Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Ricorda la storia  |       
Autore: Alexiel_Slicer    14/12/2012    6 recensioni
Aveva solo 17 anni e già sentiva che parte della sua vita era stata gettata al vento, sentiva che la stava sprecando.
Le sue coetanee avevano fatto tante di quelle esperienze e lei? Lei no. Si diceva che un giorno, quando sarebbe stata più grande e soprattutto lontano da quella casa lei avrebbe fatto tutte quelle cose che nella giovinezza aveva perso, se lo diceva, ma non ci credeva poi così tanto.
La vita era imprevedibile, la vita era così breve. Sarebbe davvero riuscita a recuperare tutti quegli anni andati perduti? Ne avrebbe avuto l'opportunità? Tutto quello era un grosso ed asfissiante punto interrogativo. Poteva succedere una disgrazia in qualsiasi momento, poteva andare a dormire e l'indomani non svegliarsi più e lei non avrebbe mai visto il mondo, tutto quello che per lei c'era.
Chiuse gli occhi e le lacrime iniziarono a scendere da sole: era la frustrazione. A volte desiderava davvero semplicemente morire. Chiudere gli occhi per sempre e lasciarsi alle spalle ogni problema, tutta la tristezza. Voleva, ma non ci riusciva. Più volte aveva tentato in momenti al culmine della disperazione di strapparsi quella vita di catene, senza riuscirci. Troppo vigliacca anche per quello.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Meravigliosa creatura
 


"Molti mari e fiumi
 attraverserò
 dentro la tua terra
 mi ritroverai
 turbini e tempeste
 io cavalcherò
 volerò tra i fulmini
 per averti
 meravigliosa creatura sei sola al mondo
 meravigliosa paura d'averti accanto"


I


Girava svogliatamente il cucchiaio in quella minestra verde. Odiava la minestra, odiava le verdure, odiava il verde.
Lo sollevò ricolmo di liquido che andava a riversarsi ai lati finendo di nuovo nel mare verdastro e con quel poco che rimase nel cucchiaio si inumidì le labbra.
Un'espressione di disgusto le stravolse la bocca. Non le piaceva, le faceva schifo.
Non voleva mangiare, non perchè non avesse fame, ma perchè quella pietanza le dava il voltastomaco. Cosa c'era di appetibile in una mistrina color verde vomito? Ai suoi occhi sembrava solo una di quelle cose mangiate e risputate riservate ai malati, ma purtroppo era costretta.
Guardò di sottecchi sua madre che tranquillamente incurgitava la sua razione, poi gli occhi si posarono sulla sorella che di mangiare quella roba non ne voleva proprio sapere e stava seduta di fronte a lei con le braccia conserte e un broncio sul viso, mentre il padre la minacciava e strattonava per un braccio per costringerla a mangiare. Un violento schiaffo volò seguito da un secco schiocco che si consumò sulla guancia della bambina.
Lei a quella scena rabbrividì e trattenne il respiro mandando subito giù il boccone.
Ricordava ancora l'ultima volta in cui si era rifiutata di mangiare qualcosa che non le andava a genio e riusciva a percepirne persino il dolore della conseguenza sulla sua pelle. A volte, addirittura, se si guardava attentamente allo specchio riusciva ad intravedere il livido intorno all'occhio che si era guadagnata.
Di certo non voleva ripetere quell'esperienza e non voleva nemmeno che la stessa la rivivesse la sorella sulla sua pelle.
Le diede un calcetto da sotto il tavolo e quando la bambina con la guancia rossa e gli occhi lucidi alzò lo sguardo verso di lei le fece capire con un cenno di mandare giù tutto.
Terminò in fretta, anche se a fatica, la sua cena, ripose il suo piatto nel lavello ed andò a rifugiarsi nella sua stanza.
Un sottile muro era capace di farla sentire al sicuro e lontano da quella vita, da quel mondo che detestava con tutte le sue forze, facendola illudire che quell'uomo che doveva essere suo padre era solo frutto della sua immaginazione, ma così non era. Quell'uomo esisteva, quell'uomo limitava la sua vita, la soffocava. Non passava giorno in cui lei si sentiva in trappola, non passava giorno in cui lei non invidiasse le vite delle sue amiche. Loro si che vivevano.
Trascorrevano vite sirene, viaggiavano, vedevano il mondo, potevano fidanzarsi, potevano essere se stesse senza imbattersi in alcun rischio. Lei no.
Lei non era mai uscita da quella piccola cittadina che l'opprimeva e tranciava le gambe ai suoi sogni ed aspirazioni.
Lei dallo stile tendente all'alternativo era considerata da lui una stupida, la vergogna della famiglia. Lei che per essere così com'era non poteva uscire di casa per mesi interi: il suo record era arrivato a 6 mesi. Lei che non poteva neanche stringere amicizia con le sue coetanee e si ritrovava ad essere sola o ad avere qualche amica casuale, una conoscenza più che altro, che lei detestava, ma che si teneva accanto per disperazione. Lei che aveva passato tutta l'estate chiusa in casa, sognando di trovarsi sopra un aereo che la portasse lontano da quella prigione.
Lei che non poteva fare neanche ciò che le piaceva, perchè le era stato proibito. Lei che poteva solo sognare ed anche nei sogni lui arrivava e rovinava tutto.
Si sedette sul letto e controllò distrattamente il cellulare trovando un avviso di messaggio sullo schermo. L'aprì.

"Qui a Stoccolma è fantastico!
 Non sai quello che ti stai perdendo Roxenne!"

La ragazza sospirò e gettò l'aggeggio sul comodino, poi mise gli auricolari dell'mp3 alle orecchie e si sdraiò sul letto nascondendosi sotto agli strati di coperte che fece arrivare fin sopra la testa.
Già, non sapeva quello che si stava perdendo.
Aveva solo 17 anni e già sentiva che parte della sua vita era stata gettata al vento, sentiva che la stava sprecando.
Le sue coetanee avevano fatto tante di quelle esperienze e lei? Lei no. Si diceva che un giorno, quando sarebbe stata più grande e soprattutto lontano da quella casa lei avrebbe fatto tutte quelle cose che nella giovinezza aveva perso, se lo diceva, ma non ci credeva poi così tanto.
La vita era imprevedibile, la vita era così breve. Sarebbe davvero riuscita a recuperare tutti quegli anni andati perduti? Ne avrebbe avuto l'opportunità? Tutto quello era un grosso ed asfissiante punto interrogativo. Poteva succedere una disgrazia in qualsiasi momento, poteva andare a dormire e l'indomani non svegliarsi più e lei non avrebbe mai visto il mondo, tutto quello che per lei c'era.
Chiuse gli occhi e le lacrime iniziarono a scendere da sole: era la frustrazione. A volte desiderava davvero semplicemente morire. Chiudere gli occhi per sempre e lasciarsi alle spalle ogni problema, tutta la tristezza. Voleva, ma non ci riusciva. Più volte aveva tentato in momenti al culmine della disperazione di strapparsi quella vita di catene, senza riuscirci. Troppo vigliacca anche per quello.
Si addormentò sotto quelle note malinconiche che accompagnavano quelle parole che sembravano scritte apposta per lei "Your life is meaningless, your diary is full of trash. It's so hard to get along with empty hands. You're looking for the rainbow, but it died not long ago: it tried to shine just for you until the end". 

  
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Alexiel_Slicer