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Autore: HisRose    18/12/2012    1 recensioni
Merlino era andato qualche giorno a trovare la madre ad Ealdor. Inizialmente Arthur aveva protestato, ma quando Merlino gli disse che Gwen lo avrebbe sostituito allora gli diede il permesso di andare. Di certo non voleva sprecare quei tre giorni con Gwen stando tutto il giorno ad allenare i cavalieri, a fare riunioni, a discutere con il padre e altri doveri reali, così si fece venire in mente un’idea.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gwen, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Merlino era andato qualche giorno a trovare la madre ad Ealdor. Inizialmente Arthur aveva protestato, ma quando Merlino gli disse che Gwen lo avrebbe sostituito allora gli diede il permesso di andare. Di certo non voleva sprecare quei tre giorni con Gwen stando tutto il giorno ad allenare i cavalieri, a fare riunioni, a discutere con il padre e altri doveri reali, così si fece venire in mente un’idea.
 
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“Sire, ho delle belle notizie: non siete malato”, gli annunciò Gaius. Arthur roteò gli occhi, a quanto pare era un pessimo attore.
“Sei sicuro Gaius? Perché non mi sento molto bene”, insistette lui.
Gwaine e Leon entrarono nella camera per avere informazioni sul benessere del principe, seguiti da Gwen. Non appena Gaius la vide, essendo a conoscenza dei sentimenti che i due provavano l’uno per l’altro e sapendo anche che Gwen era la sostituta di Merlin, capì e si avvicinò frettolosamente ai tre. Prese sottobraccio Gwaine e Leon.
“Ha una terribile malattia”, gli spiegò, “molto contagiosa, dovete andarvene subito”, poi si girò vero Gwen: “Cara tu puoi restare, l’hai già avuta da bambina non c’è pericola che ti possa ritornare”.
Gwen lo guardò confusa, lei non si ricordava di aver avuto una malattia terribile e contagiosa. Da piccola si ammalava molto poco fortunatamente. Quando stava per parlare Gaius la interruppe dicendo che le porte della camera del principe sarebbero dovute rimanere chiuse fin quando il principe non fosse guarito o si sarebbero potute ammalare tutte le persone che vivevano a palazzo. Detto questo trascinò i due cavalieri con sé e chiuse la porta.
Arthur rimase steso nel letto, continuando a fissarla con un ghigno sul viso.
Gwen gli si avvicinò preoccupata e gli poggiò una mano sulla fronte. Arthur si mise a sedere di scatto, circondò Gwen con le sue braccia e la strinse forte a sé, nascondendo il viso nei suoi capelli.
Ginevra rimase sorpresa per quel gesto e ricambiò l’abbraccio, ridendo.
“Perché ridi Ginevra?”, le sussurrò il principe nell’orecchio.
Adorava il modo il cui il suo nome suonava sulle sue labbra, le faceva venire i brividi e poi le piaceva il fatto che era l’unico a chiamarla Ginevra.
“Non siete veramente malato, non è vero?”, chiese lei.
“Certo che lo sono”, disse stringendola più forte, “non hai sentito cosa ha detto Gaius?”.
“Sì, ho sentito, ma hai troppe energie per una persona che ha una malattia terribile”, spiegò lei iniziando a ridere di nuovo. Arthur adorava il suono della sua risata, era una dolce melodia per lui, lo faceva rilassare, lo faceva sentire bene.
“Te lo concedo, magari non è una malattia così grave come ha detto Gaius”, confessò lui, affondando sempre di più il viso nei suoi capelli, sciogliendosi nel suo odore.
Arthur la lasciò andare leggermente solo per darle un bacio. Adorava il suo piano, avrebbe avuto Gwen tutta per sé per tre giorni interi.
“Cosa facciamo tre giorni qui dentro?”, chiese Gwen, guardando in giro per la stanza.
“Potresti iniziare con il raccontarmi tutto di te”, disse lui con un sorriso in faccia, facendole segno di sedersi affianco a lui.
“E cosa vorresti sapere?”, chiese lei accettando il suo invito di sedersi al suo fianco.
“Tutto. Partendo dall’inizio ovviamente. Raccontami della tua infanzia”, disse lui guardandola negli occhi.
“Arthur”, disse lei ridendo, “mi conosci da quand’ero piccola, io sono nata in questo palazzo”, le ricordò. La mamma di Gwen aveva lavorato nel castello per tanti anni prima di morire e partorì proprio nella sua camera, nel corridoio dei servi.
“Vero, ma io e te non passavamo molto tempo insieme quando eravamo piccoli e non so molto di te”.
“Ti ricordi quando ci siamo conosciuti?”, chiese lei sorridendo al ricordo.
“Come dimenticarlo”, le rispose lui, “ricordo che tua madre doveva badare a me quel giorno, ma doveva anche svolgere i suoi servizi al castello così mi portò nella sua camera qui a palazzo dove c’eri tu stavi mettendo in ordine canticchiando”, aggiunse lui ridendo.
“Dovetti cantarti quella canzone tutto il tempo finché non ti addormentasti” gli ricordò lei.
“Adoravo il suono della tua voce”, le spiegò lui con un ghigno, circondandola con le braccia, stringendola a sé e poi stampandogli un bacio sulle labbra. Si staccò da lei riluttante, ma entrambi avevano bisogno d’aria. “Scommetto che da piccola eri una che non finiva mai nei guai”, confessò lui e Gwen scoppiò a ridere. Arthur rimase sorpreso dalla sua reazione.
“Da piccola era una peste”, confessò lei, “finivo sempre nei guai perché non riuscivo a mantenere la bocca chiusa”.
“Oh, ma è per questo che mi sono innamorato di te”, si intromise lui rubandole un altro bacio.
“Mi ricordo che una volta mio fratello stava giocando fuori casa con uno dei suoi giocattoli e dei bambini glielo strapparono dalle mani. Mio fratello lo rivoleva indietro, ma i bambini non avevano alcuna intenzione di restituirglielo. Io aveva assistito alla scena dalla finestra di casa mia e uscii con una spada alta il doppio di me chiedendo a quei bambini se ancora non volevano restituire il giocattolo a mio fratello”.
Arthur scoppiò a ridere. Si immaginava la scena e non poteva far altro che pensare quanto dovesse essere stata carina Gwen.
“Non ti facevo così ribelle Ginevra”, le disse sorridendole.
I due continuarono a parlare della loro infanzia per tutta la mattinata.
 
_____
 
Gwen stava fissando le due spade appese al muro. Le conosceva bene, d’altronde era suo padre che le aveva forgiate. Avrebbe sempre voluto imparare a combattere, così da essere totalmente indipendente e non il peso che devo essere salvato.
“Mi insegni?”, chiese ad Arthur, afferrando una delle spade.
Arthur la guardò riluttante, non sapeva cosa fare, ma quando guardò nei suoi occhi capì quanto ci teneva, quindi accettò. Tanto nessuno avrebbe sentito il rumore delle spade, poiché i cavalieri stavano facendo il loro allenamento e gli altri funzionari di corte si trovavano nell’altra ala del palazzo.
Gwen gli porse l’altra spada.
“Metti questo piede un po’ più avanti… ok perfetto”, disse sorridendole.
I due si allenarono per parecchio tempo, tra un bacio e l’altro. Chi perdeva il combattimento doveva pagare e il prezzo era un bacio, perciò spesso Arthur faceva vincere Gwen, anche se molte volte era stata lei a batterlo.
Quando finirono di allenarsi, Arthur rimise le spade apposto e tirò Gwen verso di sé, stringendola forte e baciandola.
“Gli allenamenti così sono molto più piacevoli”, disse lui guardandola negli occhi.
“Quindi ora inizierai a chiedere ai cavalieri di baciarti quando perdi un combattimento?!”, disse lei ironica. Entrambi scoppiarono a ridere.
 
 
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“La cena era squisita”, commentò Gwen posando la forchetta sul tavolo.
Arthur le sorrise, poi si alzò per andare a cambiarsi.
Sapere che Arthur era nudo dietro il separé rendeva Gwen alquanto imbarazzata e cercò in tutti modi di riempire la sua mente con altri pensieri, fin quando Arthur non rispuntò nella camera.
Si era cambiato solo i pantaloni e non indossava nessuna maglietta.
Non puoi farmi questo, pensò Gwen, mentre Arthur le si avvicinava.
“Tieni questi non dovrebbero essere troppo larghi”, disse porgendole alcuni suoi vestiti e indicandole il separé.
Gwen indossò la sua maglietta e annusò il suo odore, cosa che la fece sorridere; poi indossò i suoi pantaloni, ma non le piaceva molto come le stavano. Non voleva uscire da lì dietro e sembrare una completa idiota di fronte ad Arthur… che era a torso nudo. Questo è un gioco che si può giocare in due, pensò lei togliendosi i pantaloni e quando fu certa che la maglietta copriva tutto quello che doveva coprire uscì fuori.
“Ginevra…”, disse lui sorpreso.
Rimase qualche minuto a fissarla e avrebbe continuato a farlo se Gwen non avesse interrotto il silenzio.
“Come facciamo adesso?”, chiese lei imbarazzata.
Arthur le lanciò uno sguardo interrogativo.
“C’è un letto solo”, gli spiegò.
“Oh, tranquilla, dormirò su un materasso”, le rassicurò lui.
“No, dormirò io lì. Questa è camera tua, non posso dormire nel tuo letto”.
“Non è una cosa discutibile Ginevra, non ti lascerò dormire sul materasso”, controbatté lui.
“Neanche io, non poteri mai e non lo farò”.
Ci fu qualche secondo di silenzio. Erano troppo testardi nessuno avrebbe lasciato l’altro dormire su un materasso scomodo.
“Oppure…”, iniziò a dire il principe imbarazzato per la proposta che stava per fare, “… potremmo….”, lasciò la frase i sospeso. “Sempre se a te sta bene”, aggiunse frettoloso.
Lei lo guardò shockata, le guancie si stavano colorando di rosso al ché lui sorrise. Adorava quando arrossiva.
“Certo, mi sta bene”, rispose lei infine.
Si sistemarono sotto le coperte, entrambi imbarazzati dalla situazione, ma contenti.
Lui la strinse forte a sé iniziando ad accarezzare le sue gambe nude sotto le coperte e affondando il viso nei suoi capelli. Gwen si sentì come colpita da un fulmine, tante scosse percorrevano il suo corpo e la avvolgevano in un caldo abbraccio. Si strinse ancora di più a lui, se possibile.
Entrambi si addormentarono con un’espressione di pace sui loro volti. 
  
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