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Autore: AiraD    14/12/2012    2 recensioni
Rose Weasley ha sedici anni ed è una Serpeverde. L’unica Weasley Serpeverde. Il suo più grosso problema? Quel deficiente e presuntuoso Grifondoro, che risponde al nome di Scorpius Malfoy. Anche Daria De Lupo ha sedici anni e anche lei è una Serpeverde. Diversamente dall’amica, lei è italiana e discende da una famiglia potente e antica quanto il tempo. Amici pazzi, una serie di scommesse assurde e un preside dalle idee malsane, le obbligheranno a fare i conti con un piccolo, insignificante organo, chiamato cuore.
--- Posò la mano sulla maniglia e l’abbassò, ma prima che potesse aprirla un soffio caldo all’altezza del suo orecchio la bloccò.
“Sogni d’oro Weasley”
La voce di Malfoy era appena più bassa e suadente del solito, un sussurro caldo che le bloccò il fiato per un istante. Lui non la stava nemmeno toccando, ma sentiva il calore del suo corpo per quanto era vicino. Un piccolissimo brivido le percorse la schiena, poi lui fece un passo indietro e Rose aprì la porta e uscì senza voltarsi. Conosceva il suo corpo e le sue reazioni e sapeva cosa significavano il respiro che resta in gola e il brivido lungo la schiena: attrazione. ---
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Icecream & Cookies'
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10) Halloween

 

“Adesso sei perfetta” Alle parole di Dominique, Rose sollevò lo sguardo dallo specchio che stava usando per rifinire il proprio trucco, si voltò verso Daria e la fece alzare per ammirare la loro opera. Lei, Daria, Moira e Domi si erano riunite in camera di Meg, l’unica ad avere una stanza tutta sua, per prepararsi insieme, o meglio lei Dom e Moira si erano preparate insieme e insieme avevano preparato Meg e Daria. Nessuna di loro tre si fidava molto delle altre due.

Osservò l’amica con occhio critico, girandole intorno. Il lungo vestito blu senza spalline rendeva la sua figura ancora più slanciata e il profondo spacco laterale dava quel tocco di sensualità che mancava. I suoi occhi blu erano stati valorizzati dal colore del vestito e dal trucco blu, sapientemente steso e sfumato da Dominique. L’unica cosa che non la convinceva erano i capelli sciolti. Le stavano benissimo, ma forse i capelli raccolti erano più adatti a quel vestito.

“Sei sicura di volerli lasciare sciolti? Il vestito è senza spalline, avrebbe più senso raccogliere i capelli e lasciare le spalle completamente scoperte”.

“Se devo sembrare un’altra, facciamolo come si deve. I capelli raccolti sono il mio marchio di fabbrica” Sbuffò, contrariata. “E poi così mi sento un po’ meno nuda”.

Rose alzò un sopracciglio: era strano che volesse tenere i capelli sciolti, ma non protestò oltre. Aveva perso fin troppo tempo in passato per convincerla a non legarli, non si sarebbe lamentata proprio ora che era lei stessa a proporlo.

“Almeno tu hai il vestito lungo! Io nuda lo sono veramente”.

“Tranquilla Meg. Stai benissimo e non sei nuda. Il vestito non è così corto”. L’altra rossa sbuffò alle parole di Moira e Rose sorrise. Anche lei era un piccolo capolavoro di cui essere orgogliosa. Indossava un vestito corto a balze beige, tranne per alcune balze di un marrone più scuro e l’ombretto dorato le valorizzava i grandi occhi color miele.

“Siete assolutamente splendide! E noi siamo assolutamente geniali! Ottimo lavoro colleghe!” Dominique alzò un pugno al cielo in segno di esultanza, muovendosi con grazia quasi surreale nel suo splendido vestito chiaro.

“Sì, abbiamo ottenuto un bel risultato, ma avevamo anche una buona materia prima” Disse Moira, senza distogliere lo sguardo dallo specchio a figura intera che stava usando per finire di mettersi a posto l’acconciatura. “Non è tutto merito nostro e non c’è motivo di essere così esaltata, Dom”. La bionda le fece una linguaccia, ma non sembrò essersela presa. Quelle due andavano abbastanza d’accordo, ma mai quanto Moira e Meg. L’affinità tra loro era sorprendente, erano entrate in confidenza in pochissimo tempo e senza alcuno sforzo e Rose ne era entusiasta.

Speriamo che Dave non si comporti da idiota e dia a Mo le attenzioni che si merita.

Moira, infatti, sarebbe andata al ballo con Zabini e Rose sperava che le cose tra loro cominciassero ad andare nel verso giusto.

Voglio dire Moira è bellissima, stasera. Se non la nota è proprio scemo.

Vestito verde e argentato, capelli raccolti e tacchi vertiginosi, Moira non era mai stata così splendida e Rose era davvero convinta che Dave non potesse semplicemente non notarla.

Era l’unica a pensarlo, però. Daria non si era pronunciata in merito, mentre Moira le aveva detto che si stava illudendo e che non sarebbe bastato un vestito corto perché lui la guardasse come guardava lei.   

“Siamo sicure che Jam non avrà la malsana idea di mascherarsi?”

“Assolutamente sì. Mi sono occupata  personalmente dei vestiti di tutti i miei cugini e ho mandato Louis ad accertarsi che non facciano di testa loro. Visto che è troppo piccolo per partecipare al ballo tanto vale che si renda utile e si assicuri che quei trogloditi non facciano sfigurare la famiglia.”

“A quello, Dom, ci ha già pensato mio padre anni fa. Con quel suo orrendo abito da cerimonia marrone.” Rose rabbrividì disgustata. Tra sua madre, che aveva sempre preferito le librerie ai negozi di abbigliamento, e suo padre, che indossava certe cose, era un miracolo che lei avesse un minimo senso estetico.

La rossa Serpeverde tornò a dedicarsi al proprio trucco e, dopo cinque minuti buoni, annunciò: “Pronta!”

“Era ora! Ci hai messo secoli Rose”.

“La bellezza richiede tempo e pazienza Meg. Tempo e pazienza. Essere sempre bellissima non è uno scherzo. Non lasciarti trarre in inganno da me, che lo faccio sembrare semplice e naturale.” Disse con aria da maestrina e atteggiandosi a gran diva. “Bisogna essere costanti, pazienti, attenti e….”

“E soprattutto modesti, vero Rose?”

“Hai centrato il punto, Moira”. Annuì con esagerata convinzione. “Ci vuole anche la modestia, prendete esempio da me”.

“Ma ti sei sentita? Sembri Potter!” Disse Meg, ridendo.

Moira scosse la testa sconsolata. “E dopo questa sferzata di umiltà, direi che possiamo andare. Prima che a Daria venga una crisi isterica”.

“Giusto! In marcia!”

Rose si alzò in piedi e procedette per prima oltre la porta, spedita ed aggraziata nel  vestitino azzurro e verde che le lasciava scoperte le  gambe lunghe e magre.

Era prontissima per la serata. Si sarebbe divertita e goduta il suo bel cavaliere e, soprattutto, sarebbe stata alla larga da Malfoy. Avrebbero dovuto ballare insieme, ma non sarebbe stato così tragico: si trattava di una sola canzone, al termine della quale si sarebbe affrettata a mettere una distanza di sicurezza tra sé e Mr. Presunzione.

Magari prima di allontanarmi gli pesto un piede.

Che splendida idea!

Se gli faccio abbastanza male gli renderò impossibile ballare con quell’oca della Baston.

Ridacchiò, malefica, tra sé e sé al pensiero di fare un dispetto sia a Malfoy che alla sua simpaticissima dama.

 

***

***

 

Concentrata. Un passo dietro l’altro, calma e attenzione. Aventi, pratico le arti marziali io. Un paio di tacchi non può mandarmi in crisi no? Pensò, mentre si concentrava al massimo per riuscire a camminare senza ammazzarsi. Scoccò un’occhiata colma d’odio alle tre ragazze poco più avanti, che incidevano con grazia e sicurezza. Lei era certa di sembrare un’impedita. Meg le camminava lentamente accanto, nemmeno la Grifondoro sembrava particolarmente a suo agio su quei trampoli.

Sì, ma almeno lei non sembra una giraffa zoppa.

Sbuffò frustrata. Odiava i tacchi.

“Qualcosa non va, Al?”

“Ti odio Rossa. Profondamente”.

“Tranquilla Daria! Ti sostengo io!” Disse Dom affiancandola ed offrendole il braccio. L’altra le sorrise grata.

Oh, me ne stavo per dimenticare

Cercò la bacchetta tra le pieghe del vestito e la utilizzò per appellare una fialetta contenente un liquido rossastro. Le ragazze in genere non portavano la bacchetta a feste come quella, ma lei come Rose e Domi, lo faceva sempre. Erano cresciute coi racconti di guerra e certe precauzioni, come avere sempre la bacchetta a portata di mano, venivano loro naturali.

“Che cos’è?”

“Una pozione inibitrice”.

Rose si voltò, ancora, di scatto. “Una pozione inibitrice? Ma ti indebolirà”.

“Se non la prendessi rischierei di impazzire e di finire K.O. per uso esagerato dei miei poteri, Ros. Preferisco avere qualche energia in meno”.

La pozione inibitrice avrebbe, appunto, inibito le sue eredità individuali, rendendole impossibile utilizzarle per qualche ora. Detestava prenderla e lo faceva raramente. Non la prendeva nemmeno per gli esami, solo l’anno prima, in occasione dei G.U.F.O. e su insistenza dei commissari esterni, aveva accettato di prenderla.

Quella pozione oltre a privarla temporaneamente dei suoi poteri ausiliari, le portava via anche parte delle sue energie. Era un po’ come un calo di pressione improvviso. Non era il massimo, ma era l’opzione migliore.

L’alternativa, il non prenderla, avrebbe avuto effetti peggiori.

Con tutto quel baccano, con tutta quella gente che ballava, parlava, urlava, sussurrava, rideva, piangeva… sarebbe impazzita, poco, ma sicuro. Non sarebbe riuscita a tenere sotto controllo il suo udito, a limitarlo, come faceva di solito. Avrebbe captato tutto, perché per lei era naturale captare più suoni del normale e non farlo, tenere il suo udito a bada richiedeva sempre un po’ della sua concentrazione. Ci era abituata e in condizioni normali non era un grosso sforzo, ma quelle non erano condizioni normali.

La sua telepatia, poi, aveva un nemico, o un alleato, naturale, a seconda dei punti di vista: l’alcool.

Era sicura che il punch, se conosceva un po’ Fred, sarebbe stato corretto pesantemente. E questo per lei era un piccolo disastro. Non sapeva bene per quale motivo, ma era in grado di sentire i pensieri di chi aveva bevuto un po’. Più che sentirli, era come se le venissero urlati nelle orecchie, come se glieli martellassero nel cervello.

Probabilmente l’alcool, rendendo i pensieri più indisciplinati, li rendeva anche meno legati alla persona che li formulava, meno “privati”. Le si fiondavano da soli nel cervello, senza che lei li cercasse e senza che lei o il proprietario dei pensieri lo volessero e, non essendo abituata a ricevere, Daria, non era brava a schermarsi, a tenere i pensieri altrui fuori dalla propria testa. Trasmettere le veniva naturale, ma ricevere no. Non in quel modo, almeno.  

Tutte quelle informazioni non richieste l’avrebbero mandata fuori di testa e tutto quell’uso involontario, ma esagerato delle sue eredità l’avrebbe mandata K.O. Tutti gli Eredi dovevano usare i propri poteri aggiuntivi con parsimonia, perché usarli li stancava.

Stappò la fialetta e ingoiò la pozione in un solo sorso. Storse il naso per il sapore amaro e rabbrividì. Detestava quella sensazione. Non poter contare sulle sue capacità extra…. era come essere cieca e sorda.

Sentì qualcuno afferrarle l’altro braccio e sorrise, vedendo che era Rose e che l’aveva presa a braccetto.

“Finirai per svenire, italiana. Sei già abbastanza debole di costituzione”.

Un paio di rampe dopo, Dominique le lasciò il braccio e disse: “Io scendo per prima! Voglio vedere la faccia di James!” E schizzò via con la sua solita, innata grazia.

“Non riesco a capire come faccia ad essere sempre così aggraziata e femminile”.

“I geni Veela, Meg. I geni Veela”.

“Bene. Muoviamoci”.

“Quanta fretta D! Cos’è non vedi l’ora di volteggiare tra le braccia di Jam?”

“Ah ah. No. Prima arriviamo in Sala Grande, prima mi posso sedere”.

Lei e Rose si incamminarono a braccetto, Meg accanto all’altra rossa e Moira pochi passi più avanti.

Quando iniziarono a scendere l’ultima rampa, entrando nella visuale degli studenti che erano già arrivati nell’ingresso, Daria fu certa di stare arrossendo brutalmente. Era imabarazzatissima e assolutamente a disagio. Sperava ardentemente che nessuno la riconoscesse, perché lei di sicuro non si riconosceva: senza la sua divisa un po’ trascurata, ma comoda o i jeans logori, non era lei, non si sentiva se stessa.

Teneva lo sguardo basso, concentrato sulle sue decolté blu, ma, sentendosi osservata intensamente, lo sollevò di scatto, incrociando quello di Al. Non si preoccupò di decifrarlo o di capire cosa il ragazzo stesse pensando, ma si affrettò a tornare a guardare le proprie scarpe. Tirò un sospiro di sollievo, quando i gradini finirono e lei si staccò dall’amica per avvicinarsi a James.

Domi, in piedi accanto al fidanzato, li osservava con aria estremamente divertita. “Non è prudente restare a bocca aperta tanto a lungo, ragazzi: potrebbe entrarci qualcosa”.

James sorrise e le passò un braccio dietro alla vita, lasciando la mano sul suo fianco all’altezza dell’anca, e l’italiana, a quel tocco intimo e familiare, si sentì immediatamente più a suo agio, più tranquilla. Il contatto con James era così giusto, così naturale e normale per lei, da avere lo stesso effetto di un calmante.

“Wow” Esordì il moro, restando letteralmente a bocca spalancata, per lo stupore. “Sei assolutamente stupenda, Daria”.

“Mmm”. Fece lei, poco convinta.

Lui la strinse un po’ più vicina e si piegò verso di lei, per sussurrarle: “ Non devi essere a disagio. Indossi abiti diversi, ma sei sempre tu”. Sapeva sempre cosa dire e cosa fare, il suo James.

Sono maledettamente fortunata ad averlo con me.

Gli sorrise grata e si prese un secondo per osservarlo. Pantaloni neri e camicia rossa, rigorosamente senza cravatta, coi primi bottoni rigorosamente slacciati. Era proprio bello da morire il suo migliore amico. “Anche tu non sei niente male, Marmellata. Ma cerca di non montarti la testa”.

Lui ignorò bellamente il suo ultimo consiglio e si gonfiò come un tacchino. “Altro che niente male! Sono un figo da paura. Sei proprio fortunata ad avere un accompagnatore così figo. Sono così bello che mi porterei al ballo da solo”.

“Ecco. Come non detto”. Ridacchiò lei.

“Allora James, che ne dici: abbiamo fatto un bel lavoro?” Alle parole di Dom la loro piccola bolla privata scoppiò, ma la ragazza rimase abbastanza rilassata, merito della stretta familiare e un po’ possessiva dell’altro.

“Anche troppo, cugina. Dovrò passare la serata a tenerla sotto stretta sorveglianza e a tenerle lontano qualunque essere senziente e di sesso maschile”.

“Mi so proteggere da sola, Jam”. Sospirò, scoccando un’occhiata raggelante ad un paio di ragazze che la stavano guardando male da lontano. Evidentemente rientravano sia nell’ampia schiera di ammiratrici del ragazzo, sia nell’altrettanto ampia schiera di oche che non capivano il loro rapporto.

 

***

***

 

“Io scendo per prima! Voglio vedere la faccia di James!”

“Non riesco a capire come faccia ad essere sempre così aggraziata e femminile”. Commentò, Meg, osservando Dominique sparire dietro l’angolo.

“I geni Veela, Meg. I geni Veela”.

“Bene. Muoviamoci”.

“Quanta fretta D! Cos’è non vedi l’ora di volteggiare tra le braccia di Jam?”

“Ah ah. No. Prima arriviamo in Sala Grande, prima mi posso sedere”.

Rose sorrise e si incamminò sostenendo l’amica. Anche lei, come la cugina, era curiosa di vedere la reazione dei ragazzi, di vedere che facce avrebbero fatto i loro amici trovandosi davanti una Daria vestita decentemente. Non potevano immaginare che l’italiana fosse così bella, non quando lei stessa non faceva niente perché lo notassero e si impegnava per passare inosservata.

Era quasi certa che James avrebbe deciso di tenerla sotto stretta sorveglianza per evitare che qualche “bruto” la portasse via al fratello.

O così o la manda a cambiarsi. Non che lo permetterei, sia chiaro.  

Suo cugino James era uno spasso.

Era decisa a concentrasi sulle reazioni di Jam, Al e Jake. Non avrebbe considerato Malfoy.  Non le importava di essere notata da lui, la sua opinione era del tutto ininfluente.

Scese le scale puntando i suoi occhi azzurri sul suo cavaliere, focalizzando la sua attenzione sullo sguardo del ragazzo. Fece una smorfia di disappunto: quell’espressione compiaciuta non le piaceva.

Illuso. Io non mi sono di certo fatta bella per lui.

Non è così importante.

Nessun ragazzo lo sarà mai

Spostò la sua attenzione su James, sicura che la sua, di reazione, non l’avrebbe delusa. E infatti il caposcuola stava fissando la sua collega con una tale intensità da essere quasi preoccupante. Provò a scrutare l’espressione di Meg per vedere se si era accorta dello sguardo di James, ma lei sembrava totalmente concentrata su Ethan, anche se il rossore sul suo viso non le tornava.  La Grifondoro non era tipo da arrossire così facilmente. Secondo lei, l’aveva notato eccome, lo sguardo perso ed estasiato di James.

Peccato che Daria sia troppo concentrata sulle sue scarpe per accorgersi di qualunque cosa, eccetto il colore dei gradini.

Poi spostò lo sguardo sull’altro Potter e rischiò quasi di cadere e far cadere l’amica: aveva un’espressione strana, sorpresa e un po’ buffa, che Rose non sapeva spiegarsi e che, di sicuro, non si sarebbe mai aspettata di vedergli addosso. Quello sguardo le era familiare. Si era vista guardare in quel modo molte volte, ma non se lo sarebbe mai aspettato da Al. Era l’espressione che avevano a volte i ragazzi quando restavano profondamente colpiti, ammaliati dal suo aspetto.

Sorrise divertita e lanciò uno sguardo malizioso all’amica che non si era accorta di nulla, lasciandola poi andare per avvicinarsi a Jake. La smorfia di disappunto di nuovo al suo posto. Avrebbe dovuto rivolgerle uno sguardo diverso. Non si aspettava certo di vedergli la stessa espressione di James, nemmeno lo voleva, ma il ragazzo avrebbe dovuto guardarla nello stesso modo in cui Al aveva guardato Daria. Un po’ meno sorpreso, magari.

Pretendo troppo?

Mi sa di sì.

“Non è prudente restare a bocca aperta tanto a lungo, ragazzi: potrebbe entrarci qualcosa”.

Jake, quando lo raggiunse, le rivolse i soliti, tipici complimenti di rito, che lei accolse con un sorriso falso quanto l’oro dei Lepricani. Non sapeva perché, ma lui la irritava. Era tanto compiaciuto solo perché al ballo con lei, Rose Weasley, e la cosa non aveva senso.

Ho accettato il suo invito solo per far irrita…

No. Ho accettato solo perché è un bel ragazzo.

Di certo non pensavo che avrebbe fatto irritare me!

 Cercò con lo sguardo qualcuna delle sue amiche, per condividere  con loro il suo neonato malumore, ma la cosa non ebbe l’effetto sperato. Daria stava chiacchierando con Domi e James, Meg si stava dirigendo in Sala Grande insieme a Ethan, e Moira, in piedi accanto a Dave, stava parlando con Malfoy e compagna. Il biondo non la notò, ma, in compenso, incrociò lo sguardo della Baston, che le sorrise e fece un cenno di saluto.

Non era una ragazza antipatica, oggettivamente parlando, ma Rose non la poteva sopportare. Era un ottima cacciatrice, aveva bei voti e un bel fisico ed era Grifondoro: in pratica la sua rivale naturale.

Bionda, minuta, con tutte le giuste curve e un vestito rosa pallido che faceva risaltare il suo fisico. Sembrava fatta a posta per stare lì, in piedi con la mano di Malfoy sulla schiena.

Rose si voltò irritata, tornando a prestare attenzione a Jake.

 

***

***

 

“Ho assoluto bisogno di sedermi Jam”. Disse Daria, con un sorriso e il fiato corto.

Alla fine, contrariamente alle sue aspettative, si stava divertendo. Tutto merito di quei due pazzi scatenati di James e Fred. Il rosso si era presentato al ballo da solo, come suo solito, con il preciso scopo di rimorchiare qualcuna durante la serata. Per il momento, però, aveva passato più tempo con loro, che alla ricerca di una povera anima in pena da poter consolare.

I due cugini l’avevano fatta ballare, girare e saltare, passandosela come se fosse una palla. Ora a girare era la sua testa.

Si aggrappò al braccio di James per recuperare un minimo di equilibrio. Il mondo intorno a lei vorticava. Il ragazzo si voltò a guardarla, gli occhi castani preoccupati. “Hai preso di nuovo quella pozione orribile, vero?”

“Non avevo molta scelta, Jamie. Lo sai. Comunque sto bene, davvero. Mi devo solo sedere”. Lui sbuffò e le passò un braccio dietro la schiena, mentre con l’altro le afferrava le gambe per sollevarla.

“Mettimi giù, Potter. Non c’è bisogno di fare tutte queste scene”.

“Allora non farne e smettila di dimenarti”. Lui le rivolse un sorrisetto divertito. Ovvio, metterla in imbarazzo era uno dei suoi hobby preferiti.

Insieme a cercare di farmi mettere con suo fratello. No quella è più che altro è un’ossessione.

Il ragazzo la posò finalmente su una delle sedie e poi si portò le mani dietro la schiena, come per massaggiarsela, una finta smorfia di dolore sul viso. Almeno Daria sperava fosse finta. “Morgana che fatica. Sei una finta magra tu, sai?”

“Nessuno ti aveva chiesto di prendermi in braccio, infatti. È stata tutta una tua idea, ora non ti lamentare”.

“Sei tu che non ti dovresti lamentare. Sai quante ragazze darebbero una gamba per farsi portare in braccio da me?”

“Fammi indovinare: nessuna?”

Lui fece una smorfia, fintamente contrariato. “A milioni. Sono il sogno erotico dei tre quarti delle ragazze di questo castello”.

“Esagerato”.

James le sedette accanto, passandole un braccio intorno alle spalle, con fare protettivo. “Comunque avresti dovuto dirmelo. Avrei evitato di farti stancare così”.

“E perdermi lo spettacolo di te e Fred che travolgete la Corner, facendole dare una sonora culata per terra? Giammai”. Entrambi i ragazzi risero al ricordo di una Viperanda, furiosa e mortificata, che si era ritrovata col sedere sul duro pavimento di marmo freddo. Travolta dal ballo sfrenato dei due cugini.

“Non vorrei essere nei panni del mio povero fratellino”.

“Nemmeno io. La Corner è solo una stronza. Stronza e troia. Albie dovrebbe mollarla”. Daria sollevò gli occhi su Rose che aveva appena parlato con tono piuttosto irritato.

“Vacci piano con tutto questo buon umore, cugina. Potresti rischiare di sorridere. Non sia mai!” Il sarcasmo di James non era esattamente l’idea migliore con una Rose di pessimo umore.

“Jamie, carissimo, perché non vai a prendermi qualcosa da bere?” Daria intervenne prima che la rossa potesse scoppiare.

“Giusto. Perché non vai a prenderle qualcosa da bere?” Rose lo fece alzare con uno strattone, per poi rubargli il posto.

“Ah le donne”. Il Grifondoro si allontanò con le mani incrociate dietro la testa.

“Jam! Analcolico mi raccomando!” Il ragazzo le fece un sorrisetto diabolico, che convinse l’altra a non bere nulla di quello che le avrebbe portato. Se lei si fosse ubriacata non sarebbe bastata una semplice, debole pozione inibitrice a sedare i suoi poteri. Nella migliore delle ipotesi avrebbe sparato i suoi pensieri nelle menti di tutti i presenti.

“Allora Rossa, come procede?” L’altra sbuffò e incrociò le braccia al petto. “Così male?”

“Mitchell è un idiota. Un idiota irritante. È convinto che io sia stata ammaliata da lui. Dico ma ti rendi conto? Io ammaliata da qualcuno. Da un’idiota simile poi”.

Daria le passò un braccio intorno alle spalle. “Povera Rose. Però pensaci: è naturale che si sia montato la testa. Sei sempre andata al ballo con Dave, sempre, poi all’improvviso rompi una tradizione di anni e accetti il suo invito. È logico che si sia illuso. Senza contare che non ha mai brillato di intelligenza, il ragazzo”.

“Umf. Dovrei smetterla di cercare di fare la persona altruista. Finisco solo per complicarmi la vita. Come riesci a farlo sempre? È estenuante”.

“Mah.. abitudine? E comunque in questo periodo sto facendo ben poco di altruista. L’hai notato? Ci siamo scambiate i ruoli. Io sono talmente fuori fase che non noterei nemmeno un gigante in mezzo alla Sala Comune. Tu, invece, sembri dotata di un radar”.

Rose sorrise, un po’ più rilassata. “Vedi? Sempre detto io: siamo la coppia perfetta. Ci compensiamo pure in queste cose. Quando tu diventi un po’ più egocentrica, io sviluppo un po’ di altruismo. Siamo PER-FET-TE”.

“Assolutamente sì. Dovremmo sposarci, Ros”.

“Adesso non esagerare, Al”.

Daria, comunque era un po’ preoccupata per l’amica. Se ne accorgeva solo ora, ma l’altra aveva qualcosa di strano. Era diventata sul serio molto meno concentrata su se stessa e molto più attenta ai sentimenti e ai bisogni altrui. Non che prima fosse la fredda stronzetta egocentrica, che cercava di sembrare. No, era sempre stata abbastanza attenta e sensibile, ma gli altri erano sempre venuti un pochino dopo. Ora, invece.. era come se si stesse accantonando un po’ di più. Di per sé erano cambiamenti positivi, un indice di maturità. Quello che la inquietava erano le ragioni dietro quei cambiamenti.

Sembra quasi che si concentri sugli altri per non pensare a sé. Come se avesse paura di cosa potrebbe scoprire se si fermasse troppo a pensare a se stessa e ai suoi problemi.

“Ecco a lei, Miss. Un drink noiosamente analcolico”. Daria alzò gli occhi blu su James, che le stava porgendo un bicchiere di plastica pieno di un liquido colorato. Poi li spostò sul viso del ragazzo, la sua espressione soddisfatta non la convinceva.

“Chissà perché non mi fido”. Afferrò il bicchiere e scrutò il contenuto, dubbiosa. “Tieni, Rossa, assaggia e dimmi cos’è”. Schiaffò il bicchiere in faccia all’amica, che non obbiettò e bevve un sorso.

“Analcolico alla frutta. Lamponi, mirtilli e fragole, direi”.

Daria sorrise e prese a sorseggiare la bevanda.

“Mi ferisci, Daria. Non ti fidi di me?” Il ragazzo si abbandonò su una sedia, accanto a quella dell’amica. “Sul serio, non ti avrei mai preso qualcosa di alcolico. Non correrei mai il rischio di crearti dei problemi, lo sai”.

“Hai ragione. Scusami”. James, fece un cenno con il capo, come per dirle che non c’era problema.

“Piuttosto, cuginetta che ci fai tu ancora qui? Non dovresti essere da qualche parte a ballare, o ad imboscarti col tuo simpaticissimo cavaliere?”

“Non so dove sia finito quell’idiota, e non mi interessa minimamente”. Rispose Rose, stizzita.

“Signorina Weasley! Signor Potter! Signorina De Lupo! Vi stavo cercando!”

I tre si voltarono di scatto sentendosi chiamare, in tempo per vedere un ansimante professor Belby urtare un tavolo e far quasi cadere una brocca di punch. Dietro di lui camminava un divertito Albus Potter.

La Serpeverde si alzò in piedi. Era ora del suo ballo con Al. Lanciò un’occhiata preoccupata all’amica. Era anche ora del suo ballo con Scorpius.

“Bene. Bene. Signor Potter tu puoi restare qui con la signorina De Lupo. Voi due invece venite con me: dobbiamo trovare il signor Malfoy e la signorina Waterfall”.

“Mi scusi, ma cosa centriamo io e la Waterfall?”

“Non sono solo gli aspiranti futuri Caposcuola a dover ballare, ma anche quelli attuali”.

James si alzò di scatto, entusiasta. “Finalmente una regola sensata”.

“Jamie, comportati bene e cerca di non far imbarazzare né incazzare Meg! E tu Rose cerca di non uccidere Scorpius! Nemmeno azzopparlo è una buona idea!” Urlò Daria, con una punta di preoccupazione nella voce, vedendo i suoi amici allontanarsi con il professore.

“Stai tranquilla. Preoccuparsi non serve: non puoi fare niente, quindi tanto vale cercare di non stare in ansia”.

“Non è così facile. Prima o poi mi porteranno all’esaurimento”. Si sedette di nuovo sulla sedia, il Grifondoro fece altrettanto.

“Uhm, Daria non ho ancora avuto modo di dirtelo, ma… sei davvero bellissima”.

Lei sussultò e abbassò immediatamente lo sguardo, sentendo le guancie andare a fuoco. I complimenti la imbarazzavano in modo allucinante.

Fece un respiro e alzò gli occhi blu su Al. Non la stava guardando e sembrava imbarazzato: aveva una mano tra i capelli scuri e gli occhi fissi su un punto imprecisato della stanza.

Daria si prese un secondo, prima di rispondergli. Un secondo per osservarlo. Indossava una camicia blu scuro con tanto di cravatta e un paio di pantaloni grigi. Era bello. In modo diverso dal fratello, la cui bellezza era plateale, ostentata e perfino un po’ arrogante. Non era figo, ma bello. E Daria, per un secondo, faticò a distogliere lo sguardo.

“Gr-grazie, Al. Anche tu stai molto bene”. Si prese un secondo, poi aggiunse, per spezzare quella strana atmosfera intensa che si era venuta a creare: “Siamo abbinati. Nemmeno a farlo a posta”.

Il ragazzo tornò a guardarla e sorrise. “Vero. Perfetto lascio Amanda a James e divento il tuo di accompagnatore, che ne dici?”

“Che James rischierebbe un attacco di schizofrenia. Tra la gioia del saperci insieme e la disperazione di doversi subire Viperanda, lo faremmo andare fuori di testa”.

Entrambi si misero a ridacchiare, immaginando la scena. Poi la canzone cessò e la voce del piccolo preside richiamò gli studenti all’ordine, invitandoli a prestare attenzione ai Caposcuola e agli aspiranti futuri tali che avrebbero ballato la canzone successiva, dando prova della loro grande affinità.

“Più che dare prova di affinità Rose e Scorpius possono dimostrare quanto sia facile dare fuoco alla scuola anche senza la magia”. Fece Al, offrendole il braccio e guidandola in mezzo alla sala.

Daria, appesa al braccio dell’amico, non poté fare a meno di deglutire, preoccupata e agitata. Poteva percepire con precisione gli occhi degli altri studenti incollarlesi addosso e il proprio imbarazzo raggiungere vette preoccupanti.

“Ehi, calmati Daria. Non c’è bisogno di avere una crisi di panico”. L’altra deglutì di nuovo e scoccò un’occhiata preoccupata ai ragazzi radunati ai margini della sala. “Avanti. Non è niente di così difficile: non hai fatto altro che ballare con Jam finora. Non c’è differenza”.

“Ce n’è eccome”.

“Capisco. Hai paura. D'altronde è comprensibile sei una vile Serpeverde. Niente coraggio, niente orgoglio. Senti un po’ ma tutti gli Eredi sono così fifoni o sei solo tu a darne una pessima rappresentanza?”

“Senti un po’ ma tutti i Potter sono così idioti o sei solo tu a darne una pessima rappresentanza?” Lo imitò lei, con tono di sprezzo. Sulle labbra però aveva dipinto un sorriso. Al stava cercando di farla calmare punzecchiandola.

E un po’ ci sta riuscendo.

Poi la musica cominciò e Daria si ritrovò, quasi senza rendersene conto, tra le braccia del ragazzo, che fino a un mese prima non poteva sopportare e che ora era uno dei suoi più cari amici. Il profumo di Albus la colpì, inaspettato. I suoi occhi si spalancarono dalla sorpresa e il suo cuore iniziò a galoppare, anche più veloce di quanto non stesse già facendo. Conosceva benissimo quell’odore: apparteneva all’unica cosa di cui sentiva ancora nostalgia quando era lì.

Apparteneva al mare. Al suo mare.

Com’è possibile che lui abbia esattamente lo stesso odore del Mar Mediterraneo? Non può essere un profumo o un dopobarba: non sarebbe così uguale. Non capisco.

E poi comprese, non come mai lui avesse quel profumo, ma il motivo per cui nell’ultimo periodo la sua malinconia si era enormemente attenuata. Aveva creduto di starsi abituando all’assenza del mare e la cosa l’aveva un po’ rattristata, invece si era sbagliata: aveva avuto Al intorno tutti i giorni, era stata continuamente circondata dal suo odore e, nonostante la sua mente non l’avesse realizzato consciamente, il suo subconscio aveva impiegato meno di un istante per identificarlo e sentire meno la nostalgia.

Daria sorrise, rinunciando a capire e si rilassò tra le braccia di Al inspirando il suo profumo e godendosi la pace e il senso di appartenenza che le infondeva.

“Stai bene?” le chiese il Grifondoro, avendo, probabilmente, notato la sua precedente rigidità.

“Hai lo stesso, identico odore del mio mare”. Gli rispose lei, con gli occhi chiusi e un sorriso sereno.

“Tu invece profumi di sole e agrumi” fece lui, senza scomporsi per la strana risposta e sorridendo a sua volta.

E Daria scoprì che riusciva rilassarsi anche senza i suoi jeans logori, o il tocco familiare di James. Quel profumo ancora più familiare e la mano di Albus sulla sua schiena, immersa nei suoi morbidi boccoli castani erano un ottimo sostituto.

 

 

***

***

 

Che Merlino sia maledetto, affatturato e pure picchiato alla babbana.

Perché doveva essere così dannatamente bello e sexy? È un essere ripugnante dovrebbe avere un aspetto ripugnante.

Rose stava fissando Malfoy. Non avrebbe voluto ma non riusciva farne a meno. L’aveva evitato per tutta la sera, fino a quel momento non aveva nemmeno idea di come fosse vestito. Ma ora che se lo trovava così vicino non poteva farci niente. Era più forte di lei.

Jeans, camicia nera con la cravatta grigia un po’ allentata, i capelli biondi spettinati ad arte, Rose era quasi certa che gli venissero naturali, senza nemmeno bisogno di gel.

Non la stava guardando, fissava un punto lontano, le sopracciglia aggrottate per la concentrazione. Aveva l’impressione che lo facesse per non dover posare i suoi occhi grigi su di lei.

Malfoy si diresse verso il centro della pista e la ragazza lo seguì. Forse il preside aveva detto qualcosa, magari aveva pronunciato uno dei suoi tanto amati discorsi introduttivi.  Se l’aveva fatto, Rose non se n’era accorta.

Poi cominciò la musica. Il ragazzo biondo si avvicinò, posando le mani sulla sua schiena. Lei fu costretta a passare con riluttanza le proprie intorno al collo elegante del Grifondoro. Un contatto così intimo e ravvicinato, troppo intimo e ravvicinato. La pelle chiara sotto le sue mani e i capelli morbidi, rimasti intrappolati tra le sue dita la confondevano. Il suo viso, le sue labbra e i suoi occhi così vicini le impedivano di concentrasi. Tutta quella situazione, assurda, sbagliata e pericolosa com’era, la destabilizzava. Poteva percepire ognuno di quei traditori dei suoi ormoni agitarsi in modo assolutamente ingiusto, stupido e sbagliato.

È solo Malfoy. Un ragazzo come tutti gli altri. Fisicamente non è molto diverso da Jake.

E allora com’è che Jake non mi fa nessun effetto?

La risposta la conosceva. Era attratta da Malfoy.

Non lo sopportava, ma era irrimediabilmente, incredibilmente attratta dal suo corpo e tenere le distanze, sforzarsi di ignorarlo non stava funzionando.

Per fortuna lui sembrava determinato, quanto lei ad ignorare la situazione, a fingere di star ballando con un pezzo di legno.

Doveva solo restare concentrata, pensare ad altro, tenere la mente lontana da pensieri pericolosi e sbagliati. Doveva fare di tutto per mantenere il controllo sui suoi poveri e deboli neuroni.

Scelse qualcosa di semplice: si concentrò sul proprio respiro.

Era uno dei tanti trucchetti per il controllo della rabbia che le aveva insegnato Daria. Quel genere di espedienti l’italiana li conosceva tutti: a lei avevano insegnato a reprimere la rabbia sin da quando era nella culla.

Rose quei trucchetti li aveva usati spesso, quasi sempre nel tentativo di non lanciare fatture a Malfoy. Non avevano mai funzionato granché.

Sperò che avessero risultati migliori con i suoi ormoni disertori, di quelli che avevano avuto in passato con la sua rabbia.

Inspira, espira, inspira, espira, inspira, espira, inspira, espira…..

Era talmente concentrata sul proprio respiro che quasi non si rese conto della fine della canzone e perse l’occasione di azzoppare il Grifondoro.

Sbuffò per la propria distrazione e seguì il biondo verso uno dei lati della sala, vicino al tavolo a cui lei e Daria erano seduto prima della canzone. Le sembrava fossero passate ore, invece che pochi minuti.

Meg, James, Al e Daria erano già lì.

“Ho voglia di fare due passi”. Esordì Rose, la sua voce impaziente e brusca, quasi arrabbiata.

“Sì anche io”. Meg sembrava irrequieta, come lei. Qualcosa la turbava.

“Vi accompagnerei, ma è meglio se me ne resto qui”. Concordava con l’amica: il suo pallore non le piaceva per niente.

Forse sarebbe dovuta restare con lei, ma aveva davvero bisogno di muoversi, di uscire da quella stanza che si era fatta stranamente piccola e soffocante.

Comunque non mi devo preoccupare, c’è Jamie con lei. Non le permetterà di strafare.

Si allontanò insieme a Meg, mosse dalla stessa, strana fretta. Erano quasi dalla porta, quando Moira le raggiunse.

“Andate a fare due passi?” Rose annuì con impazienza. “Vi accompagno”.

La rossa Serpeverde annuì ancora e si affrettò ad oltrepassare la soglia. Appena fu in corridoio, Rose iniziò a sentirsi meglio.

Si voltò verso Meg, curiosa di scoprire il motivo della sua voglia di uscire. L’altra rossa stava prendendo lunghe boccate d’aria, quasi affannata, quasi come se avesse trattenuto il respiro fino a quel momento.

La Weasley sollevò un sopracciglio, interrogativa. “Toglimi una curiosità, Maggie: come mai avevi tanta voglia di uscire?”

L’altra alzò gli occhi ambrati per incontrare i suoi. “Potrei farti la stessa domanda, Rose”.

La Serpeverde alzò le spalle con noncuranza. “Le mie ragioni le conosci”. Continuò a sostenere il suo sguardo, senza timore né esitazioni. Le sue amiche conoscevano, almeno in parte, la sua situazione con Malfoy. Con loro non aveva bisogno di nascondersi o mentire.

Fu Meg a imbarazzarsi e distogliere lo sguardo, quello strano rossore di nuovo sulle sue guancie. “Sì.. beh, le mie sono diverse. Ero solo stufa di stare là dentro”. Qualcosa non la convinceva, la sua voce era quasi incerta. Però non voleva indagare. Non era sicura fosse il caso.

Moira sembrò dello stesso avviso, perché chiese: “Meg tu non hai ancora diciassette anni, vero?”

“No. Li compio a metà Novembre”.

“”Giusto! Bisogna organizzare una festa coi fiocchi! La stanza delle necessità sarà perfetta! Chiederò a Freddie di procurarmi un po’ di alcool di contrabbando, mi procurerò della musica babbana e..”

“Rosie, frena. Ti ricordo che io sono Caposcuola e tu prefetto. Ti rendi conto di aver appena fatto un elenco di infrazioni al regolamento?”

“Soprattutto, Rose, ti rendi conto che stai parlando con Meg? Non infrangerà mai le regole di sua volontà. È più probabile che Daria scelga spontaneamente di mettersi una minigonna”.

“Giusto. Bisogna fare qualcosa Moira: abbiamo due gravissimi casi di seriosità acuta. Non possiamo permettere che la cosa vada avanti così. Se non troviamo una cura rischiamo il contagio”.

“Non siamo seriose.” Meg storse il naso, vagamente offesa. “Teniamo ai nostri doveri e non ci piace trattare il nostro corpo come se fosse merce da vendere. Dovreste provare ogni tanto”.

“Pure permalosa! La situazione è davvero gravissima! Moira sta’ attenta a non passare troppo tempo con lei, ti potrebbe contagiare”.

“Sé” fece Moira, con scettico sarcasmo. “ Tra l’essere contagiata da lei e l’essere vittima della tua pazzia, mi sa che il mio futuro non si prospetta molto roseo. Farei meglio a cercarmi delle altre amiche. Qualcuno di normale. Anzi qualcuno di semplicemente sano di mente andrà benissimo”.

Rose fece una smorfia, contrariata. “Umpf. Fa pure se vuoi. Cercati delle amiche sane di mente, ma, ti ricordo, che tu non sei messa meglio di noi, anzi. Ah e ti ci vorrei proprio vedere con queste nuove amiche, non saranno mai favolose e perfette come noi. Vero, Meg?”

“Merlino, ma per quale motivo mi sono andata a invischiare con delle Serpeverde? Avrei fatto meglio a starmene per i fatti miei. Cavolo fate paura, tutto questo sarcasmo prima o poi mi avvelenerà”.

Aveva un’espressione talmente preoccupata che Rose non riuscì a trattenere una risata.

Poi, sentirono uno strano rumore. Si voltarono tutte e tre di scatto.

“Proveniva da quello sgabuzzino”.

“D’accordo andiamo a controllare”.

“Lascia perdere Meg: sarà solo una coppietta che si è imboscata”.

L’altra rossa però non l’ascoltò e si avvicinò alla porta dello stanzino, impugnando la bacchetta. Rose inarcò un sopraciglio: non credeva che anche lei avesse il vizio di portarsi sempre dietro le bacchetta.

Spalancò la porta con un incantesimo non verbale perfettamente eseguito e utilizzò un lumus per vincere l’oscurità dello sgabuzzino.

Rose aveva ragione: c’era proprio una coppietta lì dentro. Le ci volle un istante per riconoscerli e capire che, a volte, avere ragione non era una bella cosa.

Dentro lo stanzino, tra scope e secchi c’era una seminuda Amanda Corner, più coperta dal corpo del ragazzo che dai propri indumenti. Ma non era Amanda il problema più grave in quel momento. Non quando il corpo avvinghiato al suo era quello di Ethan Davies. Il ragazzo di Meg.

I due boccheggiarono per qualche lunghissimo istante, poi il ragazzo aprì la bocca per dire qualcosa, per cercare di giustificarsi forse.

“Davies, Corner cinquanta punti in meno”. La voce di Meg era di ghiaccio, priva di qualsiasi inflessione, atona. Rose si voltò a guardarla preoccupata, ma l’altra non incrociò il suo sguardo. Si girò con un movimento fluido e si allontanò lungo il corridoio.

“Maggie aspe..” La Grifondoro mosse appena la bacchetta, senza parlare e senza voltarsi, e Davies si ritrovò ad aprire e chiudere la bocca senza emettere suono.

Rose avrebbe voluto veramente tanto fermarsi lì e affatturarli in modo grave, ma sapeva che la cosa più importante in quel momento era seguire Margaret. Ci sarebbe stato tempo per la vendetta.

 

 

***

***

 

Daria stava guardando le schiene delle sue amiche allontanarsi in fretta, quando la vista cominciò ad appannarlesi e le ginocchia le cedettero. Non cadde solo perché qualcuno la afferrò al volo. Una stretta familiare: James.

“Ottimo tempismo”. Bofonchiò con un debole sorriso. Lui non le rispose, ma ordinò al fratello di sostenerla un secondo. Daria si sentì afferrare da un altro paio di braccia, poi quelle di James la lasciarono. Lo vide estrarre la bacchetta e puntarla ad una delle sedie. Un secondo dopo al posto della sedia c’era una panca, abbastanza lunga perché lei si ci potesse sdraiare. James la afferrò di nuovo, con delicatezza, e la fece stendere sulla panca.

La vista le si stava appannando sempre di più e sentiva le palpebre pesanti, così decise di chiuderle. Non si addormentò. Ascoltò distrattamente la conversazione dei ragazzi. Dai loro toni di voce Albus e Scorpius sembravano parecchio preoccupati. James, invece, sembrava più che altro irritato. Da lei probabilmente.

“Riassumendo: Daria è un’incosciente”. Decretò James, cinque minuti più tardi, dopo aver spiegato agli altri due la situazione e essere andato a prenderle qualcosa da bere.

Daria aprì gli occhi e vide che le stava porgendo un bicchiere. Si mise a sedere con un movimento fluido e senza sforzo. I tre ragazzi scattarono in contemporanea verso di lei, forse per farla sdraiare ancora, forse per afferrarla se avesse avuto un altro cedimento.

Alzò gli occhi al cielo e afferrò il bicchiere, scacciando con un gesto della mano, quelle preoccupate dei suoi amici. “Sto bene. Mi sono già ripresa perfettamente”. Bevve un sorso della bibita che Jam le aveva portato, poi aggiunse. “E non sono un incosciente. Ci tengo alla mia integrità fisica e mentale e ho un buon istinto di autoconservazione, io. Sono una Serpeverde: ce l’ho nel sangue. Non dovreste preoccuparvi”.

“Ah no?” Di nuovo quel tono irritato. Daria non aveva più dubbi che Jam fosse irritato proprio con lei. “E allora come la chiami questa?”

Lei alzò le spalle con noncuranza. “Come vedi sto già meglio. E sapevo che se fossi caduta tu mi avresti presa al volo. A proposito, Jamie, grazie”.

Lui sbuffò e incrociò le braccia, fissandola con sguardo truce. Anche Al e Scorp la stavano fissando e nemmeno loro sembravano particolarmente contenti del suo comportamento.

Lei sospirò seccata. Non le piaceva che le persone si preoccupassero per lei. Sapeva badare a se stessa. “Sul serio ragazzi, piantatela di preoccuparvi. Mi basta stare seduta un atro po’ e sarò come nuova”.

“Stai tranquilla tu non ti muovi di lì”.

Daria sbuffò. Stava iniziando ad irritarsi anche lei. “Non provare nemmeno a farmi la predica Jam. Tu rischi la pelle ogni trenta secondi per fare le cose più stupide dell’universo. Anzi se vedi qualcosa di pericoloso ti ci cacci in mezzo, canticchiando. Se provi anche solo a pensare di sgridarmi ti affatturo”.

James arrossì appena. Daria avrebbe potuto scommettere che stava proprio pensando di farle una bella ramanzina. Sbuffò di nuovo.

All’improvviso ebbe un’illuminazione: se non poteva placare la sua preoccupazione, allora perché non dirottarla su qualcos’altro? O meglio su qualcun altro.

“Comunque, non è passato un po’ troppo tempo da quando quelle due si sono allontanate? Forse dovrei andarle a cercare”. Posò il bicchiere sul tavolo e fece finta di volersi alzare. La reazione fu immediata. James scattò in piedi in un secondo.

“Vado io. Tu resta lì e non muovere un muscolo”.

“Ti accompagno, James”.

Il moro annuì a Scorpius poi si rivolse al fratello. “Mi raccomando Al, te la affido. Stai attento è molto brava a convincere la gente. Non lasciarti circuire e non lasciare la postazione, potrebbe scappare”.

“Non sono un animale, James. Sparisci, va a cercare Meg”.

Il ragazzo non se lo fece ripetere oltre e si allontanò con Scorpius.

“Non me l’aspettavo. Cioè mi avevi detto di essere di salute cagionevole, ma non ti avrei mai creduta così.. fragile”.

Daria sorrise a quell’aggettivo. Nessuno lo aveva mai usato per descriverla e, a pensarci bene, avrebbe dovuto infastidirla. Però, stranamente, non lo fece, anzi quasi le piacque: forse fu per lo strano tono stupito, quasi ammirato del ragazzo o forse perché non aveva abbastanza energie per sopportare un malumore.

Restarono in silenzio per un po’. Era strano stare in silenzio con Al: lui era uno che parlava sempre tanto, anche troppo. Non le dispiaceva, però, a lei il silenzio piaceva. Ci si sentiva a suo agio.

Stranamente non fu Al a rompere il silenzio, e nemmeno Daria. Fu Moira. Una Moira ansimante e abbastanza sconvolta. “Daria devi venire subito. Meg ha bisogno di te”.

La castana fece per alzarsi in piedi, ma fu fermata dal braccio che Al le posò su una gamba. Sussultò per il contatto e abbassò lo sguardo sulla mano del ragazzo. Ne sentiva il calore attraverso la stoffa blu del vestito. “Sei sicura che Daria sia necessaria? È molto debole e non è una grande idea farla muovere”.

“Certo che è necessaria. Indispensabile. Tutto merito di quella troia della tua ragazza. Dovresti tenerla d’occhio un po’ meglio sai?”

“Che vuoi dire? Cosa c’entra Amanda?”

“L’abbiamo beccata a darsi da fare con il ragazzo di Meg”. Daria scostò la mano di Al e si alzò, pronta a seguire l’amica. Avrebbe potuto essere in punto di morte e non le sarebbe importato. Nulla era più importante delle sue amiche, per lei.

 

 

***

***

 

“Vado a chiamare Daria”. Rose annuì alla proposta dell’amica. Daria, anche se un po’ fuori fase, restava sempre Daria e pertanto era comunque più indicata di loro in una situazione simile. Lei non aveva idea di cosa fare e Moira non sembrava saperne molto di più.

“Io, invece, resto qui. Nel caso in cui quei due decidano di ricomparire. Gli devo un migliaio di fatture”.

Moira fece una smorfia strana, arrabbiata e si allontanò in fretta. Rose voltò le spalle all’angolo dietro cui era appena sparita la mora, per fronteggiare il corridoi da cui venivano, bacchetta in mano e sguardo furente.

Quello stronzo, bastardo, pezzo di merda di troll, figlio di banshee me la pagherà cara. Ha osato fare del male alla persona sbagliata. Gli farò implorare pietà. Lo ridurrò in briciole talmente piccole che nemmeno sua madre sarà in grado di riconoscerlo.

“Rosie!” La sequela di insulti e minacce mentali con cui la Serpeverde stava cercando di sfogare la sua ira fu interrotta dalla voce di James, che si stava avvicinando, seguito a ruota da Malfoy. “Non vi vedevamo tornare così siamo venuti a cercarvi. Dov’è la Waterfall?”

“In camera credo. Se n’è andata di corsa, intimandoci di non seguirla. Io ho un paio di persone da ammazzare. Moira è andata a chiamare Daria per capire cosa fare”.

“Rose non capisco cosa è successo?”

“Quello stronzo di Davies! L’abbiamo beccato con un’altra! Brutto bastardo, infame traditore..”

“Che cosa ha fatto Davies?? E Margaret come sta? Dov’è? Come ha reagito? Sta bene?”

“Cazzo, James come pensi che possa stare bene?! E ti ho già detto che probabilmente è in camera! Come credi che abbia reagito?! Ha levato un sacco di punti a tutti e due e se n’è andata!”

Non aveva nemmeno finito di parlare che già il moro si stava allontanando in direzione delle scale. “Jam! Torna qui! Non vuole vedere noi, figurarsi te!”

L’altro si voltò, la mascella contratta e lo sguardo talmente arrabbiato da farla quasi rabbrividire. “Ho il mantello.” Replicò, secco. “Voglio solo vedere come sta”.

“Vedere come sta e poi andare a spaccare la faccia a Davies”. Lo corresse Malfoy. “Per la seconda parte chiamami, Jam: te lo tengo fermo”.

Suo cugino annuì appena, prima di voltarsi e sparire.

“Io avevo pensato a una lunga serie di fatture dolorose, ma nemmeno la tua idea è tanto male”.

“Si possono mettere in pratica tutte e due, Weasley”.

La rossa annuì. “Era quello che stavo pensando. Gli farò rimpiangere di essere nato”. La sua voce, colma di rabbia e desiderio di vendetta, somigliava tremendamente al sibilo mortale di un taipan1).

“Cavolo Weasley, cerca di calmarti, ora. Fai paura”.

Lei gli scoccò un’occhiata raggelante che avrebbe fatto indietreggiare chiunque, tranne ovviamente il Grifondoro, che come la stava guardando col suo solito ghigno strafottente.

E, come al solito, questo bastò ad accendere la miccia-Rose e farla scoppiare come una bomba. “NON HO ALCUNA INTENZIONE DI CALMARMI!” Si mosse fulminea verso il biondo, la bacchetta puntata alla sua gola.

Ignorò platealmente gli allarmi preoccupati che il suo cervello le stava mandando, non si curò di essersi avvicinata troppo, nè si rese conto della pericolosità della situazione. “E se ci tieni alla testa, smetterai di consigliarmi cazzate”. La sua voce, di nuovo ridotta a un sibilo.

Il Grifondoro però non sembrò minimamente intimorito, il ghignetto ancora al suo posto. “Arrabbiarsi così tanto nuoce alla salute, Weasley. Dovresti trovare modi migliori per sfogare tutta questa energia”.

In quel momento, quando il sussurro del ragazzo raggiunse le sinapsi confuse del suo cervello, Rose capì quanto imprudente fosse stata, quanto effettivamente fossero vicini e quanto la sua mente fosse appannata da quella vicinanza, intontita da quel buonissimo profumo di menta.

Fece l’ultimo mezzo passo nella sua direzione, nello stesso momento in cui lui si abbassava appena per raggiungere la sua altezza. Nell’istante in cui le labbra di Malfoy toccarono le sue Rose perse anche quelle poche, minuscole briciole di controllo che le erano rimaste e si aggrappò al collo del biondo, attirandolo ancora più vicino.

Labbra contro labbra, corpo contro corpo. Rose si sentì spingere contro la parete, la schiena che aderiva al muro ghiacciato. Non le importò. Il corpo caldo del ragazzo era pressato sul suo, senza pesarle, ma dandole una scarica di calore, passione e adrenalina che aveva dell’incredibile. Avrebbe potuto essere al Polo Nord e non se ne sarebbe nemmeno accorta.

Le mani del Grifondoro si fecero più audaci, lasciando una scia infuocata dietro di loro. Quelle della Serpeverde si fecero più affamate, allentando la cravatta, slacciando i primi bottoni della camicia scura, toccando finalmente la pelle calda. Le labbra di Malfoy si spostarono sul suo collo, mentre la sua mano si insinuava sotto al vestito.

Poi, all’improvviso, lui si staccò bruscamente, come scottato.

Il corpo di Rose protestò immediatamente, ma il suo cervello, che aveva appena ripreso a carburare, lo costrinse, impietoso, al silenzio. Aveva di nuovo il pieno controllo. Si mise in faccia un’espressione perfettamente fredda e indifferente e alzò gli occhi azzurri per incontrare quelli grigi.

Ciò che vide la sconvolse. Quello sguardo intenso lo conosceva. Era senso di colpa. Ma c’era di più: rabbia cocente e una sfumatura che non riusciva a capire.. sembrava quasi.. tristezza?

No è solo arrabbiato per essersi lasciato andare così tanto con me. La sua nemesi. Pensò, stizzita e decisa a ripagarlo con la stessa moneta: se l’idea di averla baciata lo disgustava tanto, allora anche lei gli avrebbe fatto credere di essere disgustata.

Che poi non ho bisogno di fargli credere proprio niente! È solo la pura verità: io sono disgustata da ciò che è successo, no? No?

Stava cercando le parole giuste per insultarlo e scacciarlo, quando lui la precedette. “Perdonami, Rose”. La ragazza sbatté le palpebre, frastornata, incapace di nascondere la propria confusione. Non l'aveva mai chiamata per nome, lui. Non le aveva mai chiesto scusa. E il suo tono.. serio, dolce e dispiaciuto... era così strano sentirlo ed era ancora più strano perché, in qualche modo, non stonava, gli si addiceva quanto quello ironico e strafottente che aveva di solito. "Non avrei dovuto, Rose. Ti chiedo di dimenticartene, puoi vero?"
La Serpeverde deglutì e cercò di recuperare un po’ di se stessa. “Certo che sì”. Sbuffò. “È stato un episodio come un altro. Anzi peggiore degli altri. Baciare te”. Fece una smorfia disgustata, poi si ricordò che l’altro aveva osato pure chiamarla per nome e aggiunse: “Nessuno ti ha dato il permesso di chiamarmi per nome. Vedi di smetterla”.

“No”.

“Come no?”

“No. Ci conosciamo da anni e frequentiamo le stesse persone. È da stupidi continuare a chiamarci per cognome, Rose”.

Nonostante, l’immensa irritazione per le sue parole, la rossa si sentì enormemente sollevata: quel Malfoy irritante e arrogante le era familiare, sapeva come comportarcisi, molto più che con il Malfoy strano di poco prima.

“Rose!” La rossa si voltò di scatto sentendo le amiche chiamarla. Si passò istintivamente una mano tra i capelli per appiattirli e con l’altra si aggiustò il vestito.

“Tutto bene?” Le chiese Daria, raggiungendola e scrutandola, gli occhi blu attenti e vigili.

“Tutto a posto. Andiamo da Meg”.

Quando si dice: salvata in corner….

 

 

 

 

 

 

1) I Taipan sono serpenti australiani estremamente velenosi. In particolare il taipan dell’entroterra è considerato da molti l’animale più velenoso al mondo.

 

Spazio autrice:

Questo capitolo è stato un parto, mi ci sono voluti secoli per scriverlo – anche perché ho scritto quasi tutto a mano e poi l’ho copiato sul computer. Mi ha totalmente prosciugato le energie, ma spero ne sia valsa la pena. Innanzi tutto: chi ha voglia di ammazzare Ethan Davies?! Io tanta. Ma ho in serbo qualche bella sorpresina per lui……

Ok, andiamo con ordine. Daria insiste per tenere i capelli sciolti: chissà cosa l’ha convinta, o forse chi…. La digressione sulla pozione inibitrice ce l’ho dovuta mettere per forza, anche se spezza un po’ la narrazione: mi servirà moltissimo in futuro.

James e Daria, secondo me, sono fortissimi insieme: hanno un rapporto splendido e mi piace un sacco scrivere di loro.. poi chissà, magari le cose tra loro subiranno uno sviluppo, o forse no…

Sono un’autrice un po’ perfida, me ne rendo conto: non vi ho fatto vedere la reazione di Scorpius perché Daria non la nota e Rose fa di tutto per ignorarlo, inutilmente direi. Quella di Al, invece, Rose la nota ma non sappiamo bene cosa noti. Quindi sì: sono una persona cattiva.

Nel pezzo in cui Rose e Scorpius ballano l’aggettivo “sbagliato” è ripetuto un sacco di volte ed è una cosa voluta: la nostra povera Rose sta cercando di auto-lavarsi il cervello o qualcosa del genere.

Scorpius.. il pezzo grosso del capitolo, direi. Beh il suo comportamento ha un motivo, il nostro adorato Malfoy sta solo cercando di fare la cosa giusta. Certo così rischia di far impazzire Rose, ma questi sono dettagli trascurabili.

Ancora una cosa, mi sono resa conto di non aver mai fatto interagire direttamente né Meg e Jam, né Moira e Dave.. se tutto va come dovrebbe lo farò nel prossimo capitolo.

Ok se ci riesco posto le immagini dei vestiti. Abbiate pietà dei miei disegni e soprattutto del modo in cui sono colorati.

Moira

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Meg

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Daria

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Rose

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Un bacio

AiraD

 

  
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