora al suo
posto. “Arrabbiarsi così tanto nuoce alla salute,
Weasley. Dovresti trovare
modi migliori per sfogare tutta questa energia”.
In
quel momento, quando il sussurro del ragazzo raggiunse le sinapsi
confuse del
suo cervello, Rose capì quanto imprudente fosse stata,
quanto effettivamente
fossero vicini e quanto la sua mente fosse appannata
da quella vicinanza, intontita da
quel buonissimo profumo di menta.
Fece
l’ultimo mezzo passo nella sua direzione, nello stesso
momento in cui lui si
abbassava appena per raggiungere la sua altezza. Nell’istante
in cui le labbra
di Malfoy toccarono le sue Rose perse anche quelle poche, minuscole
briciole di
controllo che le erano rimaste e si aggrappò al collo del
biondo, attirandolo
ancora più vicino.
Labbra
contro labbra, corpo contro corpo. Rose si sentì spingere
contro la parete, la
schiena che aderiva al muro ghiacciato. Non le importò. Il
corpo caldo del
ragazzo era pressato sul suo, senza pesarle, ma dandole una scarica di
calore,
passione e adrenalina che aveva dell’incredibile. Avrebbe
potuto essere al Polo
Nord e non se ne sarebbe nemmeno accorta.
Le
mani del Grifondoro si fecero più audaci, lasciando una scia
infuocata dietro
di loro. Quelle della Serpeverde si fecero più affamate,
allentando la
cravatta, slacciando i primi bottoni della camicia scura, toccando
finalmente
la pelle calda. Le labbra di Malfoy si spostarono sul suo collo, mentre
la sua
mano si insinuava sotto al vestito.
Poi,
all’improvviso, lui si staccò bruscamente, come
scottato.
Il
corpo di Rose protestò immediatamente, ma il suo cervello,
che aveva appena
ripreso a carburare, lo costrinse, impietoso, al silenzio. Aveva di
nuovo il
pieno controllo. Si mise in faccia un’espressione
perfettamente fredda e
indifferente e alzò gli occhi azzurri per incontrare quelli
grigi.
Ciò
che vide la sconvolse. Quello sguardo intenso lo conosceva. Era senso
di colpa.
Ma c’era di più: rabbia cocente e una sfumatura
che non riusciva a capire..
sembrava quasi.. tristezza?
No
è solo arrabbiato per essersi
lasciato andare così tanto con me. La sua nemesi. Pensò,
stizzita e decisa a ripagarlo con la stessa moneta: se l’idea
di averla baciata
lo disgustava tanto, allora anche lei gli avrebbe fatto credere di
essere
disgustata.
Che
poi non ho bisogno di fargli credere
proprio niente! È solo la pura verità: io sono disgustata da ciò che è
successo, no? No?
Stava
cercando le parole giuste per insultarlo e scacciarlo, quando lui la
precedette. “Perdonami, Rose”.
La
ragazza sbatté le palpebre, frastornata, incapace di
nascondere la propria
confusione. Non l'aveva mai chiamata per nome, lui. Non le aveva mai
chiesto
scusa. E il suo tono.. serio, dolce e dispiaciuto... era
così strano sentirlo
ed era ancora più strano perché, in qualche modo,
non stonava, gli si addiceva
quanto quello ironico e strafottente che aveva di solito. "Non avrei
dovuto, Rose. Ti chiedo di dimenticartene, puoi vero?"
La
Serpeverde deglutì e cercò di recuperare un
po’ di se stessa. “Certo che
sì”.
Sbuffò. “È stato un episodio come un
altro. Anzi peggiore degli altri. Baciare
te”. Fece una smorfia disgustata, poi si ricordò
che l’altro aveva osato pure
chiamarla per nome e aggiunse: “Nessuno ti ha dato il
permesso di chiamarmi per
nome. Vedi di smetterla”.
“No”.
“Come
no?”
“No.
Ci conosciamo da anni e frequentiamo le stesse persone. È da
stupidi continuare
a chiamarci per cognome, Rose”.
Nonostante,
l’immensa irritazione per le sue parole, la rossa si
sentì enormemente
sollevata: quel Malfoy irritante e arrogante le era familiare, sapeva
come
comportarcisi, molto più che con il Malfoy strano di poco
prima.
“Rose!”
La rossa si voltò di scatto sentendo le amiche chiamarla. Si
passò
istintivamente una mano tra i capelli per appiattirli e con
l’altra si aggiustò
il vestito.
“Tutto
bene?” Le chiese Daria, raggiungendola e scrutandola, gli
occhi blu attenti e
vigili.
“Tutto
a posto. Andiamo da Meg”.
Quando
si dice: salvata in corner….
1)
I Taipan sono serpenti australiani estremamente velenosi. In
particolare il
taipan dell’entroterra è considerato da molti
l’animale più velenoso al mondo.
Spazio
autrice:
Questo
capitolo è stato un parto, mi ci sono voluti secoli per
scriverlo – anche
perché ho scritto quasi tutto a mano e poi l’ho
copiato sul computer. Mi ha
totalmente prosciugato le energie, ma spero ne sia valsa la pena.
Innanzi
tutto: chi ha voglia di ammazzare Ethan Davies?! Io tanta. Ma ho in
serbo
qualche bella sorpresina per lui……
Ok,
andiamo con ordine. Daria insiste per tenere i capelli sciolti:
chissà cosa
l’ha convinta, o forse chi…. La digressione sulla
pozione inibitrice ce l’ho
dovuta mettere per forza, anche se spezza un po’ la
narrazione: mi servirà
moltissimo in futuro.
James
e Daria, secondo me, sono fortissimi insieme: hanno un rapporto
splendido e mi
piace un sacco scrivere di loro.. poi chissà, magari le cose
tra loro subiranno
uno sviluppo, o forse no…
Sono
un’autrice un po’ perfida, me ne rendo conto: non
vi ho fatto vedere la
reazione di Scorpius perché Daria non la nota e Rose fa di
tutto per ignorarlo,
inutilmente direi. Quella di Al, invece, Rose la nota ma non sappiamo
bene cosa
noti. Quindi sì: sono una persona cattiva.
Nel
pezzo in cui Rose e Scorpius ballano l’aggettivo
“sbagliato” è ripetuto un
sacco di volte ed è una cosa voluta: la nostra povera Rose
sta cercando di
auto-lavarsi il cervello o qualcosa del genere.
Scorpius..
il pezzo grosso del capitolo, direi. Beh il suo comportamento ha un
motivo, il
nostro adorato Malfoy sta solo cercando di fare la cosa giusta. Certo
così
rischia di far impazzire Rose, ma questi sono dettagli trascurabili.
Ancora
una cosa, mi sono resa conto di non aver mai fatto interagire
direttamente né
Meg e Jam, né Moira e Dave.. se tutto va come dovrebbe lo
farò nel prossimo
capitolo.
Ok
se ci riesco posto le immagini dei vestiti. Abbiate pietà
dei miei disegni e
soprattutto del modo in cui sono colorati.
Moira
Meg
Daria
Rose
Un
bacio
AiraD