14
Alla
luce del sole estivo, Palermo e le sue spiagge risplendevano di vita.
Un normale vampiro non sarebbe stato capace di
resistere ad un simile sole, e questo spiegava perché in Sicilia la popolazione
della Stirpe della Notte fosse in numero così esiguo.
Persino Eric, pur con tutta la sua unicità,
provava un certo fastidio, che lo costringeva a restare chiuso dentro la divisa
scolastica della cross e a indossare un paio di occhiali da sole.
A colpo d’occhio faceva un gran bell’effetto,
ma era peggio che stare dentro una sauna.
«Ti squaglierai prima di sera con quella roba
addosso.» osservò Peter, che invece aveva potuto optare per un abbigliamento
decisamente più consono
«Non fare commenti, ti prego. È già abbastanza
difficile così».
Sul lungomare era un trionfo di turisti, sia
abitanti che stranieri; le spiagge erano che più affollate non si può, e anche
l’area del centro storico traboccava di visitatori.
Ma Eric e Peter non erano certo venuti là per
fare un giro turistico.
«Allora?» chiese Eisen
sistemandosi gli occhiali da sole «Che siamo venuti a fare qui?»
«Quel ragazzo, Lopez, è stato contaminato dal
virus Vermillion. E sono sicuro che dietro tutto
questo ci sia la famiglia Bongianno.»
«E dunque?»
«Ormai sono più di due anni che mio nonno è
sparito dalla circolazione, ma i
trattamenti col Vermillion su Lopez risalgono a poco
più di un anno fa.»
«Ho capito. Se i Bongianno
trafficano ancora col Vermillion, vuol dire che
probabilmente si sono rimessi a lavorare per il conte.»
«Qualsiasi cosa mio nonno stia trafficando,
non può essere certamente nulla di buono.
A conti fatti, non mi stupirebbe se ci fosse
lui anche dietro a tutti quegli avvistamenti di creature sconosciute degli
ultimi mesi.»
«E allora, cosa hai in mente?»
«Fare due chiacchiere con il padrino, Alfredo Bongianno. Lui e il suo clan hanno fatto da leccapiedi alla
famiglia Lorenzi per più di cent’anni. Sicuramente qualcosa saprà, e forse
potrà dirci che altro di nuovo sta progettando quel fanatico.»
«Molto bene. E dove si trova questo Bongianno?»
«Non lo so. Ma so come scoprirlo. Basterà
trovare le persone giuste, e fare qualche domanda in giro.»
«Bene. Quand’è così, andiamo. Non vedo l’ora
di tornare in Giappone per scoprire in che modo intendano castigarci.»
«Con calma. Ci andrò solo io.»
«Che cosa!?»
«Bongianno e i suoi
hanno spie e informatori dappertutto in questa città. Io posso anche passare
inosservato, ma te si vede lontano un chilometro che sei un forestiero. E se
quel codardo avvinazzato mangia la foglia, sparisce e non lo troveremo più.»
«Insomma, se ho capito bene mi stai
scaricando.»
«Cerca di capire. Per queste cose ci vogliono morigerazione e tatto, dovresti saperlo. Un tedesco che
chiede informazioni su un noto malavitoso siciliano.»
«Ma allora io che cosa faccio?»
«E che ne so? Fai il turista».
In quella, Peter notò due belle e conturbanti
ragazze del posto che prendevano il gelato sedute ai tavolini di un bar sulla
spiaggia, cercando sfacciatamente di combattere il caldo in modo troppo
provocante per poter essere ignorato. E quando videro Peter, con quel suo
visetto da attore navigato e quella lunga chioma bionda, i loro sorrisi e il
loro cenno di saluto fu per Eisen come il segnale di carica.
«Lo sai?» disse il giovane tedesco prendendo
ad ignorare totalmente colui che avrebbe dovuto invece sorvegliare giorno e
notte «Credo che dopotutto seguirò il tuo consiglio.»
«D’accordo, allora io vado. Se ci saranno
problemi, mi farò sentire.»
«Sì sì, come vuoi. A dopo.» ma Peter se ne era
già andato.
Eric
si inoltrò nel vecchio centro storico, cuore antico della città, e passò il
resto della giornata a fare domande in giro.
Recuperò i suoi vecchi contatti, ne cercò di
nuovi, e torchiò a dovere qualche picciotto di bassa lega.
Aveva già visitato Palermo in altre occasioni,
aveva ancora degli agganci, ma soprattutto tutti sapevano bene di chi fosse
parente, a cominciare dagli uomini del padrino. E perciò, furono ben pochi
quelli che trovarono il coraggio di rifiutarsi di rispondere, ma che comunque
furono adeguatamente portati a più miti consigli.
Alla fine Eric ottenne ciò che voleva; stando
agli informatori, Bongianno si trovava in una delle
sue tante residenze, un villino a due piani alla periferia orientale della
città, proprio di fronte ad un vecchio cementificio abbandonato di sua stessa
proprietà.
Quando arrivò sul posto si era già fatta sera,
e a giudicare dai tipi loschi che sorvegliavano il perimetro della casa,
delimitata da un basso muretto, l’informazione doveva essere giusta.
Sicuro di sé il ragazzo avanzò, e subito due
picciotti gli andarono contro per bloccargli strada.
«Che vuoi?» gli domandò uno in malo modo
«Voglio vedere don Alfredo.» replicò Eric
cavando fuori il suo miglior siciliano
«Don Alfredo non riceve nessuno.»
«No, a me mi riceve, puoi contarci.»
«Sei in cerca di rogne, per caso?».
La situazione minacciò subito di riscaldarsi,
ed Eric da parte sua non sembrava voler fare nessuno sforzo per calmare gli
animi. Anzi, si tolse gli occhiali da sole che aveva portato per tutto il
giorno, sfoggiando una evidente aria di sfida.
«D’accordo. Io ci ho provato».
Nello stesso momento, nel solarium attiguo
all’abitazione, il don stava intrattenendo alcuni facoltosi ospiti
sudamericani, probabili futuri partner commerciali nel traffico di
stupefacenti.
Le attività mafiose potevano essere molto
lucrative e remunerative, soprattutto per i vampiri, molto più abili degli
esseri umani ad essere sempre un passo avanti rispetto ai propri avversari e
inseguitori, ma occorreva scegliersi gli alleati con molta più cura, più che
altro per essere certi di poterli liquidare senza difficoltà quando non
servivano più; proprio come l’ultimo cartello messicano che i Bongianno si erano trovati anni prima e che, quando avevano
iniziato a fare troppe domande sulla natura dei loro ambigui partner siciliani,
avevano provveduto ad epurare.
Fisicamente non sembrava neanche siciliano,
basso, tarchiatello, capelli a spazzola biondo
scurissimo tendente al marrone, mento squadrato e occhiali per compensare una
vista non più eccellente a quattrocento e passa anni.
«Credetemi, signori.» disse sorseggiando un
po’ del suo vino «Quello che conta al giorno d’oggi è la pragmaticità.
Bisogna essere materialisti e spietati, soprattutto nel nostro lavoro.
Personalmente, nel mio territorio applico da
sempre questo concetto, e non ho mai avuto di che lamentarmi, né problemi di
alcun genere».
Le ultime parole famose.
In quel momento la parete di vetro del
solarium venne letteralmente sfondata da due guardie del padrino che vi erano
stati scagliati contro, e che dopo averla ridotta in pezzi rovinarono sul
pavimento marmoreo dalla stanza incenerendosi.
Tutti, colti sul fatto, fecero per mettere
mano alle armi che ognuno di loro solitamente portava con sé, ricordandosi solo
troppo tardi che erano stati costretti a lasciarle all’ingresso al loro arrivo.
Passò qualche secondo, e dallo squarcio nella
vetrata entrò nella stanza un giovane che, riconoscendolo, lasciò il don un
momento spaesato per l’incredulità.
«Salve, disturbo?» domandò provocatoriamente
il giovane
«Guarda un po’ chi è sbucato fuori dalle
ombre.» commentò ironico Alfredo riacquistando cipiglio e autocontrollo «Il
piccolo Enrico Lorenzi.»
«Don Bongianno».
Il padrino sorrise di soddisfazione, quindi
fece un cenno ai suoi invitati per rassicurarli.
«Signori, se volete scusarmi.» disse, e tutti,
pur comprensibilmente attoniti e preoccupati, abbandonarono guardinghi il
salone, rifugiandosi in casa e lasciando il don da solo. Questi, nonostante
tutto, seguitò a mantenere il proprio autocontrollo, e messa una mano nel
taschino della giacca ne prese fuori uno dei suoi toscani, accendendoselo.
«Allora, qual buon vento ti riporta qui dopo
tutti questi anni?»
«Stai ancora lavorando per mio nonno, non è
così?» tagliò corto Eric.
A quella domanda il don restò un momento in
silenzio, per poi sorridere divertito.
«Ragazzo, hai la memoria corta. Sei stato
proprio tu a troncare il mio… accordo commerciale coi
Lorenzi. Anche se, date le circostanze, credo che dovrei ringraziarti. Dopo
cinquecento e passa anni, quella di tuo nonno stava diventando una presenza
assai fastidiosa.»
«Non raccontarmi balle. So benissimo che
lavori ancora per lui.»
«Davvero? E cosa te lo fa pensare?»
«Gabriele Lopez».
Nel sentire quel nome Alfredo, di nuovo, tradì
qualche emozione, ma cercò di non darlo a vedere.
«Non capisco dove vuoi arrivare.»
«So quel ragazzo è finito in mano tua. So che
lo avete contaminato con il Vermillion. So che tutti,
e dico tutti i campioni di Vermillion scomparsi dal
castello nei Balcani e dalla Zaibatsu di Hong Kong
sono stati recuperati e distrutti, e che quindi non puoi essertelo procurato
sul mercato nero. So che c’è una lista di persone scomparse, umani e vampiri,
lunga così che porta fino a te e alla tua famiglia.
So che sei un bastardo che per soldi farebbe
qualsiasi cosa. So che neanche fra mille anni saresti capace di lavorare a
questi livelli.
So che sei stato, sei e sempre sarai il
leccapiedi di mio nonno».
Gli ultimi commenti erano decisamente poco
lusinghieri e sfacciatamente provocatori, e infatti Alfredo stava iniziando ad
irritarsi.
«Sai un po’ troppe cose per i miei gusti,
ragazzino.» mugugnò sforzandosi di sorridere ma schiacciando nel contempo il
sigaro tra le dita
«Posso andare avanti tutta la notte, se vuoi.
Oppure possiamo smetterla qui e puoi dirmi a
cosa di nuovo sta lavorando mio nonno. C’è lui dietro tutte le mutazioni che
stanno spuntando fuori di questi tempi, non è vero?».
Seguirono lunghi ed interminabili attimi di
silenzio, poi per fortuna il clima parve volersi distendere; don Bongianno si accese un nuovo sigaro e ne offrì uno anche ad
Eric, che però rifiutò.
«L’ho sempre sostenuto. I Lorenzi sanno solo
provocare problemi.
Io speravo di essermi liberato di quel vecchio
fanatico, ma come si dice… le brutte compagnie sono
come gli scarafaggi. Non te ne liberi mai.»
«Che cosa state facendo? Cosa sono questi
esperimenti con il Vermillion, per di più sugli
esseri umani?»
«Cosa stia facendo, non chiederlo a me.»
rispose il don liberando una nuvola di fumo «Lo sai perfettamente che io non
sono solito indagare sugli ordini che vengono dall’alto. Mi limito a eseguirli.
Forse tu potresti aiutarmi a capire che cos’ha
in mente quella mummia fuori di testa. Non hai neanche idea dei problemi che mi
ha causato da quando è sparito dalla circolazione.»
«Prima dimmi che cosa stai facendo per suo
conto.»
«Posso fare di meglio.» rispose Alfredo
alzandosi «Posso mostrartelo».
Accompagnato
da un paio di uomini, Alfredo a quel punto condusse Eric nel cementificio
dall’altra parte della strada, e una volta qui all’interno dell’edificio
principale, insolitamente ben arredato per essere poco più di un cantiere.
«Non credevo che svolgessi i tuoi intrallazzi
in un posto così in bella vista.»
«Credimi, ragazzo. Questa città è in sé il
miglior nascondiglio che si possa desiderare».
Scesero nel seminterrato, dove al termine di
un corridoio Eric si ritrovò a tu per tu con una porta dall’aria
incredibilmente robusta, ben chiusa e protetta da un lettore d’iride e un
tastierino di sicurezza.
Il don la sbloccò, e questa, una volta
spalancata, rivelò una specie di piccolo sgabuzzino, che era in realtà un
ascensore abilmente mascherato, e che solo digitando il codice corretto
permetteva di usufruirne: un piccolo accorgimento per proteggere i molti
segreti che quel posto nascondeva.
«Dopo di te.» disse Alfredo facendo strada ad
Eric, il quale esitò un momento prima di salire per primo.
Una volta che furono tutti saliti il don prese
il proprio palmare, digitandovi un nuovo codice, e a quel punto l’ascensore
iniziò a scendere.
«E questo come me lo spieghi?» chiese Eric
«Non mi pare nelle tue possibilità.»
«Una delle poche cose per cui possa
ringraziare tuo nonno. Questo centro di ricerche fu costruito in gran segreto
durante il tentativo di riqualificazione urbanistica degli anni sessanta.
Ufficialmente servirebbe solo per svolgere il lavoro sporco che mi affida lui,
ma occasionalmente torna utile anche per altri scopi».
Eric ricordò di aver già visto altrove qualcosa
di simile; ad Hong Kong, alla Imagawa Zaibatsu; e ancor prima in Giappone, nella Penisola di
Noto.
Quanti altri laboratori e centri di ricerca
suo nonno e i suoi alleati avevano in giro per il mondo?
Duecento metri verso il basso dopo, le porte
dell’ascensore, in realtà solo uno di tanti, si riaprirono su di una sala
circolare che fungeva un po’ da centro nevralgico dell’intera struttura, che
vista dall’esterno poteva rassomigliare ad un albero di natale rovesciato e
strutturato su dieci livelli uno sotto l’altro sempre più piccoli.
Quello dove erano arrivati era il quarto
settore, o come recitava un cartello affisso alla parete il CENTRO DI QUARANTENA – LIVELLO I. Non c’era anima viva, ma
probabilmente solo perché quello era un settore riservato unicamente allo
stoccaggio delle cavie e dei soggetti per le sperimentazioni, e quindi un posto
dove non era necessaria una massiccia presenza umana.
Alfredo condusse Eric attraverso i corridoi,
facendogli constatare che effettivamente anche lì c’erano degli scienziati e
dei ricercatori al lavoro, gli unici probabilmente che non rispondessero
all’autorità del padrino ma solo a quella del conte Lorenzi, che seppur lontano
e nascosto chissà dove era ancora perfettamente in grado di gestire al meglio
tutti i suoi laboratori sparsi nei cinque continenti.
A prima vista sembrava un centro per le
ricerche come qualunque altro di una normale casa farmaceutica; si facevano
esperimenti su cavie, conigli e primati, ma di quel genere di cavie che Eric si
aspettava di trovare non vi era neppure l’ombra.
Certo, occorreva cercare di scoprire che tipo
di ricerche venissero fatte, ma Eric era sicuro che quella fosse solo la punta
dell’iceberg, e che in realtà lì dentro si facesse tutt’altro.
«Lopez non ha mai parlato di qualcosa del genere.»
«Credi che avrei tenuto uno scarto di
laboratorio come quello in un posto simile? Era uno studio alla ceca, uno dei
tanti che il conte ci aveva commissionato, ma vista la pochezza che sembrava
dimostrare lo abbiamo mandato a marcire in uno dei vari edifici satellite che
abbiamo disseminati attorno alla città.»
«Non parlerei esattamente di pochezza, visto
quello che è diventato.»
«È esattamente la stessa cosa che ho detto io
a tuo nonno quando quel gorilla è scappato. Certo, se avesse saputo come sarebbe
andata a finire, forse il vecchio ci avrebbe pensato due volte prima di
reputarlo un fallimento.
Comunque, per fortuna, avevamo avuto la buona
grazia di conservare una copia dei rapporti e delle cartelle inerenti alla
ricerca.»
«Allora è questo che fate qui.»
«E non solo.» replicò beffardo Alfredo.
Fu sufficiente scendere di un solo settore, e
ciò che Eric si ritrovò da un momento all’altro davanti agli occhi era qualcosa
che lasciava inorriditi.
Invece di conigli e scimpanzé, in quel posto
le cavie erano quelle che si era immaginato; praticamente metà dell’intero
livello era un susseguirsi di lunghissime e gigantesche stanze traboccanti di loculi
e gabbie per animali su più livelli dal terreno, perché animali erano gli
esseri che vi erano rinchiusi.
C’erano anche molti vampiri, ma la stragrande
maggioranza erano esseri umani, o almeno quello che ne restava; alcuni erano
ormai irriconoscibili, tanto erano mutati nell’aspetto e nel carattere. O
avevano assunto forme mostruose, diventando una massa di animali affamati e
scatenati, che i vetri super-corazzati di ogni singola cella a stento
riuscivano a contenere, o erano ridotti a vegetali senza vita, attaccati alle
macchine.
Eric, il don e il picciotto che li
accompagnava passarono in uno di questi bracci di prigione proprio mentre le
guardie del centro prelevavano uno di quei mostri per portarlo in laboratorio;
quella bestia si era ingigantita a tal punto che la sua pelle si era strappata
sotto la spinta dei muscoli, ormai quasi completamente scoperti, ringhiava e
sbavava, e le pareti della sua gabbia erano piene delle crepe che aveva
prodotto sfracellandosi i pugni e la testa nel tentativo di liberarsi.
Le guardie, cinque, cercavano di arpionarlo e ingropparlo con dei cappi, ma quello pur già parzialmente incatenato
si dimenava incurante di essersi praticamente già staccato una mano nel
tentativo di liberarla dall’anello agganciato alla parete; alla fine dovettero
ricorrere alle maniere forti, e grazie all’intervento provvidenziale di una di
loro, che attirò la sua attenzione ma che ricevette però un pugno al volo talmente
forte da spararlo letteralmente contro il muro facendolo esplodere, un altro
riuscì a raggiungerlo alle spalle e a piantargli venti centimetri di siringa
nella spalla facendolo crollare a terra svenuto.
«Come puoi vedere, non si tratta di un lavoro
semplice.» disse il don per nulla colpito da ciò che aveva visto
«Ma a che cosa serve tutto questo?» chiese
Eric con tutt’altro tono
«Non chiederlo a me. Gli ordini sono solo di
testare e sperimentare nuovi sistemi per aumentare la forza e le proprietà fisiche
sia degli umani che dei vampiri. Proprio come stavamo facendo con quel tuo
amico gorilla. Ma il perché, e che cosa se ne possa mai fare di tutti questi
animali senza cervello, vallo a sapere».
Poi, venne il momento dell’ultima parte di
quella specie di visita degli orrori, che a detta di Alfredo sarebbe stata la
cosa più sconvolgente di tutte.
Eric fu portato in una grande stanza a cupola,
completamente vuota e poco illuminata, dove però non c’era niente, a parte un
enorme foro al centro di alcuni metri di diametro; sembrava l’entrata di un
enorme pozzo, così profondo da non poterne scorgere il fondo, coperto dall’oscurità.
«Era questo che dovevi farmi vedere?» chiese
il ragazzo con una certa perplessità
«Esattamente.»
«Non vedo che cosa ci sia di strano.»
«Qui è dove ci sbarazziamo delle cavie
diventate inutili, o le cui ricerche non hanno dato gli esiti sperati.»
«Cioè…» disse Eric
gettando uno sguardo nel pozzo «Le gettate… qui
dentro!?»
«Esatto.»
«Ma perché?».
A quella domanda, il don si accese un nuovo
sigaro, sorridendo beffardo.
«Perché a volte possono ancora tornare utili».
Eric non ebbe neanche il tempo di pensare.
D’improvviso, un’ombra scura si materializzò
dal nulla sopra la sua testa piombandogli addosso dall’alto armata di una
spada; il ragazzo fece appena in tempo a girarsi, tentando una reazione
stentata, ma fu colto talmente di sorpresa da riuscire a malapena ad evitare in
parte il fendente, che invece di ucciderlo si limitò a ferirlo al torace, ma
subito dopo un calcio tremendo si abbatté su di lui, scagliandolo dritto all’interno
del foro.
Tutto accadde così in fretta che Eric non ebbe
neppure il tempo di capire chi o che cosa lo avesse colpito, riuscendo a
distinguere solo un guizzare di lunghi capelli marroni.
«Bongianno!» urlò
mentre precipitava «Maledetto!».
Un
essere umano non sarebbe mai sopravvissuto ad una simile caduta.
Per fortuna Eric se la cavò con qualche
lussazione e una breve perdita di conoscenza, ma in tutta sincerità anche lui
rimase sorpreso quando, riaperti gli occhi, si rese conto di essere ancora
vivo.
Al termine del pozzo vi era una seconda stanza
simile a quella che stava più in alto, con la differenza che il foro era nel
soffitto, e a giudicare dai resti chissà quanti altri ci erano stati già
buttati dentro nel corso degli anni.
Forse era in questo modo che la famiglia Bongianno si era sempre sbarazzata di traditori, avversari
e personaggi scomodi, facendoli sparire dal mondo come non fossero mai
esistiti.
A giudicare dalla temperatura e dal buio, a
malapena rischiarato da poche lampade al neon appese al soffitto, quello doveva
essere l’ultimo e più basso livello della struttura, una tomba dalla quale non
si usciva.
Eric, pur acciaccato, alzò gli occhi in cerca
di un’uscita, ma il dolore si trasformò in rabbia quando, lungo le pareti del
pozzo, vide una parete vitrea oltre la quale era sicuro trovarsi quella carogna
che lo aveva gettato lì sotto.
E infatti, don Bongianno
era proprio lì, ben nascosto all’interno di una piccola stanza, un centro di
comando da dove si poteva monitorare tutto quello che accadeva in quella vasca
di scarico, e dove lui era solito recarsi per gustare personalmente la morte
dei suoi nemici.
«Mi avevano detto che saresti arrivato.» disse
attraverso l’altoparlante, per essere certo di farsi sentire «Sei sempre stato
impeccabile nel ficcare il naso nei posti meno consoni».
Di tutta risposta Eric afferrò un cranio,
scagliandolo con tutta la sua forza e mandandolo a fracassarsi contro la
vetrata, che tuttavia essendo a prova di danno ne uscì senza un graffio.
«Non sei affatto cambiato.» commentò il don
ridendo a squarciagola per quel gesto inutile «Sempre irruente e scalmanato. Ma
anche ingenuo.»
«Anche tu sei rimasto quello di una volta! Sempre
a fare il lavoro sporco dei Lorenzi!»
«Tu non hai neanche idea di quanto questo mi
faccia venire il voltastomaco. Ma come ti ho già detto, finché ho il mio
tornaconto sono disposto ad ingoiare».
Alfredo a quel punto si accese il suo terzo
sigaro.
«Che cosa diavolo state facendo? A che scopo
fare tutto questo?»
«Dammi retta, ci sono cose al mondo che è
meglio non sapere.
Prendi te, ad esempio. Se non avessi voluto a tutti
i costi ficcare il naso in cose che non ti riguardavano, forse saresti vissuto
un po’ più a lungo.»
«Ho sempre pensato che fossi un maledetto
viscido rettile. Ora ne ho la conferma.»
«Prendila in questo modo. I miei superiori,
compreso tuo nonno, non sanno più cosa farsene di te.
E per quanto mi riguarda, la tua esistenza non
mi crea alcun beneficio.
Mi basta che muori».
Detto questo, il padrino schioccò le dita, e d’un
tratto una specie di portello prese ad aprirsi lentamente lungo la parete della
prigione.
Dall’interno di quell’androne Eric aveva
sentito giungere per tutto il tempo dei mugolii inquietanti, e quando le porte
si furono sufficientemente aperte, un vero e proprio abominio sbucò fuori da
dietro di esse spalancandole con una tremenda spallata.
Era un gigante; nel vero senso della parola.
Doveva essere alto almeno sette metri, un
corpo ridondante di muscoli, che la pelle spessa e ruvida come il cuoio grezzo a
stento riusciva a contenere, fattezze mostruose da orco su di una testa completamente
pelata, gambe piuttosto piccole ma due braccia che sembravano sul punto di
esplodere, terminanti ognuna in enormi mani con quattro dita ciascuna.
Eric era sconvolto; cosa potevano aver mai
fatto per creare un mostro simile?
«Esperimento di sviluppo fisico.» disse Bongianno attraverso l’altoparlante, quasi avesse carpito i
pensieri del ragazzo «Abbiamo clonato il tuo amico tossicomane e abbiamo
proseguito le ricerche. Quello che vedi, è il risultato.
Forse era davvero un esperimento destinato a
fallire, in fin dei conti».
Quindi, pensò Eric, era questo che Gabriel
sarebbe probabilmente diventato, se non fosse riuscito a scappare.
«E non credere che sia finita qui».
Il padrino fece un nuovo cenno, e al suono
assordante di un allarme, nel centro del pavimento della stanza, si aprì una
nuova, grande botola, dal quale giungevano aria rovente ed un caldo
asfissiante. Eric vi gettò uno sguardo, accorgendosi che un centinaio di metri
più in basso, nel fondo di una specie di canalone, scorreva un fiume di lava.
«Non te l’ho detto?» disse Alfredo «Questo
centro, come l’intera città di Palermo, è costruito proprio sopra ad una faglia
sismica. Un modo come un altro per disfarsi degli scarti di produzione.»
quindi, rise beffardo «Allora, cosa preferisci? Morire schiacciato o bollito?».
Eric era ancora intento a fissare quel mare di
magma, quando il gigante tentò di colpirlo; per fortuna fu rapido a schivare,
ma il doppio pugno di quella bestia non aveva nulla da invidiare alla potenza
dirompente di un meteorite.
«Non c’è che dire.» commentò fissando il
mostro dritto in volto «Una gran bella giornata».
Nota
dell’Autore
Eccomi
qua!^_^
Sono
ritornato.
Chiedo scusa
per il lungo ed imperdonabile ritardo, ma come ho già spiegato alla nostra
amica comune Emma questa settimana ho avuto un blocco dello scrittore di
proporzioni bibliche, dal quale sono stato in grado di venire fuori solo ieri.
Allora,
che vi pare di questo nuovo capitolo?
Per ora
non è niente di che, ma conto di aumentare l’effetto horror nel prossimo.
Non vi
faccio ancora gli auguri di natale, perché spero di poterne pubblicare un altro
prima di allora, ma nel caso (come sempre) finissi per contraddirmi, allora in
anticipo tanti auguri di Buon Natale a tutti!^_^
A
presto!^_^
Carlos Olivera