Capitolo decimo
L’ingresso del castello era una grande stanza priva
di qualsiasi illuminazione, nonostante ci fossero diversi portacandele sparsi
qua e là. Il pavimento lucido si allungava fino a una grande scalinata, da cui
se ne dipartivano quattro che salendo si diramavano ancora, ancora e poi
ancora, creando un intricato gomitolo di gradini che si sollevava verso l’alto.
Attorno a loro, sui freddi muri di pietra, si aprivano decine di porte ad arco
intervallate da enormi gargoyle neri.
-Questo… è un labirinto.- mormorò Elena, guardandosi
attorno senza curarsi di celare la preoccupazione che provava –Come facciamo a
capire dove andare?-
Meredith esitò per un istante, altrettanto turbata.
C’erano decine di strade possibili e per quanto ne sapevano era possibile che
si dividessero ulteriormente. Ora capiva perché non c’erano difese: una volta
nel castello non perdersi era impossibile, senza una guida.
-Forse dovremmo… non so, trovare qualcuno che conosca
il castello e tornare?- propose Elena.
Lo sguardo di Meredith si posò su Damon: il vampiro
non si stava guardando attorno come loro, aveva gli occhi scuri fissi su una
delle porte alla loro destra e la fissava come se qualcosa lo stesse chiamando
dalla soglia, come se avesse visto qualcosa che a loro non era visibile.
Le parole di Phos le tornarono in mente quasi all’improvviso,
come un flash. Il mago le aveva detto di assicurarsi che Damon non tentennasse,
dunque in quel momento toccava a lei agire, aiutarlo a rendersi conto di ciò
che sapeva.
-La senti, Damon?- domandò. Il vampiro sobbalzò
sentendo quella frase, ma non si voltò e continuò ad osservare la porta,
incerto.
-Sentirla?- domandò Elena, accigliandosi –In che
senso sentirla?-
Meredith sbuffò, alzando gli occhi al cielo e senza
rispondere continuò a rivolgersi a Damon –Sai dove dobbiamo andare, Damon?-
Era strano per Meredith vedere quell’espressione sul
viso del maggiore dei Salvatore. I suoi lineamenti erano contratti, ma non
dalla rabbia come era abituata a vedere. Non era sicuro di ciò che stava
facendo e, anche se stava facendo di tutto per nasconderlo, alla ragazza era
incredibilmente chiaro che era paralizzato dalla paura di sbagliare.
-Damon, sai dove andare.- affermò, facendo
chiaramente capire che quella frase non terminava con un punto di domanda –Bonnie
è qui e dobbiamo andare a prenderla.-
Il vampiro serrò le mani in due pugni, nascondendo il
tremito che gli attraversava il corpo. Non capiva perché si fosse bloccato in
quel modo: le sfide non l’avevano mai spaventato, anzi ne era attratto e spesso
era lui stesso a provocarle. Eppure, in quel momento, l’idea di poter prendere
una strada sbagliata lo terrorizzava. Il che era ridicolo, perché lui non aveva
paura di nulla.
Certo, avrebbero potuto passare l’eternità a
girovagare per i corridoi di un castello misterioso, ma non era questo a
spaventarlo. Il pensiero che lo tormentava, che gli impediva di muoversi, era
che se avesse sbagliato strada non sarebbero arrivati in tempo per salvare l’Uccellino
e lei sarebbe rimasta in balìa del mostro che gliel’aveva portata via.
-Non sa dove andare, non lo vedi?- esclamò Elena,
interrompendo il flusso dei suoi pensieri –Dobbiamo trovare qualcuno che ci
aiuti. Se ci perdiamo in questo castello non solo perderemo Bonnie, non
riusciremmo nemmeno a salvare Stefan.-
-No.- la zittì Meredith con sicurezza –Non abbiamo
bisogno di nessuno. Damon, tu puoi trovarla. Sei entrato in contatto con lei,
sei l’unico a poterla trovare. Damon!- aggiunse –Bonnie conta su di te.-
Meredith non aveva pensato a quell’ultima frase, l’aveva
pronunciata e basta. Sapeva che era la verità, aveva visto Bonnie affidarsi a
Damon più di una volta ed era consapevole che, nonostante tutte le evidenze
contrarie, Bonnie avrebbe chiuso gli occhi e si sarebbe gettata da un palazzo
senza paura se avesse saputo che Damon era nei paraggi.
Ma quelle semplici parole ebbero un effetto enorme
sul vampiro: la sua espressione cambiò, i suoi occhi si accesero di
determinazione e Damon camminò con decisione verso la porta che aveva puntato,
senza dire nulla.
-Ma… Damon, come puoi essere sicuro che…- cercò di
protestare Elena, ma Meredith la afferrò per un braccio e se la trascinò
dietro. Contro ogni aspettativa, stavolta era lei che si fidava di Damon ad
occhi chiusi.
Si inoltrarono in un corridoio, buio quanto l’ingresso.
Per le due ragazze ogni centimetro di quel percorso era esattamente identico a quello
precedente: il pavimento scuro, le pietre grigie delle pareti senza finestre, i
sostegni con le torce spente, l’odore di chiuso e di umidità.
Damon, però, vedeva qualcosa di più. C’era davanti a
loro un lieve filo di luce bianca, una striscia che segnava la strada giusta e
che emanava un leggero odore di fragole fresche e di… purezza. Era assurdo il
pensiero che la purezza avesse un odore e, se l’aveva, Damon era abbastanza
sicuro che non avrebbe dovuto riconoscerlo. Non era certo un esperto a
proposito di purezza, eppure poteva riconoscerlo con sicurezza: era quello che
rendeva il sangue di Bonnie diverso da tutti quelli che aveva mai annusato.
-Stiamo camminando da ore.- sussurrò Elena a Meredith
dopo un lungo, infinito tragitto –Sei sicura che sappia quello che stiamo
facendo?-
Meredith annuì frettolosamente, decisamente stranita
da quello scambio improvviso di posizioni tra lei ed Elena. Di solito lei
dubitava e l’amica la rassicurava sull’affidabilità di Damon, invece stavolta
era il contrario. Ma poteva accettarlo, se questo li avesse portati da Bonnie.
Improvvisamente, Damon si immobilizzò, accigliandosi.
-Che succede?- domandò Elena, preoccupata. Il vampiro
però non rispose e si inginocchiò.
La sua mano si poggiò sul suolo, sfiorando la luce
che da bianca stava lentamente mutando, scurendosi sempre di più. Il fascio
vibrò e si tinse di un intenso rosso sangue. L’odore cambiò, le fragole
rimasero intense come un attimo prima ma la purezza scomparve, sostituita da
qualcosa di diverso, potente e penetrante, che scivolò nelle narici di Damon
riempiendolo, quasi facendogli girare la testa.
-Damon?- lo richiamò Meredith, quasi timidamente –Damon,
cosa succede?-
-Non lo so.- rispose il vampiro con disarmante
sincerità.
-Hai perso la traccia?- insistette la ragazza.
-No. Non l’ho persa, c’è ancora, ma è... diversa.-
-In che sens…- fece per domandare Meredith, ma un
enorme boato interruppe le sue parole. Elena si sbilanciò in avanti e si
aggrappò a Damon mentre l’intero palazzo veniva scosso da quello che sembrava
un terremoto. Meredith perse l’equilibrio e cadde, ma si sentì afferrare dal
vampiro che era di nuovo in piedi e stava sostenendo anche Elena.
Improvvisamente tutto si fermò e nello stesso momento
le torce si accesero, tutte contemporaneamente, e di fronte a loro comparve una
porta di legno scura.
I tre rimasero immobili per diversi istanti,
osservandola con evidente indecisione. I muri vibrarono nuovamente e un nuovo,
violento boato li fece sobbalzare.
Sentirono un rumore alle loro spalle e si voltarono
tutti insieme, come un solo corpo. Elena si aggrappò con più forza al vampiro,
Meredith trattenne a stento un grido.
Un enorme muro cosparso di appuntiti paletti di legno
stava correndo verso di loro, senza lasciare possibilità di scampo se non la
porta appena comparsa.
Tutti si buttarono contro la maniglia, spingendo con
tutte le loro forse, ma questa rimase chiusa nonostante la potenza di Damon.
-Oddio, no!- gridò Elena, voltandosi e spingendo con
più insistenza e disperazione. Damon afferrò le due ragazze e si gettò contro
la porta con tutta la forza di cui disponeva, ma non fu necessario. Questa si
spalancò come di sua spontanea volontà e i tre ruzzolarono su un pavimento
lucido e freddo.
Il muro di paletti scomparve dietro di loro in una
nube di fumo grigio e un lieve applauso, proveniente da un punto imprecisato
della sala in cui erano finiti, attirò la loro attenzione.
***
La stanza in cui erano finiti era completamente nera
e alle pareti prive di finestre erano appesi numerosi tendaggi color sangue. La
stanza era vuota, fatta eccezione per quelli che sembravano due grandi troni di
pietra scura, ornati di cuscini scarlatti.
Alzandosi in piedi, Damon notò che uno dei due sedili
era occupato da un uomo.
-Dov’è?- domandò immediatamente, mentre le due ragazze
si alzavano facendo un po’ più di fatica.
Lo sconosciuto lo guardò con una scintilla d’ironia negli
occhi rossi come tizzoni ardenti –Non mi sembra molto cortese insinuarsi in
casa mia e fare domande senza nemmeno essersi presentati.- commentò, senza
scomporsi –Una fortuna che io vi conosca già. La bella Elena, colei che tutti
desiderano. Meredith, con il suo bagaglio di segreti. E infine… Damon
Salvatore, il vampiro che non sa tenersi ciò che definisce suo.-
Un ringhio salì alle labbra del vampiro, già in
posizione di attacco –Ho chiesto dov’è Bonnie.- ripeté –Non so chi sei e non mi
interessa, ma rivoglio la mia strega. Immediatamente.-
Sul viso di Fenrir aleggiò un sorriso soddisfatto –Tua,
tua, tua. Non mi sembravi così preoccupato per lei quando il mio uomo è venuto
a prenderla… mi sbaglio, Salvatore?-
-Ma ora sono qui per riprendermela. Lei è mia e la
rivoglio, ora.- ripeté. Sapeva che
non avrebbe ottenuto nulla, l’aveva rapita e non si sarebbe smosso così
facilmente, ma c’era qualcosa in quella situazione che lo innervosiva.
Era stato troppo facile arrivare fino lì, doveva
esserci qualcosa sotto e anche se era dura per lui ammetterlo aveva paura che
fosse qualcosa che non voleva sentire. Aveva paura di scoprire che era troppo
tardi, che Bonnie era morta.
Come avrebbe potuto accettarlo? Come avrebbe potuto
sopportarlo?
-Allora siete qui per la vostra amica, se ho capito
bene.- continuò Fenrir –Dunque…-
Fece un gesto vago con la mano e una porta che
nessuno di loro aveva notato fino a quel momento si aprì, lasciando entrare
Castiel. Quando Damon lo vide ringhiò nuovamente, ma Fenrir lo ignorò –Portala qui,
Castiel. Ha… ospiti che la attendono.-
Castiel scomparve nel buio di un corridoio e Damon
osservò Fenrir con gli occhi ridotti a due fessure –Se le hai fatto del male,
io…-
La minaccia cadde nel vuoto, incompleta, perché il vampiro
venne attratto dal suono di passi che provenne dal corridoio.
Castiel spinse dentro Bonnie, che cadde in ginocchio
sul pavimento, e Damon sentì il suo cuore morto spezzarsi. La ragazza era
pallida, magra e indossava un vestito stracciato, sporco di sangue come la sua
maggior parte del suo esile corpo. La pelle era cosparsa di ferite e i polsi
sottili erano stretti da catene arrugginite che tintinnavano ad ogni tremito
che la scuoteva.
Immediatamente Damon scattò. Era convinto che
qualcuno sarebbe intervenuto per fermarlo, invece si trovò accanto alla ragazza
e riuscì a stringerla a sé con un istinto di protezione che non credeva di
possedere.
Nonostante tutto si sentì sollevato, con il suo
Uccellino stretto tra le braccia. Era viva e tutto sarebbe andato bene, ora. L’avrebbe
portata a casa e l’avrebbe protetta con tutte le sue forze, nessuno gliel’avrebbe
più portata via. Nessuno l’avrebbe più ferita.
–Andrà tutto bene.- le sussurrò, stringendola di più
a sé.
-Ma certo che andrà tutto bene.- sorrise Bonnie, sciogliendosi dall’abbraccio e facendo un passo indietro. Damon sentì un brivido, la sensazione che tutto sarebbe andato storto, che qualcosa si sarebbe spezzato. Bonnie fece un gesto e il sangue e le ferite scomparvero. Sorrise al vampiro mentre un abito blu scuro, ricamato d’argento, prendeva il posto degli abiti stracciati –Per noi, almeno.- aggiunse con un sorriso in cui aleggiava una sfumatura di crudele soddisfazione.
___________________L’angolo di Jane
E rieccomi a
voi! Sempre ritardataria, ma ormai l’avete capito :P
Però però però, ho anche una buona
notizia con cui farmi perdonare: ho avuto un idea per la mia prossima long su
TVD ùù Credo che pubblicherò il primo capitolo,
giusto per vedere se gradite, e poi aspetterò di finire questa per aggiornarla,
che ne dite??
Detto ciò, come
al solito non vedo l’ora di leggere le vostre recensioni che sono sempre
bellissime J
Un bacione e
grazie mille a tutte voi che continuate a seguirmi, sia commentando che
silenziosamente!!
Jane