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Autore: Eragon36    17/12/2012    2 recensioni
Murtagh torna dall'esilio che si era autoinflitto, pronto ad aiutare il fratello Eragon ad addestrare i nuovi Cavalieri destinati a vegliare su Alagaesia. Intanto lo stesso Eragon esplora le terre che ha scelto per addestrare i suoi allievi, e trova non poche sorprese. Intanto, vecchi e nuovi nemici tentano di minare la pace del neonato regno di Nasuada, mettendolo anche a serio rischio. Il titolo significa Destino e Amore.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Eragon/Arya, Roran/Katrina
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo aver parlato col fratello, Eragon andò in una stanza del castello, in cui Dana lo aspettava. Per tutta la mattina si esercitarono nella lettura e nella scrittura dell’antica lingua, e alla fine della mattinata le disse: "Dana-finiarel, lo sai perché abbiamo iniziato queste lezioni?"
"Perché sono pronta per apprendere questa lingua."
"Non te l’avrei mai insegnata se non fossi sicuro della tua preparazione, ma c’è anche un altro motivo. Cosa sai della Du Weldenvarden?"
"Poco. Nel mio villaggio, Agrod’est, quella foresta è vista come un posto maledetto. Secondo le voci che girano, chi entra in quella foresta esce impazzito e farneticante, oppure non esce affatto."
"Bé, io ti sembro pazzo e farneticante?"
"No. Perché?"
"Perché io in quella foresta ci sono entrato e uscito tre volte, e direi che è il luogo più bello di Alagaesia."
"Vuoi dire che non è pericolosa?"
"Non ho detto questo. E’ il luogo in cui risiedono gli elfi, il loro regno. Il tuo compagno di studi, Amdir, proviene dalla città elfica di Osilon, situata nelle vicinanze del margine occidentale, quello più vicino alla città di Ceunon. E’ da lì che tre anni e mezzo fa gli elfi iniziarono la loro marcia sull’Impero. Se non fai attenzione potresti uscire da quella foresta, specie in alcuni periodi dell’anno, veramente intontito. Io stesso nel primo periodo della mia permanenza ho rischiato grosso, come anche l’attuale re dei nani Orik, all’epoca mio accompagnatore in qualità di ambasciatore ufficiale del suo predecessore Rothgar. E’ lì che ho ricevuto il mio addestramento, grazie al quale ho sconfitto Galbatorix e ho fatto molte altre cose."
"Quindi incontrerò i tuoi maestri?"
"Purtroppo no. Sono stati uccisi da Galbatorix durante la battaglia di Gil’ead."Nella sua mente sentì due lunghi pensieri di cordoglio, uno di Saphira e uno di Glaedr, che si era unito a lui per controllare la lezione, in modo che lui non facesse errori.
"Mi dispiace."
"Ma stiamo divagando. Io devo andare nella du Weldenvarden perché il mio luogotenente, Arya, ha richiesto la mia presenza. Murtagh ritiene che il tuo addestramento proseguirebbe meglio se tu e Atma mi seguiste. Che ne pensi?"
Sul volto di Dana si stampò un largo sorriso.
"Ma prima vorrei anche andare a salutare alcune persone."Proseguì Eragon, e il sorriso di Dana si allargò.
"Verrò volentieri con te, maestro."
"Molto bene. Si parte domani due ore dopo l’alba. Atma è troppo giovane perché tu lo cavalchi, per cui volerai con me su Saphira."
"Sarà un onore, maestro."
"Ora andiamo  a pranzo, oggi pomeriggio continueremo a lavorare con la mente, poi inizierai a maneggiare una spada."
"Sì, maestro."
I due pranzarono insieme con un pasto a base di zuppa di verdure e pasticcio di semi di lino. Al pomeriggio rimasero al castello, e Eragon la condusse sulla panchina sulla quale si erano seduti lui e Murtagh a conversare quando lui era tornato. Per circa metà del pomeriggio la allenò a parare gli attacchi mentali, e notò che la sua abilità si era accresciuta dal giorno prima, tanto che riusciva a resistere anche cinque minuti mentre spostava pietre. Quando il sole iniziò a tramontare Eragon la portò al campo di addestramento, dove le consegnò una spada di legno.  Si piazzò a trenta piedi di distanza da lei e estrasse Brisingr. Dopo aver smussato con la magia la lama della sua spada, si mise in una posizione rilassata, non la sua solita guardia, e disse all’allieva:"Su, attaccami!" La ragazza aggiustò meglio la presa sulla spada di legno e lo attaccò, un rozzo affondo al petto, che Eragon parò spostandosi appena verso destra. Dana perse l’equilibrio  e per poco non cadde a terra. Dopo aver ripreso l’equilibrio, si volse attonita verso di lui, stupita per la rapidità della sua azione. Lo attaccò di nuovo, più veloce di prima, stavolta mirando al fianco destro del Cavaliere. Stavolta Eragon parò l’attacco alzando Brisingr all’ultimo momento. Prima che Dana potesse recuperare la posizione, calò lievemente la lama sul braccio sinistro della ragazza, per poi passarla rapidamente sul destro e farle perdere l’equilibrio. Dana si ritrovò per terra, sbigottita. Eragon posò la punta di Brisingr sul suo petto e le disse, con voce calma e sorniona:"Morta. E così finirai finché duellerai con me, Murtagh o qualsiasi altro elfo, anche il più debole in assoluto. Ora riproviamo, ma cerca di essere meno avventata." Continuarono così per due ore, finché non fu troppo buio e la ragazza troppo stanca e piena di lividi per continuare. Andarono a cena, e in quell’occasione Eragon informò Blodhgarm e gli altri elfi della sua imminente partenza. Con sua sorpresa, non ebbero nulla da dire. Li informò anche, con la mente perché gli allievi ancora non ne sapevano nulla, del desiderio di portare con sé alcuni Eldunarì, tra cui quelli di Glaedr, Umaroth e Valdr. Anche su questo fatto non dissero nulla. Alla fine della cena Blodgharm gli disse: "Porta i nostri saluti ad Arya Drottning, ammazzatiranni. Ti giuro che addestreremo i nuovi Cavalieri al meglio delle nostre possibilità,anche se ormai hanno poco da imparare. I loro miglioramenti verranno in futuro, quando la loro energia aumenterà."
"Grazie, Blodhgarm-elda. Mi fido di voi."
"Atra esternì ono thelduìn, Eragon-elda."
"Atra du Evarynìa ono varda, Blodhgarm-elda."
"un varda onr"
Eragon si apprestò a salutare anche Murtagh, ma il fratello lo fermò e gli disse: "Risparmia i saluti, sarò lì quando partirai. A domani."
Il Cavaliere rise.
"A domani."
Eragon andò nella sua stanza, dove lo aspettava Saphira. Finalmente ti sei deciso a tornare da Arya, zuccone.
Era la cosa giusta da fare. E poi, se sei d’accordo, vorrei passare prima dal Farthen Dur, poi da Ilirea, e infine da Carvahall.
Se proprio dobbiamo…  va bene. Vuoi far fare a Dana il giro di Alagaesia?
Voglio rivedere le persone che amo. E poi, una bella esplorazione non le farà male. Se vuole, la farò anche tornare per qualche ora al suo villaggio natale.
Il Cavaliere iniziò a grattarla sotto la mascella, e la dragonessa emanò un enorme piacere, e iniziò a mugolare. Allungò il collo, e posò la testa sulle gambe di Eragon. Il Cavaliere la grattò con entrambe le mani e più energicamente. A quel punto Saphira prese a fare le fusa. Rimasero così per circa un’ora, quando Saphira disse: E’ tardi, e domani ci aspetta una giornata molto lunga. E’ meglio se andiamo a dormire.
A domani, Saphira.
Dormi bene, piccolo mio.
Eragon si stese sul suo letto, e si addormentò. Come accadeva spesso, i sogni dei due compagni di vita si mescolarono, dando vita a strane alchimie.
Il mattino dopo, un’ora prima dell’alba, Eragon si svegliò, e, attento a non destare Saphira, prese a eseguire come d’abitudine la Rimgar. Poi andò nello stanzino da bagno, si rase e si lavò. Cercò delicatamente Dana con la mente per controllare che fosse sveglia, e con suo piacere scoprì che stava già riempiendo le bisacce per il viaggio. Eragon si vestì, riempì a sua volta le bisacce, uscì dalla sua stanza e, assicuratosi di non essere seguito da nessuno, si recò nello stanzone al centro del palazzo in cui erano conservati gli Eldunarì, e ne prelevò una ventina, fra cui quello del suo maestro, quello di Umaroth e quello di Valdr. Li mise nelle scatole foderate che utilizzava Galbatorix, poi tornò nella sua stanza. Svegliò Saphira, e con il suo aiuto pronunciò l’incantesimo per racchiudere i cuori dei draghi nella piccola sacca di spazio dietro di lei. La sellò, legò le bisacce alla sella e montò su di lei. Planarono all’interno delle mura, vicino ai tre enormi blocchi di acciaioluce che giacevano sul terreno. Eragon rimpicciolì anche quelli come gli Eldunarì, e li pose in un’altra sacca di spazio a fianco di quella con i cuori dei cuori. Dopodiché si rialzarono in volo e superarono le mura. Dall’altra parte trovarono Murtagh e Castigo.
"Arrivederci, fratello." Disse Murtagh.
"Addestra bene Amdir mi raccomando."
"Tranquillo. E… quando vedi Nasuada, dille che non vedo l’ora di rivederla e che fra un mese la cercherò con lo specchio magico. In più dille che una settimana prima del parto sarò là con lei."
"Non mancherò, fratello. Te lo prometto." In quel momento arrivò anche Dana, affiancata da Atma, attraverso la porticina alla base delle mura.
"Maestro Murtagh. Meastro Eragon. Maestri Saphira e Castigo."
"Buongiorno, Dana-finiarel" disse Murtagh.
Atma scambiò i saluti con i maestri.
"E’ ora di andare" disse Eragon. Aiutò Dana a montare su Saphira, poi salì a sua volta e fissò le stringhe per le gambe attorno a quelle di entrambe. Saphira dispiegò le ali e ruggì, imitata debolmente da Atma e con più vigore da Castigo. La dragonessa saltò due volte per darsi lo slancio, poi batté energicamente le ali e prese a salire di quota, imitata da Atma, che le si affiancò. Mentre volavano, Eragon spiegò a Dana tutto ciò che doveva sapere sui nani, la loro prima tappa, e anche, rispondendo a una delle sue domande più frequenti,  sui cambiamenti che il legame dei Cavalieri imponeva al corpo. Rimase sorpresa nell’apprendere tutte le trasformazioni, e ancora di più quando si accorse che le sue orecchie ora terminavano leggermente a punta. Dopo aver soddisfatto le richieste dell’allieva, i due ripresero gli esercizi, e stavolta partecipò anche Atma. Quando Dana e il drago univano gli sforzi per Eragon era difficile penetrare nei ricordi dei due, ma un paio di volte vi riuscì. Ma quando il drago blu e Eragon si univano contro la ragazza, questa non esisteva più di un minuto. Dopo nove giorni di viaggio – la notte riposavano – i quattro arrivarono alla confluenza del fiume Hedarth con l’Edda, il luogo in cui Eragon e Arya si erano separati due anni prima. Saphira, seguita da Atma,  virò a sinistra, conducendo Eragon, Dana e il drago blu verso i monti Beor. Dopo altri due giorni di viaggio arrivarono a Tronjheim, e quando entrarono e la folla di nani li vide scoppiò in un boato di acclamazioni. "Ammazzatiranni!" gridavano. E anche: "Argetlam e Kriftzgr!" Eragon non conosceva il significato di questa terza parola, per cui decise di chiederlo a Orik in seguito. Molti gli chiedevano di guarire parenti malati, ciechi o storpi, o di benedire i neonati. Dana sembrava a disagio, per cui Eragon la tranquillizzò dicendole: "E’ normale che facciano così. I Cavalieri sono amati ovunque. Inoltre, da quando ho permesso ai nani di entrare nell’ordine mi sono ancora più grati. Per cui, chiudi la mente e fai entrare solo me e Saphira qualora ce ne fosse l’occasione, e ovviamente Atma." Eragon alzò una mano a saluto, e la folla prese ad acclamare con più vigore. I quattro giunsero nell’anticamera della sala del trono, e attesero che Orik li ricevesse. Non passò nemmeno un minuto che dalla sala del trono uscì un nano tarchiato, completamente pelato e con una cicatrice sul sopracciglio destro che disse loro: "Eragon Ammazzatiranni, Saphira tagliagemme, bentornati a Tronjheim. Potrei sapere i nomi dei vostri compagni…?"
"Ma certo" Eragon indicò la ragazza."Lei è Dana, ed è una mia allieva. Questo è il suo drago, Atma."
"Benvenuti a voi, Dana e Atma. Re Orik vi riceverà fra pochi istanti."
In quel momento un altro nano, che Eragon riconobbe essere Iorunn, la grimstborith del clan Vrenshrrgn, i lupi da guerra, uscì dalla sala del trono, ammiccò a Eragon e gli sorrise. "E’ un piacere rivederti, Cavaliere."
"Lo stesso per me, grimstborith Iorunn."
"Potete entrare."
Eragon, Saphira, Atma e Dana varcarono la soglia della sala del trono. All’interno, alla fine dei mausolei dei passati regnanti dei nani, li aspettava Orik. Quando riconobbe Eragon, il nano emise un grido di stupore e meraviglia. "Eragon! Fratello mio! Da quanto tempo, per Morgothal! Devi cercarmi più spesso su quel dannato specchio, sai? Pensavo di tornare alla pietra senza più vederti!"
"Anche io sono contento di vederti" disse Eragon con un sorriso. Poi Orik lo sorprese, correndo giù dal trono e abbracciandolo forte. "Dobbiamo festeggiare il tuo ritorno. Permettimi di…"
"No. Non possiamo fermarci. Rimarremo qui per la notte, per recuperare le forze, ma poi dovremo passare a Ilirea, a Carvahall e infine raggiungere Arya a Ellesméra. La mia presenza è richiesta per una… questione importante."
"Capisco, Eragon." Il nano rivolse la sua attenzione a Dana e ad Atma."Allora non avevo le visioni quando ho visto un’altra persona con Eragon! E nemmeno quando pensavo di aver visto due Saphire! Come ti chiami, Argetlam?"
"Dana, maestà."
"E il tuo, drago?"
Atma, rispose il drago.
"Allora benvenuti a Tronjheim, Dana e Atma. Immagino che siate con Eragon per proseguire il vostro addestramento. Permettetemi di offrirvi ospitalità almeno per questa notte. Se lo gradite sarete sistemati a fianco dei vostri maestri."
"Grazie, maestà."
Orik li accompagnò fuori dalla sala del trono, e con sorpresa di Eragon e di tutti i presenti li accompagnò fino alla rocca su cui Eragon e Saphira avevano alloggiato durante la loro prima visita alla città, prima della battaglia contro Durza, sopra Isidar Mirthim. I cinque attesero la cena conversando. In particolare il re chiese novità sull’addestramento di Korgan e Durok, e fu lieto di sentire che mancava ancora poco tempo prima che i due finissero il primo grado dell’addestramento. Eragon da parte sua chiese come andavano le cose in Alagaesia dopo la sua partenza, e la risposta del re dei nani fu che la situazione è stata vicina a precipitare per il primo anno, a causa della sua partenza. Molte rivolte si erano scatenate, la maggior parte delle quali di poco conto, ma la più pericolosa, sedata ormai un anno e mezzo prima, era arrivata a coinvolgere tre città: Feinster, Dauth e Arughia. Fortunatamente non si era reso necessario l’intervento di Arya, visto che i primi due Cavalieri si stavano ancora addestrando.  Dana invece rimase inspiegabilmente silenziosa, e quando Eragon le chiese mentalmente delucidazioni disse: Non mi sento a mio agio nel parlare a un monarca con tanta confidenza. Maestro, domattina mi insegneresti le pose che ti ho visto fare tutte le mattine durante il viaggio?
Certo. Sappi che si chiama Rimgar nell’antica lingua, e in questa lingua è detta Danza del Serpente e della Gru.
Grazie, maestro. Comunque, mi sento più a mio agio quando parlo con te o con Murtagh che con altri.
Capisco, disse Eragon, e si ritrasse.
La cena non tardò ad arrivare: mezzo nagra cotto allo spiedo con contorno di funghi e patate per Eragon, Dana e Orik; un nagra intero per Saphira e la metà rimanente del pasto dei tre per Atma. I cinque si avventarono sul pasto, e cenarono per circa un’ora. Orik fece postare due barili di idromele per Saphira e uno per Atma. "Non si sa mai" aveva detto, e Eragon scoppiò a ridere. La dragonessa scolò entrambi i barili, e Atma, vedendo la sua insegnante, prima assaggiò dal suo con diffidenza, poi lo scolò completamente, dimenando la coda per il gusto dolce del miele. Quando mezzanotte era appena passata, secondo il computo di Eragon, Orik si congedò e li lasciò soli. I due Cavalieri e i due draghi entrarono nelle stanze a loro assegnate e si sistemarono per la notte. Il mattino dopo, Eragon fu svegliato da Saphira a quella che immaginava fosse l’alba, anche se nella città-montagna era difficile verificarlo. Eragon si alzò, si mise solo i pantaloni e andò nel luogo in cui avevano cenato la sera prima, dove si sedette a gambe incrociate ad aspettare Dana. La ragazza arrivò una decina di minuti dopo, vestita con pantaloni di pelle e un giubbotto anch’esso di pelle a coprire le sue forme appena accennate. Arrossì nel vedere Eragon a torso nudo, ma poco dopo si ricompose. Eragon si alzò, e le disse:"Buongiorno, Dana. Riposato bene?"
"Sì, maestro."
"Ne sono lieto. Iniziamo dunque. Questa è la Rimgar, una serie di esercizi inventati dagli elfi per aumentare la flessibilità e l’agilità."
Le impartì una seri di comandi, e scoprì che la ragazza aveva la flessibilità, per usare le parole di Saphira, di un tronco di quercia. Quando finirono, la ragazza era madida di sudore, mentre Eragon, poiché erano solo le pose del primo livello, non era nemmeno affaticato. "Riprenderemo domani, Dana. Ora vai a lavarti e a prepararti per la partenza. Una sola curiosità: quali erano i tuoi compiti, prima di diventare Cavaliere?"
"Nessuno, maestro. Ero promessa in sposa a un giovane del villaggio, e per questo mio padre prima della guerra e mia madre poi mi tenevano chiusa in casa nel timore che potesse succedermi qualcosa. Quando ho sentito che i Cavalieri cercavano due nuovi allievi sono scappata di casa per andare a Ilirea a partecipare alla selezione dei nuovi allievi. Quando Atma è nato per me e sono tornata a dirlo a mia madre accompagnata dal Cavaliere Dazghra, lei è andata su tutte le furie, dicendo che non avevo i diritti per diventare un Cavaliere perché dovevo sposarmi, ma Dazghra l’ha convinta a accettare il fatto, e ci siamo lasciati con la promessa che sarei tornata a trovarla il prima possibile."
"Ti piacerebbe tornarci? Mentre andiamo a Ilirea possiamo passare."
"Moltissimo."
"Allora vai a lavarti che partiamo."
La ragazza si volse e si diresse verso la sua stanza, e Eragon fece lo stesso. Mezz’ora dopo, mentre si vestiva, Eragon sentì bussare alla porta. "Avanti!"
Entrò Dana, che però richiuse la porta vedendo che il suo maestro era in braghe di lana e null’altro.
"Scusa, Dana."Disse Eragon."Non pensavo fossi tu. Partiamo subito." Indossò la tunica di lana bianca, i gambali felpati, i bracciali in cuoio nero decorati con glifi dorati della Du Silbenia Datia.  Allacciò Brisingr alla cintura, indossò gli stivali e uscì. Dana lo aspettava fuori dalla porta, le bianche guance tinte di un rosso poco meno intenso di quello dei suoi capelli. La ragazza si scusò per l’intrusione, e lei e Eragon andarono a salutare Orik e a ringraziarlo per l’ospitalità. Dopo aver scambiato i saluti, i due Cavalieri montarono su Saphira che uscì dalla porta occidentale della città, la stessa da cui erano entrati cinque anni prima inseguiti da un branco di Kull ululanti. Passarono la cascata, e Eragon evocò un incantesimo che li proteggesse dall’acqua per non trovarsi fradici ancora prima di partire. Saphira volò per tutto il giorno, e stavolta, di comune accordo con Atma, decise di proseguire anche la notte. I due draghi azzurri proseguirono per lungo tempo, e al terzo giorno di viaggio, dopo due notti in sella, si fermarono per trascorrere quella a terra. Eragon si stupì nel capire quanta strada avevano già fatto: erano già in prossimità della vallata che collega i monti Beor al deserto di Hadarac, e avevano coperto un percorso che, quando fuggivano dai Kull con Arya svenuta, lui e Murtagh a cavallo avevano fatto in una settimana. A dorso di drago avevano impiegato due giorni e due notti. Il mattino dopo virarono verso il deserto, e una volta usciti dalla catena montuosa ripresero a procedere verso ovest per altri due giorni e due notti, fino a giungere a in prossimità di Furnost, dove si accamparono nella foresta che orla il lago Tudosten, dove trovarono i resti di una città elfica che Eragon ricordò essere Luthivìra, la città natale di Oromis. Al mattino ripartirono, e alla sera arrivarono ad Agrod’est. Quando furono avvistati nel cielo di Agrod’est, dal villaggio si alzò un boato, e la gente accorse fuori di casa per vedere i due draghi atterrare. Dana giudò Saphira ad atterrare davanti a casa sua, dove quella che Eragon pensò essere sua madre, una donna di media statura, con i capelli rossi come quelli della figlia, si apprestava a uscire di casa. Il Cavaliere aiutò l’allieva a scendere, e lei corse incontro alla madre, abbracciandola. La donna piangeva di gioia. Dopo un lungo minuto si staccarono, Dana si voltò e disse: "Madre, lui è il mio maestro Eragon. Il drago su cui siamo arrivati è il suo, e si chiama Saphira." La dragonessa si spostò appena rivelando Atma, atterrato dietro di lei."Mentre l’altro drago è il mio Atma."
"E’ un onore, Cavaliere. Sei lo stesso Eragon che ha ucciso Galbatorix? Mia figlia si comporta bene?"
"L’onore è mio, madama. Sì, sono quell’Eragon. E sono anche stato qui, tre anni fa circa." Sul volto dei presenti si impresse stupore, misto a paura."Stavo tornando dopo aver ucciso i Ra’zac nel loro covo, e Saphira aveva accompagnato mio cugino, il conte Roran, all’accampamento dei Varden. Io ero rimasto per esplorare il covo, anche se lei non era molto d’accordo." Saphira ringhiò. "Sono rimasto qui una notte, per poi ripartire il mattino dopo prima dell’alba. Per rispondere alla tua ultima domanda, Dana è il mio miglior allievo, si impegna anima e corpo nel suo addestramento, raggiungendo risultati che dopo soli due mesi nemmeno io avevo raggiunto."
"E’ un onore ricevere queste notizie. Quando potrà tornare casa?"
"Alla fine dell’addestramento quando vorrà. Ma dovrà essere sempre disponibile a viaggiare per Alagaesia. Non potrà sposarsi, né penso lo vorrà."
La donna trattenne una smorfia, e leggendole nella mente Eragon avvertì la sua disapprovazione per il fatto che la figlia non potesse sposarsi, dato che ora la madre la considerava un partito ancor più ambito in quanto Cavaliere dei Draghi. Li invitò a passare la notte a casa sua, e i due accettarono. Saphira e Atma restarono fuori, accucciati. La notte passò tranquilla per Eragon, e al mattino, dopo una sontuosa colazione in compagnia di Dana, sua sorella e sua madre, e dopo aver risposto ad altre domande della famiglia, si congedò, e Dana lo imitò. Insieme montarono su Saphira, e, tra le lacrime della madre di Dana e le acclamazioni di gioia degli altri abitanti del villaggio, i due draghi partirono in volo alla volta di Ilirea. Dopo un giorno e mezzo di viaggio, circa a mezzogiorno, giunsero a Ilirea, dove atterrarono nella fortezza reale. Non appena smontarono da Saphira, Jormundur uscì trafelato dal palazzo, e disse: "Eragon, Saphira! Siete veramente voi?"
"Sì. Salve, Jormundur."
"La regina Nasuada vi riceverà immediatamente: ha appena concluso una riunione con il consiglio degli Anziani"
"Regina, maestro?" Chiese sottovoce Dana.
"Certo, regina. Non preoccuparti, è molto gentile ed educata. Sa cosa significa per te essere qui, quindi sono certo che non ti metterà in imbarazzo."
"E’ solo che… Non avrei mai pensato di incontrare la Regina di Alagaesia, colei che è succeduta al trono che fu di Galbatorix e che tu hai liberato."
"E devi ancora conoscere la regina degli elfi" disse Eragon con un sorriso.
"Conoscerò anche lei?" Disse Dana sorpresa.
"Certo. E’ lì che stiamo andando."
"Sarà un onore."
In quel momento dalla porta principale del palazzo uscì Nasuada, circondata dai soliti Falchineri. La regina indossava un vestito lungo fino ai piedi di color mattone, stretto in vita da una cinta di stoffa che metteva in risalto il suo ventre, che iniziava a presentare un leggero rigonfiamento. Quando la regina riconobbe Eragon, gli corse incontro e lo abbracciò, quasi soffocandolo con la sua stretta. "Eragon." disse. Lui si divincolò dall’abbraccio e le disse: "Per servirti."
Senza abbandonare il sorriso che le si era stampato in faccia, Nasuada chiese: "A cosa devo questa visita? Nessuno mi aveva avvertita."
"A niente. Stiamo andando da Arya, e abbiamo fatto una piccola deviazione passando da Orik, e siamo venuti qui. E’ bello rivederti in carne e ossa, dopo due anni."
"Lo stesso vale per me, Eragon. Forse Orik te l’ha già detto, ma quando te ne sei andato sono scoppiate numerose rivolte, che hanno richiesto molto sangue per essere represse."
"Ne sono al corrente, e so anche che non avete chiesto aiuto agli elfi."
"Volevamo provare a contare solo sulle nostre risorse"
"Immaginavo."
"Murtagh ti ha informato anche della mia… situazione?"
"Certo. Ti fa sapere che sarà qui una settimana prima che inizino le doglie e rimarrà qui un altro mese dopo il parto."
"Splendido." Poi i suoi occhi si spostarono verso Dana, e la studiarono con evidente interesse."E la tua compagna, Eragon? Non me la presenti?"
"Certo" disse lui."Nasuada, ti presento Dana. E’ una mia allieva, e il suo drago, Atma, è l’ultimo nato finora, dalle ultime due uova che Dusan ha portato qui."
"E’ un onore, conoscerti, Dana. Io sono, come forse ti ha già detto Eragon, la regina di questo Paese, ma su di te, come sul tuo maestro, non ho alcuna autorità."
"L’onore è mio, maestà. Il mio maestro mi ha parlato molto bene di te."
"Potrei, se non è scortese, chiederti quanti anni hai? Mi sembri molto giovane, anche secondo i canoni umani."
"Ho quattordici anni, maestà."
La regina si rivolse a Eragon. "E’ giovane. Tu quanti anni avevi quando…"
"Soltanto uno e mezzo più di lei."
"Pensavo fossi più vecchio, sai Eragon?"
"A me sembra di essere invecchiato molto, ma in realtà tutto è iniziato soli quattro anni e mezzo fa."
"Già, sembra un’eternità… Permettetemi, Eragon e Dana, di invitarvi a pranzo."
"Volentieri."
Pranzarono all’aperto, nel giardino del palazzo. Durante il pranzo la Nasuada chiese a Eragon come procedevano i nuovi Cavalieri, e per contro raccontò al Cavaliere e all’allieva gli avvenimenti degli ultimi due anni , compreso il suo fallimento nell’istituire l’ordine dei maghi, di cui accusò Eragon. Il Cavaliere si difese dicendo che non avrebbe mai potuto guidarlo, poiché non si trovava d’accordo coi suoi stessi principi. Nasuada lasciò correre, anche se Eragon intravvide una scintilla di rabbia nei suoi occhi. Alla fine del pranzo, la regina si congedò per i suoi impegni,  e Cavaliere e allieva continuarono l’addestramento. Mentre si faceva sera, un ragazzo di circa diciassette anni si presentò da Eragon, che stava duellando contro Dana – l’allieva usava una spada presa in prestito, e portava anche uno scudo – dicendo che la regina aveva assegnato loro due stanze, e lui aveva il compito di guidarli ai loro alloggi. Eragon gli chiese di aspettare fino alla fine del duello, che risolse in pochi minuti a suo favore, disarmando Dana sia della spada che dello scudo con due rapidi fendenti. Seguirono il ragazzo, che si chiamava Jan, fino alle stanze a loro assegnate. Dopo essersi sistemati, Dana e Eragon cenarono nuovamente con Nasuada, che si congedò da loro, dicendo che non avrebbe potuto essere con loro al momento della loro partenza il giorno dopo perché doveva recarsi a Gil’ead per un’udienza col governatore della città Martland Barbarossa, e quindi doveva partire prima dell’alba. Dopo una notte tranquilla, Eragon e Saphira partirono alla volta di Carvahall. Dopo una giornata di volo arrivarono in vista della valle Palancar, e Eragon disse a Dana: "Questo è il posto in cui io e Saphira siamo nati, il posto i cui i primi umani si sono insediati,  e tra poco incroceremo il luogo in cui il mio predecessore a capo dei Cavalieri, Vrael, fu ucciso da Galbatorix a tradimento. Il luogo, un avamposto elfico di nome Edoc’sil, ma dopo la morte di Vrael fu ribattezzato Ristvak’baen, che significa Luogo del Dolore." Concluse la frase proprio nel momento in cui passarono davanti alla torre diroccata. Dana rimase a guardarla, come in trance, volgendo la testa finché il collo glielo permetteva. "E’ un onore per me essere qui, maestro."
Sul far della sera arrivarono in vista di Carvahall, quindi decisero di accamparsi sulla Grande Dorsale, così i draghi poterono andare a caccia, e loro avrebbero potuto trascorrere una giornata intera con Roran, Katrina e Ismira, oltre agli altri abitanti di Carvahall. Eragon accese il fuoco con la magia, e lui e Dana duellarono di nuovo, stavolta con due rami secchi. A Eragon venne una struggente fitta di nostalgia, poiché la situazione gli ricordava il suo viaggio con colui che aveva scoperto essere suo padre, Brom. Nuovamente Eragon batté Dana, ma la ragazza, dal loro primo duello, era migliorata notevolmente. Ora era capace di parare i suoi affondi più lenti, e a volte riusciva anche a contrattaccare. Prima di andare a dormire, Eragon insegnò a Dana le formule di saluto elfico, che avrebbe dovuto usare una volta nella du Weldenvarden. Quella notte trascorse tranquilla, per Eragon più del solito. Una sensazione di felicità lo pervadeva, poiché era tornato nel luogo in cui era nato. Saphira condivideva la sua sensazione. Come non accadeva da tempo, Saphira si distese a fianco di Eragon, gli avvolse il corpo con la coda muscolosa e lo coprì con un’ala. Eragon mormorò e appoggiò la testa sul suo ventre caldo. Si addormentarono così, felici della felicità dell’altro. All’alba Saphira sollevò l’ala e svegliò Eragon, che si schermò gli occhi con la mano sinistra per ripararsi dalla luce del sole nascente. Dana, dall’altra parte della radura in cui si erano accampati, si stava svegliando in quel momento. Salutò il suo maestro e prese a preparare la colazione per entrambi. Dopo aver mangiato a sufficienza, Eragon e Dana montarono su Saphira e partirono alla volta di Carvahall. Eragon si stupì nel vedere com’era cambiata la cittadina in cui era nato. Ora, grazie al titolo nobiliare che Nasuada aveva conferito a Roran e allo scrigno che lui aveva donato al cugino prima di partire, Carvahall era diventata una città fortificata, con tanto di fortezza al centro, dove Eragon immaginava vivesse Roran. I draghi atterrarono nella piazza davanti al castello, tra la folla ammutolita. Quando lo riconobbero, molti abitanti di Carvahall iniziarono a gridare:"Bentornato Eragon!"  Da una via laterale emerse Horst, accompagnato dalla moglie Elain, la piccola Hope e da uno dei figli, Baldor. Il fabbro corse incontro a Eragon e lo abbracciò forte. "Bentornato Eragon! Che io sia dannato se non mi sei mancato in questi due anni, figlio di Brom."All’abbraccio di Horst si aggiunsero quelli di Baldor e Elain, mentre Hope rimase in disparte, non capendo chi fosse quell’individuo. Elain disse: "Non sei cambiato di una virgola in questi due anni, Eragon. Beati voi Cavalieri che non invecchiate mai!"
"Anche voi siete rimasti gli stessi." disse Eragon. "Mi siete mancati." Poi si rivolse a Hope, che si nascondeva dietro la gonna della madre. "Ciao Hope. Io sono Eragon."
La bambina parve sorpresa del fatto che lo straniero conoscesse il suo nome. "Ciao, Eragon. Conosci la mia mamma?"
"Sì, la conosco. Ero con lei quando sei nata."
"Davvero?"
"Sì."
"Allora sei mio amico?"
Eragon sorrise. "Certo che sono tuo amico."
"Evviva!" La bambina corse verso Saphira, che abbassò la testa per permetterle di arrampicarsi sul suo muso, e tirarle i ciuffi di squame che aveva sulla parte alta del muso. In quel momento dal castello emersero Roran  e Katrina, che teneva in bracco Ismira. Appena Roran vide Eragon, gli corse incontro e lo abbracciò, quasi soffocandolo nella sua stretta. Il Cavaliere si divincolò, e vide che Roran aveva le lacrime agli occhi, e come lui Katrina. "E’ tanto che non ci vediamo, fratello."
"Troppo. Devi dirmi tutto ciò che ti è capitato in questi due anni."
Roran sorrise. "E tu lo stesso. Ho l’impressione che tu abbia vissuto molto in questi due anni"
Eragon fece un cenno con la mano a indicare il castello."E tu no?"
"Già, anche io. Non mi presenti la tua accompagnatrice?"
Eragon si voltò verso Dana, che stava osservando la scena impassibile. "Certo, fratello. Lei è il Cavaliere Dana, mia allieva nel luogo che ho scelto per i draghi."
"Benvenuta a Carvahall, Dana. Io sono Roran, il cugino del tuo maestro, nonché governatore di questa valle. Lei è Katrina, mia moglie, e la bambina che tiene in braccio è mia figlia Ismira. Ma ora, venite dentro. Vorrei sapere il perché di questa visita a sorpresa. Un’ultima cosa, Dana. Come si chiama il tuo drago?"
"Atma, signore" Rispose la ragazza.
Roran si rivolse al drago: "Benvenuto anche a te, Atma. Se vuoi cacciare, la Grande Dorsale è piena di branchi di cervi."
"Atma ti fa sapere che è già andato a caccia ieri sera ma che comunque gradisce l’offerta."
"Molto bene. Se volete seguirmi…"
Roran si incamminò nel castello, e i due Cavalieri lo seguirono. Per tutta la mattina parlarono dell’addestramento dei Cavalieri, del castello di Roran, di Dana, che fu felice di rispondere alle domande di Roran in quanto era il primo a prenderla seriamente in considerazione, di come si era sentita quando Atma era nato davanti a lei, e cosa fosse per lei studiare sotto la guida di Eragon. Arrivò l’ora di pranzo, e Katrina entrò nella stanza accompagnata da Ismira. La donna portava in mano due piatti di zuppa di farro, e dietro di lei veniva Elain con altri tre piatti. Katrina e Roran ringraziarono Elain per l’aiuto, e la donna si congedò. Katrina prese posto a fianco al marito e insieme pranzarono. Dopo pranzo, mentre Roran, Katrina e Dana riprendevano a parlare, Eragon notò che Ismira stava giocando con una piccola scultura di legno di un drago, si alzò e si avvicinò alla bambina. "Ciao, zio Eragon."
"Ciao, Ismira. Posso giocare con te?"
"Sì. Guarda, drago vola!" E prese a far volare con la mano il drago di legno. "Bello" disse Eragon. "Se la tua mamma vorrà, dopo ti faccio venire con me sul mio drago, va bene?" La bambina lo abbracciò forte, poi corse dalla madre a chiederle il permesso, che Katrina non esitò a concedere. Eragon prese la bambina con sé, e iniziò a lanciarla delicatamente in aria, come faceva suo zio Garrow con lui quando era piccolo. La bambina gridava di gioia, e iniziò a ridere di una risata così pura e cristallina che un elfo avrebbe faticato a fare di meglio. Roran si voltò a guardarlo e sorrise. Prima che venisse buio, Eragon caricò Ismira sulle sue spalle e la portò fuori, poi la mise sulla sella di Saphira, le legò le gambe con le cinghie per le braccia, infine salì anche lui e Saphira partì. La dragonessa volò in alto, e Ismira iniziò a urlare gioiosamente, agitando le braccia e dicendo: "Più in alto! Più in alto!" Saphira obbediva, e raggiunta l’altezza massima si lanciò in picchiata, con la bambina che diceva: "Veloce, veloce!" Eragon mormorò un incantesimo che impedisse alla bambina di farsi del male. Saphira frenò bruscamente a cento piedi dal suolo, e rimase tranquillamente in aria. "Ti è piaciuto?"
"Ancora! Ancora!>>
<<Saphira è stanca, ora deve riposare."
Rischierebbe troppo, disse Saphira, e Eragon concordò. La dragonessa atterrò, e i due smontarono dal suo dorso. Eragon prese in braccio Ismira e rientrò nel castello, dove Katrina lo aspettava. "Tutto bene?" Chiese.
"Magnificamente."
Si rivolse a Ismira."Ti sei divertita con zio Eragon?"
"Sì. Molto."
"A quanto pare l’hai fatta felice, Eragon. Ti ringrazio."
"E di cosa?"
Quella sera cenarono, e Eragon e Dana si congedarono, poiché sarebbero partiti l’indomani all’alba. Roran, Katrina e Ismira li salutarono, e Katrina e Ismira ringraziarono di nuovo Eragon. Il mattino dopo, Eragon, Dana, Atma e Saphira partirono nuovamente, per l’ultima tappa: la du Weldenvarden. Tre giorni dopo arrivarono alla foresta, e i draghi atterrarono per entrare nella foresta, passando le barriere magiche. Dopo altri due giorni arrivarono a Ellesméra. Saphira puntò verso la rupe di Tel’naeir, senza esitazioni. Man mano che si avvicinavano, Eragon vide Arya seduta su una panchina fuori dal capanno, ma Fìrnen non c’era, probabilmente a caccia. Non appena sentì il rumore delle ali dei due draghi, Arya alzò la testa, probabilmente pensando al ritorno di Fìrnen. Spalancò la bocca e sorrise, quando riconobbe Saphira. La dragonessa atterrò, e Eragon aiutò Dana a scendere, poi scese a sua volta. Dana salutò Arya: "Atra Esternì ono thelduìn, Arya Shur’tugal."
"Atra du evarinya ono varda, Dana-finiarel."
"E’ un onore conoscerti, Arya Drottning. Il mio maestro mi ha parlato molto di te."
"L’onore è mio, Dana-finiarel." Poi gli occhi verdi dell’elfa si posarono su Eragon. "Atra Esternì ono thelduìn, maestro Eragon."
"Atra du evarinya ono varda, Arya Drottning-Shur’tugal."
Era chiaro che l’elfa voleva parlare con Eragon da sola, ma Dana glielo impediva, per cui trascorsero la giornata a parlare di argomenti poco rilevanti, tranne il motivo dell’arrivo di Eragon. Su questo Arya commentò: "Murtagh ha ragione. Fìrnen non è mai stato addestrato, e ignora parecchie cose. Grazie di essere venuto, Eragon."
"E’ un piacere."
Quella sera, Arya accompagnò Dana al palazzo di Tialdarì, e lei e Eragon si congedarono da lei.
"So che mi vuoi dire molte cose, Arya, ma prima c’è una cosa che devo fare."
"E cosa?"
"Vedrai" I due andarono da Runhon, intenta a lavorare a un paio di forbici, e dopo averla salutata Eragon le chiese: "Runhon-elda, ora che Galbatorix è stato sconfitto, vorresti  riprendere a esercitare la tua arte?"
"Non posso, ammazzatiranni."
"Sì che puoi. Posso liberarti dal tuo giuramento."
"Sai che non potrei. Non ho l’acciaioluce che mi serve."
"E' qui ti sbagli, Runohn-elda." Eragon sciolse l’incantesimo e rivelò i tre enormi blocchi di acciaioluce che avevano portato con loro dal castello, trovati da Saphira, Jura e Akor.
Runohn corse verso i massi, e iniziò ad accarezzarli, con dita tremanti.
"E questi sono tre piccoli pezzi di un blocco enorme. C’è tutto ciò che ti serve."
"Allora liberami dal giuramento, Cavaliere, così che io possa  tornare a fare il mio lavoro."
Eragon la liberò dal giuramento, e Runohn, commossa, lo ringraziò. Eragon, Saphira e Arya si congedarono, lasciando i massi di acciaioluce nel giardino della casa del fabbro. "Saphira, Fìrnen è tornato dalla caccia, e ti aspetta alla rupe" Disse Arya. La dragonessa ruggì, dispiegò le ali e partì, felice. Eragon e Arya invece andarono nella dimora del soggiorno del Cavaliere a Ellesméra, e, non appena Eragon chiuse la porta della stanza da letto, Arya gli si gettò al collo, piangendo. Eragon capì che erano le lacrime che tratteneva da tutta la giornata, le lacrime accumulate in due anni di lontananza. L’elfa si staccò, lo guardò negli occhi – I suoi occhi verdi riflettevano quelli di Eragon – e disse: "Sei venuto."
"Sì, sono qui."
L’ elfa sussurrò il vero nome di Eragon, e il Cavaliere sentì il suo essere riverberare dentro di lui.
"Mi hai detto che il tuo nome è cambiato."
"Infatti." L’elfa avvicinò le rabbia all’orecchio di Eragon e sussurrò il suo nuovo nome, questa volta più intriso dei sentimenti per lui e per Fìrnen. Eragon si ritrasse, e disse: "Il tuo nome è migliorato, Arya. Prima sembravi… disinteressata a Fìrnen"
"E a te."
"E a me."
L’elfa, continuando a guardarlo negli occhi, si avvicinò a Eragon, lo abbracciò di nuovo, questa volta più delicatamente, e posò le labbra sulle sue.
   
 
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