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Autore: Aine Walsh    14/12/2012    2 recensioni
Durante un’intervista, Alex conosce Kylie e ne è talmente attratto da passare una notte insieme a lei. Il giorno dopo i due decidono di fingere che non sia successo nulla, ma se invece non fosse così? Se invece fosse accaduto qualcosa di totalmente… Imprevisto?
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Gaskarth, Jack Barakat, Nuovo personaggio, Rian Dawson, Zack Merrick
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11. «Qualcosa mi dice che tu hai già un’idea…»
 
L’estate non era ancora arrivata e quindi il periodo di alta stagione era lontano, ma l’aeroporto pullulava di gente da ogni parte: nei gates, nei negozi, a perdere tempo in giro, a salutare i parenti, seduti a sfogliare una rivista in attesa di essere chiamati o di essere venuti a prendere per andare a casa.
Kylie li guardava tutti con aria assorta, chiedendosi quanto fossero stati via, dove fossero andati o dove fossero diretti, sentendo crescere sempre più il nodo alla gola che cercava faticosamente di reprimere. Alex, al suo fianco, la guardava con tenerezza e buttava una battuta qua e là per sdrammatizzare e farla sorridere, sperando che quella sorta di convivenza forzata si dimostrasse qualcosa di assolutamente positivo.
«Sicuro di non aver dimenticato niente?» domandò ancora una volta la ragazza.
«Sì, c’è tutto. Ti ricordo che sto andando a Los Angeles, non da qualche parte sperduto in mezzo ai Canyon, okay?» fece Hunter con un sorriso affettuoso.
«Los Angeles è la seconda città degli Stati Uniti per omicidi e crimini in generale» buttò a caso Jack.
Tutti risero della battuta, meno che Kylie, che guardò il Barakat con fare spaventato. «Dici sul serio?» mormorò.
Il chitarrista fu sul punto ti replicare, ma Alexander glielo impedì prendendo parola: «E tu ci credi davvero? Avanti, Ginger, è stato Jack a dire una cosa simile. E’ lo stesso Jack che ieri sera fingeva di piastrarsi la lingua!» aggiunse dopo, vedendo la rossa ancora innervosita.
Una voce dall’alto li avvisò che era già arrivato il momento dei saluti.
Hunter porse la mano a Zack e Rian (che la strinsero calorosamente), diede una pacca sulla spalla a Jack e si avvicinò ad Alex quel tanto che bastava per potergli sussurrare qualcosa all’orecchio senza che quella vicinanza mettesse il minore in imbarazzo. «Trattala come se non avessi nient’altro di più caro al mondo, va bene? Perché è così che faccio io».
Si rivolsero un rapido sguardo d’intesa prima che il biondo abbracciasse forte la sorella.
«Devi chiamarmi ogni giorno per almeno due volte, intesi?» ordinò questa con la voce rotta.
«Ma le chiamate ormai sono superate! Noi useremo Skype!» la corresse lui con tono agitato.  Nonostante cercassero di contenersi, era chiaro ad entrambi che quella separazione sarebbe stata più dolorosa di quando avessero creduto.
«Mi mancherai tanto, Hunt».
«Anche tu mi mancherai. – sussurrò sciogliendo l’abbraccio e chinandosi all’altezza del ventre della sorella – E sentirò pure la tua assenza, bello di zia!».
Bello di zia. Gli All Time Low si scambiarono un’occhiata benevola: negli ultimi giorni, da quando Hunter li aveva aiutati a sistemare in modo decente la camera che sarebbe spettata a Kylie, avevano potuto notare come, certe volte, il lato femminile del Thompson si manifestasse all’improvviso e in tutta la sua libertà.
«Bene, adesso sarà meglio che vada. Non sono ancora abbastanza famoso da far aspettare il pilota» ridacchiò riprendendo in mano il borsone (l’unico dei tanti bagagli a non essere già stato caricato sull’aereo) e allontanandosi accompagnato da un coro di «Ciao» e «Fa’ buon viaggio!».
«Divertiti, e non spezzare i cuori di nessuno!» esclamò la rossa prima di vederlo scomparire tra la folla.
Aspettarono di veder decollare l’aereo prima di uscire fuori nei parcheggi e, per nulla indifferente al silenzio di Kylie, Alex le si avvicinò e le passò un braccio intorno alle spalle. «E’ in gamba e se la caverà, non preoccuparti» la tranquillizzò sfoggiando un sorriso convincente.
«Ragazzi, io ho un impegno Cassadee; ci vediamo stasera!» esclamò Rian mentre si allontanava nella direzione opposta.
Raggiunsero l’auto e Kylie fece per sedersi al posto del conducente, ma fu prontamente bloccata da Zack che la riprese gentilmente dicendole: «Le donne incinte non guidano».
«Non guidano quando hanno all’incirca sette mesi di gravidanza alle spalle».
«E non guidano neppure quando sono nel primo trimestre, perché il feto è ancora debole». La dolcezza con cui le parlava e l’attenzione che le aveva rivolto fecero arrossire la ragazza, che si zittì imbarazzata e abbassò il capo come a frugare nella borsa alla ricerca degli occhiali da sole.
«Allora guido io!» esclamò raggiante Jack.
«Indovina un po’, Barakat? Nemmeno i chitarristi libanesi guidano» replicò Alex lanciando le chiavi al Merrick, che le afferrò al volo.
«Sporco razzista bastardo» borbottò il ragazzo fingendosi offeso.
Arrivarono a casa in poco tempo e, mentre Steven e Bassam scaricavano le ultime due valigie, Will aprì la porta d’ingresso e scortò Kylie in cima alle scale, nella stanza in fondo a destra, ansioso com’era di mostrarle la camera che le avevano preparato e che lei non aveva ancora visto.
«Beh, non è quella famosa suite dell’Hilton Hotel, però… Puoi considerarlo il tuo regno fino a quando starai qui».
La Thompson varcò la soglia della stanza e vi entrò guardandosi tutt’intorno: le pareti erano tappezzate di poster e di foto, e il muro che se ne riusciva ad intravedere era blu elettrico; al centro della camera era posto un grande letto ad una piazza e mezza e poi più a destra una finestra che dava su un piccolo terrazzo capiente a stento per tre persone. Kylie vagò in silenzio per la stanza per qualche minuto, osservando le fotografie e sfiorando prima la scrivania e poi il bordo del letto.
«Ti sei scelto la stanza migliore» disse infine, voltandosi in direzione del cantante.
«Come hai fatto a capire che era la mia?».
«Non è stato tanto difficile. I ragazzi potranno avere tutte le buone intenzioni di questo mondo, ma credo che nessuno di loro sia ancora disposto a cedermi la propria camera».
«Ragionamento impeccabile. Leggere Holmes ti fa davvero bene».
«Secondo me è anche predisposizione naturale. – ridacchiò lei – Mi piace qui, è bello e accogliente. Però non riesco a fare a meno di chiedermi dove dormirai tu. Voglio dire, a me andrebbe bene anche una camera più piccola, non ho alcun tipo di problemi purché...».
«Non credo che il divano ti sarebbe tanto comodo, specie fra qualche mese» tagliò corto Alexander.
L’idea che Gaskarth sarebbe potuto andare a dormire sul divano non aveva, fino a quel momento, mai sfiorato la mente di Kylie, che guardò il ragazzo in attesa di elaborare qualcosa da dire.
«No, Alex, non aiutarmi a portare su questa valigia, va bene. Ce la faccio da solo» si sentì dalle scale.
William alzò gli occhi al cielo. «Arrivo subito, Jackie!».
Fino all’ora di pranzo furono tutti e quattro impegnati ad aiutare la nuova coinquilina a sistemare quello che lei definiva come lo stretto indispensabile, anche se, come aveva fatto notare Bassam, tanto stretto non era. E neanche tanto indispensabile, forse. «Peccato che tu non sia riuscita a portare anche i quadri di casa tua! – aveva scherzato – Sono sicuro che Zack ti avrebbe aiutato volentieri ad appenderli!».
Mentre erano impegnati a trasformare radicalmente quella camera, però, nella mente di Alex si affacciò un problema a cui non aveva ancora pensato e, ne era convinto, neanche Kylie aveva preso in considerazione quell’aspetto del dopo-gravidanza.
La domanda, a dirsi, era alquanto semplice: una volta partorito, lui e Ginger sarebbero dovuti andare a vivere sotto lo stesso tetto? E in qualità di cosa? Non stavano insieme e non sarebbero stati conviventi: sarebbero stati solo i genitori dello stesso bambino. Il vivere con Kylie, per quanto potesse sembrare una bella proposta, sarebbe finita col rivelarsi tutto l’opposto: magari lei si sarebbe lamentata per le continue libertà che lui si sarebbe preso, e lui si sarebbe prima o poi stufato e sentito oppresso e allora avrebbero finito sempre col discutere e il litigare, con la conseguenza di perdere del tutto quel bel legame che stavano costruendo pezzo dopo pezzo. Il ragazzo si sentì subito di dover escludere quell’ipotesi.
E allora, cosa sarebbe stato necessario fare? Alex si sarebbe forse dovuto accontentare di vedere ciò che aveva creato per poche ore al giorno prima di tornarsene a casa sua? Era assolutamente impensabile una circostanza simile.
Scosse la testa, deciso del fatto che avrebbe chiesto consiglio a qualcuno, anche se sapeva che la descrizione di quel qualcuno coincideva perfettamente con quella di un certo Matt Flyzik.
«Nessuno di voi è vegetariano, giusto?» domandò Kylie urlando a gran voce dalla cucina mentre richiudeva il frigorifero.
«Secondo te abbiamo facce da vegetariani?» ridacchiò Zachary, seduto sul divano insieme agli altri due, esprimendo il parere generale.
La Thompson fece il giro dell’isola al centro della cucina e li raggiunse nel salone, piazzandosi davanti al televisore e squadrandoli bene in viso. «No, direi proprio di no. – decretò sollevando le confezioni che teneva in mano – Questa dovrebbe andare più che bene».
«Carne? Credevo che la odiassi» osservò Alex girandosi per vederla mettersi dietro ai fornelli.
«Infatti, la odio. Ma ne ho voglia».
«Ah, ne ha voglia» sottolineò bene Jack dando una pacca sulla spalla del cantante.
Pranzarono in tutta tranquillità, rispondendo alle domande del quiz televisivo che stavano guardando e commentando l’intelligenza dei concorrenti, e quando finirono, dopo che Will vietò categoricamente a Kylie di lavare i piatti dicendole che lo avrebbe fatto al posto suo, la ragazza salì le scale e si sdraiò a letto.
In un primo momento si limitò ad osservare il paesaggio che si intravedeva al di là della finestra, ma poi, quasi inevitabilmente, il pensiero di suo fratello iniziò a farsi strada. Non aveva notizie di Hunter da circa sei ore e non riusciva a fare meno di chiedersi dove fosse e quanto mancasse prima che raggiungesse la destinazione e si facesse sentire. Tuttavia, per quanto risentisse dell’assenza del biondo, Kylie dovette ammettere che una parte di lei era felice di trovarsi in quella casa e con quei coinquilini e che tutto prometteva bene.
Il suono di un pugno contro la porta di legno la riportò alla realtà.
«Ah, pensavo che l’angoscia ti avesse già uccisa» sorrise Alexander.
«Sto resistendo».
«Posso?» chiese lui mentre faceva per entrare.
Ginger si spostò sul letto per fargli spazio. «Fino a prova contraria, questa è sempre camera tua».
Il ragazzo si sedette sul bordo del materasso, si sfilò le scarpe e si distese con la schiena contro la spalliera. Tirò un sospiro e rimase in silenzio.
«Era da quella famosa notte che non dividevamo un letto» osservò la Thompson soffocando a stento una risata.
«Già… Però ora capisco che non abbiamo combinato un completo disastro, anzi» disse guardando la pancia di lei.
«Inizia a crescere, eh? Non vedo l’ora di sentirlo».
A quelle parole, Alex sorrise con dolcezza e baciò i capelli della ragazza, tutto contento. «Pensi ancora che sia un maschio?» chiese.
«Sempre e comunque. Tu sei ancora convinto che sia femmina?».
«Non più, anche se preferirei che lo fosse».
«Secondo te è troppo presto per scegliere il nome?» domandò Kylie, cambiando discorso.
«Qualcosa mi dice che tu hai già un’idea…».
«Infatti» affermò lei in tono allegro.
«Avanti, sentiamo».
Kylie si sistemò sul letto, incrociando le gambe davanti a sé. «Allora, se è maschio, mi piacerebbe tanto Noah… O magari Thomas, che ne dici? Oppure Peter…».
«Non voglio che mio figlio abbia il nome di nessuno dei componenti della mia famiglia. – controbatté Alex leggermente perentorio – E poi Noah Gaskarth mi piace e suona bene, quindi direi che il nome è deciso, almeno per il momento».
«Beh, allora adesso tocca a te».
«Tocca a me, cosa?».
«Io ho scelto il nome in caso sia maschio, ma potrebbe anche essere femmina… Voglio vedere cosa combini» aggiunse con torno canzonatorio.
«Donna di poca fede. – la appellò il ragazzo per scherzare – A me piacciono nomi tipo Jillian, Emily, Janet…».
«No, Janet no!» tuonò Kylie.
William la guardò con un sopraccigli alzato. «Okay, chi è Janet e che ti ha fatto».
«Janet era una stronzetta bionda che si è messa con il ragazzino che sapeva piaceva a me, quando avevo undici anni. Ultimamente non ho avuto belle notizie sul suo conto; non che batta i marciapiedi, ma…».
«D’accordo, d’accordo. Mia figlia non avrà mai il nome di una stronzetta bionda che non batte i marciapiedi, ma quasi. Che ne pensi di Sadie?».
«Sadie? Come Sexy Sadie, la canzone dei Beatles? La maccherai a vita!» rise la rossa.
«Con un padre del genere, mi sembra ovvio che nascerà una ragazza estremamente sexy» spiegò Alex con lo stesso tono di chi la sa lunga.
«No, Sadie è fuori discussione».
«E allora vediamo cosa propone il grande genio dei nomi» disse lui fingendosi offeso.
«Se proprio lo vuoi sapere… Vanessa, Ginevra, Emma…».
«Stop, stop! – la bloccò subito Gaskarth coprendole la bocca con una mano – Che fine hanno fatto i nomi classici come Madelaine, Camille…?».
«Oh Dio Santissimo, Alex! Ma ti senti quando parli? Non ci credo, non posso credere al fatto che ti piacciano nomi del genere… Tu sei tutto Holly, Jasey Rae, Stella… Coraggio, so che puoi fare di meglio. Qualcosa di più originale, più moderno e sicuramente più…».
«Sidney» propose William di punto in bianco.
«Sidney?».
«Sidney, sì. Sidney Gaskarth».
Kylie ripeté il nome più volte, cercando di capire come suonasse, anteponendo anche il cognome al nome. «E’ bello» decretò infine.
Alex iniziò subito a cantare l’Alleluia e Ginger fece per dargli uno schiaffetto sul braccio, ma il ragazzo fu più veloce e le afferrò il polso per bloccarla, rotolando insieme sul letto e finendo col ritrovarsi sopra di lei, con le loro pance che si sfioravano appena e i loro visi a pochi centimetri di distanza.
Quando smisero di ridere, fu chiaro ad entrambi che la posizione era parecchio scomoda e subito le guance della ragazza si tinsero dello stesso colore dei suoi capelli.
Erano occhi negli occhi e i loro respiri si fondevano in uno solo, mentre i loro cuori acceleravano i battiti sempre più velocemente.
Spinto dal momento e dalla voglia, il ragazzo si chinò maggiormente e annullò il poco spazio che li separava, non fermandosi nemmeno dopo aver udito l’avviso di chiamata che proveniva dal computer lasciato acceso sopra la scrivania.
Kylie chiuse gli occhi, pregando il suo cuore di reggere il colpo che quel bacio le avrebbe provocato.
Alex poggiò le labbra sulla guancia della rossa. «Sarà meglio che risponda a tuo fratello» le disse prima di chiudersi la porta alle spalle e lasciarla sola, trafelata e con gli occhi sbarrati.

Jingle Bells, Jingle Bells, Jingle Bells Rock!

E' NATALE, GEEEEEENTE!
E lo so che non vi frega, ma la cosa mi gasa.
E in più...
OGGI E' IL COMPLEANNO DI ALEXANDER WILLIAM GASKARTH, GEEEEENTE!
Questo vi dovrebbe importare.
Perchè è per colpa sua che oggi aggiorno, sì. Quindi prendetevela con lui.
Ho iniziato a scrivere questo capitolo lo scorso weekend, ma ho avuto una settimana incredibile e l'ho scritto tra una cosa e l'altra, per questo non mi piace. Cè, mi sembra frammentario... e penso che lo sia davvero. Insomma, avrei potuto scriverlo meglio, questo riconoscetemelo u.u
Anyway, c'è e ve lo beccate xD Nah, scherzo.
Mi dispiace per il ritardo, ma vi avevo avvertite... La scuola assorbe tutte le mie energie vitali...
Spero davvero di poter scrivere e pubblicare durante le vacanze, ma, in caso contrario, vi auguro già adesso di passare delle buone feste all'insegna del Merry Christmas, Kiss My Ass ;)
Ringrazio veramente di cuore chi si prende la briga di seguirmi in questa follia, mi motivate non poco  <3
*Si allontana lanciando coriandoli e suonando la tromba*

A.



 
  
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