Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: AyaCere    03/07/2007    2 recensioni
E' una long-fic ambientata in un periodo indefinito della storia, dopo l'attacco al Tokyo Dome, e ne riscrive la fine (che prenderà una piega del tutto diversa -.-). E' il tipo di fic in cui la fanwriter prende la trama di fondo di TMM, ci ficca dentro personaggi e invenzioni personali e poi ci fa quel che le pare e piace! (mwahahah XD)
Premetto che si tratta della stessa storia che avevo pubblicato con nick di _Ceres_, però l'ho riscritta da capo, visto che prima faceva proprio pietà. E' anche abbastanza seria (per i miei standard, si intende) e vi avverto fin da subito che sono molto lenta con gli aggiornamento. Portate pazienza...
Vi auguro buona lettura *sorrisino molto molto perverso* smackete! ;*
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Frammenti di Me

Innanzitutto mi scuso del tremendo ritardo, ma il mio pc fa il bastardo ogni giorno di più e ogni tanto si blocca, cancellando tutto il documento ç_ç non avete idea di quante volte abbia riscritto questo capitolo… ringrazio Caomei, Lory 06 e Dikar93 che hanno avuto la gentilezza di recensirmi. Siete i miei amorini e vi vojo tanto bene =*

Di bello c’è che ho iniziato a scrivere una specie di seguito alla one-shot su Retasu e Pai… ho tante idee in mente, ma se avete richieste da fare siete le benvenute!

Ok, vi lascio alla storia. Solo una cosa: voglio anche che mi critichiate, che mi dite cosa con vi piace della ff e come potrei migliorare. Me lo fate questo favore? é_è

(ps. so che le formule di Mizu suonano terribilmente sceme, ma che ci volete fare… dovevo attenermi allo stile della Ikumi e della Yoshida =_= se avete qualche suggerimento, fatevi avanti!)

 

 

Declaimers: Tokyo Mew Mew non appartiene a me, ma a Mia Ikumi e Reiko Yoshida, e non ne possiedo i diritti. Questa storia non ha scopo di lucro né è serializzata.

 

Frammenti Di Me

 

5. Speranze irrealizzabili

 

Terra... così diversa da Verena.

Così verdeggiante, così vasta, così generosa nel dare ai suoi figli.

Così sciocca nel perdonare chi se ne frega dei suo futuro.

Così ingenua nel farsi usare da chi non ha rispetto per lei.

Così sporca rispetto a quando i tuoi figli eravamo noi...

 

Il sole cominciava a tramontare dietro i grattacieli di Tokyo.

Dovunque guardasse, tutto sembrava grigio e morto. Il cemento delle strade, gli alberi ormai spogli per l'inverno alle porte, la ghiaia del parco. Kisshu era cresciuto su un pianeta dove l'aria respirabile era poca e per questo il suo popolo era costretto a vivere sottoterra. La luce del sole era uno spettacolo raro, quello di veder fiorire piante e fiori lo era anche di più. Ma sulla Terra non esistevano questi limiti. Lì la natura era libera di dare il meglio di sé e faceva di tutto per sopravvivere. Le piante nascevano dovunque, anche nelle fessure delle strade asfaltate o sui muri di un edificio.

Ed era veramente... frustrante vedere con che facilità si mettevano freni a questo miracolo. Era frustante ricordare per quanti anni il suo popolo avesse sognato anche solo un decimo di tutto questo, mentre gli umani non solo non ne percepivano il valore, ed anzi distruggevano e sporcavano il suolo che permetteva loro di vivere.

Però la cosa che gli faceva venire il sangue al cervello era sapere che una volta, trecentomila anni fa, tutto ciò era stato del suo popolo.

Avevano dovuto abbandonare la Terra per i disastri naturali che la imperversavano. Avevano trovato rifugio su Verena e vi si erano stabiliti; ma era un pianeta vecchio già a quel tempo e con gli anni era peggiorato a tal punto da costringerli a scavare gallerie e costruire città sotterranee. Ormai non era che un pianeta finito: a loro serviva la Terra, era loro di diritto. Le mewmew si ostinavano a proteggere un popolo di orrendi esseri interessati solo a loro stessi...

Improvvisamente qualcosa si illuminò sotto la tunica di Kisshu. Un po' perplesso, l'alieno si guardò in giro: non c'era nessuno nel parco spoglio che affiancava il grande ospedale.

Sciolse l'intreccio delle gambe e si diede una spinta, balzando giù dal ramo. Non si accorse di quella figura che passava nella sua traiettoria di atterraggio: la investì in pieno, schiacciandola col suo peso.

    - Ahhh! -

Era il suo urlo di sorpresa mischiato a quelle di chi stava schiacciando. Kisshu era ancora confuso, decise di alzarsi solo quando la figura cominciò a respingerlo ed intimargli di levarsi di torno. Si alzò in volo quel tanto da lasciarlo libero di muoversi.

Era una ragazzina. A occhio e croce non aveva più di tredici anni. Kisshu la osservò sorpreso per qualche attimo, chiedendosi come non l'avesse notata prima, mentre lei ricambiava il suo sguardo altrettanto sorpresa. Prima che potesse dire qualcosa lei cercò di muoversi, ma si bloccò subito, con una smorfia di dolore sul viso.

    - Scusa... ti sei fatta male? - chiese senza pensarci. Lei ancora lo fissava sbigottita, squadrandolo da capo a piedi. Ritentò ad alzarsi ma di nuovo si bloccò, dolorante. Forse lui, cadendole addosso, le aveva rotto qualcosa. Kisshu le allungò la mano per aiutarla -che lei afferrò dopo qualche attimo di timore- e cominciò ad alzarla, quando improvvisamente realizzò che stava aiutando un'umana.

Un'insulsa usurpatrice del pianeta del popolo di Kisshu.

Assurdo.

Lasciò andare la stretta della mano all'istante, e lei ricadde a terra protestando. Era smarrita, ma lui non si fece fregare nuovamente e la fissò ostile.

    - Sei solo un'umana... non ti meriti il mio aiuto... - le disse, nonostante sapesse che non lo avrebbe compreso. Si allontanò, mentre lei si metteva in piedi da sola. Avrebbe potuto sparire e lasciarla lì come una scema a chiedersi se avesse sognato tutto o no, invece restò, perché lei parve capire.

    - Sei un alieno... - 

Kisshu ci rimase di sale.

    - E tu come fai a... -

Non gli lasciò il tempo di finire; prese a correre verso la parte opposta, nel tentativo di sfuggirgli. Se pensava di farla al grande Kisshu Edokiwa si sbagliava di grosso... era solo un'umana e lui non avrebbe fatto sul serio, ma spaventarla sarebbe stato un grazioso passatempo.

Prese a volare nella stessa direzione, senza metterci particolare impegno. La ragazzina correva veloce, sì, ma niente di eccezionale. Ogni tanto gli lanciava delle occhiate e Kisshu sorrideva tra sé vedendola sempre più spaventata. Avrebbe potuto teletrasportarsi davanti a lei e bloccarla del tutto, ma decise che così era molto più divertente.

Stavano per superare l'uscita del parco, quando inaspettatamente lei scartò a lato, infilandosi in un vicolo buio. Se sperava di prenderlo di sorpresa si sbagliava di grosso: Kisshu aveva memorizzato quasi tutte le strade di Tokyo e sapeva che da quel vicolo non si usciva. Infatti la sentì sbottare rabbiosa mentre lui svoltava con tutta calma. Lei era ferma davanti al reticolato e gli dava le spalle.

    - Oh oh... game over, bambolina. Il gioco è finito, e tu hai perso. - la prese in giro mentre le si avvicinava. La ragazzina si voltò e sussultò nel trovarlo così vicino. Kisshu nascose un sorriso vedendola retrocedere di qualche passo, mentre lui si avvicinava, lento e inesorabile.

    - E così tu conosci gli alieni... come mai? -

Lei non rispose. Aveva ormai raggiunto il reticolato. Kisshu sbuffò infastidito.

    - Ti ho fatto una domanda, bambolina. -

    - Non... non mi chiamare così. - rispose lei con la voce stridula dalla paura, che lo fece sogghignare.

    - E come ti dovrei chiamare, allora? -

Le era di fronte, vicinissimo. Lei sembrava essere incapace di rispondere, immobilizzata dal terrore. Così non c'era neanche gusto... Kisshu non si sentiva più divertito come prima.

    - Rispondi, bambolina! -

    - Non... non lo so! -

Ma lo stava facendo apposta per farlo infuriare? Si sentiva preso in giro. Infastidito come non mai -e stufo di quello stupido gioco- richiamò i Sai e li fece roteare nei palmi delle mani. Chi se ne fregava se non era una mewmew. Lo aveva preso in giro e meritava di morire. Tanto, Deep Blue avrebbe fatto fuori tutto il genere umano una volta riprese le forze... prima o dopo non faceva differenza, no?

    - Mi hai fatto perdere la pazienza... -

Caricò in aria un Sai e lo calò verso la ragazzina, senza pensarci due volte. Lei chiuse gli occhi, terrorizzata. Era a pochissimo dal suo volto quando una fuoco fatuo si sprigionò violento e velocissimo e si avviluppò intorno alla lama.

Urlò dalla sorpresa. Il metallo diventò incandescente e Kisshu dovette lasciarlo per non scottarsi in modo grave. Quando la ragazzina aprì gli occhi, lui si era allontanato di parecchi metri.

    - Come... - sbiascicò lui, senza parole. Non poteva credere a ciò che aveva visto: gli umani non avevano poteri del genere, da quel che ne sapeva solo le mewmew avevano simili capacità, ma era ovvio che quella non era una di loro... come aveva fatto?

Caricò il secondo Sai in aria: questa volta non si sarebbe avvicinato, si sarebbe limitato ad osservare la scena. Lo lasciò andare, veloce, verso di lei.

    - Mew... - iniziò lei nello stesso momento, ma si bloccò subito. Anche Kisshu si immobilizzò, a mezz'aria, vedendo il suo corpo brillare di una luce dorata. Quel fenomeno gli era famigliare, ma non poteva essere… non poteva e basta.

Il Sai si avvicinava sempre di più, ma ormai Kisshu non ci pensava nemmeno.

La ragazzina strizzò gli occhi.

    - MewMeggy Metamorphosi! -

La luce dorata del suo corpo esplose e li avvolse, calda e vibrante come il fuoco.

 

*

 

Ichigo si dondolava sull'altalena di fronte al portone della scuola, imbronciata.

La campanella delle lezioni pomeridiane era suonata da almeno mezz'ora, ma lei non aveva voglia di tornare a casa né tanto meno di andare al caffè. Fissava l'entrata del cortile cupa, ignorando i pochi studenti che si attardavano ai club scolastici.

E dire che Ichigo odiava la scuola: i suoi voti superavano raramente la sufficienza. Ad inizio anno, a costo di non stare in quel postaccio un minuto di più, non si era iscritta a nessun club, nemmeno a quelli che le piacevano.

Eppure eccola lì. Se non era amore, il suo... perché Ichigo lo stava facendo solo per Masaya. Solo e soltanto per il suo dolce ed impegnatissimo ragazzo.

Era stanca di non riuscire a vederlo spesso. Si incontravano solo la mattina andando a scuola ed ogni tanto nei fine settimana, quando lui non aveva gare di kendo e lei turni al caffè. Senza contare gli attacchi improvvisi degli alieni... e quelle stupide primine del club di pallavolo! Le avrebbe volentieri fatte ai ferri con un bel Strawberry Chech, ma Ryo l'avrebbe di sicuro ammazzata.

Sospirò, continuando a dondolarsi. La sua vita era diventata così difficile. E dire che nella top ten dei suoi problemi non c'erano Kisshu & Company, bensì le complicazioni del rapporto con il suo ragazzo. Se lo avesse lasciato sarebbe stato diecimila volte meglio...

Notò solo in quel momento un ragazzo dall'aria famigliare. Lo guardò meglio: indossava la divisa scolastica ed aveva con sé una borsa per l'attrezzatura di kendo. Ma certo, era l'amico di Masaya, come si chiamava... Hiroto o qualcosa del genere. Decise di avvicinarsi a lui.

    - Scusa - stava per aggiungere il nome, ma a quel punto non era sicura che si chiamasse proprio Hiroto e non voleva fare brutte figure. - Conosci Aoyama, vero? E' nel club di kendo... -

Il ragazzo annuì.

    - Tu devi essere Momomiya. Ogni tanto ci parla di te. - fece un leggero sorriso. - Sei l'unica ragazza della scuola coi capelli rossi... -

    - Ehm, sì - Ichigo non sapeva bene cosa rispondere. - Comunque, sai se si sta allenando ancora? -

    - Aoyama oggi non si è fermato agli allenamenti. Aveva un altro impegno... ma non ho capito bene... -

    - Ah. - fu tutto ciò che riuscì a dire. L'aveva aspettato per niente! E lui non le aveva mai parlato di impegni particolari, ultimamente. Sentì montare un certo nervosismo misto a tristezza, ma decise di ignorarlo. - Ok, allora ciao... -

Salutò il ragazzo e prese la strada per il caffè, anche se era il suo giorno libero.

Improvvisamente, un po’ del suo amore per Masaya le sembrava quello di una bambina ingenua.

 

*

 

Mizu aprì lentamente gli occhi, col cuore a mille ed una strana energia che pulsava nelle vene.

Sentiva una sensazione stranissima in tutto il corpo, ma non era spiacevole. Non era più stanca, nemmeno la gamba le faceva male; tuttavia il mal di testa era peggiorato. Si portò una mano all’altezza delle tempie, mentre con l’altra scostò la frangia dagli occhi.

Fu in quel momento che si accorse che qualcosa non andava. Aveva sfiorato qualcosa di morbido, come un peluches. Tornò in quel punto ed il cuore mancò un battito quando, dove normalmente si trovavano le sue orecchie, si trovò a tastare qualcosa di molto peloso.

Confusa e spaventata fece qualche passo, ma c'era qualcosa che non andava. Abbassò gli occhi: la posto delle larghe scarpe da ginnastica di Ryo indossava degli stivaletti arancio che cadevano morbidi lungo il polpaccio. Con un terribile sospetto, passò in rassegna il resto degli abiti, e con orrore si accorse che i jeans e la felpa erano spariti. Al loro posto c’era un abito, dalle ampie maniche a tre quarti, che terminava con una gonna a portafoglio, il tutto dello stesso arancio assurdo degli stivaletti. Perfino le mani erano coperte da guanti -neri, però- di quelli che lasciano le dita libere dalla stoffa*.

    - Che razza di scherzo è questo?! - si era quasi dimenticata di Kisshu. Lui la osservava sorpreso -forse anche offeso, in qualche maniera- a parecchi metri di distanza da lei. - Da quando le mewmew sono in sei?! -

    - Che?-

Mewmew, lei?!

Istintivamente si portò nuovamente le mani sulla testa e toccò quei peluches. E capì che quelle erano le sue orecchie.

Oddio. Non-poteva-essere.

Ancora troppo shockata, notò solo all’ultimo momento l’attacco di Kisshu. Con uno scatto fulmineo -che di certo non avrebbe fatto normalmente- lo evitò in parte, ma il Sai l’aveva graffiata alla spalla.

    - Ah! -

    - Non scappare! - con la coda dell’occhio vide Kisshu recuperare il secondo Sai per preparare un altro attacco micidiale.

    - Te lo scordi! - disse prima di saltarlo via e correre fuori dal vicolo. Non aveva una meta precisa, sapeva soltanto che più lontano sarebbe riuscita ad andare, meglio era per lei.

    - Tsé… sciocca bambolina… - Kisshu la seguì a ruota, rabbioso.

Questa volta però fu un inseguimento diverso da quello di prima. Mizu correva velocissima, ed era agile nello schivare gli ostacoli lungo la strada o nel trovare strettoie sconosciute dove infilarsi. L’alieno dovette impegnarsi con tutto se stesso pur di non lasciarsela sfuggire: ora era guidata da un istinto animale che non la rendeva più una preda, ma una predatrice.

Solo, lei non se ne era ancora resa conto.

Sfrecciavano per le vie di Tokyo sotto gli sguardi spaventati dei cittadini. Kisshu non sapeva dire se Mizu stesse seguendo una particolare strategia o semplicemente corresse senza una precisa direzione, ma quando, dopo pochi minuti, si ritrovarono nello stesso punto di partenza, perse anche la poca pazienza rimasta. Era ora di farla finita con quello stupido giochetto.

La mewmew si voltò per l’ennesima volta e si sorprese quando non trovò la figura volante dell’alieno alle sue spalle. Ma tutto durò un istante: finì addosso a qualcosa, che la strinse a sé così prepotentemente da toglierle il fiato nei polmoni. Quando la lama del Sai le sfiorò la gola, realizzò che gli alieni avevano anche la capacità di teletrasportarsi.

Maledizione…

    - Due a zero per me, bambolina! - sibilò acido l’Alieno, spingendo con forza la lama contro la gola della ragazza, che fu costretta ad alzare il mento per non ferirsi.

Il cuore ricominciò a battere forte, come quando poco prima aveva pensato di essere sul punto di soccombere. Ora però, pensò in un lampo di lucidità, sono una mewmew. Era difficile ragionare in una situazione simile, ma si sforzò. Se era davvero una mewmew, nelle novità del giorno non c’era solo l’abitino arancio con orecchie e coda in coordinato, ma anche dei poteri. Già… ma quali?

    - Quanto sei noiosa… - commentò Kisshu, seccato dal suo silenzio ostinato, e avvicinò il Sai con così tanta forza da ferirla. Un rivolo di sangue vermiglio colò dalla ferita, scivolando sulla pelle della gola. Il suo odore ferroso le entrò con prepotenza nelle narici, e come un campanello d’allarme risvegliò del tutto il suo istinto di sopravvivenza. Di nuovo, delle parole esplosero nella sua mente, e per quanto assurde potessero sembrare, le lasciò uscire senza farsi troppe domande.

    - Meggy Twisted Ring! -

Una luce dorata illuminò il suo corpo, costringendo Kisshu a lasciar andare la stretta attorno al suo corpo. La luce si condensò nei palmi delle mani, dove comparve uno strano oggetto a forma di cerchio. Ovviamente era arancio; tre campanellini erano legati ai bordi da fiocchi marroni.

Sorpresa com’era, notò solo all’ultimo l’attacco fulmineo di Kisshu. Guidata da un istinto innato, evitò il calcio dell’alieno con un balzo, poi contrattaccò con la stessa moneta. Nemmeno lui però era da meno in fatto di agilità: afferrò la gamba di Mizu con decisione e poi, con una forza straordinaria per la sua costituzione gracilina, la gettò verso un edificio.

Fortunatamente c’era quello strano istinto a guidarla. Con una capriola si mise in posizione orizzontale, così che quando gli stivaletti toccarono il muro, le bastò piegare le ginocchia per attutire il colpo.

Ormai, Mizu si era lasciata completamente andare. La sua mente era vuota, ed il corpo reagiva solo all’istinto da predatrice. Niente domande, nessun ragionamento. E quell’istinto era le diceva di attaccare il proprio nemico senza alcuna pietà.

Si diede una spinta e caricò in aria il cerchio. Nuove parole chiedevano di uscire, e lei le lasciò fare, senza nemmeno sapere cosa sarebbe successo.

    - Ribbon Meggy Inferno! -

I tre campanellini si incendiarono all’istante. Lasciò andare il cerchio, che prese a roteare intorno a Kisshu, circondandolo di lingue di fiamma viva.

Ciò che accadde poi, fu così veloce e terribile che Mizu lo registrò solo a tratti.

Sentì l’alieno gridare, forte, un lungo lamento straziante.

Vide la sua figura circondata dal fuoco, che bruciava feroce, ingoiandolo completamente.

Provò una spiacevolissima sensazione, mentre poggiava i piedi a terra e riprendeva coscienza di ciò che aveva appena fatto, e prese a tremare, fissando le alte fiamme che ora le mettevano un terrore folle.

Mentre portava le mani alla bocca, la trasformazione si sciolse e lei tornò ad essere la preda paralizzata dalla paura.

Kisshu si lasciò cadere a terra, gemendo frasi inarticolate, e lei non resisté oltre. Le gambe si mossero da sole, e si diressero verso il caffè, verso "casa".

Le fiamme erano ancora alte e vive quando i primi singhiozzi presero a scuotere la sua figura minuta.

 

*

 

    - Come sarebbe a dire che non vuole vedere nessuno?! -

La giovane guardiana cercò di sorridere alla bionda Aliena che le stava di fronte, nonostante lo sguardo dell’altra sembrava volerla incenerire.

    - Cerchi di capire, signorina. Il Comandante sta lavorando e non vuole essere disturbato per nessun motivo. -

    - Stupidaggini! Mi faccia passare, subito! - replicò furibonda Christine, stringendo le mani a pugno per allentare il nervosismo.

    - Non posso, sono ordini del Comandante stesso. Se disobbedissi, poi… - e lasciò la frase in sospeso, dando a intendere che qualsiasi cosa fosse successo non sarebbe stata piacevole.

Christine abbandonò le braccia lungo i fianchi, esausta. Era stremata dal viaggio e non aveva voglia di discutere oltre con la giovane guardiana. Se fosse stata nel pieno delle sue forze avrebbe fatto il diavolo a quattro, come era solita fare da sempre, ma ora non se la sentiva proprio.

Appena sbarcata alla fortezza i suoi pensieri erano volati su due persone: Kisshu e Pai. Ma quando aveva chiesto del primo le avevano detto che era sulla Terra e che non si sapeva quando sarebbe tornato, così aveva deciso di andare a trovare l’altro. Lui però aveva pensato bene di rinchiudersi tra i suoi amati computer.

Scosse la testa seccata, anche se le sue labbra sottili erano piegate in un leggero sorriso. Era passato un anno, ma Pai era sempre il solito tipo solitario con la fissa del piccolo scienziato pazzo.

Chissà se anche lei era cambiata. Arrossì furiosamente quando il ricordo del loro addio affiorò nella sua mente. Sperò di sì, con tutto il cuore.

    - Senta, gli dica che sono Christine Edokiwa, magari… - era l’ultima carta da giocare, ma non ce ne fu bisogno. La porta scorrevole a cui la ragazzina faceva guardia si aprì all’improvviso, rivelando l’alta e pallida figura del Comandante Ikisatashi.

    - Shizu, mi sembrava di averti detto che non volevo essere disturbato. - rimproverò tagliente la guardiana, che arrossì mortificata. - Chi è che fa tutto questo bacca… - si interruppe appena notò la sua presenza. La sua espressione da pesce lesso avrebbe fatto morire Christine dalle risate, ma in un altro momento. Anche perché l’espressione della ragazza non era da meno.

Si squadrarono a vicenda, sorpresi. Pai era pallido e ancora più magro di quanto lo era su Verena, ma d’altro canto nemmeno Christine era messa meglio. Anche i suoi riccioli dorati, in genere disordinati e splendenti, le cadevano senza energia sulle guance chiare.

    - Ciao… - salutò lei, facendo destare Pai dalle sue riflessioni. Lui riprese il solito cipiglio brusco e ordinò a Shizu di lasciarla passare, quindi si voltò e senza dire una parola di più si incamminò dentro il laboratorio. Christine lo seguì, per niente sorpresa dal suo comportamento (ci aveva fatto l'abitudine...). Notò che il battito del cuore era normale, ma tremava un po’. L'emozione?

    - Che ci fai qui, tu? - la domanda di Pai lasciava intendere un intero discorso fatto in passato, quando lui aveva deciso di partire con Deep Blue e Christine aveva cercato di fargli cambiare idea. Avevano litigato furiosamente, ed alla fine lei aveva lasciato l’Accademia d’armi, per niente convinta della politica di Deep Blue. Il fatto che lei adesso si trovasse proprio nella fortezza era una cosa che andava contro tutte le belle parole che aveva sbandierato un anno addietro.

Ma, invece di infuriarsi per il tono usato dall’alieno, la ragazza si adombrò.

    - Ovviamente, sono venuta qui con il resto dei superstiti. -

Pai si voltò, leggermente perplesso.

    - Cosa intendi? - la sua domanda la fece impallidire.

    - Non dirmi che non sai niente… -

    - Riguardo a cosa? - lui si avvicinò, osservandola preoccupato, e solo allora Christine capì fino a che punto Pai si era isolato dal resto del mondo. Si guardò intorno, a fatica poiché il laboratorio era avvolto in un’oscurità schiarita solo da qualche tenue luce soffusa, e notò in un angolo delle teche rotte ed un sacco di frammenti di vetri tutt’intorno. I computer erano tutti spenti, cosa abbastanza strana.

    - Da quanto sei qui dentro? Cosa stai combinando? -

    - Chris, rispondi. -

Lei tornò a guardarlo, suo malgrado.

    - Abbiamo dovuto lasciare Verena. Ormai è… messa molto male… - cercò di mantenere un tono di voce normale, invece la frase terminò in un sussurro.

    - Quanto male? -

    - Abbastanza da costringere donne, vecchi e bambini a scappare con le navicelle di emergenza ed i restanti a barricarsi nelle città più grandi. -

    - … capisco. -

Christine cercò di capire dall’espressione di Pai ciò che lui stava pensando, ma era impossibile. Sicuramente stava architettando qualcosa. Lo vide assottigliare gli occhi, preso da ragionamenti tutti suoi, e poi dirigersi verso i suoi computer.

Lo seguì, leggermente seccata. Come al solito, quando qualcosa lo preoccupava non lo diceva apertamente, ma cercava una soluzione in quei suoi dannati affari tecnologici. Da una parte era una cosa da ammirare, perché non perdeva tempo a piangersi addosso, ma dall’altra era così frustrante vederlo tentare l’impossibile appoggiandosi solo alla scienza esatta.

Mentre Pai prendeva a digitare velocissimo codici incomprensibili, lei gli si fermò accanto e gli sfiorò il braccio.

    - Pai… -

    - Che c’è? - scacciò con un gesto secco la sua mano, ma lei non si lasciò intimidire.

    - La fortezza è nel caos più totale. Forse faresti meglio a cercare di dare un ordine… -

    - E’ quello che sto cercando di fare. - replicò secco lui.

    - Smanettando coi pc? -

Pai sbatté la mano sulla tastiera e la osservò, gelido.

    - Perché sei venuta qui? -

Christine strinse i pugni. Stava cominciando a innervosirsi.

    - Volevo vederti, è così strano se dopo un anno che stiamo milioni di anni luce di distanza ne abbia voglia? - il tono era un po’ più alto di quanto avrebbe voluto. Lui tornò a fissare lo schermo del computer, ma non riprese il suo lavoro e per qualche attimo rimase in un silenzio ostinato.

    - Mi sei mancata. - disse infine, la voce così bassa che Christine faticò a sentila. - Ma ora devo lavorare. -

L’aliena rinunciò definitivamente a farlo uscire dal suo nascondiglio, ma solo perché era troppo stanca per replicare.

Chiuse gli occhi e si passò le mani tra i riccioli dorati, mentre Pai riprendeva a lavorare.

    - Paichan? -

Lui le fece cenno di continuare, non senza fare un sorrisino per quel nomignolo.

    - Credi ancora che Deep Blue riuscirà a risvegliare Ryez? -

Il sorrisino sparì poco a poco. Ora sul volto di lui c’era la solita espressione indecifrabile.

    - Sì, ci credo. -

Christine fece una smorfia, come se non si fosse aspettata altro.

Troppo stanca per discutere, lo salutò ed uscì dal laboratorio.

Se era frustrante vederlo tentare l’impossibile appoggiandosi alla scienza, lo era ancora di più vederlo credere a speranze che non sarebbero mai diventate realtà.

 

*

 

* so che la descrizione del vestito non è dei migliori, infatti avevo pensato di disegnare Mizu per mostravervelo, ma non ho avuto tempo. Comunque, se vi interessa, ho un'immagine un po' stupida fatta un po' di tempo fa... basta chiedere via mail e ve la mando ^^

  
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