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Autore: Jessy87g    03/07/2007    1 recensioni


''La stirpe dei Ravenswood si estinguerà,
quando l'ultimo erede una morta in moglie chiederà''


Sciocchezze,superstizioni..ecco cosa era quella profezia per Sesshomaru.
Ma quella cantilena,che non smetteva di ripetersi nella sua mente, cominciava ad assumere sempre di più i tristi rintocchi di un requiem.

Liberamente tratta dall'omonimo romanzo di Walter Scott.
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Rin, Sesshoumaru
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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“Notte, ricopri la ria sventura
Col tenebroso tuo denso vel.
Ah! quella destra di sangue impura
L’ira non chiami su noi del ciel”




Un’ immacolata e imponente falce di luna regnava in quella notte scevra di stelle.
Quel giorno tremendo volgeva infine al suo termine, ma sarebbe continuato a splendere per molti anni nella memoria di coloro che avevano assistito a quel singolare matrimonio.
Tuttavia, dopo la tragica quanto fugace apparizione del signore di Ravenswood, Lady Asthon aveva cercato di far tornare tutto alla normalità e aveva spedito il marito a parlare con Koga Buclaw per rassicurarlo del fatto che nessuno avrebbe più tentato di strappargli la sua legittima consorte.
Così, mentre Rin, semi-svenuta, venne portata di peso dai servitori e da una preoccupatissima Kagome nelle sue stanze, gli astanti avevano preso allegramente parte al banchetto di nozze senza la sposa e, subito dopo, si erano gettati nelle danze -attività alla quale erano tuttora dediti-, con una tale leggerezza e allegria da lasciare letteralmente senza parole lo sposo, seduto in disparte, scuro in volto.
Tuttavia Sir Buclaw, rassicurato dai medici riguardo allo stato di salute della moglie, solo a sera inoltrata aveva deciso di avviarsi al talamo, non prima di aver ingaggiato una dura lotta contro la sua innata e malcelata timidezza.
Non sapeva spiegarsi il perché; ma Miss Asthon, così bianca ed eterea come gli era apparso quel giorno, spendeva ai suoi occhi come una luminosa creatura intangibile, al di fuori di quel tempo e dello spazio; tanto da fargli provare una specie di ansioso timore reverenziale: lo stesso che aveva prodotto in lui, sebbene con maggior violenza, la torbida e affascinante figura del signore di Ravenswood.
Infine, scacciati tali pensieri e spinto da una raggiante lady Asthon, si era deciso e recarsi a compiere i suoi doveri di novello sposo.

Una figura incappucciata si mosse velocemente da un albero all’altro del castello degli Asthon e si appiattì contro il tronco, cercando di non farsi vedere da due uomini che barcollavano ubriachi a poca distanza da lui.
Dopo che se ne furono andati, scivolò, cercando di far meno rumore possibile, dietro un piccolo cespuglio e rimase immobile per un lungo istante, lanciando della fugaci occhiate intorno a sé.
Stava per spiccare un balzo per avvicinarsi ancora di più alle mura, quando, ad un tratto, un odore pungente invase il naso dello sconosciuto.
Si avvicinò incuriosito ad una piccola capanna poco distante: il fetore del sangue, misto a quello della morte era così forte che per poco non gli fece perdere i sensi.
Scosse desolato la testa: lì dentro erano stati ammassati i corpi dei poveri soldati trucidati dalla furia del signore di Ravenswood, in attesa che, la mattina successiva, il carro del becchino venisse a prenderli per il loro ultimo, squallido, viaggio.
Si voltò verso il castello dal quale fuoriuscivano le allegre note della gavotta e le risate allegre di alcune dame: probabilmente quei ricchi tracotanti, che ora stavano ridendo e ballando in uno splendore accecante di oro e gioielli, non si preoccupavano affatto che dei giovani uomini, per proteggere le loro vite, allo spuntare del sole, sarebbero stati ricoperti di terra, per giacere in eterno in una tomba senza nome.
Si riscosse subito da questo lugubre pensiero. Non c’era tempo per l’indugio: aveva una missione da compiere. Sfrecciò attraverso il giardino, stando bene attento a non farsi notare dalle sentinelle, ed entrò in punta di piedi attraverso una porta secondaria, usata solamente dalla servitù, e la richiuse alle sue spalle.
Sentiti dei passi che si stavano avvicinando, si appiattì contro la parete, in un angolo dove le tenebre lo proteggevano dalla flebile luce della luna che penetrava attraverso una piccola finestra.
La porta si aprì e si richiuse in un attimo.
Il nuovo arrivato andò subito verso una piccola lampada ad olio poggiata su un tavolo.
Dai passi piccoli e leggeri doveva essere una donna, si disse l’intruso.
Per sua fortuna era proprio la donna che cercava.
“Kagome!” esclamò non appena il dolce odore della fanciulla gli giunse alle narici e la luce rossastra della lampada illuminò il bel volto.
“Inuyasha!” esclamò incredula la giovane con un grido soffocato, riconoscendo la voce dell’amato “Siete davvero voi?!”
Non appena il mezzodemone si tolse il cappuccio e le mostrò il volto, gli corse incontro, fuori di sé dalla gioia, e lo ricoprì di baci misti a pianto.
Inuyasha la prese tra le braccia e rimase per un lungo momento ad assaporare quell’istante di dolcezza.
“Mi siete mancato moltissimo. Come state?” chiese Kagome, rompendo per prima il silenzio.
“Non preoccupatevi per me.” La interruppe il giovane con un gesto vacuo “Sono venuto qui in primo luogo per accertarmi della vostra salute e, in secondo, per sapere che diavolo ha combinato quell’incosciente di mio fratello.”
“Come? Non lo sapete?”
“Se lo sapessi, mia signora, non ve lo chiederei. Ma si dà il caso che il mio caro fratellino, non appena ha ricevuto, a Parigi, la lettera riguardo all’imminente matrimonio di Miss Asthon, si è fiondato senza pensarci due volte, come se avesse avuto le Furie alle calcagna, sulla prima nave diretta in Scozia, naturalmente lasciando a me l’arduo compito di placare il marchese; il quale, vi posso assicurare, schiumava letteralmente di rabbia!”
“Oh, mio Dio!” esclamò Kagome, compatendo l’amato per la terribile prova che aveva dovuto affrontare.
“Potete dirlo forte!” continuò il mezzodemone “Ma non credo nemmeno Dio in persona avrebbe potuto calmarlo.
“Adesso Sesshomaru è nei davvero guai: non solo non riceverà un soldo per il suo compito, ma dovrà affrontare l’ira dello zio! E vi posso assicurare che egli ha in mano armi che feriscono molto più profondamente rispetto a qualsiasi spada.”
“Suppongo,” disse la fanciulla in tono mesto “che l’ira del marchese non sarà l’unica che il signore di Ravenswood dovrà affrontare.”
“E perché?” chiese, esterrefatto, Inuyasha, mentre il cuore gli mancò un battito: quale altra sventura poteva capitargli ancora?! “Vi prego, amore mio, raccontami cos’è accaduto. Non appena mi è stato possibile liberarmi dal marchese, sono corso qua al castello per tentare di fermare qualsiasi azione avventata da parte di mio fratello. Ma, a quanto vedo, sono arrivato troppo tardi.”
Allora Kagome iniziò pazientemente a narrare, con voce calma, tutti gli avvenimenti: a partire dalla macchinazione di Lady Asthon, per finire con l’intrusione del signore di Ravenswood durante la celebrazione del matrimonio.
Se, ascoltando la prima parte del racconto, Inuyasha aveva stretto convulsamente i pungi, sdegnato dal comportamento crudele della donna; nel sentire la seconda parte, fu costretto a sedersi, poiché le gambe minacciarono di cedere da un momento all’altro.
“E’ impazzito…è impazzito.” Riuscì solamente a balbettare.
Suo fratello era rovinato, per sempre.
Aveva volontariamente firmato la sua stessa condanna a morte: neanche la sua nobiltà e il suo coraggio l’avrebbero salvato dall’ira di quei potenti sdegnati che aveva insultato senza ritegno, con una sfacciataggine inaudita.
“No, amore mio. Sesshomaru non è impazzito, ma Rin lo è quasi, se non del tutto. Povera piccola! Ho visto…ho visto i suoi occhi dopo che vostro fratello ha calpestato il loro pegno d’amore: mi è corso un brivido lungo tutta la schiena! Non si riprenderà mai da questo choc, mai.”
“Povera Rin.” Sospirò Inuyasha, profondamente addolorata per le azioni del fratello “Dov’è ora? Come sta?”
“Adesso è al talamo con il suo sposo: è salito da pochi minuti.”
“Cosa?” gridò il giovane a metà tra l’esterrefatto e lo sdegnato “Ma sta male!”
“I medici hanno detto che non è niente.” Rispose la fanciulla con un amaro sorriso “In fondo loro possono guarire le ferite del corpo, non quelle dell’animo. E quelle nessuno riesce a capire quanto siano profonde…forse nemmeno io.”
Inuyasha le posò un bacio sulla fronte per rassicurarla. “Eppure anche voi sapete cosa vuol dire amare.” Le disse con tono insicuro e un poco imbarazzato.
“Cero che lo so!” Rispose la fanciulla, con tono fermo “Tuttavia è diverso: io vi amo di un amore limpido, luminoso e scevro di preoccupazioni: l’amore semplice delle persone semplici quali noi siamo.
“Invece Rin ama Sesshomaru di un amore ossessivo, angosciante, fosco: come solo una figura enigmatica, pericolosa, e per questo affascinante, come quella di vostro fratello può provocare in una fanciulla che, rinchiusa da sempre in queste mura, non ha mai affrontato la vera realtà del mondo che la circondano. Quel demone per lei è come il fuoco della lampada che attira le falene: incredibilmente irresistibile, ineluttabilmente fatale.
“Questo sentimento si è radicato nel cuore di quella povera bambina come una malattia e, pian piano, la sta uccidendo!”
“L’amore può portare dunque alla morte?” Chiese, titubante, Inuyasha.
“L’Amore, a seconda di come si vive, è la Morte.” Lo corresse la fanciulla, con tono grave e rassegnato.
Il mezzodemone, non del tutto sicuro di aver capito fino in fondo il ragionamento della sua amata, ma percependo una angosciante fatalità in quelle oscure parole, stava per chiedere ulteriori spiegazioni quando una strana sensazione lo bloccò all’improvviso.
Un urlo straziante squarciò la notte.
La musica cessò, gli astanti si guardarono allibiti, Lady e Lord Asthon corsero, seguiti da alcuni servi, ai piani superiori.
Un altro urlo agonizzante risuonò nell’innaturale silenzio, rimbombando attraverso le immense pareti.
Kagome si voltò verso Inuyasha: era pallida come un cadavere.
“Viene dalla stanza degli sposi” balbettò terrorizzata. Il mezzodemone le pose una mano sulla spalla per tranquillizzarla. Cercando di ostentare una calma che non aveva. Ma la fanciulla, troppo preoccupata per l’amica, stava già per correre verso la porta; quando le grida concitate che giunsero alle sue orecchie la pietrificarono completamente.
In un attimo solo poche parole regnavano in quel silenzio di piombo, rimbalzando di stanza, di corridoio in corridoio, di bocca in bocca:
“Sir Koga Buclaw è stato assassinato!”



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Un grazie speciale a lollyna e a caporalez per i loro commenti. Alla prossima, Jessy
  
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