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Autore: The_Ruthless    17/12/2012    3 recensioni
"Buio. Nasconde ciò che sono, mentre nella fredda notte guardo la luna. Mi sento in pace con me stessa per la prima volta da non so quanti anni. Chiudo gli occhi e sospiro. E' ora."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo cinque: tradita, di nuovo



Arrivo correndo nella mia stanza preferita della casa e mi fermo di colpo. Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi, tiro un pugno al muro. E poi un altro, e un altro, e un altro, finché le nocche non cominciano a sanguinarmi. Come ho potuto essere così stupida? Ormai avrei dovuto sapere che non potevo fidarmi di nessuno e invece, niente, ci sono cascata come un pollo! Un'altra pugnalata al cuore, e l'ultima. Adesso il mio cuore si è ridotto in cenere, non esiste più. Mi fidavo di lui credevo che fosse un amico vero, che fosse sulla mia stessa lunghezza d'onda. A lezione parlavamo dei nostri problemi, ci confidavamo, credevo di aver trovato finalmente qualcuno che mi capisse. Bastardo senz'anima! Come aveva potuto farmi questo?! Ci eravamo messi d'accordo per suicidarci insieme, buttandoci giù da un palazzo. Da sola non ce l'avrei mai fatta e anche lui voleva porre fine alla sua vita. O almeno così credevo. All'ultimo quel codardo si era tirato indietro. Ora non mi rivolgeva nemmeno la parola, e continuava a dire dalla mattina alla sera "Sono una merda". Mi trattenevo a stento dal dirgli "Lo so". Mi aveva ferito e io volevo ferire lui, mi aveva lasciato dov'ero, tra la vita e la morte, senza darmi una mano a decidere da che parte andare.

Me l'avrebbe pagata, me l'avrebbero pagata tutti quelli che mi avevano ferita, e, perché no? Anche chi non mi aveva fatto niente. Perché sapevo che alla fine sarebbe successo, mi avrebbero deluso anche loro, quelli che non mi avevano fatto nulla. Mi sentivo la testa esplodere, una marea di pensieri vi scorreva dentro e non riuscivo a fermarli. Stavo impazzendo. Il lato razionale del mio subconscio mi ricordò che non esistevano i pazzi. Vero, esistevano solo le persone mentalmente instabili, a causa della vulnerabilità del loro cervello. Mi abbandonai ai miei sogni a occhi aperti. Sarebbe stato così terribile uccidere qualcuno, anche solo un centinaio di persone? Chi se ne sarebbe accorto? In questo mondo eravamo troppi. Nella mia mente si fecce strada un piano, un piano perfetto.

"Ero pronta. Quel giorno avrei dovuto compiere più di una missione, avevo poco tempo. Ero vestita di nero, perfino i guanti lo erano. il cappuccio della felpa nascondeva la testa, e la kefiah il volto. Controllai lo zaino un'ultima volta, la mina anti-uomo della seconda guerra mondiale, che apparteneva a mio nonno c'era; sperai che fosse ancora funzionante. C'era anche il coltello militare, affilato da me, usando il vecchio metodo dell'arrotino. I vestiti di ricambio erano al loro posto, così come il cellulare e la varechina, per togliere le tracce di sangue. Non mancava nulla. Presi la bici e percorsi la strada fino alla base militare di via Cividale, le mura erano alte, e una parte di esse dava su una strada laterale. Accostai la bici ad un punto d'ombra, presi la mina e tolsi la spoletta. La lanciai velocemente dall'altra parte del muro, inforcai la bici e pedalai velocemente verso casa. Non dovevano trovarmi li vicino, mi sarei goduta lo spettacolo al telegiornale. Dovevo muovermi, la mia prossima vittima mi stava aspettando. Andai in uno dei bagni del parco vicino a casa mia e mi cambiai. Misi la minigonna, la maglietta scollata, le calze a rete e gli stivali con i tacchi. Mi sciolsi i capelli sulle spalle e ritoccai il trucco. Feci una smorfia alla mia immagine riflessa, messa così mi sentivo molto una puttana ma era l'unico modo per fargli abbassare la guardia. Uscii dal bagno e andai con lo zaino in spalla, verso una delle panchine isolate. Lui era seduto lì. Rudy. Sorrisi al pensiero che presto gliel'avrei fatta pagare. Era stravaccato sulla panca, le gambe aperte, indossava i soliti jeans stracciati, e un giaccone nero; teneva le mani in tasca. Quando mi vide sorrise, lo stesso sorriso che fece quella sera, quando io avevo undici anni e lui quindici. Si alzò e mi circondò con le braccia. -Sei cresciuta, vedo, stai benissimo così-Sentivo il suo respiro caldo sulla guancia, mi fissava la scollatura, con sguardo compiaciuto. Sorrisi a mia volta e lui mi baciò, lo stesso bacio prepotente, che mi toglieva il respiro, se mi fossi opposta come quella sera mi avrebbe morso il labbro, ne ero sicura. Non era cambiato. Ma io sì. Non ero più quella ragazzina innocente di una volta. Mi staccai e gli sussurrai:-Conosco un posto isolato-
Mi seguì, tenendomi stretta. -Vedo che sei migliorata da quella sera, i miei insegnamenti ti sono serviti, eh?-
Gli scoccai un'occhiata maliziosa:-Già-Certo, erano serviti ad autodistruggermi, testa di cazzo di un rom! Andammo dentro alla mia casa, ed entrammo nella prima stanza disponibile. feci entrare prima lui e di nascosto estrassi il coltello. Si girò verso di me, inclinando la testa di lato come un leone che osserva la sua preda. Fece un passo e mi fu addosso, mi fece andare contro il muro, ma io avevo tempestivamente messo in mostra il coltello. Si bloccò, mi guardò sorridendo ironico:-Be'? Che vuoi fare? Uccidermi?-
Mi avvicinai con l'espressione angelica:-Lo vedrai-"
   
 
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