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Autore: Rosette_Carillon    14/12/2012    1 recensioni
In una fredda sera di novembre, mentre il vento soffia e scuote le fronde degli alberi, qualcuno suona una danza ungherese al violino. Ivan, catturato da quella musica, si ferma ad ascoltarla.
Questo è l'inizio di un romantico mistero.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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                                                                   Capitolo 1

                                                          Il “viale del tempo”

 

 

Era una fresca sera d’autunno e il vento soffiava sulla città coperta da nuvole grigie, nei viali le foglie volavano al ritmo scandito dal vento e portavano colore nella città.

Era tarda sera e Ivan stava tornando a casa: aveva passato tutto il pomeriggio nell’antica biblioteca universitaria per fare una ricerca di storia e non vedeva l’ora di poter tornare a casa sua e rilassarsi un po’.

Un autobus gli passò a fianco, la fermata era a pochi passi da lui e il mezzo si era appena fermato per far salire alcune persone: non avrebbe avuto alcun problema ad allungare il passo e farsi un viaggio breve e comodo sino a casa.

Invece Ivan non allungò il passo e non prese l’autobus che ripartì; quella sera voleva camminare.

Sentiva il bisogno di camminare e di vedere le strade della sua città, di perdersi in essa  per ritrovare se stesso, di sentire il vento freddo di fine novembre sul viso e di restare solo con i suoi pensieri.

Percorrendo un lungo viale alberato si fermò per un momento a guardare il cielo che si scorgeva fra le due file delle chiome degli alberi.

Continuò a camminare per un po’ col naso per aria ammirando il cielo che sembrava fatto d’argento talmente le stelle splendevano. Quando abbassò lo sguardo per tornare in città, nel mondo reale, si accorse di essere lungo il “viale del tempo” e sorrise all’idea di essere arrivato in un luogo familiare e a suo modo rassicurante.

Quella strada non si chiamava davvero “viale del tempo”, in effetti lui non sapeva quale fosse il vero nome di quel viale lungo il quale passava ogni giorno per andare a scuola, a dirla tutta non gli importava proprio.

Per lui quello era e sarebbe sempre stato il “viale del tempo”, il viale dove il tempo sembrava essersi fermato in un’epoca imprecisa ma bellissima, un’epoca elegante come il 1800 e allegra come la Belle Epoque.

Lì c’era una libreria, una delle più antiche della città,  con la porta sempre aperta come a voler invitare a i passanti ad entrare e perdersi fra le pagine dei libri per dimenticare tutti i loro problemi, le loro vite e vivere appassionanti avventure, tragici amori e scoprire misteri irrisolvibili. Più avanti c’era una piccola “chocolaterie” dai colori caldi e vivaci, dalla quale proveniva sempre un dolce profumo di cioccolata calda.

La proprietaria era un’eccentrica giovane donna dagli occhi verde scuro e i lunghi capelli neri che lasciava sempre sciolti e le ondeggiavano lungo la schiena quando lei si spostava da uno scaffale all’altro dietro il bancone.

Lungo il viale c’era una lunga passeggiata che dava sul quartiere più antico della città, da lì si potevano vedere tutte le stradine che si incrociavano per congiungersi poi in una piazzetta con una fontana al centro.

Non c’erano molte casa ma, fra quelle che c’erano, quella che di certo colpiva maggiormente l’attenzione di chi passava lì davanti per la prima  o per tante volte, come Ivan, era un' antica abitazione di quattro piani.

Quella casa apparteneva tutto ad un’anziana signora, un’ ex cantante lirica molto ricca.

La signora non usciva spesso e non riceveva quasi mai ospiti ma, se si approfittava  di tende o finestre aperte e si guardava all’interno, si poteva ammirare un elegante salotto con un pianoforte a mezza coda, un camino col fuoco sempre acceso in inverno e vari quadri appesi alle pareti.

Quando scendeva il buio, se le signora voleva passare la sera in quella stanza, si poteva ammirare il grande lampadario in cristallo appeso al soffitto che faceva luce assieme al fuoco del camino.

Dovevano esserci molte stanze, tutte molto eleganti, alcune probabilmente vuote;  si diceva anche che una sala, la più grande di tutta l'abitazione, fosse solo per gli strumenti musicali.

Un’arpa, un altro pianoforte e dei violini che restavano chiusi nelle loro custodie e poggiati sul divano che stava vicino ad una della tante stufe russe che scaldavano la casa.

Fu passando davanti a quella casa che Ivan si fermò , non per osservare ma per sentire; infatti dal salotto, nonostante la finestra fosse chiusa, proveniva il suono di un violino.

Era la “danza ungherese n°5” di Brahms.

Ivan si fermò incurioso davanti alla finestra per ascoltare meglio, rapito da quella melodia che aveva sempre amato. Si chiese chi potesse essere colui o colei che suonava, erano anni che dal quella casa non proveniva più una sola nota, adesso invece, in una fredda sera di novembre, qualcuno suonava la “danza ungherese”.  

Chi poteva essere? Ivan desiderava tanto saperlo, ma allo stesso tempo aveva paura di guardare all’interno della stanza per scoprire il “mistero”.

Aveva paura che, scoprendo chi stesse suonando, avrebbe interrotto la magia che si era creata e alla fine decise di non guardare.

Dopotutto il fascino di un segreto è proprio il fatto che è segreto, quando esso viene svelato non è più interessante. Si disse che probabilmente non avrebbe risentito mai più note di violino provenire da quella casa quindi era inutile scoprire chi stesse suonando e, finito il brano, continuò per la sua strada.

Ma si sbagliava.

 

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