Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: Haeresis_    14/12/2012    5 recensioni
Primo classificato al 'contest di novembre'
Non porto i tacchi, niente minigonna, sono solo una povera donnaccia ai margini della strada, con il trucco sbavato e lo sguardo vuoto. Devo solo sperare che qualcuno passi in questa strada buia. Dio, mi serve subito. Sto male.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Contest.
Senza uno scopo.


Ho perso la mia libertà anni fa, quando per uno stupido gioco, il mio fidanzato mi offrì una dose di eroina. È stato bello, ma mano a mano il baratro si è allargato e non faccio altro che affogare il mio dolore in un dolore più grande.  Sono diventata fredda come il ghiaccio, non provo più nè piacere nè dolore, tutto ciò di cui ho bisogno sono soldi e droga, soldi e droga. Non ho casa, non ho famiglia, non ho una vita. Sono un corpo vuoto. Il mio ignobile lavoro è solo un mezzo. Non mi importa cosa faccio, come e come mi sento. L'importante è quel misero compenso. Ne ho bisogno, solo questo.
Non porto i tacchi, niente minigonna, sono solo una povera donnaccia ai margini della strada, con il trucco sbavato e lo sguardo vuoto. Devo solo sperare che qualcuno passi in questa strada buia. Dio, mi serve subito. Sto male. Passano due auto. Niente. La terza rallenta...non voglio, non voglio, ma devo.
-Sali.-
Mi sposto i capelli ed entro in macchina. Mi guardo i pantaloni un po' logori, non sono imbarazzata, sono passati anni da quando salii per la prima volta nella macchina di uno sconosciuto. Niente imbarazzo, neanche quella volta. Era a questo che serviva, la droga. Lei comanda te e le tue emozioni, non hai inibizioni pur di procurartene qualche grammo. D'altronde, le inibizioni non le avevo mai avute. Sono stata una ragazza normale, tanti anni fa. Ero pura. Facevo quello che mi passava per la mente, mi divertivo, e per divertirmi, mi sono rovinata la vita e non riesco più a smettere di peggiorare le cose. Più passa il tempo più io muoio, dentro e fuori,  ma almeno quando non sarà rimasta una scintilla di vita nel mio esile corpo io non proverò nè dolori nè rimorsi. Non proverò nulla. Dopo un'intera vita senza scopo, cosa c'è da provare? Sei racchiusa dentro un cerchio, e il cerchio non ha una fine. Ritorni sempre all'inizio, e non puoi smettere, non hai mezzi, la droga annulla la tua volontà, i tuoi sentimenti, il cervello serve solo a far battere il tuo vecchio cuore freddo e logoro.
La macchina si ferma in un vicolo buio e mi preparo ad assolvere il mio compito. Cerco di essere convincente nel fingere il mio piacere, ma sento che in realtà è solo una sensazione sorda che ha perso ogni significato, se non quello di denaro.  Incasso il compenso e lo metto nella borsetta vuota. È troppo tardi, adesso. Devo farmi bastare questi 70 euro. Chiedo all'uomo di accompagnarmi in centro, dal mio spacciatore. In realtà lo odio, lui è un ragazzo giovane e incassa solo i soldi. Non si droga, non beve, è una cosa crudele, come una donna come me debba sottostare ad un ragazzo così. So che non dovrei farlo. È colpa mia se sono qui, è colpa mia se ho passato tutta la mia esistenza a prostituirmi per 3 ore di piacere e una vita di stenti e tristezza. Prendo la bustina, giro e me ne vado camminando veloce. Chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo. Qui in centro c'è un piccolo bar, è quasi sempre vuoto, entro dentro e chiedo di andare in bagno. Ricevuta la chiave, mi giro e rido. Una risata isterica e avida. Prendo della carta, asciugo bene il bordo del lavandino graffitato e vi svuoto sopra la bustina. Respiri profondi, calma. Prendo quella misera banconota da 5 che mi è avanzata e la arrotolo. Aspiro un po' di polvere bianca, poi aspetto. Mi sento così felice...un altro po'. Ancora, ancora ancora. E non è rimasto nulla. Caldo. Ho caldo. È tutto così piacevole. Vivo per il piacere, perchè solo nel piacere mi sento viva.
Sorrido, guardo la mia figura nello specchio, è così bello....Il primo effetto sta già finendo. Mi sto calmando, mi sento leggera e senza problemi. Sto volando, come un gabbiano, libera da tutto lo schifo che mi circonda. Non ci vedo più bene adesso, ma devo uscire da questo bagno... cammino a stento fino ad una panchina, mi ci sdraio sopra e chiudo gli occhi. Relax....tutto quello che mi serve e tutto quello che non ho mai avuto...se non adesso. Assaporo il fresco di città, l'odore del fumo, voglio cambiare, sono assuefatta da questo strano piacere e solo adesso, drogata e mezza addormentata, riesco a capire il perchè delle mie azioni, solo adesso posso essere felice.
Finisco per cadere in un sonno piacevole e riposante.
Quando mi sveglio è già mattino, e ritorno la solita donna di sempre. Senza uno scopo. Mi fa male la testa, mi sembra tutto troppo difficile. Vorrei tanto poter cambiare. Se potessi smettere, sarei sempre felice. Niente più droga, niente più sofferenze. Adesso basta. Voglio essere libera.
No. Impazzirai. Non riuscirai mai a smettere.
Potrei riuscirci. Ero una ragazza ambiziosa.
Potresti...no, non ce la farai mai. Hai speso la tua vita per la droga e continuerai a sprecarla fino alla fine.
Non ho più nulla da perdere.
Guardo i miei vestiti sporchi e penso che ho bisogno di soldi. Non so se posso andare all'ospedale, conciata così. Non so neanche se potrebbero aiutarmi. Ne sento già la mancanza. Sospiro, adesso vado all'ospedale.
Mi fermo a lato della strada e alzo il pollice. Dopo 10 minuti qualcuno si ferma, è una donna giovane e mi chiede dove voglio andare.
-All'ospedale.-
Ho paura, adesso. Non so se voglio davvero andare avanti, se voglio davvero continuare una vita normale. Esco dalla macchina e ringrazio la donna. Esito un po', sono ferma davanti all'entrata dell'ospedale e delle signore anziane intente a salire le scale mi guardano male.
Entro.  Vado alla reception, non so se questo è il metodo giusto, ma appena la signora mi guarda io le dico
-Vorrei disintossicarmi.-
-Deve andare alle casse e chiedere li. Le faranno fare il ticket.-
-Va bene.-
Non ho soldi, non posso andare alle casse a mani vuote. C'è un telefono a gettoni, mi strofino le mani sulle gambe e mi avvicino. Sto per farlo davvero, e mi serve l'aiuto dei miei genitori.
Mia madre è stata una donna buona. Caccio 50 centesimi dalla borsetta e l'inserisco, digito il numero e spero che non l'abbiano cambiato. Suona.
-Pronto? Pronto?-
-Mamma, sono io, sono Clara- Sento le lacrime arrivare ma continuo a parlare. -voglio disintossicarmi, sono in ospedale- la mia voce trema e le lacrime scendono, non posso farne a meno -ma ho bisogno di soldi, ti prego mamma, voglio smetterla di vivere così.- adesso piango davvero, e non riesco più a parlare. Mia madre sussurra
-Oddio, oddio...-
La immagino mentre si copre la bocca con una mano.
-Veniamo...- E chiude il telefono.
Mi butto su una sedia, mi copro la faccia con le mani e piango. Non so quanto tempo passa,  giro il collo verso la porta e dopo un po' entra mia madre, un po' zoppicante sotto il peso dei suoi anni, e mio padre, con la solita faccia arrabbiata. Resto ferma immobile e guardo entrambi, incapace di fare qualunque cosa. Mia madre si avvicina e mi tira uno schiaffone. Io le vado incontro e la abbraccio, riscoppiando a piangere. Questa volta non mi ferma più nessuno, resto in quel modo per almeno dieci minuti, e quando riesco a staccarmi non riesco a proferire parola. Dopo un po' anche mio padre viene ad abbracciarmi, e io ricomincio a piangere. Sono passate 7 ore dall'ultima dose e la voglia torna a farsi sentire. Ho mal di stomaco, la nausea e mi fa male la testa. Mia madre è andata alle casse, e sta parlando con un dottore. Non so bene come faranno, ma sarà doloroso, in tutti i casi.
Mi fanno sedere su una sedia a rotelle, nonostante io possa camminare benissimo da sola. L'infermiera parla, anche se io non presto attenzione e non capisco ciò che dice.
-Le somministreremo della clonidina per farla calmare, ma prima le faremo una visita medica.-
Questo ospedale ha un centro di disintossicazione.
Mi rinchiuderanno in una stanza a farmi morire di astinenza. Oh, bene. Mi portano in un ambulatorio, mi fanno stendere e un dottore mi fa tutte le visite del caso, analisi del sangue, elettriocardiogramma e così via. Mia madre non ha badato a spese, per me. Stanno parlando di corsa, sauna, docce e minerali. Non ho mai visto una sauna in vita mia, e la prima volta che ci entrerò sarà per disintossicarmi.
Finiti gli esami, mi danno del cibo e una bevanda arancione dal sapore acidognolo, mi fanno mangiare con calma e poi mi portano in una stanza con un letto. È illuminata da due neon sul soffitto e delle finestre strette. Inizio a capire come funziona questo posto, e faccio dei ragionamenti strani. Sento già la mancanza della droga, mi gira la testa, ma sò che sono tutte cose da sopportare, che nulla si ottiene gratis e che, paradossalmente, sono in prigione per recuperare la libertà.Forse inizio a delirare, sto iniziando a sudare tanto, ho la pelle d'oca e ho freddo. Mi avvicino alla porta e sento parlare i miei genitori, che immagino seduti sulla panchina di fronte.
-Per una decina di ore starà malissimo, poi piano piano starà meglio, e tra due settimane sarà quasi del tutto disintossicata.- Ne dubito, mi sta venendo sonno, quella roba che mi ha dato il dottore sta facendo effetto. Sono tutta bagnata, ho freddo ma ho anche bisogno di dormire. Mi sveglio in piena notte e sto piangendo, mi fanno male le gambe, le braccia, ho l'emicrania e sono molto agitata, quasi isterica. Non posso continuare così, è straziante.
Urlo, sento qualcuno arrivare e le luci si accendono, rimango accecata per un po' e quando socchiudo gli occhi, vedo il medico aprire la porta ed entrare lentamente.
-AIUTAMI, AIUTAMI.- Sono spaventata e non riesco a controllarmi, mi avvicino a lui e mii dice di fermarmi. Mi porge una pasticca ed un bicchiere d'acqua.
-Prendila, ti farà dormire.-
Non ho bisogno di dormire, voglio solo far finire questo strazio, idiota. Bevo tutta l'acqua e la pasticca. Il dottore esce dalla porta, e io piango. Passa almeno mezz'ora, poi riesco a riaddormentarmi.
La mattina mi svegliano, non troppo presto, per portami la colazione. È scarna, e insieme mi arrivano anche un'altra pasticca, un bicchiere d'acqua e un bicchiere di liquido amarognolo. Mangio tutto e mi siedo per terra, mi sento più riposata ma sto ancora malissimo, quasi uguale al giorno prima.
Passano 4 giorni in questo modo.
Adesso la situazione è un po' cambiata, sto male, ma tutto ciò che provavo prima si è, per modo di dire, alleggerito. Sto facendo amicizia con un dottore del turno di notte, perchè ieri mi è venuto ad aiutare quando non riuscivo  più a muovere una gamba. Mi dice sempre di rilassarmi, che tra pochi giorni -una settimana e mezzo, dice- finirà tutto e sarà una persona nuova. Ma fa comunque male, tutto quanto. Penso che il mio cervello stia rinascendo, inizio a sentire odori nuovi e sensazioni che non ricorrdo di aver mai provato prima. Non dormo molto, ma le pasticche che mi danno di mattina e di sera mi aiutano.  Mi annoio, e chiedo al dottore se posso leggere qualcosa.
Mi dice qualcosa come
-Non so cosa posso trovarti, però adesso vedo.-
E infatti con il pranzo arriva anche "Il Gabbiano Jonathan Livingston" è un libro piccolo, ma ho bisogno di fare qualcosa. Lo finisco in una giornata. Sono molto soddisfatta anche se adesso mi fa molto male la testa.
La mia situazione sta migliorando, anche se trovo che questo sia un libro per bambini. Ci sono un sacco di frasi belle, come "Ciascuno di noi è, in verità, un'immagine del Grande Gabbiano, un'infinita idea di libertà, senza limiti"
Non so se si possa adattare alla mia situazione, ma ripensando a tutto ciò che ho fatto mi sento come se avessi rinunciato a questa libertà. Fino ad oggi, intendo. Ho allargato i miei orizzonti, ho aperto gli occhi e scavalcato quel muro che era la droga. Sono fiera di me stessa. Uscita da qui sarò una persona migliore, migliore più di quanto non lo sia mai stata in vita mia.
~~~~~~~~~~~~~~~~~~
-Sono 50 euro.-
Il signore me li porge dalla macchina e se ne va soddisfatto. Li metto nella tasca della tuta rossa e nera che mi hanno dato quando, il primo giorno di lavoro, sono andata a lavorare alla pompa di benzina vicino casa.
Non è il massimo, per una donna come me, trovarsi ogni sera con le mani che odorano di benzina, ma spero di abituarmici...poi la mamma non vuole sentire quell'odore a casa, e tantomeno mio padre. Non fa neanche tanto freddo, in quella tuta che mi fa sembrare un pupazzo di neve variopinto, ma ho le mani gelate e non vogliono che metta i guanti. Non è un lavoro troppo faticoso, e i soldi che mi danno, con la pensione di mia madre e mio padre, sono abbastanza per sostenerci. Sono solo le sei del pomeriggio e sembra notte già da un pezzo, per fortuna tra poco torno a casa. A dormire, forse...
"Cambia prima di essere costretto a farlo."

NdA:  In alcune parti della storia il punto di vista della protagonista è stravolto, spero comunque di aver scritto qualcosa di abbastanza decente, visto che è la prima volta che mi cimento in una storia del genere. Lasciate una recensione che mi piacerebbe vedere cosa ne pensate!
         Grazie mille :3

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Haeresis_